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Autore: Blackbutterfly1994    21/03/2010    7 recensioni
Akira, un ragazzo come tanti, legato tantissimo al fratello Haru.
Haru, un ragazzo silenzioso che conosce una verità che Akira ha paura di sentire.
Tra follia e passione, un amore malato eppure dolcissimo.
ATTENZIONE! La storia tratta di amore tra FRATELLI!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Amore malato

Buongiorno! Questa è uno storiella che ho scritto qualche mese fa, ma che per qualche motivo avevo dimenticato nei recessi del mio pc xD!

Comunque sia, vi avverto che questa oneshot parla di INCESTO, quindi chiunque non gradisca il genere, è pregato di non leggere la storia.

Questo lavoro è in linea con il regolamento di EFP: non sono descritte nei particolari scene di sesso, ma sono solo accennate.

Non trasgredisco, perciò, nessuna regola.

Detto questo, vi lascio alla storia, sperando vivamente che sia di vostro gradimento.

Ah, dimenticavo… commentate, commentate, commentate!

Mi fa sempre piacere sapere cosa ne pensa la gente che ha l’immane pazienza di leggere le mie storie!

Enjoy.

 

Amore malato

 

Lo guardai muoversi. Era slanciato, perfetto, armonico. Come sempre, d’altronde. Come me.

I suoi capelli d’oro riflettevano la luce del sole. Come i miei.

I suoi occhi verde chiaro, splendenti, brillavano, mentre giocava a tennis. Esattamente come facevano i miei.

Guardare Akira era come guardarmi allo specchio, giacché io e lui eravamo gemelli.

Era bello, mio fratello. L’avevo sempre pensato.

 

All’improvviso sentii un tocco sulla spalla, e mi girai, quasi infastidito da questa interruzione. Mi piaceva da morire osservare mio fratello giocare. Ma non appena vidi chi era, il fastidio scomparve, e un sorriso si distese sulle mie labbra.

- Ciao, Aki! –

Era il mio ragazzo, lui. Ci eravamo conosciuti quando io e Haru, mio fratello, eravamo primini. Lui era già al terzo anno, e su di me esercitava un grande fascino. Popolare, bello, gentile, come poteva non conquistarmi il cuore? Peccato che mio fratello, all’inizio, non fosse esattamente d’accordo, e la cosa mi faceva soffrire. Non sopportavo che Haru mi disapprovasse, mi faceva stare male. Così avevo pregato Aki di cercare di farsi accettare anche da Haru, e lui ce l’aveva messa tutta. Alla fine Haru aveva desistito, e l’aveva accettato. Non che adesso fossero grandi amici, ma almeno si sopportavano vicendevolmente.

Aki si abbassò su di me, e mi baciò. Io e Haru eravamo al quarto liceo, lui si era diplomato un po’ di tempo fa, ma noi continuavamo ad essere felici. Aki seguì il mio sguardo, e storse le labbra.

- Ecco chi stavi guardando così intensamente: Haru, ovvio –

- Non trovi che mio fratello sia bellissimo? –

- Come te, Akira – rise – Siete uguali –

In realtà, non era esattamente così: Haru portava i capelli leggermente più lunghi dei miei, e questo conferiva a dargli un’aria sempre mezzo trasandata che faceva impazzire le ragazze. Non per niente, mio fratello era il ragazzo più popolare della scuola.

Aki si girò di nuovo verso di me, riprendendo a baciarmi con passione. Mentre ero impegnato a ricambiarlo, sentii un brivido freddo scendermi lungo la spina dorsale e, senza staccarmi, spostai gli occhi sul campo. Haru era immobile in mezzo al prato, gli occhi, gelidi come il ghiaccio, che mi fissavano. Trattenni a stento un sussulto, e mi staccai da Aki quasi bruscamente. Lui mi guardò perplesso.

- Akira, qualcosa non va? –

Aprii la bocca per rispondergli, ma quando mi girai di nuovo verso il campo d’allenamento del club di tennis, trovai mio fratello che giocava come se niente fosse. Turbato, mi chiesi se quella di prima non fosse stata solo una mia allucinazione.

- Niente, scusa – risposi sommessamente ad Aki.

