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Autore: Helmyra    21/03/2010    2 recensioni
Cenerentola è una giovane vessata dalle sorellastre e dalla matrigna. S'innamora del principe del suo regno, e sogna di divenirne l'amata. Una strega buona l'aiuta a realizzare i suoi desideri, e finalmente il sogno diventa realtà... e se dietro il piano della strega si celasse un sordido, oscuro inganno di cui la ragazza è vittima? E se il principe del regno fosse ciò che lei non avrebbe immaginato neanche lontanamente?
Cenerentola vive il rovescio del suo sogno, un incubo in cui le scarpette che l'hanno resa deliziosa diventano gli strumenti della sua rovina. L'inizio di giorni bui, e privi di umanità...
Genere: Dark, Drammatico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia è una versione alternativa della fiaba, ambientata un anno dopo la conclusione della vicenda originale ed incentrata su tematiche dark e vagamente gotiche. Dedicata a Michiru, come regalo per il suo compleanno. Spero che piaccia a tutti voi.

Il dolore si cela sotto le forme più insospettabili, anche questa può essere definita una sofferenza.

Mio padre mi ha sempre detto che un paio di scarpe logore in pelle sono lodabili, in confronto a delle vezzose ciabatte da camera. Mi diceva “Sì, mia bambina. Sebbene l'aspetto non sia dei migliori, abbi cura delle tue vecchie calzature ed amale per quello che sono. In esse figurano le cicatrici ed i segni del tempo. Come un vecchio paio di stivali da minatore, ecco! Questo è il mio cuore.”

Col passar del tempo ho capito a cosa alludesse. Ogni persona, anche se paragonata volgarmente ad un paio di scarpe, va avanti nella vita: segue la sua strada, percorre il cammino di un lungo viaggio che riserva sempre belle sorprese ed avversità da sostenere. L'acqua, la polvere, i numerosi sassolini che tracciano il percorso s'infiltrano tra le lacerazioni della pelle e le piccole fessure. Basta fermarsi a metà strada, sfilare i propri stivali e scrollare via quelle asperità che rendono il viaggio più faticoso e difficile da sostenere. Pochi minuti per riflettere o una pausa più lunga: fatto sta che poi bisogna alzarsi ed andare avanti.

Ho sempre ammirato ed invidiato le scarpe col tacco delle mie sorelle acquisite. Merletti, perline, ricami e punti di cucitura invisibili rendevano un oggetto di uso comune simile ad un'opera d'arte. Con quelle stesse scarpe spesso mi hanno presa a calci. Sono stata giudicata a causa del mio abbigliamento misero e laido, canzonata e gettata a dormire in una cantina fredda e buia. Solo il calore di un focolare era capace di conforto, e mi donava quella gioia che mai avrei provato solo accanto a mia madre.

Non basta un grazioso paio di scarpine da ballo per risolvere la situazione. La mia buona madre aveva ragione, e credo che meno avrei acconsentito a questo tormento se davvero avessi capito anticipatamente quale sorte mi era stata riservata.

Camminare, andare avanti, è sofferenza. Provocata, di certo, fisicamente e mentalmente. L'amore nasconde sempre una parte oscura, fatta di passione e strane affezioni. Non avevo compreso appieno cosa si celasse dietro il sorriso bonario e sereno dell'uomo che mi aveva preso con sé.

Il nobile che fu adescato da una scarpetta abbandonata sul ciglio di un portone, la sera in cui trasgredii ai miei doveri e mi recai al ballo sotto false sembianze.

Un abito nero, come le sue ambizioni, i suoi misfatti. Indossavo vesti argentee quella sera, potevo udire gli astanti declamare lodi e congratularsi per la ricercatezza dell'abito. Tutto era perfetto, chiara e limpida come il ghiaccio, lucente e delicata come rugiada di primo mattino, fugace ed impalpabile come neve cristallina. Io mentivo.

“Tu racconti il falso, e per questo hai gettato davanti a me una trappola, la tagliola ha lacerato il cuore ed io ne sono rimasto invischiato. Non osi rivelare il tuo nome, damigella. Se davvero è così orrendo, io lo invoco con più fervore. E se il passato è così ripugnante, rivelalo quanto prima e potrai esser redenta.”

