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Autore: Atlantislux    03/08/2005    7 recensioni
Azhrarn, Signore dei Demoni, chiede un regalo ai suoi Vazdru. Molto liberamente ispirato dai personaggi di "La Battaglia dei Pianeti/Gatchaman" e dai romanzi di Tanith Lee. Attenzione: velato yaoi, niente di grafico.
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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La via che conduce a Druhim Vanashta


Nel mondo del sottosuolo, ai confini del regno di Azhrarn, scorre un fiume dalle acque pesanti come il ferro e dello stesso colore; delle spighe bianche crescono lungo le sue rive. E' il Fiume del Sonno, e sulle sue rive alle volte vagano le anime degli uomini addormentati. In quei luoghi i Principi Demoni cacciano con i cani quelle stesse anime.
Se hai coraggio, posso prepararti una mistura che ti farà scendere quelle rive. 
E' un luogo pieno di trappole , ma puoi sfuggire ai pericoli che vi si nascondono, e ai veloci levrieri dei Vazdru, e attraversare le pianure per giungere nella Città dei Demoni e, se vuoi, potrai affrontare Azhrarn.
Chiedigli allora la tua ragazza, creata da un fiore. Se Azhrarn esaudirà la tua richiesta -e ciò è possibile, poiché nessuno può indovinare il suo umore in quei giorni- lui stesso farà in modo che tu e lei possiate tornare rapidamente sani e salvi nel mondo degli uomini. Ma se è impietoso e crudele nell'ora in cui lo troverai, allora sarai perduto, e gli Dèi sanno bene a quali tormenti e a quale agonie ti condannerà.”


Tanith Lee 'Il Signore delle Illusioni'

 


L’ombra penetrò sottile nei sotterranei del palazzo e con essa sei figure sgattaiolarono furtive, nascondendosi tra un pilastro e l’altro, come a volersi confondere con le tenebre.

Quella di testa avanzò temeraria, seguita dalle altre.

Una, che indossava un giubbetto scarlatto, era inconfondibilmente donna nonostante la maschera che le nascondeva il volto, incastonato da una criniera di finti capelli biondi. Quello che le stava accanto, e che fiutava l’aria come a cercarvi la più esile traccia di sangue, aveva invece un costume che lo faceva rassomigliare ad un esile ma letale uccello da preda, nero inchiostro come l’anima che in quel corpo era ospitata. Infine venivano gli ultimi tre uomini, che avanzavano più cauti, quasi esitanti, abbigliati con divise verdi, i volti nascosti da maschere che gli davano fattezze di stilizzati serpenti.

D’improvviso, chi guidava il drappello si girò di scatto verso la porta dalla quale tutti erano entrati, solo un vago sorriso a sfigurare i lineamenti androgini che spuntavano da sotto una maschera viola.

Come portati da un vento di tempesta cinque altre ombre irruppero nella sala sotterranea, volando sicure, come le prime non erano state.

I tre uomini in verde furono i primi a cadere, le gole trapassate da frecce piumate, uno quasi decapitato.

La donna cremisi e l’uccello da preda combatterono con valore, ma gli avversari erano in cinque, veloci come il pensiero, implacabili come la nemesi divina. Infine abbattuti da una falce argentea caddero, e la mortale rosa che la ragazza non aveva fatto in tempo a lanciare si posò nel loro sangue. Come un estremo omaggio dell’abisso.

Così come erano apparse le ombre piumate si dileguarono, lasciando dietro di sé solo il fetore della morte.

L’essere con la maschera viola, l’unico rimasto incolume, adesso non sorrideva più.
 

Scosse la testa invece, tristemente, avvicinandosi ai corpi dei caduti.

“Avevate dubbi, e io vi ho mostrato tutto ciò che il mondo dei mortali vi ha concesso. Cercavate gloria e onore, e il miraggio di una vita migliore. Volevate anche l’amore.” Disse in un sospiro, girandosi verso il cadavere della donna cremisi. “Avete liberamente concesso la vostra fedeltà e la vostra vita e in cambio siete stati consegnati a coloro che vi hanno massacrati.”

Chinandosi raccolse la rosa, accarezzandosi con essa le labbra tumide.

“Ma io vi ho visto, ho ascoltato la vostra preghiera in bilico sul confine della notte eterna e vi ho risposto.”

La voce della creatura mutò, diventando da sottilmente asessuata a decisamente maschile. Un timbro vellutato, caldo.

La maschera si sciolse attorno alle sue fattezze, rivelando una cascata di capelli neri dai profondi riflessi blu, che incorniciavano un volto pallido, di una bellezza eterna.

Azhrarn era il suo nome, Principe dei Demoni, Signore di Druhim Vanashta.

Il demone si guardò attorno e i corpi dei caduti si ricomposero, levandosi dalle pozze del proprio sangue.

Ombre li ricoprirono e cinque sagome incappucciate si inginocchiarono ai piedi di Azhrarn.

Il suo sorriso pietrificò la luce della luna.


“Prima che mio Fratello Uhlume, Signore della Morte, li ghermisca, fra le anime mortali io scelgo coloro che entrano a far parte del mio seguito. Alcune volte tra i bambini morti innocenti, altre tra i pazzi, oppure tra gli amanti traditi, o tra coloro che in terra non hanno mai realizzato i propri desideri.”

Languidamente Azhrarn stese la mano che una delle figure prese, levandosi all’unisono con le altre.

Con un movimento simile ad una carezza il Signore dei Demoni le scostò il cappuccio, ammirando la sua opera diabolica.

“Vazdru.” Sospirò sorridendo.

