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Autore: ChelseaH    20/03/2010    4 recensioni
“Ok, forse saranno solo quattro a reclamare il mio sangue... magari tre se Franky decide di passarci sopra perché è troppo buono e due se Juri lo seguisse a ruota. E se Franky e Juri seguono questa linea di comportamento, di sicuro lo farà anche Jan, quindi mi rimarrebbe solo una persona con cui dovermi confrontare. Peccato sia le peggiore di tutte.”
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: Non conosco i Panik non mi appartengono, con questa storia non intendo dare rappresentazione reale dei loro caratteri e / o comportamenti ne tantomeno lucrarci sopra.


NOTE INIZIALI.

Storia scritta per la challenge di Five Fandom.

E prima di mettere la storia vorrei scrivere due righe sul come è nata.

L'idea di base l'avevo plottata un anno fa ormai, nell'aprile del 2009. Avevo anche scritto l'inizio che poi però ho cestinato quando ho deciso di riprendere in mano quell'idea e stravolgerla, cambiandone il finale e rendendola tragicomica, quando in origine doveva essere un polpettone angst strappalacrime. Sono giunta a questo stravolgimento perché dall'aprile 2009 ad oggi, quella che era l'idea centrale del mio plot - ovvero la fine dei Panik - è divenuta realtà e allo stato attuale delle cose non me la sentivo proprio di far ripetere la storia in una mia fic, usando un'idea vecchia di un anno che si è rivelata premonitrice.

Questo è quanto, ulteriori note alla fine ^^




Le (dis)avventure di un Bonk impenitente.


Timo osservò l’aereo decollare da una delle grandi vetrate che davano sulla pista.
Avrebbe voluto avere il coraggio di voltare le spalle a quello spettacolo e andarsene, invece rimase lì ancora per molto tempo dopo che la scia del velivolo era scomparsa dal cielo.
Avrebbe voluto avere la forza di fermarlo prima che oltrepassasse i controlli del metal detector, invece era rimasto in disparte ad osservarlo, sperando di non essere visto.
E ora era lì, solo in mezzo al caos mattutino dell’aeroporto di Amburgo, a chiedersi cosa ne sarebbe stato di lui, dei Panik e di David, che era salito su quel volo diretto a Monaco senza guardarsi indietro.
Sospirò e infine si decise ad andarsene, in testa il dubbio che l’amico non avesse prenotato il volo di ritorno.


***


Linke sapeva che presto o tardi quel giorno sarebbe arrivato, ne aveva sempre avuto il sentore dato il caratteraccio di quel chitarrista disgraziato, semplicemente non credeva che sarebbe stato così tanto presto.
Quando David era entrato in sala prove euforico perché un teatro di Monaco, dopo aver visionato i suoi spartiti e aver tastato con mano il suo talento come pianista, gli aveva offerto un contratto per una serie di dieci esibizioni al pianoforte all’interno di serate più ampie per giovani talenti, non avrebbe mai pensato che quella potesse essere la fine.
Era ovvio che David avrebbe accettato, ma non riusciva a capire come dieci serate bavaresi potessero incidere sulla sorte della band e, a quanto pareva, nemmeno gli altri erano riusciti a capirlo. David si era messo a dire che non poteva concentrarsi su entrambe le cose e che quell’offerta poteva rivelarsi il suo trampolino di lancio verso qualcosa di meglio.
Quelle parole avevano urtato tutti quanti e l’atmosfera si era subito appesantita, erano volate parole forti da entrambe le parti e l’unico che non aveva aperto bocca era stato Timo. Il pomeriggio si era concluso senza prove, con David che se n’era andato sbattendo la porta e da lì in poi non l’aveva più rivisto. Sapeva che quella mattina aveva il volo per Monaco solo perché Timo la sera prima l’aveva supplicato di andare con lui all’aeroporto a tentare di sistemare le cose con David prima che partisse, ma lui non ne aveva voluto sapere.
Non li considerava degni della sua presenza?
Era così fermamente convinto di meritarsi di meglio?
Facesse pure, andasse a Monaco, sbattesse la testa contro al muro e tornasse con la coda fra le gambe a elemosinare il suo vecchio posto di chitarrista / pianista all’interno della band.
Lui avrebbe votato contro.


***


Franky era seduto al bancone del Grosse Freiheit 36, giocherellando con il boccale di birra che aveva fra le mani. Accanto a lui, Juri e Jan erano tutti presi da una fitta conversazione che vedeva David come personaggio principale ma a lui non interessava immischiarsi. Passare la serata a discutere di quanto il ragazzo si fosse comportato male e di quante probabilità c’erano che tornasse sui suoi passi era alquanto inutile, la realtà dei fatti era che loro tre in quel momento erano seduti in un locale di Reeperbahn a cercare di godersi una serata fra amici, mentre l’altro era probabilmente seduto di fronte a un pianoforte a coda a deliziare il pubblico monachese con il suo repertorio.
Ci era rimasto male, si era sentito tradito.
Nella sua testa una band era molto più che un insieme di persone che suonavo strumenti o agitavano il microfono sul palco, era sempre stato convinto che alla base di una band – di quella band almeno – ci fossero amicizia, affetto e amore per la musica. Lui voleva bene ai suoi compagni, si trovava bene con loro, non li avrebbe mai abbandonati per qualcos’altro, nemmeno se si fosse trattato della prospettiva seria di fare carriera ad alti livelli.
A David era bastato un litigio invece, a Linke anche dato che il bassista era evidente che non vedevae l’ora di ritrovarsi l’altro di fronte per potergli rendere pan per focaccia. Juri e Jan, almeno loro, la pensavano come lui e Timo si era isolato a rimuginare solitario su come avesse perso il suo migliore amico nel giro di cinque minuti.
“Possiamo parlare d’altro, almeno per stasera?” chiese agli altri due mentre con un cenno della mano invitava la barista a riempirgli nuovamente il boccale.
Juri si strinse nelle spalle, Jan borbottò qualcosa di incomprensibile.
“Non ti chiedi cosa ne sarà della band ora?” gli chiese poi, in tono più chiaro.
“Non mi interessa, non stasera.” fu la risposta laconica di Franky.

“Dai, pensiamo a divertirci un po’.” intervenne Juri, facendo a sua volta un cenno alla ragazza oltre il bancone che provvedette subito a riempirgli bicchiere.
Il locale era oltremodo affollato, suonava una band locale che nessuno dei tre aveva mai sentito nominare ma che a quanto pareva aveva già un discreto seguito di nicchia. Quando salì sul palco, i tre si spostarono al centro della sala per vederli meglio ma alla fine nessuno di loro prestò veramente attenzione a cosa suonassero e come lo facessero. Uscirono dopo un paio di canzoni, prendendo a camminare senza una meta precisa per le vie di St.Pauli.
“Voi due però siete tornati.” Jan ruppe il silenzio che era calato su di loro.
“Tornati da dove?” gli chiese Franky senza capire.
“Avete fatto il tour con Martin e poi siete tornati nei Panik.”
“Non è esattamente la stessa cosa. - gli fece notare Juri – non stavamo provando, non eravamo in tour e non ne stavamo pianificando uno, non stavamo registrando, eravamo completamente fermi a livello di band. Martin ci ha proposto la collaborazione e abbiamo accettato, ci ha impegnato per qualche serata e non ce ne siamo certo andati via sbattendo porte.” borbottò.
“Veramente non ce ne siamo proprio andati via, eravamo senza niente di meglio da fare in quel periodo, avessimo avuto impegni o progetti di band e non avremmo mai accettato la proposta di Martin.” puntualizzò Franky.
“E comunque Martin è un amico del nostro Ziegler, per cui non conta.” aggiunse Juri prendendo Franky sottobraccio.
“Ma se la discussione in studio non fosse degenerata forse...” tentò Jan.
Franky fece spallucce, Juri parve meditarci sopra per un istante e poi replicò.
“Forse cosa? David sarebbe partito con la promessa di tornare scaduto il contratto per quelle serate? Avrebbe evitato di renderci noto che ci considera uno step di passaggio e che siamo troppo mediocri per lui? Si sarebbe premurato di salutare quantomeno Timo?”
“La volete smettere?!” disse Franky in tono piccato.
Juri e Jan si scambiarono un’occhiata e cambiarono argomento.


