Storie originali > Romantico
Segui la storia  |      
Autore: Fra23    20/03/2010    0 recensioni
Giorgia è una ragazza con un passato alle spalle abbastanza triste, cadrà nel buio, diventerà un fantasma per alcuni mesi, ma per fortuna un ragazzo la aiuterà a uscirne fuori. Ma c'è sempre un ma. Questo ragazzo non è quello che sembra....ma è molto di più. Un amore potrà sbocciare, ma molte insidie sul loro cammino si formeranno.... L'amore può trionfare?sfidare la razionalità e i luoghi comuni?...dal Diario della protagonista Giorgia: La mia vita era diventata un buco nero. Niente gioia, niente che potesse darmi un motivo reale per vivere, per continuare a sopportare o a dimenticare. Camminare su questa terra e non sapere spiegare il senso della propria vita era qualcosa di distruttivo, quasi tossico. Mettevo una maschera nascondendo cosa provavo in realtà. Quella era la parte più difficile. Ma poi ho incontrato la luce dietro alle mie paure. Riesco finalmente a respirare con regolarità, a sorridere senza dare un ordine preciso ai muscoli facciali, riesco a comunicare le mie emozioni e non solo, anche a sentirle. Riprendo coscienza con me stessa, con la parte più profonda e nascosta del mio essere. Finalmente capisco chi sono e chi potrei essere. Quando incrociai i suoi occhi mi sentii completa, ma allo stesso tempo libera e salda. In quell'istante sul mio cuore si aprì l'infinito e un unica grande certezza l'impossibilità di vivere senza di lui. Giorgia...
Genere: Romantico, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
MISTERY OF PASSION                                            



                                                            SENZA VITA




 A volte il mondo non è come lo vorresti. Il tuo futuro non è come te lo aspettavi. 
Questo è quello a cui stavo pensando,seduta al mio banco,intenta a guardare fuori dalla finestra la dolce e candida neve che lentamente stava ricomprendo ogni cosa.
L'inverno era arrivato con prepotenza, aveva sbarrato le porte all'estate ormai alle spalle, in un modo quasi spaventoso. 
Fuori doveva fare un gran freddo, le persone cercavano come meglio potevano di ripararsi nei giubbotti pesanti, e di stare attenti a dove mettevano i piedi, il ghiaccio non ci metteva molto a ricoprire la strada. Guardando quello spettacolo dalla finestra mi vennero in mente le lunghe passeggiate in montagna oppure quella volta in cui con gli sci ai piedi non avevo rischiato di cadere dal burrone,esperienza alquanto fastidiosa. 
Il silenzio era quasi totale,non fosse stato per la professoressa di diritto che spiegava l'argomento del giorno.
Ovviamente nessuno,come del resto pure io, le prestava la ben che minima attenzione.
Non so cosa avrei dato per uscire dalla classe e buttarmi in mezzo alla neve, adoravo quella brina leggera, fredda e delicata quando ti sfiorava il viso, mi faceva sentire in pace, o almeno era come se mi trasportasse verso altri pensieri, lontani dalla realtà, che consideravo abbastanza noiosa.
La mia vita era noiosa, mi alzavo alla mattina con l'intento di passare quella giornata, la solita routine, e di arrivare alla sera per dormire, dove però avrei iniziato a combattere contro gli incubi.
Nulla nella mia vita era terribilmente eccitante o interessante, mi accontentavo delle piccole cose,ma non erano mai abbastanza.
Sbirciai di nuovo l'orologio, a volte sembra che il tempo non passi mai, soprattutto l'ultima ora del lunedi.
Continui a guardare l'orologio e non c'è alcuna gratificazione nel farlo, sembra che le lancette non si muovano mai, fiere di farti un dispetto.
La scuola è sempre stato un inferno personale, cercavo di avere la sufficienza in tutto, ma per me era un vero spreco di tempo e di energie.
L'unica cosa positiva era avere delle amicizie e allontanarsi da casa, quando l'aria si faceva troppo opprimente.
Una forma di evasione a volte, per il 70 percento delle volte,ma per il 99 percento era un supplizio.