La scure inesorabile del tempo troncò il discorso, lasciandolo in sospeso. Fui costretta a fuggire, per non rivelare la mia sporca identità, verso la quale nutrivo profondo scorno per via delle mie origini.

Avevo imparato l'umiltà e la modestia, ma la vanità insita nell'essere donna la rinnegava.

“Pratica la parsimonia per avere un futuro roseo e prospero. Agisci con virtù per poter disporre di quei beni che hanno corrotto chi troppo è stato prodigo e vanesio nel farsene carico.”

Giunsero a casa: i servi in livrea, il maggiordomo che recava con sé il cristallo nella teca di cristallo. E poi lui.

Le mie sorelle credettero di primo acchito di esser state benedette dal Signore, elargirono ringraziamenti al Divino e soprattutto al re, che personificava la sua autorità in terra.

Le fecero accomodare, ed esse di buona lena si sfilarono le ciabattine da camera damascate. Vanamente provarono ad infilare dita, pianta e calcagni in quelle scarpette dure ed impietose: sia la materia che la forma suggerivano che queste fossero state modellate appositamente per un'unica proprietaria, la quale rimaneva ancora sconosciuta.

“Tutte le donne del regno avete visitato, tranne una.”

La loro attenzione ricadde improvvisamente su di me. Io non potei sottrarmi al giogo, fui sottoposta a controllo ed infine scoprirono la realtà riguardo i fatti.

La strega mi disse “Io ti concedo il potere di cambiare le cose, tuttavia... nulla cambierà nella tua vita.”

“Sei davvero sicura che quest'uomo potrà offrirti ciò che vuoi? Darti la felicità? Sicura che non vuoi tornare indietro? Io ti ho avvertita, ragazza. Sei una persona dotata di buonsenso, un nobile è un nobile. La mia opinione contro la tua...”

Mi opposi a tutto ciò. Ed ora... sono confinata qui, in questa dimora che nessuno conosce, riservatami come regalo di nozze.

Non ho mai conosciuto una persona simile! Abile a nascondere così bene le debolezze ed i vizi insiti nel suo animo. Era ossessionato dalla mia figura, diceva. Non avevo nulla di speciale, ma quando volevo riuscivo a trasformarmi in quello che desiderava.

Lo stregavo in questo modo, senza che me ne rendessi conto. La realtà è che la magia mi aveva intossicata, inquinata col suo marchio. Non sarei più stata la stessa, dopo quella sera...

“Diventerai una strega. Avere a che fare con una come me non è di certo un affare! Ma sei tu che l'hai voluto, hai abbastanza consapevolezza e possiedi il libero arbitrio che ti permette di agire. Questa sarà la tua dannazione, io ti avviso! Cos'è che desideri? Essere la regina di molti cuori? Divenire la sposa di questo uomo che hai visto da lontano? Che sciocca, già spasimi per lui. Io ti darò il potere, tu disponine bene. Altrimenti l'artificio che userai per irretirlo diverrà la tua personale condanna.”

Sorrisi fugando i dubbi di lei. Credevo che le streghe fossero buone e cattive, secondo l'indole. Non immaginavo affatto che la natura fosse prodiga sia di ricompense che calamità, e che la loro condotta non era differente. Proprio come la Madre non hanno alcun senso del bene, della giustizia, dell'etica, della morale. Ti danno ciò che desideri, ed ha un prezzo. Quello che io sto pagando è il frutto del patto siglato con una di esse.

Mi aveva promesso un futuro felice, sapeva bene che ciò sarebbe stato solo un vago miraggio.

“Le tue scarpe sono stupende. Sono stato conquistato dalle linee gentili e delicate del tuo piede. Non so perché, ma la semplicità della tua figura è esaltata da queste vesti che ti rendono simile ad una dea. Non so come tu abbia fatto, ma lascia che io ti ami in questo modo. Farò di te la cosa più bella e perfetta che io possa concepire! Mi aiuterai, vero?”

Acconsentii. Quello era solo l'inizio di un lungo cammino, in cui portavo avanti lo stendardo della costrizione e dei tormenti.

Le calzature ed i corsetti divennero sempre più stretti. Cercava di alterare la mia figura con abiti dal taglio sempre più ambizioso e contorto. Voleva che io fossi capace di librarmi in aria e volare leggera, accompagnata dal ticchettio degli orologi a pendolo e dallo scandire del ritmo del ballo.