E la Vazdru gli sorrise di rimando, un sorriso perfetto in un volto che avrebbe fatto innamorare gli stessi Dei, se non fossero stati così indifferenti alle sofferenze dei mortali. Occhi di gazzella verdi come i serpenti che le scendevano tra i capelli di velluto nero.

Anche gli altri si scoprirono i volti. Bellissimi come mai avrebbero potuto essere in vita. Di quattro fanciulle e un incantevole giovane uomo, come li aveva trasformati il capriccio di Azhrarn.

Il Signore delle Illusioni guardò a lungo il Principe e le Principesse Demoni.


“Ho plasmato per voi un nuovo aspetto, vi ho dato nuovi nomi, una nuova vita nella non vita. Doni liberamente dati e presi. Ora ve ne chiedo uno per me.”

Le ombre presero vita davanti a lui e mostrarono ai Vazdru un ragazzo alto e muscoloso, dai lineamenti aspri ma non privi di grazia, e tempestosi occhi blu che parevano sfidare il mondo.

“Il temuto Condor, uno dei vostri assassini. Lui è un mortale degno di me, lo reclamo come mio.”

“Anche lui diventerà come noi?”

Azhrarn abbozzò appena un sorriso, girandosi verso la Principessa che aveva parlato.

Le accarezzò i capelli lunghi che si spargevano come fiamme sul complicato abito nero, fissandola negli occhi dorati.

“Non ancora Sharra. Lo voglio vivo. Le anime incarnate a volte solleticano la mia curiosità. E quella di quest’uomo è bruciata da una passione e da un odio insopprimibili che mi chiamano, mi attirano. Lui deve essere mio.”

Azhrarn intrecciò la mortale rosa nei capelli di lucida antracite del Principe Demone, ricambiato da uno sguardo innamorato, perché tutti i Vazdru amavano il proprio Signore.

“Sapete come fare, portatelo sulla soglia della pazzia, dove io lo raccoglierò tremante.”

I Vazdru si inchinarono al volere di Azhrarn, richiamando i neri destrieri dalla criniera di fumo blu notte.

Perché il tramonto nella terra dei mortali era vicino, il momento in cui i Principi Demoni possono accedere al mondo dei viventi.

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Gli apparvero in sogno, sussurrandogli mortali ossessioni. E durante il giorno, Joe cominciò ad avere strane allucinazioni, e a trovare insopportabile la luce del sole.

Poi una notte, in un locale esotico, una fanciulla dalla pelle nera e i capelli albini gli lesse le carte, predicendogli che in futuro avrebbe incontrato il suo più grande amore. Quella stessa donna poi rifiutò di fargli compagnia per il resto della notte. Era bella da togliere il fiato anche se in lei Joe aveva avvertito qualcosa di repellente, e l’offerta era stata fatta più come una sfida a se stesso che perché veramente attratto.

Una mattina infine si era svegliato piangendo, lui che rideva in faccia alla morte, ricordando dei suoi sogni solo il bacio appassionato di uno sconosciuto giovane uomo della stessa leggiadra e inquietante avvenenza della cartomante. Sul cuscino trovò una rosa, che riconobbe appartenere ad una delle famigerate Devil Stars, ma non riuscì a ricordare dove se la fosse procurata.


Forse interpretandola come un segno, Joe si avventò come il rapace da cui prendeva il nome sulla tana del nemico, scendendo di gradino in gradino, di stazione in stazione, la propria scala verso la morte.

Sul limitare del precipizio Azhrarn in persona fermò la sua mano, facendo volare il dardo piumato nel meccanismo diabolico, inceppando il congegno che avrebbe distrutto la Terra.

Perché essa è il parco giochi del Signore dei Demoni, che morirebbe di noia se l’umanità dovesse scomparire.

 

Sulla soglia della casa di Uhlume, suo Fratello Morte, Azhrarn raccolse il Condor e lo portò a Druhim Vanashta, la città dei Demoni.

Lì lo curò e lo amò, dell’amore totale che solo i Demoni sanno dare.

 

Perso nell’abbraccio del suo amante una notte Joe si svegliò, il cuore trafitto da un urlo disumano.

Azhrarn gli accarezzò i capelli, un tocco che avrebbe calmato un uragano.

“Dormi mio amato, non è nulla. Solo i miei Vazdru che vanno a caccia.”

 

La bianca sagoma dai lunghi capelli d’oro a malapena si intravedeva tra le bianche spighe che crescevano sulle rive del Fiume del Sonno. Correva correva, il topo già in trappola.

Anche se quella non era l’anima di un mortale addormentato, ma una già dannata, che Azhrarn aveva concesso in dono, uno ulteriore, ai Principi Demoni.

I cinque Vazdru guardarono distaccati la pallida e pietosa figura, alti sui loro destrieri, le spade sguainate, splendenti nel fuoco azzurro delle torce.

“Provo pena per lui, pensa di stare ancora sognando.”

Sussurrò una delle Principesse, torcendosi languidamente tra le dita una ciocca di capelli neri tempestati dalle lacrime delle sue amanti.

“Non dovresti Sekhmet,” la rimproverò la Demone dai capelli rossi. “perché anche a lui è stato fatto un dono. Adesso starà con noi per l’eternità, invece di annoiarsi nella casa del Signore Uhlume.”

I Vazdru sorrisero all’ironia implicita.

“Non temere Berg Kazte, qui non ti tedierai. Conosciamo innumerevoli giochi e non mancheremo di coinvolgerti.” Sussurrò nella notte eterna di Druhim Vanashta il Demone Shadi, che ora portava una rosa nera nei capelli. Poi, sempre sorridendo, lanciò i levrieri.

 

 

Lux

Milano, 3 agosto 2005

  
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