***


David tirò un sospirò di sollievo quando finalmente, al riparo del suo alloggio temporaneo, poté togliersi il completo elegante e infilarsi un paio di pantaloni della tuta e una felpa. Anche quella serata, la terza ormai, era andata benissimo, aveva riscosso consensi di pubblico e anche di critica dal momento che un giornalista del settore aveva promesso di dedicargli un trafiletto sulla carta stampata, oltre che sul solito dito del teatro. Non era molto, ma considerando quanta gente si esibiva a quegli eventi, un trafiletto era comunque un riconoscimento non da poco. Si stese sul letto godendosi quella sensazione, quando qualcuno bussò alla porta della stanza.
“David, noi usciamo a bere qualcosa, vuoi unirti?” era Cilly, la ragazza che occupava la camera accanto.
“No, stasera salto.” rispose lui senza scomodarsi ad alzarsi o a dirle di entrare.
“Ok, se cambi idea fammi uno squillo!” gli disse lei prima di andarsene.
Lo avevano sistemato in un appartamento condiviso da altri giovani che partecipavano all’evento, Cilly era una violinista e la sua esibizione veniva subito prima di quella di David. Così quando lei si congedava dal pubblico lasciandogli la scena, capitava che si scambiassero qualche battuta di circostanza che aveva dato l’input a Cilly per dargli confidenza. Gli altri inquilini – Daria, pianista come lui, e Kristian, che studiava flauto traverso dal giorno in cui era nato – gli rivolgevano a stento la parola scoraggiati dal fatto che lui non si stesse comportando esattamente come un modello di socievolezza. Non lo stava facendo apposta, ma non era abituato a buttarsi in avventure nuove e importanti senza il sostegno di Timo, di conseguenza si era chiuso a riccio e si faceva vedere solo alle prove generali o quando rientrava e usciva di casa.
Si rigirò il cellulare fra le mani, tentando di resistere alla tentazione di comporre il numero dell’amico per raccontargli tutto e alla fine lo nascose sotto al cuscino e andò in cucina a cercare qualcosa da mangiare.
Capiva benissimo perché nessuno dei suoi amici si era fatto sentire, perché nessuno era andato a salutarlo all’aeroporto augurandogli buona fortuna. L’eccitazione per l’offerta ricevuta gli aveva offuscato il cervello e, quando i suoi compagni avevano reagito in modo diverso da quello che lui si era aspettato, aveva visto nero e aveva iniziato a insultarli, sminuendo la band, la loro musica, tutto quanto. Gli altri, Linke in primis, gli avevano reso pan per focaccia e la situazione era alquanto degenerata. Solo ore dopo, a rabbia quasi completamente sbollita, si era reso conto che Timo non aveva preso parte al litigio ma era rimasto in disparte a guardarlo smarrito per tutto il tempo. Da quel momento aveva avuto la tentazione di chiamarlo decine di volte, aveva anche pensato di presentarsi a casa sua prima di partire per sistemare le cose almeno con lui ma alla fine non ce l’aveva fatta. Non avrebbe saputo cosa dirgli perché era perfettamente cosciente di essere nel torto e, ancora peggio, che l’ultima persona sulla faccia della terra con la quale aveva il diritto di prendersela era proprio Timo. Un conto era finire con il litigare con gli altri, un altro prendersela con il suo migliore amico, con l’unico che l’avrebbe supportato a prescindere dal resto del mondo.
Seduto da solo al tavolo della cucina, immerso nel silenzio dell’appartamento vuoto, si chiese se non stesse sbagliando tutto. Quello non era un trampolino di lancio ne tanto meno l’occasione per trovare qualcosa di meglio rispetto alla sua band. E poi lui non voleva fare il pianista professionista, lui voleva stare in una band, suonare la chitarra e il piano, comporre la musica, scrivere i testi, far uscire cd e girare la Germania. O forse no?
In quel momento si sentiva parecchio confuso, combattuto fra la soddisfazione di star facendo una gran bella figura lì a Monaco e quella di correre all’aeroporto a prendere il primo volo per Amburgo. Sospirò, recuperò il cellulare e chiamò Cilly, uscire coi ragazzi e magari prendersi una sbronza gli sembrava la soluzione migliore ai suoi problemi.
I suoi coinquilini non avevano fatto molta strada, erano andati a comprare qualche birra e si erano seduti sul marciapiede sotto casa a bere, e gliene offrirono una quando lo videro arrivare.
“Il nostro asociale ha deciso di cambiare vita!” lo accolse Cilly, visibilmente contenta che lui avesse cambiato idea.
“Si beh... è stata una lunga serata.” replicò David aprendo la sua birra e bevendone un sorso.
“Di dove sei?” gli chiese Kristian cercando di rompere il ghiaccio.
“Amburgo. – rispose lui – Kiel in realtà, ma passo molto tempo fra Amburgo e Neumünster.” aggiunse.
“Hannover!” esclamò Daria alzando al cielo la sua birra.
“Francoforte.” disse Kristian.
“Monaco.” fece spallucce Cilly.
“Monaco?!” le chiese David confuso.
“Si, che c’è di strano?” chiese lei.
“E perché ti hanno sistemata in un appartamento condiviso?” si intromise Kristian.
“L’ho chiesto io, pensavo sarebbe stato più divertente.” rispose lei con naturalezza.
“Ne mancano solo sette.” Kristian si fece pensoso.
“Già, se ci penso Monaco mi manca già.” ridacchiò Cilly fra le risate generali che quell’affermazione, unita all’alcol che iniziava a entrare in circolo, generò.
David si sentiva sollevato, aveva fatto bene a unirsi a loro.
In fondo passare la serata a crucciarsi da solo non avrebbe di certo cambiato lo stato delle cose.

***


Linke era seduto sul divano della sala prove con il portatile sulle gambe e stava facendo una sua personale rassegna stampa riguardante i giovani talenti che si stavano esibendo in quei giorni a Monaco, grazie all’iniziativa di uno dei suoi teatri più importanti. Il nome David Bonk era ripetuto con costanza irritante ma del resto era impossibile mettere in discussione il talento pianistico del ragazzo.
“Hey!” Timo entrò nella sala, andando a stravaccarsi di fianco a lui come se fosse reduce da un concerto di due ore invece che appena arrivato. Il bassista si affrettò a cambiare pagina, non era certo necessario sottoporre l’amico a ulteriore supplizio. Juri era seduto dietro la sua batteria, intento a lucidare uno dei piatti, Jan giocava alla PSP seduto sul pavimento dietro alla sua console e Franky era di fianco a lui, intento a dargli consigli su come proseguire nel videogioco.
“Iniziamo le prove?” propose Timo.
“Posso farti notare che abbiamo un buco nero al posto del chitarrista?” disse Linke con tono cinico, mandando a quel paese i suoi buoni propositi di non ricordare a Timo l’esistenza di David.
“Posso farti notare che io so suonarla la chitarra?” replicò Timo alzandosi dal divano.
“Quindi sei il nostro nuovo chitarrista?” chiese Juri spuntando da dietro la batteria.
“No, sono solo quello che suonerà la chitarra fino a quando David non avrà finito con i suoi affari personali.” bofonchiò l’altro.
“Quando David avrà finito con i suoi affari personali, dovrà cercarsi una nuova band se vuole riprendere a suonare la chitarra.” replicò Linke senza mezzi termini.
“Non penso proprio.” si impuntò Timo girandosi a fronteggiarlo.
“Beh, allora dovrete cercarvi un nuovo bassista.”
“Se te ne vuoi andare, quella è la porta.” il tono di Timo era un misto di sconsolatezza e rabbia.
“Ok, calmatevi tutti quanti! - Juri si alzò e andò a mettersi fra i due – David ci ha presi in contropiede ed è innegabile, ma probabilmente parlandone tutti insieme con calma risolveremo tutto. Non vedo il bisogno di diffondere altri dissapori inutili all’interno della band.”
Linke lo fulminò con lo sguardo ma non replicò. Timo invece voltò le spalle a tutti quanti e se ne andò, sbattendo la porta dalla quale era entrato meno di dieci minuti prima.
“Ottimo lavoro, Christian.” Franky lo applaudì dal pavimento e Linke sbuffò.
Jan lasciò perdere il videogioco e stava per dire qualcosa quando un cellulare suonò. Si guardarono l’un l’altro e poi gli occhi di tutti si posarono sul divano, dov’era ancora seduto Linke.
“Quel cretino ha lasciato qui il cellulare.” borbottò il bassista prendendo il telefono e rispondendo senza nemmeno dare un’occhiata al display.
“Pronto?”
“Timo?” chiese la voce di David incerta, dall’altro capo della linea.
“Linke, idiota. - lo corresse il ragazzo. – Timo non c’è per tua sfortuna.” fece per riappendergli in faccia ma Franky lo raggiunse e gli levò l’apparecchio di mano prima che potesse farlo.
“David?”
“Franky?”
“Grazie al cielo, come stai?” gli chiese.
“Non c’è Timo?” fu la replica di David.
“No, se n’è appena andato... Tutto ok?”
“No... si... cioè... lascia stare, non dirgli nemmeno che ho chiamato.” così dicendo riappese, lasciando Franky inebetito ad ascoltare il suono ritmico della linea libera.
“Credevi veramente avesse chiamato per scusarsi?” Linke lanciò uno sguardo al soffitto esasperato.
“Qualcuno dovrà pur fare il primo passo.” s’impuntò Franky.
“Di sicuro non io, non tu, nessuno di quelli in questa stanza.” sentenziò l’altro, alzandosi poi a raccogliere le proprie cose.