“Vola, principessa, vola. Cos'è questo corpo, se non un impedimento? Hai dei piedi promettenti, delle mani delicate e fini. Il tuo viso sembra uscito fuori da un dipinto. Non ti sembra questo troppo limitante? Io ho investito su di te, ti ho sposata, tesoro. Presto sarai un opera d'arte degna di questo nome. Una donna è bella non perché lo nasce, ma lo diventa col gusto dei suoi adornamenti. Oh, ti amo davvero per questo, sei una farfalla che cambia i colori a seconda del tempo e delle stagioni. Presto l'unico colore per te sarà solo il nero. Io sono anni ormai che lo indosso...”

Era pazzo, di una follia che rasentava quasi l'impossibile. E stavo diventando matta anch'io, nel credere a tutte quelle parole! Inavvertitamente, senza neppure che me ne accorgessi, caddi in quel baratro senza fondo e mai più mi rialzai.

M'imprigionò i piedi con scarpe sempre più anguste e tacchi più alti. Volle che i lacci del corsetto fossero legati a tal punto da farmi percepire l'anima all'interno. Gli abiti si tinsero di tinte scure, simili a quelli di una strega. Infine, capii cosa l'aveva spinto ad unirsi a me. Oh, quante lacrime piansi dopo quella rivelazione!

“Sai chi sei? Solo un'anima persa nel sogno. Avevo chiesto alla strega di donarmi una vergine per dilettarmi in giochi che mai prima d'ora avevo osato proporre ad una dama. Volevo che la ragazza fosse conforme alle mie richieste, non è stato affatto facile. E sai cosa mi disse? Che in campagna, in una casa lontana, abitava una povera fanciulla senza madre vessata dalla matrigna e dalle nuove, inclementi sorelle. 'Prendi lei, e non rimarrai deluso' mi rassicurò. Adesso che ti ho davanti devo dire che sei proprio come ti avevo immaginato. La raffigurazione perfetta delle mie fantasie. Non sono ancora contento, sai? Farò di tutto per renderti simile alla dea che ho sempre venerato. Io non sono solo un nobile, il piccolo principe afflitto dal tedio e dalla ripetitività. Per aggiungere una nota vibrante alla mia vita, all'insaputa dei miei genitori e regnanti, ho imparato l'arte della magia ed acquisito poteri che erano sempre stati appannaggio di stregoni ed alchimisti. Ore di studio sono trascorse, diletta, per essere degno di questo dono. E volevo che anche la mia futura moglie lo fosse.”

Oh, quale sciagura! Un regno così pacifico e fecondo governato da due anime nere, due stregoni che avevano siglato accordi nefasti, pur di ottenere la realizzazione dei propri desideri!

Una sera, la strega mi degnò ancora della sua presenza: sorrideva maliziosa, pur rimanendo in silenzio. Io le rivolgevo feroci occhiate di disappunto, e perciò fu lei la prima a parlare:

“Mia cara Cenerentola, chi non muore si rivede. Sei contenta adesso, ora che sei la sovrana del regno? Debbo dire che te la passi bene, mai ti avevo visto in così bella forma...”

“Tu... mi hai dato in sposa ad un essere maniacale!” seppi solo piagnucolare, ed i nervi stavano per cedere “Hai promesso un futuro felice per la mia famiglia! Ed invece hai imbottito me e quell'uomo malefico di belle chiacchiere e propositi vani! Se potessi tornare indietro, ben mi accontenterei di un focolare e quel giaciglio di paglia che ho lasciato alle mie spalle!”

“Ogni cosa ha un prezzo, cara. Tu lo stai pagando, per il bene ed il male che ne verrà. Le tue parenti acquisite sono molto dispiaciute ma hanno imparato a farsene una ragione. Tuo padre ti crede la persona più felice di questo mondo, il regno vi osanna come i migliori sovrani della storia fino ad oggi. Cosa volete di più? Avete fama, ricchezza, felicitazioni da ogni dove. Non hai riflettuto, allora, su quello che ho avuto modo di dirti quel giorno. Sei stata avventata, hai scelto il tuo destino. Non è ancora finita, ti verrà riservato dell'altro.”

Scoppiai a piangere, mi sentii improvvisamente persa.

“Cosa?”

“Lo vedrai, stasera a mezzanotte. E' solo passato un anno... Buon anniversario, Cenerentola...”

