Cook ci era riuscito.

Aveva ucciso John Foster, il suo corpo era disteso al suolo, sanguinante.

Il gioco era stato facile.

‹‹ Io sono Cook›› distrarlo con il suo urlo e poi rubargli la mazza da baseball.

 Colpirlo, per Freds, per quello che aveva fatto a Effy e che ancora voleva farle se fosse rimasto vivo.

Dopo averlo finito con una cinquantina di colpi, si fermò ansimante in quella stanza ormai fetida dell’odore di sangue.

Se il corpo di Freddie era ancora in quel posto, lui lo avrebbe portato fuori.  Uscì dalla stanza e percorse il lungo corridoio, aprì tutte le porte ma non trovò nulla, automaticamente iniziò a piangere, man mano riusciva a focalizzare cosa era appena accaduto e cosa era successo al suo amico.

‹‹Freds!›› urlò più volte. Scese le scale che portavano ad una specie di cantina e vide una porta.

Era chiusa a chiave e quindi diede una spallata, prima piano e poi sempre più forte. Se era chiusa, qualcosa c’era dentro. Si allontanò un pochino e diede un calcio con le sue ultime forze. Si aprì.

‹‹Freds›› di nuovo.  Un mugolio attirò la sua attenzione. Guardò nel buio e non riconobbe quello che vide.

Si avvicinò di più e capì che era il suo amico disteso su un divano usurato, vestito solo con un camice da ospedale, forse preso dal centro mentale dove John Foster lavorava.

Aveva sangue incrostato su tutto il volto.

‹‹Freds, amico mio! Cazzo Freds›› si accucciò ai piedi dell’amico. Era pallido ed ormai allo stremo delle forze. Si commosse. Freddie aprì appena gli occhi.

‹‹Ho ucciso quel bastardo, va tutto bene, ora ti porto in ospedale…›› l’amico annuì con la testa, Cook lo lasciò un momento per cercare il telefono. Chiamò un’ambulanza e nel frattempo scrisse una lettera anonima alla polizia in cui spiegava cosa era successo in quella casa. Quattro righe appena.

L’ambulanza arrivò e lui li aiutò a trovare Freds in cantina. Dopo di questo si defilò.

Una settimana dopo, si coprì il volto con cappello e occhiali ed andò a trovare Freddie in ospedale. Il ragazzo si era appena ripreso, anche se le ferite erano ancora visibili e non era del tutto nel pieno delle sue forze.

‹‹ Freds, amico, come va?››

‹‹Devo tutto a te, Cook…›› il ragazzo fece il solito sorriso disinvolto. ‹‹Non ho ancora capito perché quel fottutissimo stronzo mi tenesse ancora in vita…››

‹‹Non ci pensare, amico!››

‹‹ Ti stanno cercando, Cook, la polizia…››

‹‹Lo so, lo so! Non mi pento di quello che ho fatto. Sono stato un po’ in giro… ma ora me ne vado, sono venuto a salutarti…vado in Messico… dei miei amici mi hanno procurato dei documenti…e sai? Meglio sparire, almeno per un po’…››

‹‹Capisco, mi mancherai James Cook…›› Freddie si allungò per abbracciarlo. Cook si avvicinò e si concessero una lunga stretta.

‹‹ Non sarei vivo se non fosse stato per te…Grazie›› era particolarmente commosso ed anche Cook tirò su col naso per nascondere l’emozione.

‹‹Di niente, di niente! Salutami tutti›› con l’atteggiamento che lo aveva sempre contraddistinto, si rimise gli occhiali da sole, uscì dalla camera e poi dall’ospedale, pronto per una nuova vita.

Erano entrambi vivi, lui ed il suo amico…e questo era l’importante.