***


David fissava il cellulare ormai muto impanicato.
Non era abituato a misurarsi con certe situazioni e, non che Timo lo fosse, ma il consiglio di un amico gli avrebbe fatto comodo.
Era pomeriggio inoltrato quando si era svegliato, in casa tutto taceva e nel suo letto c’era qualcosa di sbagliato. Dopo essersi strofinato gli occhi un numero imprecisato di volte si era reso conto che l’anomalia era Cilly, completamente nuda di fianco a lui. Si era svegliata qualche minuto dopo, gli si era strusciata contro e poi si era alzata senza darsi la pena di coprirsi e gli aveva detto che andava a fare una doccia.
Il problema in tutta quella storia era che lui non ricordava affatto di come o quando la ragazza fosse finita nel suo letto. Non si ricordava nemmeno cosa avessero combinato di preciso, anche se la risposta non gli pareva poi tanto difficile da trovare. Preso dal panico aveva chiamato Timo senza pensarci due volte, solo quando aveva sentito la voce di Linke si era ricordato di essere ai ferri corti con i suoi compagni di band.
E ora che doveva fare?
Dubitava che Franky sarebbe riuscito a tenersi per se la chiamata, quindi prima o poi Timo l’avrebbe contattato. La sua paura era che fosse più poi che prima.
Era stata una notte di sesso fra ubriachi, giusto? Probabilmente Cilly ricordava tanto quanto lui cosa era successo, quindi in pratica non ricordava nulla. Si sarebbero fatti due risate e non ne avrebbero parlato mai più. Era così che succedeva in quei casi, no?
Si.
Forse.
Cilly rientrò nella stanza con un asciugamano avvolto intorno al corpo, si sedette sul bordo del letto e gli diede un bacio a fior di labbra.
No.
Non gli importava cosa fosse successo prima che partisse, non gli importava nemmeno più niente di suonare il piano tutte le sere tirato a lucido come un damerino.
Gli serviva Timo, un consiglio e magari tornarsene nella sua cara Kiel, almeno lì cose simili non gli succedevano dato che il suo compagno di sbronza preferenziale era Timo stesso.
“Non ti prepari? – la voce di Cilly lo riportò alla realtà – Fra un’ora dobbiamo essere in teatro per le prove.”
“Credo tornerò a casa.” biascicò lui, tentando di celare lo sconforto che provava in quel momento.
“Casa?” chiese lei confusa.
“Si, sai... Amburgo... Neumünster... quello che è.”
“Non eri di Kiel?” rise lei, che non lo stava affatto prendendo sul serio.
“Si, ma per tornare a Kiel mi serve un aereo per Amburgo.”
“E Neumünster cosa c’entra?”
“Timo...” borbottò lui accasciandosi sul letto e tirandosi il cuscino in faccia, sperando di soffocare. La sentì sdraiare al suo fianco e iniziò a pregare perché non si mettesse sotto le coperte, quando il suo cellulare squillò, sul display il numero del suo salvatore.
“Timo!” urlò rispondendo.
“Juri in realtà.”
“Posso sapere da quando il cellulare di Timo è proprietà comune?” chiese lui disperato.
“Da quando Timo lo lascia in giro e, per inciso, se Linke scopre che ti sto chiamando mi ammazza.”
“Cosa vuoi?” gli chiese, sull’orlo di una crisi isterica mentre realizzava che Cilly non solo si era infilata sotto le coperte di nuovo, ma lo stava accarezzando pericolosamente vicino alle parti basse.
“Franky ha detto che gli sei sembrato un po’ provato, ero preoccupato.”
“Si beh... sto bene.” tentò di suonare convincente mentre il suo cervello cercava di elaborare un piano alla velocità della luce e si ritrovava ad arrivare in ritardo rispetto alle mani di Cilly che ormai avevano raggiunto la zona critica. Si lasciò sfuggire un gemito.
“Cosa stai combinando?!” Juri pareva sconvolto.
“Juri credimi, non è come sembra.” gli disse emettendo un altro gemito.
“Io mi preoccupo per te, Franky e Jan si preoccupano, perfino Linke a modo suo è preoccupato e Timo è caduto in depressione e tu sei li che scopi allegramente in diretta telefonica?!”
“No!”
“Bonk, addio.” così dicendo Juri riappese, lasciandolo da solo in balia di Cilly.
Ci mancava solo che andasse a riferire la sua personalissima versione dei fatti a tutti gli altri e sarebbe stato sistemato a vita.


***


Timo era fermo al binario quando Jan e Linke lo raggiunsero.
Imprecò mentalmente, sperava che il treno per Neumünster arrivasse e partisse prima che gli altri arrivassero e invece no, gli sarebbe toccato sopportarli – sopportare Linke – per tutto il viaggio di ritorno a casa. Stranamente però il bassista non proferì parola, prendendo invece a scrutare il led con l’orario e guardando l’orologio.
“Dieci minuti.” osservò.
“Tieni. - Jan allungò a Timo il suo cellulare – L’hai dimenticato in sala prove.” aggiunse rispondendo alla domanda inespressa dell’altro.
“E il tuo caro migliore amico ti ha chiamato.” gli rese noto Linke, scrutando il binario come se potesse far materializzare il treno con la sola forza del pensiero.
“David mi ha chiamato?!” chiese Timo incredulo, controllando la lista delle chiamate ricevute e trovandone conferma.
“Si.” annuì Linke.
“E cosa voleva?” domandò l’altro ansioso.
“Non ne ho idea, stavo per riappendergli in faccia quando Franky mi ha levato il cellulare di mano. Poi Juri l’ha richiamato sperando di risolvere non so cosa e credendo anche che non me ne sarei accorto. - borbottò indignato. – Quei due credono di poter salvare la situazione col dialogo, sono proprio due poveri illusi.” proseguì, distogliendo finalmente l’attenzione dai binari e concentrandola su Timo.
“Tu in compenso sei stronzo e cinico, e credi di avere il diritto di riversare sugli altri tutte le tue frustrazioni personali, giusto?” replicò Timo in tono ironico.
“Io almeno non ho mollato la mia band da un giorno all’altro sputandole fango addosso con nonchalance.” gli fece notare lui.
“Ragazzi, smettetela. Franky e Juri saranno anche genericamente troppo buoni e inclini al perdono facile, ma dovremmo smetterla di litigare fra noi come bambini dell’asilo. A nessuno di voi è mai andato in fumo il cervello per cinque minuti?” chiese Jan irritato, guardando Linke dritto negli occhi.
“Stai dicendo che dovremmo correre a Monaco a vedere cosa ha quel cretino?” fu la sua replica piccata.
“No, sto dicendo che se ha chiamato potevamo almeno stare a sentire cosa aveva da dire.” sbuffò Jan.
In quel momento il treno arrivò e Timo lasciò salire gli altri due e poi andò ad accomodarsi in un’altra carrozza per poter richiamare David in santa pace.