La professoressa probabilmente sapeva che nessuno le stava dando retta,ma lei continuava imperterrita come una macchinetta da scrivere,senza trovare neanche il tempo di respirare,prendere una boccata d'aria e continuare.
Ormai la sua cantilena se all'inizio era abbastanza fastidiosa ora era diventata come un mormorio di sottofondo, che accompagnava i miei pensieri.
Decisi per la prima volta di guardarmi intorno, la mia nuova classe.
Come presumevo anche gli altri non vedevano l'ora di andarsene da li, probabilmente per incontrare il proprio ragazzo, per andare a un appuntamento importante, o semplicemente per andare a casa.
A volte invidiavo la vita degli altri, sicuramente era più affascinante, e eccitante della mia.
Ma soprattutto non sopportavo quando parlavano di amore, e dei loro ragazzi.
Che cos'è l'amore? Se non un modo ulteriore per soffrire le pene dell'inferno in questa inutile esistenza?...perché soffrire per un altra persona?perché concedersi così apertamente?..
domande alquanto stupide,ma terribilmente fastidiose.
Come per allontanare quei pensieri, come fastidiose mosche, scossi la testa.
Grande errore da parte mia, non mi ero accorta che lo sguardo della prof era ricaduto su di me.
“ditemi pure Giorgia siete contraria alla teoria di Smith?”, alzai lo sguardo solo quando sentì pronunciare il mio nome, si ce l'aveva proprio con me.
Non sapevo cosa dire,non conoscevo l'argomento e tanto meno Smith.
Alcune compagne sogghignavano, ma la mia nuova compagna di banco mi indicò con il dito il titolo della lezione, le teorie economiche. 
La ringrazia mentalmente, era l'unica che aveva seguito la lezione.
Respirai profondamente e guardai negli occhi la professoressa.
Sul suo viso un sorriso quasi compiaciuto,probabilmente stava pensando che non sarei sicuramente riuscita a darle una risposta esatta.
Ma dentro di me gongolavo, per l'ennesima volta l'avrei fatta franca, dovevo ringraziare la mia compagna di banco per questo.
“No, professoressa, mi chiedevo il perché questi abili economisti invece di esporre delle teorie non cercavano di trovare una soluzione..”, sul suo viso comparì un espressione stupita, non si aspettava una risposta del genere, anzi più che altro avevo rigirato la domanda, ponendogliene una io.
Il suo sguardo vagò infastidito per la classe, ora tutti gli occhi dei presenti erano puntati su di lei, ovviamente rispose,continuando a spiegare come se non si fosse nemmeno interrotta.
Strano, quell'intervento aveva riportato l'attenzione sulla prof, anche se era durata poco più che un minuto e mezzo. 
Io ritornai a vagare tra i miei pensieri ancora più di prima.
Finalmente la campana suonò, ringraziai la mia compagno di banco e uscì dalla classe.
Gli studenti correvano per uscire di li, neanche fosse scoppiato un incendio, la scena opposta della mattina dove per poco non si trascinavano.
Uscendo dalla scuola respirai a fondo, a pieni polmoni, l'aria gelida dell'inverno penetrò nelle mie vie aeree fino a toccare il centro esatto del mio corpo e con la stessa forza espirai.
Fuori il caos della città era spaventoso,ma in un certo senso si ritrovava la libertà.
I rumori del traffico erano impazziti, clacson, sirene, voci, era un caos sottile che ti penetra con furore nei timpani e che ti risveglia dal tuo letargo mentale. 
Tutto andava alla velocità della luce, era tutto troppo veloce, difficile stare dietro a tanta forza.
Attraversai la strada, ovviamente non sulle strisce, nessuno lo faceva, quelle erano troppo lontane, si preferiva il rischio di venire investiti invece che fare qualche metro in più di strada.
Strano come vanno queste cose e pensare che molti avevano rischiato la vita pur di non fare fatica.
Ma io non trovavo nulla di riprovevole in questo, per me non era un rischio,nemmeno una sfida, semplice abitudine, stupida si ma per nulla elettrizzante.