Lui aggrottò le sopracciglia, ma decise di non dire nulla, e mi prese la mano, rimanendo in silenzio, guardando con me l’allenamento.

Un’ora dopo,  i ragazzi andarono negli spogliatoi a fare una doccia, e noi rimanemmo sugli spalti.

- Ehi, Akira, stasera ceni a casa mia? –

Da poco Aki era andato a vivere da solo, e capitava spesso che io andassi da lui, e vi rimanessi per la notte. Inevitabilmente, il giorno dopo, Haru mi prendeva spietatamente in giro. Annuii.

- Aspetto che mio fratello esca, poi ti raggiungo, ok? –

Lui sorrise – Va bene. Intanto esco a fare la spesa –

Lo guardai allontanarsi, quindi mi sdraiai e cominciai ad osservare le stelle che punteggiavano il cielo del tardo pomeriggio, che si avviava all’imbrunire.

Haru era stato bravissimo, quel giorno. Sorrisi: mio fratello era il massimo in ogni cosa che faceva, ed io ero sempre stato il suo primo fan. Non ero mai stato invidioso di lui, nonostante io non avessi mai raggiunto gli alti livelli che lui sembrava stracciare con una facilità disarmante. Non lo ero mai stato grazie anche a lui, che mi aveva sempre trattato come la cosa più importante per lui, che non mi aveva mai fatto sentire inferiore. Forse il nostro legame era così forte perché eravamo gemelli, ma io non riuscivo a pensare alla mia vita senza Haru: mi sembrava inconcepibile.

Sentii dei passi avvicinarsi, e mi sollevai. Una volta di più, non potei non notare l’estrema bellezza di mio fratello, nonostante il viso e il corpo che ammiravo fossero gli stessi che vedevo ogni mattina allo specchio. Tuttavia, Haru aveva sempre qualcosa che mi colpiva dritto allo stomaco: alto, slanciato, con le gambe lunghe e i muscoli definiti, lo trovavo divino. Il suo viso, poi, mi fece inavvertitamente venire i crampi allo stomaco: aveva la pelle bianca come la mia, la bocca perfetta e sempre arricciata in un sorriso ironico, il naso dritto e regolare, gli occhi verdissimi dal taglio leggermente allungato, e i capelli biondi, dai mille riflessi, che, ancora bagnati, erano appiccicati al suo viso, coprendogli leggermente gli occhi. Era accaldato dall’esercizio compiuto poco prima, perciò era leggermente arrossato, e aveva le labbra dischiuse in un involontario tentativo di prendere più aria. Chiedendomi se questa reazione fosse normale, mi inumidii le labbra, che si erano seccate all’improvviso. Lui non mi sorrideva, stava semplicemente fermo a fissarmi, in silenzio.

Mi alzai, andando verso di lui, dandogli un bacio stampo sulle labbra. Era un’abitudine che avevamo preso da piccoli, e, nonostante all’inizio fosse sembrata una cosa strana a tutti, non avevamo mai neanche pensato di smettere. Mi piaceva salutarlo in quel modo, quindi continuavo a farlo.

- Andiamo a casa? – chiesi, sorridendo.

Mentre stavo per avviarmi, lui, senza una parola, mi prese la mano, stringendola. Non era raro che girassimo così, e all’inizio questo, così come il bacio, aveva infastidito non poco Aki, ma poi gli avevo spiegato che non c’era nulla di male in ciò che facevamo, e lui, seppur controvoglia, aveva accettato.

- Resti a casa di Aki, stanotte? – mi chiese.

Scrollai le spalle – Probabilmente –

Lui si fermò all’improvviso – Capisco – commentò. Mi guardò con quello sguardo particolare che sembrava mi stesse radiografando – Ehi, Akira, la fai una cosa per me? –