***


Le prove generali per la serata erano appena finite e David era seduto in uno dei camerini, adibito per l’occasione a spogliatoio maschile per permettere ai ragazzi di cambiarsi fra le prove e lo spettacolo. Nella stanza c’era anche Kristian, oltre ad altri ragazzi con i quali non aveva mai parlato.
“Allora?” gli chiese Kristian sedendosi su una sedia di fianco a lui e ammiccando.
“Allora cosa?” replicò David fingendo di non avere idea di cosa l’altro parlasse.
“Cilly ti aveva puntato fin dal primo giorno, io le avevo detto che secondo me non ci sarebbe mai riuscita e invece...” ridacchiò.
“Già.” mugugnò lui, meditando a come scrollarselo di dosso.
“Com’è?” bisbigliò Kristian avvicinandosi con fare cospiratorio.
“Devo andare in bagno.” tagliò corto David alzandosi.
“Prima continuava a suonarti il cellulare.” gli disse l’altro indicando il borsone di David in un angolo. Il ragazzo prese il cellulare e sparì, sperando che a Kristian non venisse la pessima idea di seguirlo.
Invece di andare in bagno uscì dal teatro e si mise a vagare per i dintorni alla ricerca di un posto in cui poter stare tranquillo. Faceva freddissimo e aveva lasciato la giacca in camerino, così si infilò nel primo Starbucks che trovò e si sedette, non prima di aver preso una tazza fumante di vanilla latte. Guardò finalmente il telefono, scoprendo quattro chiamate perse, tutte di Timo. Lo stomaco gli si contorse, era veramente Timo? O il suo cellulare era ancora in mano agli altri? E se era lui, Juri gli aveva raccontato dell’ultima telefonata?
Non sapeva che fare, richiamarlo o lasciar perdere? Da un lato voleva solo comporre quel numero e passare le seguenti due ore a chiacchierare con l’amico, dall’altro si rendeva conto dell’assurdità di tutta quella situazione.
I suoi dubbi vennero troncati dalla quinta chiamata di Timo, alla quale rispose prontamente.
“Bonk!” esordì l’amico all’altro capo del telefono.
“Sonnenschein.” sospirò David, sollevato dal sentire quella voce così familiare.
“Cosa stai combinando?” gli chiese preoccupato, venendo subito al dunque.
“Niente di particolare...” rimase vago.
“Davii!”
“Juri non ti ha detto niente?” chiese cautamente.
“Non sento Juri da ore, cosa avrebbe dovuto dirmi?” il tono del ragazzo era stremato, come se avesse passato il pomeriggio a lottare contro qualcosa.
“Niente... prima mi ha chiamato e credo abbia frainteso quello che stava accadendo.”
“E cosa stava accadendo?”
“Niente di importante.” David sospirò nuovamente.
“Puoi dirmelo, lo sai.” replicò semplicemente Timo.
“Pensavo saresti venuto all’aeroporto.” cambiò discorso lui.
“Io pensavo ti saresti fatto sentire prima di partire.”
“Ci eravamo lasciati male.”
“Io quel giorno in sala prove non ho aperto bocca.” gli fece notare Timo.
“Lo so... ma pensavo... pensavo saresti venuto lo stesso in aeroporto.” David sorseggiò il latte, sperando che la bevanda andando giù trascinasse con se il magone che gli stava salendo.
“Sono venuto.” si decise a dire l’altro.
“Come?!” il latte quasi gli andò di traverso.
“Sono venuto in aeroporto... ti osservato da lontano da quando hai fatto check-in a quando sei passato dai controlli per andare agli imbarchi. Ho perfino aspettato che l’aereo decollasse...” lasciò la frase in sospeso, non gli pareva il caso di mettere in piazza anche il dettaglio che era rimasto in aeroporto inebetito per molto altro tempo.
“Potevi-“
“Non sapevo se saresti stato felice di vedermi.” lo interruppe Timo.
“Sai che lo sarei stato.”
“No, non so nemmeno perché te ne sei andato.”
“Lo sai, mi hanno contattato per-“
“Hai capito benissimo cosa intendo.” lo interruppe nuovamente.
Seguì un attimo di silenzio, David non sapeva cosa replicare perché si, sapeva benissimo cosa Timo intendesse: non sapeva perché lui avesse sparato tutte quelle cattiverie sulla band e non capiva come mai se ne fosse andato senza cercare di riappacificarsi con loro.
“In ogni caso, non mi hai ancora detto cosa hai combinato.” gli disse Timo.
“Tecnicamente non me lo ricordo. – borbottò lui, esasperato da quella storia di Cilly – Praticamente credo di essermi scopato la mia coinquilina.”
Dall’altra parte, Timo non riuscì a trattenere una risata.

***


Linke stava nuovamente spulciando articoli online.
Stavolta nessuno parlava bene di David, tutti sostenevano che il giovane David Lauden Bonk aveva sbagliato una nota dopo l’altra, in maniera talmente vistosa che perfino l’orecchio più profano aveva avuto modo di accorgersene.
Linke era perplesso, da quando conosceva David – ovvero da sempre – non l’aveva mai sentito sbagliare mezza nota, non al pianoforte. Ogni tanto gli succedeva con la chitarra, ma erano cose che facevano parte del gioco quando ci si stava esibendo sul palco di fronte a un pubblico più o meno folto. Col pianoforte però mai.
Cosa stava succedendo? Scrollò la testa cercando di eliminare dal suo cervello quella domanda, non gli importava e non erano certo problemi suoi. David se n’era andato per percorrere da solo la sua strada verso la gloria? Benissimo, che affrontasse da solo anche i problemi a quel punto.
Imprecò, odiava non riuscire a tirarsene fuori sul serio e alla fine la curiosità - per non dire la preoccupazione - ebbe la meglio e lo fece uscire, diretto a casa Sonnenschein.
Incontrò l’amico per strada, con una borsa della spesa in ciascuna mano.
“Giorno di provviste?” gli disse, sperando che non si ricordasse che il giorno prima si erano lasciati male.
“Linke.” lo salutò l’altro di malavoglia, facendogli capire che disgraziatamente si ricordava.
“Ti aiuto a portarle a casa?” tentò Linke, suonando poco convincente perfino a se stesso.
“No grazie, non vorrei mai che succedesse qualcosa al tuo prezioso braccio da bassista.” gli disse seccamente.
“Immagino che siano piene di schifezze vegetariane.” Linke abbozzò quello che nelle sue intenzioni doveva essere un sorriso divertito ma che sembrò più una smorfia.
“Linke, cosa vuoi?” gli chiese scocciato Timo, fermandosi in mezzo al marciapiede a fissarlo.
“Niente, stavo passeggiando e ti ho incontrato.” fece spallucce.
“Passeggiavi nella mia via?”
“Non è che Neumünster sia esattamente una metropoli, capita di incontrarsi in giro.” sbuffò Linke, continuando a pretendere di trovarsi lì per caso.
“Dimmi cosa vuoi e facciamola finita.” gli disse Timo esasperato.
“Hai poi... si, insomma...” si bloccò imbarazzato.
“Sentito David? Si.” Timo riprese a camminare.
“E?”
“E cosa?”
“Come sta?” domandò, fingendo nonchalance.
“Si è ficcato in un piccolo pasticcio, niente di grave e niente che ti riguardi.”
“Che tipo di pasticcio?” insistette Linke.
“Niente che ti riguardi.” ripeté Timo.
“Ieri sera ha fatto schifo.” Linke si decise a mettere in tavola le sue carte.
“Lo so, ho letto le critiche su internet. E tu come lo sai?” gli chiese in tono canzonatorio.
“Stavo vagando per il web e sono incappato in alcune recensioni della serata.” gli ripose ignorando il tono provocatorio dell’amico.
“Certo, incappato. Del resto David è trending topic sulla homepage di Yahoo.”
Erano arrivati di fronte a casa di Timo e questo si fermò, squadrando Linke con fare poco amichevole.
“Tranquillo non entro, me ne vado.” bofonchiò lui facendo per voltarsi e tornare da dove erano venuti.
“Gli dispiace.” gli disse Timo.
“Ma davvero?” stavolta fu il tono di Linke ad assumere tinte ironiche.
“Sei libero di credere quello che ti pare.” così dicendo Timo entrò in casa, lasciandolo per strada a rimuginare sulle sue ultime parole.