Il bus arrivò con pensante ritardo e ovviamente tutti i posti erano occupati.
Prendere i mezzi pubblici era terribilmente frustrante, non è facile e sicuramente non bello essere costretti ad avvicinarsi a persone che non conosci, penso che nessuno lo sopporti.
Dopo alcune fermate riuscii finalmente a sedermi. 
Guardai gli altri compagni di “viaggio”, erano sempre gli stessi, ragazzi e ragazze dei paesi vicino al mio, la cosa interessate del prendere i mezzi pubblici è quello di ascoltare gli altri.
Entrare per alcuni momenti nella loro vita, piccoli sprazzi, ma si riusciva a capire molte cose sull'esistenza umana, o quantomeno dei ragazzi della mia età.
Quando rischiavo di dare troppo nell'occhio iniziavo a osservare altre persone oppure il paesaggio fuori dal finestrino.
Mi ero appena trasferita e ovviamente non conoscevo nessuno, gli altri studenti a scuola mi guardavano con curiosità, mentre io cercavo in tutti i modi di passare inosservata, di confondermi con il paesaggio.
Probabilmente le notizie sulla mia storia erano giunte alle orecchie dei paesani, tramite le grandi pettegole, come la signora Wuston delle panetteria del paese.
Mi ero trasferita a Campersade per cambiare aria, dopo la morte dei miei genitori decisi di non voler stare un minuto di più in quella città, Seattle.
Non avrei sopportato gli sguardi compassionevoli e di circostanza.
Così la decisione davanti al giudice era passata a me, trasferirmi da mia nonna era stata la scelta più accettabile.
Dopo la loro morte cercavo in tutti i modi di non pensarli, il dolore era troppo intenso.
Ricordo perfettamente quel giorno. Era una calda giornata d'estate, ero in spiaggia con i miei amici di sempre, ero felice, estasiata di quella vita, quando all'improvviso tutto ciò che ritenevo importante si sgretolò come burro nelle mani. 
Uno squillo di telefono e tutta la mia vita era cambiata.
Un incidente d'auto, stavano viaggiando in autostrada diretti verso la Florida, doveva essere un viaggio di lavoro per entrambi ma avrebbero passato qualche giorno in quella terra immensa solo per rimanere un po' soli.
Un camion gli andò addosso, e il resto lo lascio li dov'è, nell'immaginazione.
Ricordare era vietato. Non mi faceva bene pensare a loro. Temevo che un giorno avrei anche dimenticato i loro volti. Dimenticare era quasi inaccettabile, così cercavo semplicemente di non pensarci mai. 
Suonai il campanello e mi diressi verso le porte scorrevoli del bus.
Non ero l'unica che scendeva a quella fermata, di fianco a me, c'era un ragazzo, che mi continuava a fissare in uno strano modo. Io fissai lo sguardo altrove imbarazzata.
Dal vetro di fronte potevo vedere il suo riflesso,il suo viso era ancora rivolto verso di me, forse mi stavo sbagliando.
Avevo già notato quel ragazzo, era della mia stessa scuola, era all'ultimo anno.
Spesso lo avevo incrociato per i corridoi ma nemmeno una volta mi aveva dato l'impressione che mi stesse fissando.
Almeno non fino a quel momento.
Il bus iniziò a decelerare e cercai di tenermi stretta al palo per evitare di cadere e fare una figuraccia tremenda.
Finalmente si fermò, le porte si aprirono e scesi con un piccolo salto.
Non appena fui fuori il bus ripartì e in poco tempo sparì dalla mia vista.
Il freddo mi accolse in un abbraccio, la neve continuava a cadere lenta e io come una stupida alzai gli occhi al cielo,sorrisi, curiosa e meravigliata da quella bellezza silenziosa.
Un movimento dietro le mie spalle mi ricordò che probabilmente non ero sola, imbarazzata come non mai abbassai lo sguardo e mi guardare alle spalle.
C'era ancora quel ragazzo.
La sua espressione era stupita, probabilmente pensava che fossi matta, nessuna ragazza avrebbe sorriso con il viso rivolto al cielo,non con quel freddo che penetrava nelle ossa, non era una cosa normale.