Lo guardai – Qualunque cosa, lo sai –

Si avvicinò a me – Baciami –

Io risi – Ma lo faccio sempre, Haru –

Lui scosse la testa – Baciami così – disse, e mi prese il viso, appoggiando le sue labbra alle mie. Tutta la mia perplessità svanì nel momento in cui sentii la sua lingua leccarmi il labbro inferiore, chiedendo sensualmente il permesso per entrare. Spaventato, cercai di respingerlo, ma lui mi bloccò, continuando a corteggiare le mie labbra. Non ero tanto spaventato da lui, quanto da me: quel bacio mi stava mandando in estasi, non avevo mai provato niente di simile baciando qualsiasi altro ragazzo. Mi sentivo completamente in balia di mio fratello, che continuava quel bacio bellissimo e peccaminoso, fino a farmi perdere completamente le forze. Sentendo che stavo per cadere, mi appoggiò le mani ai fianchi per sostenermi. Il calore delle sue mani sembrò irradiarsi per tutto il mio corpo, e, a quel punto, persi totalmente la ragione. Ubriaco di quel sapore dolcissimo, gli allacciai le braccia al collo, aprendo le labbra e tirandolo verso di me. Haru non se lo fece ripetere due volte, e cominciò ad esplorare la mia bocca con calma e decisione. Come se lui fosse stato sempre il padrone, come se lui si fosse mosso nel suo territorio. Mi spinse leggermente indietro, fino  a quando non sentii la superficie del muro dietro di me: allora lui aderì completamente a me, facendomi inclinare il viso e possedendomi ancora di più. Il suo modo di baciare mi piaceva. Mi piaceva anche troppo, perché non riuscivo a trovare un minimo di convinzione per staccarlo da me, e anzi, ogni secondo che passava cominciavo a desiderare di più.

Infine, fu lui ad allontanarsi per primo. Io, ansimando, lo guardai: si stava leccando le labbra, come a volersi gustare le ultime tracce di me. Quando mi resi pienamente conto di ciò che avevamo fatto, mi portai una mano alla bocca con occhi sgranati.

- Oddio – soffiai, quindi scappai via.

Lui non cercò nemmeno di fermarmi, limitandosi a guardarmi andare via. Haru era sempre stato un tipo di poche parole, che preferiva i fatti ai lunghi discorsi. I suoi rari sorrisi li aveva indirizzati sempre e solo a me. Ma quella volta, lo sguardo pieno di lussuria e desiderio con cui aveva voracemente scorso il mio corpo, mi aveva spaventato. Mi aveva terrorizzato perché sapevo di avere lo stesso sguardo nei miei occhi. Continuai a correre senza nemmeno accorgermi di dove mi stavo dirigendo. Improvvisamente, mi accorsi di essere davanti a casa di Aki. Mi avvicinai, suonando al campanello.

- Ehi, Akira, ciao! – mi salutò il mio ragazzo con un sorriso solare – Entra, stavo appunto per mettere in tavola… -

Lo afferrai per la maglietta, fermandolo. Lui si girò verso di me, perplesso – Che c’è? –

Lo guardai dritto negli occhi – Fai l’amore con me –

Lui aggrottò le sopracciglia – Akira, è successo qualcosa? –

Mi avvicinai, baciandolo – Ho voglia di fare l’amore con te –

Aki smise di chiedermi qualcosa, e mi portò in camera da letto. Mi fece stendere, quindi mi spogliò con calma. Ma quella volta non riuscivo ad aspettare: lo volevo sentire dentro di me, subito, immediatamente. Lo tirai a me.

- Aki, adesso – lo pregai.

Lui mi guardò preoccupato, ma fece come gli avevo chiesto. Inarcai la schiena quando mi prese, con un colpo secco. Mi sembrò di starmi squarciando in due, il dolore mi accecò, ma fui grato ad Aki di aver fatto esattamente come desideravo. Mi aggrappai a lui, ansimando al suo orecchio.

- Muoviti – sussurrai.

Socchiusi gli occhi mentre lo sentivo uscire ed entrare, in continuazione. Sentivo il dolore scomparire piano, sostituito dal piacere. Ma quando aprii di nuovo gli occhi e mi girai verso il balcone, vidi che, seduto sulla ringhiera, che mi fissava, c’era Haru. I suoi occhi erano inespressivi, ma sentire il suo sguardo, sapere che mi stava guardando, mi eccitò all’inverosimile, e gemetti più forte. Vidi le labbra di mio fratello, nel sentirmi, piegarsi in un mezzo sorriso sarcastico. Anch’io cominciai a fissarlo, e mi dimenticai di Aki. Immaginai che fosse Haru a possedermi così, immaginai che fossero le sue mani a sfiorarmi, le sue labbra a leccarmi dappertutto.

