Uhm, questa piccola
cosa è ambientata poco prima che Iason decida di lasciare libero
il suo pet per un anno.
E' veramente piccola e
scema ma volevo scrivere qualcosa riguardo questa coppia.
Magari più
in là farò anche il bis. *kuku*
Spero piaccia.
çAç
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“Maledizione!”
Imprecando al vuoto, Riki si alzò con cautela. Un dolore
acuto gli fece strizzare gli occhi e, massaggiandosi le tempie,
ricordò
esattamente il perché di quel dolore: quell’uomo
aveva impresso sul suo corpo un tatuaggio.
Non aveva parlato, non aveva dato spiegazioni, aveva
semplicemente agito – come sempre, d’altronde.
Si
passò una mano sulle tempie – stancamente, stancamente
– cercando di non pensare e di non respirare, cercando
semplicemente di dormire
e dimenticare.
Ma faceva male, così tanto che ogni respiro era un
rantolo, una preghiera affinché tutto quello finisse,
preghiere che –
prevedibilmente – non venivano ascoltate ma soffocate
di baci.
Riki cadeva ed affogava, in quell’amore scomodo e malato -
in realtà
dolce e disinteressato - che
gli procurava piacere, lo stesso che
veniva aborrito come il peggiore tra i peccati: maledicendo ogni gemito
e ogni
sospiro scivolava più in basso dimenticandosi di
sé.
Una
carezza gentile, di pelle fresca e delicatezza, si
infrange sulle sue palpebre stanche e gonfie di sonno, un sospiro
malcelato che
esce dalle labbra socchiuse, e un bacio, che le chiude in un abbraccio
rovente.
Quegli occhi azzurri, lo sente, lo fissano attenti. Cercando, forse
- chissà
cosa, poi - o forse
non cercano nulla e guardano e basta,
ma Riki non vuole crederci e
trema,
immaginando ciò che verrà [cercando di provare
disgusto, senza riuscirci davvero].
L’altro lo copre con il lenzuolo, ma come spiegare che
non è il freddo la colpa?
Il Blondie l’ha capito ma non parla, finge –anche
lui –
che sia veramente il freddo la causa e l’altro, stupidamente,
finge che quelle
attenzioni non minino l’idea che s’è
fatto del padrone; stupidamente, finge che
nulla di ciò che l’altro fa gli provochi piacere.
Stupidamente
s’illudono, di illusioni assassine, che
fanno male più d’un pugno ma che nessuno
– nessuno – si azzarda a distruggere
perché
è semplicemente troppo.
E’ troppo per Iason da sperare, è troppo per Riki
da
credere.
E trema, Riki, sperando che sia il freddo.
Ma trema Iason, credendo davvero che
sia il freddo e che
tutto vada bene senza capire che, davvero, va già
tutto bene.
Una carezza, di nuovo, che presto si trasforma in un abbraccio: il naso del biondo che respira la pelle dell’altro nel tentativo di calmarsi, di regolarizzare il respiro, di cercare di credere che forse –forse- non è il freddo, ma solo un brivido, di quelli che ti prendono alla sprovvista e ti fanno fremere d’attesa.
E Riki freme, maledicendosi al tempo stesso, senza smettere d’aspettare. Ma nulla spezza l’attesa, è un altro bacio che sfiora le labbra, ed è la fronte dell’altro contro la propria, non sono mani né respiri affannosi solo sguardi che fingono, che fingono cose che sono in realtà le stesse.
Iason
li guarda quegli occhi scuri, li accarezza piano, e
l’altro trema. Paura? Eccitazione? Semplice repulsione?
Il Blondie non vuole sapere e, socchiudendo gli occhi in
una placida richiesta, sussurra appena: “Non mi
dimenticare.”
L’altro, i propri, li apre di scatto, mentre Iason lascia
la stanza portandosi via l’anello d’appartenenza.
Chiude la porta, lasciando Riki in balia del silenzio che
pare urlare, crudele, parole che sembrano suppliche.
Non
mi dimenticare, urla il silenzio. Non mi dimenticare,
chiede Iason.
Non mi dimenticare, ti
prego, non lo fare.
E Riki non può far a meno di ascoltare quel ‘per
favore’,
che non è mai stato detto, ma che risuona nella stanza: non lo
dimenticherà, e non può fare a meno di
odiarsi per questo.
E
il tatuaggio brucia, imprimendo nella pelle quelle
stesse parole.
Ricorda il dolore e il calore d’un abbraccio.
Brucia.