Non sapevo cosa dire, forse lui aspettava che dicessi qualcosa.
Poi mi riscossi, il suono di un clacson mi riportò alla realtà.
“hai bisogno di qualcosa?”, l'unica domanda che mi passava per la testa.
Il suo viso si rilassò, i suoi occhi verdi continuavano a fissarmi, poi le sue labbra si tesoro in un leggero sorriso ironico “no...è solo che ti è caduto questo sull'autobus..”, guardai la sua mano, teneva il mio abbonamento.
Fantastico quella sarebbe stata già la terza volta, perdere l'abbonamento stava diventando un inconveniente fastidioso, la mia testa era sempre sulle nuvole.
Restai interdetta per alcuni secondi, pensando che forse dovevo darmi una ripigliata, così non andava affatto bene.
Io non stavo vivendo, ma solo sopravvivendo.
Rialzai lo sguardo, dalla sua espressione capì che non era impaziente, mi osservava curioso, forse pensava che fossi semplicemente un po' ritardata. 
Mi riscossi e presi l'abbonamento dalla sua mano, “Grazie mille...questa sarebbe stata la terza volta...perderlo un altra volta...”scossi la testa, sul suo viso si dipinse un espressione leggermente colpevole, non capii il perché, ma feci finta di niente.
“nulla figurati..può capitare..abiti qui vicino?”chiese guardandosi intorno,per la prima volta staccò gli occhi dal mio viso. 
“Si...dopo la West street..abito con mia nonna..noi non ci conosciamo vero?”
sapevo che la risposta era no, ma negli ultimi tempi dimenticavo tutto quello che facevo,ma di lui mi sarei dovuta ricordare, soprattutto del suo bellissimo sorriso.
“No..anzi non mi sono nemmeno presentato.. io sono Cristian..comunque tutti mi chiamano Cris..”mi tese la mano e io gliela strinsi, in quell'istante esatto sentì una scossa, molto forte. “Giorgia..”,rimasi interdetta per alcuni minuti.
Lui sorrise compiaciuto, non era sorpreso era come se già sapesse il mio nome e chi ero. 
Ancora non riuscivo a credere a quello che avevo sentito. Mi guardai la mano, e la rimisi in tasca.
Bè che stupida! tutta la città lo sapeva chi ero, perché non lui?
“..siamo vicini..abito sulla strada opposta alla tua...perché non proseguiamo insieme..ti va?”. 
Voleva accompagnarmi, nei suoi occhi un velo di speranza, annui e iniziammo a incamminarci.
I suoi passi a differenza dei miei erano silenziosi, io mi sentivo tremendamente goffa e la neve ghiacciata sull'asfalto di certo non alleggeriva questa mia sensazione.
Più volte rischiai di scivolare ma lui tendeva sempre un braccio, al quale mi aggrappavo diventando rossa come un peperone.
Era diventato il mio salvatore, senza di lui sarei già caduta cinque volte.
Ad ogni mancato scivolone mi offriva il braccio,ed ogni volta sentivo quella strana forza, quasi elettricità pura. Ogni volta mi stupivo sempre di più. Ma che cos'era?
Io senza incrociare il suo sguardo sussurravo un grazie e lui ricambiava con un sorriso, che riuscivo a scorgere non appena riprendevo l'equilibrio.
La sua presenza scatenava in me due sensazioni ben diverse, da una parte mi infondeva sicurezza ma dall'altra mi trasmetteva un forte energia, come la forza di una calamita.
Arrivati in fondo alla strada le nostre direzioni si dividevano, io sarei andata a destra e lui a sinistra.
Alzai lo sguardo e con una smorfia guardai attonita il marciapiede ghiacciato che portava a casa,peggio della valle oscura di Dante.
“Forse è meglio se ti accompagni fino a casa non credi?”disse,come leggendomi nel pensiero. Guardai il sui volto, sorrideva ancora compiaciuto e ironico, probabilmente pensava che fossi un totale disastro e che quasi sicuramente mi sarei ammazzata se avessi proseguito da sola.