Cominciai a farfugliare il nome di mio fratello senza nemmeno accorgermene, abbastanza piano perché Aki non mi sentisse, abbastanza chiaramente perché Haru capisse che invocavo il suo nome. I suoi occhi cominciarono a bruciare, ed io mi infiammai con lui, di conseguenza. Venni pochi attimi dopo, e sentii Aki venire con me.  Il mio ragazzo si accasciò su di me, ansimante, ed io provai quasi fastidio a quel contatto. Il mio sguardo era ancora incatenato a quello di Haru, che si alzò lentamente dalla ringhiera, e, senza un cenno, si arrampicò giù e scomparve. Nel momento in cui non lo vidi più, mi sentii vuoto, e fu come svegliarsi da una sorta di trance: mi accorsi di ciò che era successo di nuovo, e mi salì il cuore in gola.

- Ehi, Akira, va tutto bene? – mi chiese di nuovo Aki.

Io, angosciato, annuii, e, nostro malgrado, ci addormentammo poco dopo, esausti entrambi, anche se per motivi molto diversi.

La mattina dopo, quando mi svegliai, mi sentii tutto indolenzito. Andai a fare una doccia, presi i vestiti di ricambio, che lasciavo sempre a casa di Aki in caso di situazioni come quelle, e andai a scuola. Quando arrivai, mi guardai in giro in cerca di Haru, ma mi accorsi che era assente. I prof e i miei compagni mi chiesero se fosse malato, ed io inventai una febbre che non esisteva. In realtà, non avevo idea del perché mio fratello non fosse presente: non voleva vedermi? Lo disgustavo? Ad essere sinceri, mi disgustavo di più io. Mi passai una mano fra i capelli, stanco: che giornate folli.

Quando tornai a casa, chiamai subito il suo nome.

- Haru! –

- Ciao, Akira – mi rispose.

Cercai la fonte della sua voce, e lo trovai in cucina. Quello che vidi mi sconvolse: le sue braccia e le sue mani erano ricoperte di sangue, i suoi vestiti grondanti di viscoso liquido rosso. Trattenni a stento un urlo, e mi scivolò la cartella di mano.

- Cos’hai fatto? –

Lui mi sorrise, stavolta un sorriso vero – Ho ucciso Aki –

- Cosa? – ero spaventato.

- L’ho ucciso: non potevo lasciarlo vivere, dopo quello che è accaduto ieri sera –

Sgranai gli occhi – Tu sei pazzo – sussurrai.

Lui inclinò leggermente il viso – Credo di si – mi si avvicinò – Ma è la mia mente perversa, è la mia follia, ad attrarti incredibilmente verso di me, non è così? –

Rimasi in silenzio, e lui si avvicinò a me – Tu sei mio. Lo sei sempre stato, e lo rimarrai per sempre – mi sorrise appena – Non ti sei mai chiesto perché, prima di Aki, le tue relazioni non duravano più di un mese? –

Ammutolii: era vero, ero stato male per questa cosa. Tutti, all’improvviso, mi lasciavano, senza darmi spiegazioni. E Haru era l’unico che mi accoglieva fra le sue braccia.

- Li minacciavo tutti di morte, e loro scappavano – sussurrò al mio orecchio – Tu sei mio, solo mio – ripeté.

Il suo fiato caldo mi stuzzicava la pelle, ed io sentii le mie forze mancare di nuovo. Lui lo avvertì, e mi sorrise dolcemente. Passò un dito sulle mie labbra, macchiandole di sangue, quindi cominciò a succhiarle. Poi avvicinò le sue dita al mio viso ed io, senza nemmeno pensarci, iniziai a leccarle, ripulendole. Intanto lui continuava a parlare.

- Aki l’ho lasciato vivere per un po’ perché volevo vedere se saresti riuscito a stare con qualcuno che non fossi io – rise – Ho avuto la mia risposta ieri sera: non hai forse immaginato che fossi io a scoparti in quel modo? –

Ansimai. La sua pelle che mi sfiorava lasciava tracce di sangue sul mio corpo. Mi accarezzò il viso, ed io mi appoggiai alle sue mani.