***


David si tirò le coperte fin sotto il naso, facendo finta di non sentire che stavano bussando alla porta della sua stanza. La sera prima, di ritorno dal teatro, ci si era chiuso dentro a chiave sperando di sfuggire a qualunque cosa lo aspettasse: gli eventuali commenti di Kristian e Daria sulla sua pessima performance e le strane mire di Cilly su di lui. Era riuscito ad evitare entrambe le cose ma ora erano le tre del pomeriggio e qualcuno bussava alla sua porta con insistenza da almeno cinque minuti, deciso a farsi aprire a tutti i costi a quanto pareva.
Vattene, vattene, vattene. Il ragazzo ripeteva mentalmente quella parola come un mantra ma non stava funzionando. Era convintissimo fosse Cilly, tornata all’attacco con il pretesto di svegliarlo, e quindi rimase sorpreso quando dall’altra parte della porta udì la voce di Daria.
“David puoi aprire, sono Daria. Non c’è nessuno in casa...”
Lanciò un’occhiata alla porta.
Una trappola? Scosse la testa allibito dai suoi stessi pensieri, non era certo un telefilm quello e Cilly non era la sua ragazza ne la sua persecutrice, anche se nella sua immaginazione ne aveva assunto i tratti.
Si alzò di malavoglia e aprì la porta, sbirciando fuori in cerca di segni della presenza in casa di Kristian e Cilly.
“Ti ho detto che siamo soli.” gli sorrise Daria.
“Non stavo controllando.” si difese lui.
“E’ esattamente quello che stavi facendo. – rise lei – Avevo paura che stessi ancora dormendo, fra poco dobbiamo avviarci alle prove.”
“Sono sveglio.” le disse.
“Lo vedo.” annuì lei, sempre sorridendogli.
“Beh... forse è meglio che mi prepari.” osservò David, non sapendo cos’altro dire.
“Non preoccuparti per ieri sera, a tutti capitano serate no.” Daria gli diede una pacca sulla spalla per incoraggiarlo e poi lo lasciò solo.
No, a lui non capitavano serate no.
Non quando aveva di fronte un pianoforte a coda meraviglioso e l’unica cosa che doveva fare era suonarlo, usando per altro gli spartiti che lui stesso aveva scritto e che sarebbe riuscito a eseguire a occhi chiusi.
Eppure la sera prima non si era limitato a toppare, aveva direttamente fatto una figuraccia colossale di fronte a un pubblico di critica che ormai l’aveva ampiamente promosso. E che, ovviamente, aveva poi impiegato cinque minuti di orologio a stroncarlo. Non che gli importassero più di tanto i trafiletti negativi sparsi per il web, era pienamente cosciente del suo talento e chiunque si fosse premurato di informarsi sul suo conto avrebbe capito da solo che i premi che aveva vinto fino a quel momento erano prova della sua bravura, ma la ragione per la quale non era riuscito a concentrarsi su ciò che doveva fare – ovvero suonare – l’aveva fatto irritare oltremisura.
Come ogni sera, Cilly era scesa dal palco mentre lui vi saliva.
Come ogni sera gli aveva sussurrato un in bocca al lupo, al quale lui si era limitato ad annuire con fare contrito. Lei allora l’aveva bloccato il tempo necessario a stampargli un bacio tutt’altro che casto sulle labbra e lui era andato completamente nel panico, credendo di essere già in una porzione di palco visibile dalla platea. Per fortuna si sbagliava ma la sensazione di disagio, unita all’idea di trovare Cilly pronta ad accoglierlo a bordo palco alla fine, gli avevano mandato in fumo il cervello. Decisamente non era fatto per giostrarsi in quelle situazioni e forse avrebbe fatto bene a raccontare tutto a Franky quando ne aveva avuta l’occasione, dal momento che l’amico al contrario suo, ci sapeva fare e anche tanto.
In ogni caso era andata così, e ora lui non sapeva con che faccia presentarsi nuovamente a teatro e, soprattutto, come affrontare nuovamente Cilly. Si vestì svogliatamente e andò in cucina a cercare qualcosa da mettere sotto ai denti.
“Hai fatto presto.” lo accolse Daria.
“Già... senti, tu per caso hai idea di quanto potrebbe costarmi passare il resto delle giornate in hotel? O in ostello... qualunque cosa.”
“Vuoi scappare da Cilly?” ridacchiò la ragazza.
Il ragazzo sbuffò e lei scoppiò a ridere.
“Non è divertente! Io-“ si bloccò, non sapendo esattamente cosa dire.
“Dai, non farla lunga! Vi siete divertiti, non c’è mica niente di male!” gli disse.
“Ah no?” chiese lui poco convinto.
“Eravate un po’ brilli, si è accesa la scintilla, avete passato una bella notte insieme e ora amici come prima, no?”
Altro che un po’ brilli, lui era talmente andato che non ricordava niente di niente.
“E comunque – proseguì Daria – settimana prossima ce ne torneremo tutti a casa e ci ricorderemo di questa esperienza come ci si ricorda di una gita di classe.”
“Magari fosse così semplice.” borbottò lui.
“No?”
“Cilly non mi sembra dell’idea che ora siamo amici come prima e a casa mi aspettano cinque persone incazzate nere con me che pretenderanno le mi scuse in ginocchio.” bofonchiò.
“A Cilly piace divertirsi, dille chiaro e tondo che per te è stata solo una notte di follia e vedrai che la smetterà. Cosa hai fatto a quelle cinque persone?” chiese incuriosita.
“Ok, forse saranno solo quattro a reclamare il mio sangue... magari tre se Franky decide di passarci sopra perché è troppo buono e due se Juri lo seguisse a ruota. E se Franky e Juri seguono questa linea di comportamento, di sicuro lo farà anche Jan, quindi mi rimarrebbe solo una persona con cui dovermi confrontare. Peccato sia le peggiore di tutte.”
“Wow, ti sei fatto le ragazze di tutti loro?” sghignazzò Daria.
“Cosa?! No, certo che no! Sono i miei compagni di band e comunque non è mia abitudine farmi le ragazze altrui.”
“Sicuro?”
“Certo che sono sicuro!” esclamò David.
Una sera aveva baciato la ragazza che anche Timo aveva puntato, ma era stato quando erano piccoli e stupidi e giocavano a chi avrebbe conquistato più ragazze in un arco di tempo prestabilito. Non era stato propriamente rubargli la ragazza, solo rubargli un punto prezioso.
“Cilly.” gli disse Daria, sedendosi al tavolo di fronte a lui, negli occhi un’espressione divertita.
“Cilly cosa?” chiese lui senza capire.
“Cilly ha il ragazzo.” fece spallucce lei.
David la fissò cercando di capire se fosse uno scherzo e no, non lo era.
“Come sarebbe a dire?!” chiese basito.
“Che ha il ragazzo, niente di più. è questa la vera ragione per la quale ha scelto di condividere l’alloggio con altri partecipanti anche se abita qui a Monaco, gli ha rifilato la storiella che funzionava così e che per questo breve periodo non si sarebbero potuti vedere. Credo non l’abbia nemmeno invitato ad assistere almeno a una delle nostre serate, dice che si vuole divertire e basta.”
“E tu come fai a sapere tutte queste cose?” domandò David sperando ancora che fosse tutto uno scherzo.
“Me l’ha raccontato lei stanotte dopo che ha scoperto che ti eri barricato in camera chiudendo a chiave.” il suo tono portava con se l’ombra di un’accusa.
“Non volevo urtare i suoi sentimenti, solo che non... cavoli, non mi ricordo nemmeno cosa è successo l’altra notte!” sbottò.
“Scherzi?!” Daria non riuscì a trattenere una sonora risata.
“No, non scherzo! E non so che fare e non so nemmeno con che faccia presentarmi a teatro dopo la figura di ieri sera o con che coraggio tornare a casa dagli altri. Come minimo troverò Linke in aeroporto ad aspettarmi con un machete in mano.”
“Che nome è Linke?”
“Un cognome in realtà, si chiama Christian ma guai se lo chiami così, il suo rigetto per la fede cristiana lo porta a sentirsi offeso dal suo stesso nome.” le spiegò, provando una certa soddisfazione a sparlare del bassista.
“Siete tutti così strani a Kiel?”
“Lui è di Neumünster e comunque io non sono strano.” puntualizzò.
“Si che lo sei, Cilly ormai ha capito l’antifona anche se è meglio che tu non la renda partecipe del fatto che non ricordi nulla. A teatro nessuno baderà a te e ai tuoi sbagli di ieri sera, sei uno dei migliori del gruppo e te l’ho già detto prima, a tutti capitano serate no. Per i tuoi amici e quel Linke beh... non ho molto ben capito cosa sia successo ma se sono tuoi amici risolverete.” così dicendo si alzò e sparì verso la propria stanza, lasciando l’eco di quelle parole a rieccheggiargli nella testa.
Bisognava ammettere che quella Daria era piuttosto perspicace e dava consigli intelligenti, non come Timo, il padre fondatore dell’idea di chiudersi in camera a chiave e non uscirne fino a nuovo ordine. C’era anche da dire che però la ragazza non conosceva il soggetto Christian Linke, quindi probabilmente su quella parte del discorso non doveva darle più di tanto retta. Inoltre, per quanto avesse ridotto il problema a Linke, non doveva dimenticarsi che le scuse le doveva a tutti quanti, e sperare che gli altri decidessero di optare veramente per le soluzioni diplomatiche che aveva loro attribuito a tavolino.