Cercai di fare l'indifferente, in realtà volevo che mi accompagnasse, ma non potevo disturbarlo oltre.
“No..ce la faccio..grazie davvero..posso proseguire da sola..”, guardai la sua espressione per nulla rassicurata, il mio inutile tentativo fallì, “Insisto..non è un problema davvero..”e con un movimento fulmineo si spostò all'altro lato del mio fianco,dove il tratto di marciapiede si interrompeva e dal quale probabilmente sarei caduta senza speranza di sopravvivenza, secondo il suo sguardo.
Sospirai, ormai arresa da tanta galanteria, non era una cosa da tutti i giorni trovare qualcuno di una così grande gentilezza.
“Okey..grazie ancora..”, lui annuì e iniziammo a incamminarci.
“Tu fai il 4 anno vero?”chiese all'improvviso, la sua voce era dolce e delicata, ma anche curiosa come i suoi occhi che all'istante cercarono il mio sguardo.
“Si il 4...e tu l'ultimo se non mi sbaglio..”,lui sorrise ancora di più compiaciuto, non volevo che pensasse che avessi chiesto notizie su di lui,infatti era così, ripresi la frase “Sai sei molto famoso tra le ragazze della mia classe..”.
Guardai il suo viso, e notai quanto fosse bello, perché non l'avevo mai visto prima?
Molte ragazze parlavano di lui, lo rincorrevano quasi, lo spiavano, mentre io ero del tutto indifferente a questo genere di cose.
Ma ora che lo guardavo capivo cosa ci trovavano di bello in lui.
I suoi occhi verdi erano lucidi e profondi,la pelle candida e bianca quasi come la neve davano un senso di morbidezza, le sue labbra leggermente rosate, quando si stendevano in un sorriso erano davvero dolci, i capelli castani leggermente spettinati davano un tocco sbarazzino alle sue espressioni,che per la maggior parte delle volte mi erano risultate serie e risolute. 
Aveva un viso assolutamente bellissimo, il volto di un angelo.
Ad un tratto la sua espressione si rabbuiò. “Si..sono davvero insopportabili le tue amiche..”disse, nella sua voce per la prima volta notai un tono gelido e teso, probabilmente non apprezzava le continue attenzioni di quelle ragazze. 
“Bè in realtà non sono mie amiche..mi sono appena trasferita..”, i suoi occhi si posarono su di me e cambiarono ancora una volta espressione, si distesero rilassati “Si lo so..”. 
“come lo sai?”, “non ti avevo mai visto prendere il mio stesso bus..”
“Ah..”, risposta troppo semplice la sua, che stupida, cosa pensavo?
Per fortuna non rischiai di cadere nemmeno una volta, ormai ero quasi vicina a casa, ma da una parte non volevo che ci separassimo, mi piaceva stargli accanto.
Mi spaventai, com'era possibile che pensassi a quelle cose???.
aumentai il passo cercando di scacciare quei pensieri, a volte sentivo il suo sguardo addosso, probabilmente la sua idea in principio che fossi matta ora doveva aver trovato conferma.
Finalmente arrivati, tirai un sospiro di sollievo, le luci in casa erano spente ma si sentiva fin dalla strada il brusio di un televisore.
Mi fermai e mi voltai verso di lui prestando attenzione a dove mettessi i piedi.
Lui sorrideva e quel sorriso mi ruppe le parole in gola, sarei rimasta per tutto il tempo a fissarlo con uno sguardo da ebete. “Sei arrivata..ora sarò meno preoccupato..”disse. 
Aggrottai le sopracciglia, sicuramente si sarebbe preso gioco di me e della mia goffaggine per molto tempo. 
“Preoccupato per me?..non ne vedo il motivo..comunque grazie ancora..”dissi cercando di interpretare il suo sguardo,anche la sua espressione era concentrata.
“Di nulla..allora ci vediamo domani a scuola..”, rimasi sorpresa, voleva che ci vedessimo ancora? O era semplicemente cortesia?...
Giorgia non pensare a queste cose!dissi arrabbiata con me stessa.
