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Autore: Sammael    21/03/2010    2 recensioni
Li attraggo, li affascino, li attiro intorno a me come se fossero insetti, e io il fiore. Un fiore che non ha spine, è appena nato, ma crescerà. Obbediscono a tutto ciò che dico, fanno ciò che desidero. Mi seguono correndo nel mercato, ma le mie gambe sono più lunghe, più svelte, più bianche delle loro. Li semino e li riprendo, li scaccio e li accolgo, a mio piacimento.
Ho sette anni, e mi sento il padrone del mondo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Eternità e Sconfitta

Non riesco a muovermi.
Ho una fugace visione di un volto molto vicino al mio, prima che il freddo giunga alla gola. Non sono sicuro di urlare. Non capisco cosa sta succedendo.
Le pietre che circondano la fontana sono ruvide, e graffiano la pelle scoperta. Sento l’unica cosa che indosso scivolare via e per un attimo mi sembra quasi che tutto avvenga al rallentatore. Gli istanti si dilatano, e si rincorrono, ma quando comincio a capire è troppo tardi.
Mi rialzo, ma cado. Sento il ginocchio bagnato e non capisco se è acqua o sangue. Forse entrambe le cose. Riesco a mettermi a carponi, ma le gambe tremano e non è facile alzarsi. Non ho tempo per voltarmi. Ho paura di farlo.
Mosso dall’istinto, riesco a mettermi in piedi, ma faccio a malapena un paio di passi prima di sbattere contro qualcosa di duro e freddo. Rovino ancora a terra. Stavolta sento distintamente i palmi delle mani bruciare.
Non faccio in tempo a voltarmi per riuscire ad alzarmi. Mi sento pressare a terra. Urlo. Di dolore e paura. Non riesco a muovermi. Non riesco a muovermi.
Rabbrividisco, quando sento distintamente il gelo scostarmi quasi gentilmente i capelli dalla nuca. Delle dita corrono sulla spina dorsale. Tremo. Sto tremando.
D’improvviso, il peso sparisce.
Mi riesce difficile realizzare la cosa. Riesco ad alzare il busto dalla pietra grazie alle braccia, ma sento che il mio petto è praticamente scorticato e brucia da morire. Mettermi anche solo in ginocchio mi appare un’impresa.
Il dolore allo scalpo è lancinante. Urlo di nuovo, prima che qualcosa mi tappi la bocca. Cerco di artigliare quella che ho capito essere una mano, ma a quanto pare non serve a niente. Mi sta tenendo per i capelli. È orribile. Sto per morire.
Stavolta, mi sento atterrare sul morbido e sul fresco. Ma i gracili fili d’erba sulla pelle rovinata mi causano un inferno bruciante nella testa.
Di nuovo, quel peso sembra quasi bloccarmi il respiro.
Non posso crederci. Cerco di urlare, per attirare l’attenzione e chiedere aiuto. Ma sembra avermi letto nel pensiero. Mi sento così debole... Ancora mi chiude la bocca con una mano. Chiudo gli occhi. Devo placare il respiro. Devo calmarmi. Devo ricordarmi che ho anche un naso e posso usare quello per respirare. Inspiro, espiro. Ancora. E ancora.
Ma il cuore mi batte furioso nel petto. Lo sento rimbombare contro la cassa toracica come se volesse romperla. Me lo sento in gola, nella testa. Non riesco a muovermi.
Tento un’altra, debole, inutile resistenza. La tenue risata che mi si infrange contro la nuca mi fa spalancare gli occhi e rabbrividire da capo a piedi. Strattono le spalle, ma ottengo solo un nuovo fiatone e l’impossibilità di riprendere fiato.
Aiuto. Non riesco a...
Sento la pelle della spalla lacerarsi. Sento freddo. Ho freddo. Sto per morire. La ferita brucia, sembra essere l’unica parte del mio corpo a conservare un minimo di calore. Non capisco. Non capisco. Sento qualcosa di bagnato, freddo e appiccicoso scivolarmi lungo il braccio. È troppo buio, non riesco a vedere nulla.
Il battito frenetico e irregolare nelle tempie ritarda il suono che però in breve tempo riconosco come un ansimare ritmico, soffocato. Ma non sono io. Io non sto respirando. Non ci riesco. Mi divincolo ancora. Comprendo che è completamente inutile. Scalcio, strattono, urlo. Non serve a niente.