Scomparve, come se fosse stato appiccato un fuoco improvviso e la cenere si fosse smaterializzata assieme alla fiamma. Non osavo soffermarmi a soppesare quelle parole tanto crude e sibilline. Intanto, il pendolo segnava mesto ore, minuti, secondi; ciò che rimaneva tra la condanna definitiva ed una possibilità di fuga.

Desideravo scappare: mi trattennero la lucidità, la razionalità, il rifiuto delle superstizioni.

Cosa non era quello, se non il frutto di un inganno? Forse io stessa ero diventata una bugiarda? E che cos'era il presente, se non l'avverarsi di un incantesimo?

Il re giunse nel piccolo palazzo, portando con sé scarpe ancora più alte, abiti stretti come una gabbia, una maschera che m'impediva di vedere e parlare.

“Ti aiuto ad indossarli, tesoro.”

Quelle mani non mi avevano mai spogliata fin ad allora. Mi sentii ancora più inquinata di quanto invece mi avessero lordato la polvere ed il sudore della mia fronte.

“Perché non indugi?”

“Il bello viene dopo!” seppe rispondere seccamente, mentre un ghigno compariva sul volto.

“Alzati, cammina!” comandò, seduto su un trono foderato di stoffa scura.

“Non posso, con queste scarpe mi è impossibile!”

“Fallo immediatamente, ho detto!”

Non so con quale forza rimasi eretta: mi trascinai a tentoni, caddi in ginocchio. Mi risollevai, stavolta feci leva con le mani, non andava.

“Cenerentola! Alzati, vieni da me. Fammi vedere ancora come balli.”

“Io... non posso...”

“Lascia che ti sostenga io, allora.”

Mi raccattò da terra, prendendomi per le spalle. Mi costrinse a stare in piedi, collassavo. Ricaddi nuovamente, slogandomi una caviglia. Il corpo, livido da giorni, protestava di fronte alle torture. Non ebbi il coraggio di sottrarmi ad esse.

Mai avrei creduto che gli oggetti più belli, capaci di abbellire l'animo e la figura di una donna, sarebbero stati poi capaci di mortificarlo ed imbruttirlo, condannandolo ad una perenne sofferenza.

Indossare abiti inadatti al proprio corpo, mascherarsi e fingersi ciò che non si è, illudere chiunque per raggranellare poche manciate di complimenti. Adesso avevo compreso i miei peccati, mi resi conto troppo tardi del mostro che ero diventata, e in cosa ero stata trasformata! Invaghirmi di un uomo perfido e malizioso, quale sorte poteva essere peggiore? Nel frattempo giacevo a terra contusa, ferita e contorta; le mie gambe assumevano pose innaturali, la figura ormai irriconoscibile per via delle varie costrizioni impostemi.

“Sei bellissima. Ora sì che ti riconosco, l'oggetto dei desideri, la fanciulla che spesso mi è apparsa nei sogni e che tanto ha tormentato la mia sanità mentale... non ho peccati da scontare, se è una la dama che ho amato. Io sono innocente, alla fine! La magia non è un peccato, è solo uno strumento avvincente; non è vero, Cenerentola?”

“Io ho un nome...” mi limitai a ribattere, mentre a poco a poco veniva meno il respiro.

“Hai un nome? E qual è, di grazia? Presto, lascia che io lo conosca, prima che tu lo dimentichi!”

“Io...”

Persi i sensi, ma non bastò a calmarlo. Mi ritrovai ad indossare una lunga camicia di notte scura. Senza che io gli dessi il consenso, aveva osato spogliarmi delle vesti. Uno specchio davanti a me rifletteva una figura arcuata, nervosa. Piano piano mi avvicinai ad esso, per osservarne i dettagli.

“Ho rischiato molto. Non potrò ammirarti ancora in quegli abiti, per ora. Ma vorrei che tu osservassi la tua immagine, adesso. Sei più bella di una fata...”

Avevo i capelli color grano, gli occhi chiari e la pelle rosea. Ricordavo molto la mamma, mio padre non faceva altro che ripetermelo. Mi amava perché ero l'unica cosa bella che gli ero rimasta, la sua bambina timida, onesta e sempre pronta a sacrificare se stessa per il bene degli altri.

Non era più così...