“Si va bene...allora... buona giornata Cristian..”,risposi,e la mia voce risultò contro volere sorpresa, lui annuì annoiato.
In qualche modo sembrava che non volesse andarsene, o forse aspettava che io entrassi.
Perché aveva tanta premura nei miei riguardi?
Comunque sia mi voltai e aggrappandomi al corrimano della scala salii i gradini,presi la chiave di casa dalla tracolla e aprii.
Quando entrai e mi voltai per chiudere la porta lui era ancora li, il suo sorriso era sparito, i suoi occhi mi fissavano in modo intenso,ancora una volta senza una spiegazione razionale arrossì. 
Poi si voltò e iniziò a incamminarsi verso la direzione opposta.
Mentre lo osservavo mi aggrappavo alla maniglia della porta.
Era incredibile quanto fosse elegante la sua camminata, teneva le mani dentro al giubbotto per il freddo, poi poco dopo la sua figura alta e slanciata sparì dalla mia vista. 
Entrata in casa, un alone di tristezza mi assalì senza alcun motivo.
Mia nonna si era addormentata sul divano, con il telecomando tra le mani, probabilmente mi stava aspettando ma era crollata prima del previsto. Meglio,non sarei stata costretta a fingere che tutto andasse bene, e non sarei stata costretta a raccontarle la mia giornata.
Anche se l'ultima parte non era finita così male.
Salì le scale cercando di non fare rumore, entrai in camera,appoggiai la tracolla sul letto e mi fiondai verso la finestra.
Contro ogni gesto razionale la aprì, e il freddo artico invase la mia stanza, ma lo preferivo alla temperatura mite della casa.
Le neve non cessava a cadere. Sorrisi guardando la strada e ripensando alla nuova conoscenza.
Alzai lo sguardo in cerca magari di una suo comparsa dietro a una finestra.
Ma cosa stavo facendo?Perché mi interessavo così tanto?, ma lo feci lo stesso senza perdermi in una spiegazione plausibile che non sarebbe mai arrivata.
Il mio sguardo vagò verso la direzione della strada che aveva preso Cristian, guardando con attenzione ogni casa.
Ovviamente non notai niente, e poi comunque avrei scoperto in quale casa abitava.
Chiusi la finestra, presi il cellulare, e dall'orologio sul display capì che ormai era troppo tardi per uscire, e poi non aveva alcun senso, ero appena arrivata.
Decisi di farmi una doccia e al più presto possibile sarei andata a letto.
Il getto caldo della doccia mi rilassò gradualmente i muscoli della schiena e riuscì a pensare più facilmente mentre la stanchezza abbandonava le mie membra grazie al getto tonificante dell'acqua.
Entrando in camera sapevo a cosa andavo incontro, dormire non era un problema,ma quello che sognavo non era per nulla bello.
Avevo troppi incubi, e non davano l'aria di smettere, dal giorno dell'incidente mi perseguitavano e ogni notte si presentavano sempre più vividi.
Al mattino ricordavo ogni cosa, e i segni li notavo allo specchio, lunghe occhiaie che mi solcavano gli occhi, come se non dormissi da giorni.
Così ero costretta a ricorrere al trucco, un velo di fard e quantomeno tentavo di nascondere la notte tempestosa dal mio viso,ma per gli occhi non potevo fare un gran che.
Se qualcuno mi guardava alla mattina negli occhi sarebbe rimasto terrorizzato,io stessa mi spaventavo.
Esprimevano una sola parola Dolore....dolore cocente e spaventoso.
Con mia nonna era successo, e ora a colazione cercava di non guardarmi direttamente negli occhi o almeno non dava a vedere la sua preoccupazione per me.
Così ancora una volta cercai di preparami a combattere contro il mio inconscio o quantomeno a trovare un compromesso, annebbiando tutto ciò che era fonte del mio dolore.
In fondo era chiaro anche a me stessa, e ancora una volta ne avevo avuta la prova quella sera, con quel ragazzo, con Cris.
Io non stavo vivendo ma solo sopravvivendo.




                           
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Fra23