***


David si svegliò con una pessima sensazione addosso, che trovò conferma nella sagoma accucciata accanto a lui sotto le coperte. Tanto per cambiare – stava diventando un’irritante abitudine – non ricordava assolutamente nulla della notte precedente, i suoi ricordi lucidi si fermavano a circa un’oretta dopo la fine dell’esibizione teatrale, la penultima della serie, quando per festeggiare la serata andata bene a tutti, Kristian aveva proposto di andare a bere qualcosa e Daria gli aveva proibito di defilarsi.
Perché doveva essere così stupido e recidivo? Certo che Cilly doveva essere proprio grande a letto se gli bastava un po’ di alcol in circolo per cascare nella sua rete, già che non faceva che combinare danni poteva almeno degnarsi di ricordare. La sagoma al suo fianco mugugnò nel sonno e si girò, dandogli modo di notare una massa di capelli neri che nulla aveva a che spartire con quelli biondo cenere di Cilly.
Daria.
Un gemito di disperazione gli sfuggì dalle labbra, ricascarci con Cilly sarebbe stato abbastanza stupido ma questo era troppo.
Se mai fosse riuscito a tornare alla sua vita di sempre con le ossa tutte intere, sarebbe diventato astemio.
“Buongiorno.” biascicò Daria strofinandosi gli occhi sbadigliando e il ragazzo notò che lei era in pigiama, un bel pigiamone a maniche lunghe. Spostando una gamba cercando di farlo sembrare un gesto casuale, ebbe modo di constatare che aveva addosso anche i pantaloni del pigiama. Lui dal canto suo aveva i boxer ben stretti in vita e questo bastò a scucirgli un sonoro sospiro di sollievo.
“Che c’è?” gli chiese Daria alzandosi sui gomiti.
“Niente.” gli uscì una risatina isterica.
“Stai bene?” domandò lei corrugando la fronte.
“Mai stato meglio, credimi!”
“Perché stanotte eri proprio conciato male, non reggi molto bene l’alcol sai?”
“Davvero?”
“Non ti ricordi? – David scosse la testa e lei proseguì – Kristian ti ha dovuto portare a casa di peso e una volta qui hai vomitato due volte di seguito, ovviamente nessuna delle due in bagno. Poi ti sei accasciato sul letto, ero preoccupata e sono rimasta qui con te.” gli spiegò.
“Sia ringraziato il cielo!” David lanciò uno sguardo grato verso il soffitto e Daria, ancora troppo addormentata per capire cosa gli stesse passando per la testa, lasciò perdere.
Negli ultimi giorni lui e la ragazza avevano legato parecchio e gli sarebbe dispiaciuto rovinare l’amicizia che stava nascendo con un colpo di testa da ubriaco, per cui era veramente felice di non aver vissuto da sbronzo nessuno degli scenari che la sua mente gli aveva propinato. Si alzò, prese i suoi vestiti e andò in bagno a sistemarsi per l’ultima serata.
Il pomeriggio seguente aveva il volo di ritorno per Amburgo.


***


Timo era nervoso come se toccasse a lui salire sul palco e stupire il pubblico per l’ultima volta. Non era mai stato così nervoso nemmeno quando doveva cantare ai festival di fronte a un pubblico per la maggior parte non suo, forse perché dividere il palco con altre cinque persone allentava di un quinto la pressione che sentiva addosso, o forse perché esibirsi in un teatro con un certo tipo di critica pronta per l’appunto a criticare, era completamente diverso che salire sul palco di un locale o di un festival prima o dopo altre tot band, quasi sempre peggiori di loro. Quindi ora era nervoso, anche se sapeva che David avrebbe lasciato tutti a bocca aperta e la cosa più assurda era che era coscientissimo di essere anche più nervoso dello stesso David. L’aveva sentito poco prima al telefono e gli era parso completamente rilassato, perfino in vena di scherzare, e si era chiesto come fosse possibile ma del resto l’amico era pienamente consapevole delle proprie capacità, perché crucciarsi per niente? E poi lui lo stava facendo già per entrambi, per cui l’equilibrio dell’universo sarebbe rimasto intatto.
Non vedeva l’ora di vederlo atterrare il pomeriggio seguente e potergli finalmente parlare di persona, farsi raccontare tutto quanto e sistemare le cose una volta per tutte.

***

Linke era diventato il lurker numero uno – e probabilmente l’unico – di quello stupido evento teatrale per giovani talenti tedeschi. La verità era che, per quanto fosse ancora decisamente sul piede di guerra nei confronti del suo caro amico Bonk, era allo stesso tempo in ansia per lui e non se ne capacitava. Sarebbe stato molto più rapido e indolore riuscire a fregarsene eppure non ci riusciva.
Quando dopo la serata no le recensioni positive erano tornate a riempire la homepage della manifestazione, si era sentito sollevato. Aveva cercato di convincersi di esserlo solo per via del fatto che cattiva fama per David poteva significare cattiva fama per i Panik ma era una scusante che non si reggeva in piedi dal momento che quella gente pareva non avere idea del fatto che lo stupido Bonk prima di essere un talento al pianoforte, era il chitarrista di tali Panik, ex Nevada Tan.

Chiuse il portatile e diede un’occhiata all’orologio, stimando che entro un paio d’ore l’avventura monachense di quel disgraziato si sarebbe conclusa e che il giorno dopo a quell’ora forse avrebbe già ricevuto le scuse che gli spettavano. Almeno su questo punto era alquanto irremovibile.


***


Juri era seduto sul divano di Franky e osservava l’amico e il suo coinquilino che giocavano a carta sasso e forbici per stabilire a chi dei due toccasse andare a fare rifornimento di alcol. Se l’avesse saputo si sarebbe fermato da qualche parte a prendere un cartone di birre, almeno si sarebbe risparmiato quello spettacolo da asilo nido, in cui non mancavano nemmeno le giocate sporche. Alla fine Franky ebbe la meglio e l’altro se ne andò di malavoglia.
“Domani che facciamo?” chiese Franky sedendosi di fianco a lui.
“Non lo so.” fece spallucce Juri.
“Riguardo a David intendo...”
“Avevo capito.” sbuffò.
“Timo va all’aeroporto, secondo me dovremmo andare anche noi.” annuì convinto il ragazzo.
“Secondo me invece no, lasciamo la rimpatriata dei migliori amici privata, magari ci si vede in sala prove o si esce la sera a bere qualcosa.”
“E secondo te David scende dall’aereo e corre in sala prove?! Dopo quello che è successo l’ultima volta che ci ha messo piede?” gli fece notare Franky.
“Beh, ha fatto tutto da solo... e comunque abbiamo risolto la questione no? E’ pentito... credo.” il tono di Juri era meditabondo.
“A dirla tutta è Timo che ha risolto con lui, non noi. Io non sono ancora convinto che non avesse intenzione di dire quello che ha detto... se lo pensa...”

“Se lo pensa Linke ha tutto il mio supporto nel dargli contro.” replicò Juri seccamente, facendo capire a Franky che la discussione era chiusa.
L’altro rimase a fissare il pavimento pensieroso, sapeva che non era giusto fare come se nulla fosse accaduto ma se questo fosse servito a riprendere con David da dove avevano lasciato che male c’era? Sarebbe stato per un fine superiore, il bene della band e il bene di un gruppo di amici che meritava di essere salvato.
In ogni caso non credeva che andare a salutare David all’aeroporto significasse mettere una pietra sopra a tutto senza nemmeno parlarne, era piuttosto come tendergli un ramoscello d’ulivo e fargli capire che erano ben disposti nei suoi confronti e che, anche se si erano lasciati male, l’avevano supportato a distanza nella sua avventura. Del resto sarebbe bastato e avanzato Linke a rendergli pan per focaccia, conosceva il ragazzo quanto bastava da essere sicuro che non avrebbe glissato su nulla.
“Domani si va tutti all’aeroporto. – decretò, ignorando l’occhiata storta di Juri – Tutti tranne Linke.”
“Linke si presenterà con una mazza chiodata in mano secondo me.”
“E noi lo faremo arrestare dicendo che è un bombarolo, ne avrà per un bel po’ di ore prima che lo rilascino.” sghignazzò.
“Piano perfetto.” rise Juri, accendendo la tv e ritrovandosi a sgranare gli occhi di fronte al canale non propriamente casto e puro sul quale era sintonizzata.
Franky era una garanzia non solo in fatto di amicizia.