Credetti a stento a ciò che mi si palesò innanzi: capelli neri come la pece, lucenti e scomposti. Colorito innaturale, quasi mortifero; gli occhi grigi come il piombo e freddi, incapaci di guardare il mondo con semplicità e dolcezza.

“Sei cambiata, tesoro;” disse il sovrano, sorridendo “ora che ti vedo, sei più bella che mai. La vita magra accentua ancor di più il fisico. Potrai indossare anche tu gli abiti delle streghe, tua madre desiderava tanto che fossi una di noi! Io ho avuto la moglie più adatta per dare al mondo una progenie degna di questo nome. Il bene di questo regno si fonda sul potere occulto della stregoneria, non lo sapevi? La mia famiglia per lungo tempo ha cercato di evitarlo, ma è un beneficio troppo grande per essere trascurato. Adesso sono pronto ad amarti, Cenerentola. Nel modo esatto in cui avrei voluto la sera del ballo, quella del nostro primo incontro. Sfortunatamente, non eri ancora stata iniziata. Ecco, lascia che io rompa il ghiaccio e conduca le danze...”

Stentavo ancora ad accettare una simile scoperta, allibii ma non mi sottrassi a quel funesto rito. Ero figlia della turpitudine, di un segreto che era stato serbato persino a mio padre. La donna che più avevamo amato non era nient'altro che una megera, e non riuscivo a perdonarla. Quale amarezza!

I miei piedi doloranti m'impedivano il giusto equilibrio; il corsetto, avviluppato attorno alla vita, mi aveva tolto il respiro. Per una seconda volta provai a scappare, ma non ci riuscii.

In un impeto di follia mi trascinò al centro della stanza: volteggiammo, vorticammo, la luce della luna era solo un riflesso lontano, l'orologio era l'unica musica che dettava i nostri passi. Il cuore rimbombava delle note opprimenti di una marcia funebre.

Lui, il consorte, animato da un sorriso sardonico, contemplava il mio aspetto senza reticenza. Ancora una volta ero stata invitata al ballo.

“Tra poco scoccherà la mezzanotte, non potrai fuggir via. Sai cosa accadrà? Non vuoi nemmeno immaginarlo?”

“Io... morirò!” esclamai, colta da un colpo al cuore e vagheggiando la realizzazione di quella richiesta solenne.

“Sei esagerata, tesoro. Non morirai letteralmente, ma rinascerai subito dopo. Da questa sera entrerà in vigore il mio piano per rinnovare l'alleanza del regno. Le streghe bramano la libertà, tu adesso ne sei la regina. Non sei felice?”

Scoppiai in lacrime, caddi ancora sul pavimento di fredda pietra e mi abbandonai al dolore.

Avevo venduto l'innocenza per un paio di scarpe. Un attimo di distrazione, una velleità di sofisticatezza mi avevano gettato nella perdizione più totale. Scendere a patti con una megera, quale sorte infame! Rimpiansi il passato, siccome avevo ben presente la verità su mia madre, ardentemente vagheggiai quel conforto paterno che ora mi mancava. Ero diventata carnefice di me stessa.

Giacevo a terra, non avevo sostegni per rialzarmi, se non un paio di calzature deformi, perverse e sensuali che mi avevano alterato la forma dei piedi.

La perfezione è una forma di punizione e di dolore, lo imparai con le lacrime ed il sangue quella sera stessa. Giurai che semmai ci fosse stata una via di scampo io l'avrei scelta senza alcun ripensamento.

“Ami il frutto del tuo amore, Cenerentola?”

Udii la voce della strega: era lì, a pochi passi da me, mi scrutava con occhi freddi alle spalle del sovrano.

“Tu, miserabile! Mi hai mentito, mi hai ingannata! Promettendomi un amore felice, un futuro migliore, sei soltanto una mentecatta.”

“Ti sbagli, ragazza. Come te ho pensato solo ai miei interessi. Nulla per nulla, il nostro era uno scambio, e mi sembrava alquanto soddisfacente. Sono d'accordo col tuo amante, adesso hai un fascino insolito che dona un'aura ancor più tetra alla tua figura. Ti saluto con devozione, Regina delle Streghe...”

“Non sono ancora perduta. Ho ancora innocenza, il candore volto al bene; è qui, dentro di me!”

