Dalle lacrime…
Sognava.
Sognava a occhi chiusi, senza
dormire, non ci riusciva più da troppo
tempo.
Sognava quando ancora il
mondo era avvolto dalla luce, quando ancora pulsava di
vita.
Quando ancora era viva
lei.
Perchè c’era anche lui con
lei.
Più di un amore, più di ogni
altra cosa.
Suo
fratello.
Sollevò di scatto le
palpebre, incrociando solo il buio della sua stanza, fredda e
vuota.
Lentamente, rabbrividendo per
il freddo, si mise seduta: la grande finestra era aperta, spalancata su un mondo
ormai morente.
Il gelo della notte
s’incontrava con la polvere che danzava, mossa dal freddo vento che soffiava
ininterrottamente da tempo immemore, disegnando debili sagome; per un attimo, le
sembrarono figure umane, le sorridevano gentili, alzando una
mano.
Lei ricambiò, cercando di
trovare la forza in quel sorriso, ma qualcosa sembrava bloccarlo nel più
profondo del cuore.
La polvere riprese a volare,
altre e altre sagome presero forma, presero vita al di fuori di quella finestra,
camminavano, danzavano, ne sentiva il lontano e indistinto borbottio, il soffice
passo sulla sabbia del deserto fuori da
lì.
Le batteva forte il cuore,
stava seduta tra le lenzuola, eppure le sembrava quasi di volare, vedeva davvero
le stelle oppure era un sogno?
Erano davvero
tornate?
Una delle figure erranti si
voltò improvvisa verso la sua finestra, verso di lei, guardandola fisso, i loro
visi s’incontrarono.
Una scossa elettrica percorse
con violenza il suo corpo, qualcosa si spezzò dentro di lei; come mossa da una
forza invisibile, forse era il cuore a comandare i suoi movimenti, si alzò di
scatto, tutto si stava illuminando.
Completamente nuda, uscì
dalla buia stanza, dalla casa silenziosa e vuota, e si ritrovò fuori, in balia
del forte vento, del ruggente dolore che eruttava con la forza di un tornado dal
profondo del suo animo mutilato; ma si impose di non piangere, di ricacciare le
lacrime pungenti dal luogo in cui erano da sempre relegate, ci sarebbe stato
tempo per piangere, se davvero fosse
stato...
Barcollando, mosse qualche
timido passo, si sentiva come una neonata che cercava di camminare, di reggersi
in piedi da sola; alzò lo sguardo, un calderone ribollente di stelle cadenti
sembrava illuminare la volta celeste sopra di
lei.
Era lì davanti, mancava così
poco...
Allungò una mano, le sue dita
sottili si strinsero attorno a un polso ossuto, liscio e caldo al tatto, sentiva
la pelle umana pulsare sotto il suo tocco timido e
tremante.
Tutto parve fermarsi, anche
il respiro.
In un guizzo di luce, scorse
di sfuggita un sorriso, scanzonato e divertito sul viso della figura polverosa e
nebulosa che stava dinanzi a lei.
Un sorriso che conosceva
bene.
Non ce la faceva
più.
Come una bambola rotta, cadde
in ginocchio, portando con sè anche l’altro, caddero insieme, nella sabbia
fredda, la mano scivolò, sino a intrecciarsi saldamente con quella dell’altro,
come se fossero state sempre così, un calore improvviso eruttò dal fondo del suo
cuore, assieme alle lacrime, un esplosione di dolore, affetto, gioia, tristezza
la fece barcollare, sino a cadere bocconi sul terreno
soffice.
Ma non lasciò il
contatto.
Non poteva
lasciarlo.
Sentì le palpebre pizzicare,
la familiare sensazione di pianto e lacrime, non riusciva a dire nulla, la bocca
s’apriva e si richiudeva senza che lei riuscisse a emettere alcun
suono.
Ma anche se non riusciva a
dire nulla, riusciva ancora a muoversi.
E senza pensarci su, gettò le
braccia al collo all’altro, ne riconobbe il calore mentre poggiava il viso sulla
spalla, lo ricordò come sua metà.
La sua metà
perduta.
Un singhiozzo doloroso venne
attutito dal contatto con la pelle, strinse di più la presa, mentre tutto
sembrava splendere ancora di più.
Attorno a loro due,
inginocchiati laggiù, in quel luogo che pareva essere il centro dell’Universo,
accadde qualcosa in quel momento.
Cominciò come una semplice
luce, un puntino luminoso, somigliante a un fuoco fatuo, ma troppo brillante per
esserlo.
Poi crebbe, crebbe, crebbe
ancora, sino a diventare un piccolo sole, ma non era ancora suffciente,
tremolava debolmente, fragile come un bambino appena
nato.
Quando poi cominciarono a
scorrere le lacrime, accadde il miracolo.
Il canto lontano e dolce di
un uccello risuonò nella notte, l’aria si fece calda, un vento profumato
proveniente da Oriente fece alzare loro la
testa.
In un tripudio di fiamme e
oro, stava sorgendo l’alba.
La notte era sparita, e con
lei il dolore.
Sotto i suoi occhi stupefatti
e colmi di lacrime, la ragazza incontrò due occhi gemelli ai suoi, riconobbe un
viso che credeva di aver perduto per
sempre.
Riconobbe la sua
metà.
Riconobbe l’oggetto dei suoi
sogni, dei suoi pianti e dei suoi
rimpianti.
Riconobbe la mano che serrava
la sua, la stessa mano che la guidò tanti anni
prima.
Riconobbe con commozione il
fratello.
E mentre il mondo tornava a
vivere, laggiù, al centro dell’Universo, splendeva una nuova
luce.