***


Quella situazione era surreale anzi, il termine surreale non le rendeva giustizia.
Probabilmente c’era qualcosa nell’aria di Monaco, non c’erano molte altre spiegazioni plausibili a quel delirio di assurdità.
Si erano esibiti tutti quanti – o quantomeno lui, Kristian, Daria e Cilly – e una volta concesse le interviste di rito per gli articoli di chiusura evento avevano deciso di andare a farsi la solita bevuta. David era stato bravo, bravissimo, talmente bravo che aveva ordinato thè freddo al limone per paura di ritrovarsi a chiudere quell’esperienza con l’ennesimo danno. Inoltre il pomeriggio seguente aveva un volo da prendere, non poteva permettersi di passare la giornata a letto a smaltire la sbornia. Così aveva ordinato la bibita, ignorando i commenti ironici di Kristian e gli sguardi increduli delle ragazze, e si era svaccato sulla panca del tavolo al quale erano seduti, felice che quell’avventura fosse finita ma allo stesso tempo un po’ malinconico all’idea di lasciare i suoi coinquilini ai quali aveva finito per affezionarsi.
Insomma, tutto stava andando come in una normalissima serata d’addio, quando Cilly gli si era pericolosamente avvicinata e gli aveva passato un braccio intorno al collo. Daria aveva rischiato di sputare in una risata il sorso di birra che aveva appena bevuto e Kristian gli aveva prontamente fatto l’occhiolino, come se lui avesse bisogno di approvazione. L’unica cosa di cui aveva bisogno era di non replicare nottate di cui non serbava memoria, e ringraziò il cielo di non avere nessun tipo di alcolico in circolo.
“Eddai Daviii, solo un bacino di commiato, tanto probabilmente non ci rivedremo mai più.” gli sussurrò Cilly all’orecchio prima di mordicchiargliene il lobo con fare sensuale.
Un bacio, cos’era mai un bacio? Ne aveva dati a palate senza sentimento, gli effetti collaterali del gioco della bottiglia quando hai quattordici anni e pensi che quello sia l’unico modo possibile per riuscire a baciare una ragazza. A quel gioco idiota si era ritrovato a baciare perfino Linke, ed era sopravvissuto anche se l’amico era corso poi a disinfettarsi come se ne andasse della propria vita, premurandosi anche di chiarirgli che se ci avesse mai riprovato si sarebbe ritrovato ad affogare nell’Elba con attaccato un macigno di una tonnellata ai piedi.
Così aveva dato corda a Cilly e aveva cercato le sue labbra con le proprie. Non fu esattamente un bacino di commiato, ma nemmeno qualcosa di cui pentirsi senza nemmeno ricordarsene la mattina dopo. Nulla di tragico, perfino piacevole.
E poi arrivò il pugno.
Di lato, gli prese la guancia e lo staccò da Cilly che ancora lo teneva sottobraccio.
Un secondo pugno, stavolta dritto in faccia, lo tramortì per un secondo e il terzo lo fece quasi urlare di dolore quando sentì una fitta per nulla promettente in mezzo agli occhi.
“Seb!” urlò Cilly interponendosi fra il quarto pugno e la faccia di David.
“Che caz-“ tentò di dire quest’ultimo massaggiandosi il viso, ma il dolore gli bloccò l’imprecazione a metà.
“Hey amico, calmati!” Kristian si era alzato, mentre Daria faceva il giro del tavolo per andare ad accertarsi delle condizioni di David.
“Calmarmi?! - esclamò il ragazzo rissoso, paonazzo in viso – Tu staresti calmo mentre qualcuno bacia la tua ragazza con nonchalance di fronte ai tuoi occhi?!”
Kristian sgranò gli occhi, voltandosi poi verso Cilly in cerca di spiegazioni.
“Credo gli abbia rotto il naso.” gemette Daria tastando con delicatezza il viso di David.
“Gli hai rotto il naso!” il tono di Cilly era accusatorio e pieno di rabbia.
“Ti stava baciando!” si difese con foga quello che evidentemente era il suo ragazzo, quello vero.
“Anch’io lo stavo baciando, avanti spaccami il naso!” lo provocò.
“Calmiamoci, tutti quanti! - si intromise Kristian – Daria, chiama un taxi e accompagna David al pronto soccorso.” aggiunse con fare pragmatico e la ragazza non ci pensò due volte a trascinare David fuori dal pub, giusto in tempo da evitare il gestore del locale che inviperito si era lanciato sul tavolo interessato dalla rissa.

Avevano vagato in lungo e in largo per quasi dieci minuti prima di trovare un taxi e una volta al pronto soccorso erano stati etichettati come codice bianco, ovvero David sarebbe stato praticamente l’ultimo a essere visitato di tutte le persone più o meno gravi che affollavano la sala d’attesa.
Si sedettero e David dopo un po’ si sdraiò, appoggiando la testa sulle gambe della ragazza e cercando di pensare a qualcosa che escludesse dalla sua testa il dolore martellante.

“Sai, Hannover e Amburgo non sono poi così lontane.” gli disse lei cercando di distrarlo.
“Lo so.” rispose lui, ma lo sforzo di parlare lo fece ansimare di dolore e rinunciò ad aggiungere qualunque altra cosa.
“Ci possiamo tenere in contatto e vedere qualche volta... magari vengo a sentir suonare la tua band.” gli disse sorridendo.
Se aveva ancora una band.
Se Linke non gli avesse spaccato quello che ancora restava integro della sua faccia.
Se Juri, Jan e Franky l’avessero davvero perdonato soprassedendo sul suo piccolo grande colpo di testa.
Se Timo l’avesse realmente accolto a braccia aperte al suo ritorno.

Se fosse mai riuscito a salire su quel dannato aereo con il naso conciato in quello stato.

Tutti quei se gli fecero girare la testa e gemette nuovamente.
Che aveva fatto di male per meritarsi di finire al pronto soccorso a quell’ora indegna di notte e a poche ore dal suo ritorno a casa?
Si era fatto la ragazza di un altro, ma lui quello l’aveva scoperto solo dopo.
E rimaneva sempre il dettaglio da non trascurare per il quale aveva un’amnesia potentissima sull’accaduto. Magari avevano solo dormito nello stesso letto, magari Cilly era una di quelle ragazze che dormivano nude. Magari il giorno dopo si era comportata come se avessero fatto chissà cosa solo per divertirsi alle sue spalle.
Si impose di smettere con quei vaneggiamenti che gli aumentavano solo il dolore e i capogiri e si concentrò su quello che gli stava dicendo Daria.
“Magari ci chiameranno per qualche altra esibizione da qualche altra parte... chissà, forse fra il pubblico c’erano dei cacciatori di talenti.”
Non gliene fregava più niente di tentare una carriera alternativa anche perché, a essere onesto fino in fondo, la vita gli aveva offerto mille e più occasioni fin da quando era piccolo per prendere la strada del pianista professionista. Lui le aveva rifiutate tutte perché, per quanto adorasse suonare quello strumento, si divertiva molto di più a stare in una band, comporre testi e musica, fare concerti e divertirsi coi suoi compagni. E poi suonare la chitarra gli piaceva molto più di quanto sarebbe mai stato disposto ad ammettere, perché rinunciarci?
Sarebbe tornato a casa, si sarebbe scusato, sarebbero andati avanti tutti insieme come se nulla fosse...

Questo fu l’ultimo suo pensiero prima di lasciarsi andare all’oscurità.

***


Quando riaprì gli occhi era disteso su un letto, separato da altri letti solo da una tendina.
Un’infermiera gli stava provando la febbre con un termometro da orecchio e gli sorrise impercettibilmente quando si accorse che era sveglio.