- Dillo che l’hai immaginato – mormorò.

Socchiusi gli occhi – Si – sussurrai.

Era inutile: non riuscivo a resistere ad Haru. Solo lui mi faceva sentire in quel modo: così vivo, così eccitato. Nonostante fosse completamente pazzo, quella sua pazzia mi faceva sentire amato e protetto.

- Dimmi che sei solo mio –

Alzai lo sguardo – Sono solo tuo –

Lui mi sorrise, e mi baciò. Non riuscii ad opporgli alcuna resistenza, l’aura di follia e passione che ci circondava mi era entrata dentro, mi aveva disarmato. Mi slacciò la giacca della divisa scolastica, mi accarezzò la pelle in uno sfioramento appena accennato. Rabbrividii. Mi baciò il collo, facendomi indietreggiare lentamente. Quando sentii sulla schiena il bordo del tavolo, la sua voce mi sussurrò all’orecchio.

- Sdraiati –

 

 

Un’ora dopo, mi trovavo sul letto sfatto, Haru accanto a me che giocava distrattamente con i miei capelli. Guardai mio fratello, e ancora una volta la sua bellezza mi colpì dritta al cuore. Sentendosi osservato, mi guardò a sua volta. Sorrise maliziosamente.

- Non so come abbia fatto Aki a non accorgersi di quanto mi ami, con gli sguardi che mi lanciavi in continuazione –

Salii sopra di lui, prendendo a baciargli il collo. Anche il suo profumo mi faceva impazzire – Come farai con il casino di Aki? –

Lui rise – Non c’è problema: in realtà, tecnicamente, non l’ho ucciso io. Si è ucciso davanti a me quando gli ho svelato che tu eri innamorato di me –

- Sei un folle – mormorai sulla sua pelle.

- Ti spavento, Akira? – la sua voce, adesso, era seria – Sei l’unico per cui sarei capace di uccidere –

Puntai i miei occhi in quelli di mio fratello – Non mi spaventi perché so che non potresti mai farmi del male – sussurrai. Gli presi le mani e ne leccai le dita, succhiandole leggermente – Ma non macchiare più il nostro amore di sangue, ti prego –

Lui mi fissò mentre compivo quella sensuale operazione, e i suoi occhi divennero dolci come non li avevo mai visti – Sono anni che aspetto questo momento. Sono anni che mi sono reso conto che tu eri solo mio, e attendevo il momento giusto per farlo capire anche a te –

- E tu? Tu, sei solo mio? – chiesi a bassa voce.

Mi circondò con le braccia, facendomi sdraiare sopra di lui – Non sono mai stato di nessun altro – rispose soltanto – Impazzivo ad immaginarti fare l’amore con tutti gli altri –

Affondai il viso nell’incavo della sua spalla – Ti amo –

- Anche io ti amo -  

 

Forse il nostro è un amore malato. Anzi, sicuramente lo è. Ma non riesco ad immaginare di vivere senza Haru, senza i suoi sorrisi indirizzati soltanto a me, senza le sue mani che ho perso il conto di quante risse hanno compiuto per me. Da quando sono diventato una sua proprietà, infatti, Haru è diventato ancora più protettivo e possessivo di prima e tutti, ormai, hanno capito che non devono nemmeno guardarmi. Tuttavia, io non mi sento soffocare, anzi. Solo, mi preoccupo per lui quando lo vedo fare a pugni, anche se so che sarà lui a vincere, come sempre.

Tutti hanno compreso che qualcosa, tra noi, è cambiato, e sicuramente tutti hanno notato che il nostro bacio stampo di saluto è diventato molto più profondamente. Ma si sa: gli umani vedono solo ciò che non gli provoca disagio, solo ciò che è per loro “socialmente accettabile”. Quindi nessuno ammette ciò che vede, e noi continuiamo tranquillamente a vivere la nostra vita.

Lo amo, lo amo da impazzire, e adesso so che anche io ucciderei per lui.

Haru è tutto ciò che ho sempre cercato, e solo con lui mi sento completo, mi sento tranquillo.

 

Haru è, semplicemente, il mio destino.

   
 
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