Mi sento voltare sulla schiena. E, finalmente, riesco a vedere in faccia questo essere che fino ad un secondo fa stava bevendo il mio sangue. Ma conoscere la fisionomia del suo viso non mi concede alcun giovamento. Ora so soltanto che viso ha il mio assassino. Morirò. Non ha tolto la sua mano dalla mia bocca. Ma vedo che non fa nulla, per il momento. Riesco a calmarmi.
Resto immobile per parecchi minuti. Lui anche. Sembra quasi che non stia nemmeno respirando. Riprendo fiato, anche se il cuore continua a martellarmi nel petto. Finalmente, mi permette di respirare anche con la bocca.
«Io... io ti darò qualunque cosa. Qualunque cosa. Ti prego... ti prego, non...». Mi posa l’indice sulle labbra. Poi compie lo stesso gesto su di sé. Mi sorride e ammicca.
Quello che vedo nella sua bocca mi lascia terrorizzato e stupito allo stesso tempo. È un demone. Un demone, giunto dai meandri della notte. Quando ero piccolo, pensavo che le storie che mi raccontava mia madre per scoraggiarmi ad uscire di casa dopo il tramonto fossero solamente leggende.
Ma quell’incubo infantile ha preso vita. Ed è venuto ad uccidermi.
«La tua pelle è chiara». La sua voce è una sorta di sibilo roco. Mi fa rizzare i peli sulla nuca, neanche fossi stato immerso nell’acqua gelida. E ha un modo strano di pronunciare le parole. Fa delle strane pause fra le sillabe. L’indice posato sulle mie labbra va ad accarezzarmi il viso, dalla tempia al mento. Rabbrividisco.«Molto chiara» ripete, guardandomi. Vedo quei denti assurdi scoprirsi e il battito del mio cuore aumenta a dismisura.
«Ti prego...» mormoro, ansimando. Non voglio morire. Non voglio morire. Chi si prenderà cura di mia madre? Come farà Adel, il mio Adel, a sopportare per tutta la vita ciò che io ho passato nei sei mesi più lunghi della mia esistenza?
L’essere non pare avermi sentito. «E sei bello. Sì. Molto bello. Bellissimo» dice. Vedo la sua lingua rossa passare sui canini e istintivamente distolgo lo sguardo.
«Io... vuoi il mio corpo? È tuo. Ma ti prego, non...».
Mi interrompe di nuovo. Sento gli occhi colmarsi di lacrime mentre percepisco il suo alito freddo a contatto con la pelle. Tremo.
E poi torna il dolore. È una lama che trapassa la pelle e la carne. Brucia. Mi fa piangere. Mi fa singhiozzare. Non riesco nemmeno ad alzare le braccia per spingerlo via. È come se fossi paralizzato. Non voglio, non voglio, non voglio morire.
Lo sento respirare piano contro il mio collo. Sento le sue labbra gelide che si portano via la mia gioventù e la mia vita. Tutto insieme.
È bizzarro come adesso mi tornino alla mente ricordi che non pensavo nemmeno di avere. Prima sepolti nella mia mente, e ora alla luce, come se volessero vivere il loro momento di gloria. O deridermi, passandomi davanti agli occhi.
Mia madre che mi accarezza la fronte prima di coricarsi accanto a mio padre, convinta che stia dormendo. Le corse nel bosco oltre il fiume con Adel e gli altri, le arance rubate al mercato e i rimproveri mai ricevuti. E l’oro del palazzo, i mosaici, gli occhi del Kiyan. Le labbra di Adel. Il dolore di mia madre.
Non posso lasciare tutto questo.
«Fammi diventare come te» riesco a dire. E spero che mi abbia sentito, perché sto morendo e parlare è difficile. Non riuscirei ad alzare la voce nemmeno se non ci fosse questo gelo ad attanagliarmi le viscere.
Lo sento fermarsi.
Sorride, e non riesco nemmeno a trovare orribili e spaventosi i suoi canini. Sento le palpebre abbassarsi. Ho sonno. Tanto sonno. Ma non riaprirò mai più gli occhi. No.
Di nuovo, il suo fiato e le sue labbra.
Ma nessun dolore.
«Yashar».

Yashar significa "eterno".
Dunque.
Eccoci qui.
"Vita" è conclusa ma, come ho accennato in una risposta in uno dei passati capitoli, probabilmente avrà il suo seguito. Anche se probabilmente finirete per l'essere indecisi sull'odiare Kamal alla follia o di amarlo perdutamente (e una non esclude l'altra, parlo per esperienza personale... XD)
Beh. Grazie a tutti coloro che hanno seguito questa storia fino alla fine! *afferra i fazzoletti* Sarei immensamente felice di vedere un commento finale all'intera storia, ora che è conclusa, anche da coloro che non hanno mai recensito. ^^
Detto questo, vi saluto! *si inchina* Con affetto,
Sammael
  
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