“Respira con la bocca.” gli consigliò vedendo che annaspava alla ricerca di aria.
Lui le diede retta e poco dopo capì di avere il naso ricoperto di garze e cerotti, doveva essersi addormentato – o peggio, essere svenuto – e nel frattempo l’avevano medicato.
“Chiamo il dottore, gli dico che ti sei ripreso.” gli disse l’infermiera, segnando su un foglio qualcosa, probabilmente la sua temperatura.
Qualche minuto dopo comparve un medico che lo aiutò a mettersi seduto e gli spiegò cos’era successo.
Si, aveva il naso effettivamente rotto ma no, non era poi tanto grave e si sarebbe ripreso senza troppi drammi. Era svenuto per via del dolore ma i suoi valori erano tutti nella norma e l’avrebbero tenuto un altro po’ in osservazione per assicurarsi che non avesse altri mancamenti e poi l’avrebbero lasciato andare. Per finire si, poteva volare e quindi tornarsene a casa se voleva. Gli spiegò come rifarsi la medicazione al naso, ogni quanto rifarla e gli prescrisse un paio di farmaci spiegandogli in quali casi usarli. Il colloquio durò non più di dieci minuti, poi lo lasciò libero di sdraiarsi nuovamente, dicendogli che l’infermiera l’avrebbe tenuto monitorato e se tutto andava bene, l’avrebbero dimesso entro un’ora.
David guardò l’orologio, erano quasi le sei di mattina, aveva tutto il tempo di rimettersi in piedi, tornare all’appartamento, raccattare le sue cose e andare in aeroporto. Avrebbe avuto perfino tempo a sufficienza per far colazione e pranzare, cosa poteva desiderare di più?
Non avere il naso rotto, tanto per cominciare.
Fortunatamente la sua prigionia al pronto soccorso durò anche meno del previsto e quando lo lasciarono uscire trovò ad attenderlo in sala d’aspetto Daria, Cilly e Kristian.
Daria lo abbracciò affettuosamente, Kristian gli diede una pacca sulla spalla e Cilly gli si avvicino mortificata.
“Mi dispiace. – gli disse fissandosi i piedi – Non pensavo di poter incontrare Sebastian, non in quel pub...”
“Non importa. - replicò lui, cercando di essere convincente. – Com’è finita poi col tuo ragazzo?”
“Oh... beh... non credo sia ancora il mio ragazzo.” gli rispose facendo spallucce.
“Questo si che era amore.” sghignazzò Kristian e Daria gli pestò un piede per zittirlo.
“Alla fine il gestore ha chiamato la polizia. – proseguì Cilly decidendosi ad alzare lo sguardo – Ma siamo riusciti tutti quanti ad andarcene prima che arrivasse.”
“Ora andiamo a casa, è stata una notte massacrante. - suggerì Kristian, tirando fuori il cellulare per chiamare un taxi. – Devo anche fare le valige, vorrei prendere un treno nel primo pomeriggio.” aggiunse.
“Anch’io devo preparare la valigia.” si unì David.
“Io pure, ho l’aereo due ore dopo il tuo.” disse Daria.
“E così mi lasciate sola a tornare alla mia noiosa vita.” sospirò Cilly.
“Puoi sempre adescare qualcun altro e divertiti a fargli rompere il naso.” le propose David cercando di sdrammatizzare.
“No, ho chiuso con le botte e via. Nulla di personale Bonk, ma non ne vale la pena, ti procurano solo guai. Senza contare che ho come l’impressione che fossi talmente sbronzo da non ricordare nulla.” terminò offesa.
“Può essere.” rise Daria.
“Tu si che te la sai godere la vita, David.” lo prese in giro Kristian, mentre si avviavano verso l’uscita.


***


Le ruote dell’aereo toccarono con un sobbalzo l’asfalto della pista dell’aeroporto di Amburgo, causando a David un altro capogiro. Aveva passato tutto il volo con gli occhi chiusi, cercando di non pensare a quanto la testa gli girasse e quanta nausea gli stesse procurando quel viaggio. Forse avrebbe fatto meglio ad ascoltare Kristian che, poco prima di partire, gli aveva consigliato di farsi cambiare il volo e rimanere a Monaco un altro paio di giorni, in modo da riprendersi da quella notte agitata. Cilly si era anche offerta di ospitarlo ma lui ovviamente aveva fatto di testa sua e ora, mentre l’aereo si fermava poco distante dal terminal, stava cercando di calmarsi e di trovare la forza di alzarsi da quel sedile e scendere.
Sperò con tutte le sue forze che Timo fosse lì ad attenderlo, magari con Franky o Juri pronti ad offrirgli asilo per la notte risparmiandogli lo sforzo di dover tornare a Kiel.
Una parte di lui sentiva la mancanza dei tre ragazzi con i quali aveva trascorso le ultime due settimane ma l’altra, la più grande, era felice di essere di nuovo a casa, nonostante il dolore e il senso di disagio causato da questo.

Si erano ripromessi di rimanere in contatto ma sapeva benissimo che sono quelle cose che si dicono e poi non si mantengono quasi mai. Chissà, forse Daria sarebbe andata veramente a vederli suonare qualche volta, ma non ci sperava molto. Sapeva anche che quel senso di nostalgia pressante sarebbe svanito nel giro di un paio d’ore, soprattutto se una volta uscito dagli arrivi avesse trovato i suoi amici ad aspettarlo.
Le persone intorno a lui iniziarono ad alzarsi e a recuperare i rispettivi bagagli a mano e lui aspettò pazientemente che la maggior parte di loro sfollasse per decidersi ad alzarsi a sua volta. Recuperò il trolley da sopra il sedile e scese, tirando dritto al ritiro bagagli dal momento che, pur essendo rimasto via due settimane, non si era portato nulla più del necessario, ovvero un completo elegante per le esibizioni con ben due camice di ricambio, un paio di scarpe eleganti, un paio di felpe, dei jeans di ricambio, qualche maglietta e quello che aveva addosso. C’era una ragione fondamentale se spesso lo tacciavano di avere uno stile molto barboneggiante e la ragione era che aveva quattro vestiti in croce, ma non gliene importava.
Quando le porte automatiche degli arrivi si aprirono, si ritrovò faccia a faccia con Timo che gli andò subito incontro spalancando gli occhi allibito dalla medicazione che aveva sul naso.
“Non fare domande, non fare commenti.” l’ammoni non appena fu a portata di voce.
“Cosa hai combinato?!” gli chiese l’altro ignorandolo.
“Niente.” borbottò lui, notando che alle spalle di Timo c’erano anche Franky, Juri e Jan, anche loro con gli occhi puntati sul suo naso.
“Dimmi che non le hai prese dal ragazzo della tipetta.” lo supplicò Timo.
“Ho detto niente commenti!” esclamò già esasperato dal terzo grado.
“Fatemi capire, ti sei fatto una ragazza, questa aveva il ragazzo e questo te le ha date e ti ha spaccato il naso?” chiese Linke, che era sbucato dal nulla.
“Tu che ci fai qua?!” gli domandò Franky allarmato.
“Mi godo lo spettacolo. – disse lui, sembrando particolarmente felice nel vedere la faccia di David ridotta in quello stato. – Questa si chiama giustizia divina, caro il mio Bonk.” aggiunse.
“Ma se tu non credi in niente.” gli fece notare indignato Timo.
“Mai dire mai.” replicò Linke, quasi estasiato dalla disavventura di David.
“Sei uno stronzo, lo sai?” Timo non era per nulla divertito.
“E voi dei cretini, ad aspettarlo qua a braccia aperte come dei buoni samaritani. Buoni samaritani stupidi.
“Fino a prova contraria anche tu sei qua.” gli fece notare Juri.
“Non per lui.” si difese Linke.
“E per cosa?” chiese ironico Timo.
“Se non vi spiace, io me ne andrei volentieri a casa.” tagliò corto David che non si reggeva più in piedi.
“Vuoi stare da me per stanotte?” gli propose Franky, forse in fin dei conti era veramente un buon samaritano stupido.
“Grazie.” gli disse David grato.
“Mi fermo anch’io da te, così domani lo accompagno a casa.” si autoinvitò Timo mentre si avviavano verso l’uscita dell’aeroporto, seguiti da Jan.
“Tu che fai?” chiese Juri a Linke, rimasto indietro.
“Aspetterò pazientemente che il naso gli guarisca.” rispose.
“Non ti riconosco più, sei disposto ad aspettare tanto per riversargli addosso la tua rabbia?” ridacchiò Juri.
“Il punto è che spaccargli il naso quando è già rotto non sarebbe divertente.” si limitò a rispondere Linke, raggiungendo gli altri e lasciando Juri a lanciare occhiate sconsolate al soffitto.


NOTE FINALI.

Qualche precisazione probabilmente scontata ma che è meglio fare.

Innanzitutto il Grosse Freiheit 36 [il locale in cui all'inizio si trovano Franky, Juri e Jan], esiste davvero e si trova per l'appunto al numero 36 di Grosse Freiheit, nel quartiere di St.Pauli ad Amburgo.

Quando i tre parlano di Martin, si intende Martin Kilger, con il quale l'anno scorso Franky e Juri hanno fatto un mini tour.


Detto questo… spero abbiate gradito, io sono stranamente soddisfatta del risultato finale [+ che altro perché mi ero impuntata sulla lunghezza della oneshot e ce l'ho fatta ù_ù].

Fatemi sapere ^_^

   
 
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