La strega rise, schernendomi. La sua voce aveva un tono così innaturale da sembrare disumano. Non aveva mai immaginato che in un essere simile dimorassero due nature talmente differenti. Un brivido mi percorse la spina dorsale, provai a negare tali affermazioni ma ebbi voce per farlo.

Ed il pendolo scoccò la mezzanotte, segnando così l'inizio di un nuovo giorno.

“Auguri, diletta!” il sovrano s'inchinò, porgendomi una rosa rossa “Ora che il tempo è giunto, lascia che io ti rivolga poche parole, prima dell'epilogo. Noi eravamo destinati a questo. Sapevo che tu saresti giunta da me e che avresti preso possesso di questa casa e del mio cuore. Troppo a lungo gli stregoni hanno vissuto celati al mondo. Per battezzare questa nuova luna, dobbiamo consacrarci ad essa e al suo immenso potere. Solo il sangue darà legittimità al nostro regno: stanotte, molte cose cambieranno. Sarai finalmente mia moglie.”

“Non voglio diventare la consorte del re degli stregoni! Io sono innocente...”

“Innocente... tu? Hai mentito senza mezzi termini, pur di conquistarti una fetta di potere. Hai abbandonato casa, il tuo vecchio padre. Piuttosto che convertire le tue sorelle al bene - e ne avevi il potere, semmai avessi voluto - hai preferito abbandonarti alla sensualità di un ballo ed alla presunta giustizia terrena. Quella scarpina che tu perdesti è stata un pretesto, ma anche il fondamento di questo nuovo regno. Adesso non farmi aspettare ancora, diventa mia ed onoriamo questo nuovo avvenire con l'evento più fausto che possa consacrarlo!”

“Io rinnego tutto questo. Mai ti seguirò nei tuoi progetti, io sono sempre onesta!”

“Quale spergiuro! L'onestà potrebbe offendersi nell'udirti. Non ho più pazienza per sentire le tue sciocchezze. Adesso non hai scampo!”

Incapace di muovermi, fui costretta a giacere a terra, il mio corpo innaturale non opponeva resistenza. L'uomo più dolce, che tanto avevo amato, non era altro che un mostro; la strega buona si era dimostrata solo la vile serva di un piano diabolico ordito ai miei danni.

Non ebbi più nemmeno il diritto di dichiararmi innocente. Maltrattò ancora una volta quelle membra ferite e luride, la macchia dei peccati si era già insinuata in profondità dentro di me.

Presto una nera ombra ricadde su quelle terre. Nessuno lo sospettò all'inizio, ma presto le avvisaglie di un cupo futuro non mancarono a sopraggiungere. Mio padre avvertì che qualcosa in me era cambiato, i poteri che avevo mi permettevano di mutare forma e mascherare me stessa in quella che ero, tuttavia fu totalmente incapace di portarmi sulla retta strada.

Un giorno scoprì il travestimento che avevo adottato: ne fu talmente addolorato che cessò di essere subito dopo. Piansi amaramente, maledicendo me stessa e le ambizioni così vacue che mi avevano portato a quella condizione. Avevo perso tutto.

Il regno prosperò ancor di più sotto il dominio degli stregoni: le guerre erano vinte senza spargimenti di sangue, i nemici del regno scomparivano senza preavviso, ogni segno di opposizione al secolare regime arginato in tempo. L'amato d'un tempo fu corrotto ancor di più dal potere della magia, fino ad elevarsi alle posizioni più alte e dannate tra gli stregoni.

Ottenne una vita immortale in modo raccapricciante, giacché non si faceva più scudo di scrupoli e moralismi: non esitava a servirsi della negromanzia per prolungare la sua esistenza. Concesse anche a me quei privilegi.

Nonostante tutto, l'armonia regnava nei villaggi; mentre nelle loro viscere si scatenavano le furie ed i fermenti della malvagità. Con il popolo manovrato e messo a tacere, tutte le contrade si mostravano tranquille e placide come sempre.

Erano tutti felici e contenti, tranne me. Avevo barattato la mia gioia ed umanità con i poteri magici, mai fare un patto con una strega... oggi sai cosa ti riserva il presente, il futuro è incerto.

E nello specchio nero, custodito nel piccolo palazzo di campagna dove tuttora sono prigioniera e regina, io ogni anno e per sempre smarrirò me stessa.

  
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