Camelot aveva bisogno di uno stregone: ma non ce n'erano più in circolazione. Uther aveva provveduto a sterminarli
tutti, o almeno quelli che aveva scoperto. Trovarli era impossibile! Si nascondevano dalla sua furia. L'ultimo era stato giustiziato un anno prima: il valletto personale di suo figlio, un certo Merlin!
La strega Nimueh aveva avvelenato le acque con un'incatesimo che solo un altro con un potere simile, se non superiore, poteva spezzare. Oramai in tutta Camelot regnava la disperazione!
Arthur non sapeva più che fare. Non poteva stare con le mani in mano mentre la gente moriva, ma cosa poteva fare?
Lui conosceva solo una persona, che poteva essere in grado di salvare il regno dalla distruzione, ma suo padre lo aveva mandato al patibolo: il suo servo! Il giorno dell'esecuzione, per ordine di Uther, non era potuto scendere in piazza e assistere
allo " spettacolo". Il principe non gli aveva mai rivelato i suoi sentimenti un pò per codardia un pò perchè il suo sentimento era sbagliato.
Ora era troppo tardi. Merlin se ne era andato per sempre, non sarebbe tornato: per la morte non c'era ritorno!
Ogni giorno s'incolpava di non aver fatto niente per salvarlo. Aveva sottostato agli ordini del suo Re, senza fiatare.
Quella mattina Uther aveva riunito il consiglio e come erede al trono, anche Arthur era stato costretto ad assistere. I consiglieri bisbigliavano tra loro, creando un certo brusio che s'interruppe improvvisamente quando due guardie varcarono la soglia, trascinando con loro un prigionero. Era un uomo, con le catene ai polsi e un cappuccio di stoffa abbassato
sul capo. Riusciva a malapena a stare all'impiedi, si sorreggeva con fatica sulle sue gambe, che erano due fuscelli. Aveva le spalle ricurve, un corpo così minuto da riuscire a intravederne le ossa.
Le guardie lo costrinsero a inginocchiarsi davanti al Re con la forza. Arthur era al suo fianco, impaziente di conoscere l'identità del prigioniero. Si chiedeva il motivo che aveva spinto suo padre a comandare che quel pover'uomo fosse prelevato dalle prigioni e portarlo davanti al consiglio. Camelot stava per crollare e lui perdeva tempo a proclamare condanne. Questo è quello che suppose il principe sulle ragioni della presenza di quello sventurato.
Uther con un gesto perentorio della mano, ordinò che gli fosse tolto il cappuccio dalla testa.
No... no ... impossibile! Il primo pensiero coerente che il principe riuscì a formulare. Due occhi spenti, opachi, di
un azzurro, talmente intenso, da far impallidire il cielo, lo trafissero, prima che si abbassassero. Una folta barba nera incorniciava la stretta e scarna mandibola. I capelli corvini, unti, gli ricadevano disordinatamente sulle spalle.
Quello... lì.... non... non poteva essere : Merlino!
Arthur s'impietrì: nessun suono sembra uscire dalle sue labbra carnose. Come se il fiato gli fosse stato strappato dal petto.
Cercò di convincersi di essersi sbagliato, ma quegli occhi potevano appartenevano solo a una persona che a rigor di logica,
doveva essere morta. Non lì davanti a tutta la corte.
Dopo un attimo di smarrimento, si voltò verso suo padre. Con lo sguardo chise spiegazione, ma il Re sembrava non averne intenzione. Spinto da una forza propria, Arthur fece un passo verso colui che una volta era il suo servo più leale.
- Arthur, rimani al tuo posto . - Ordinò Uther con tono all'apparenza neutra.
Ma al principe non importava più cosa comandasse il suo Re. Il suo unico pensiero era raggiungere quell'esserino che stava tremando. Voleva confortarlo tra le sue braccia, fargli capire che stavolta non lo avrebbe abbandonato, che non sarebbe stato più un vigliacco.
- Come avete potuto nascondermi una cosa del genere - urlò furioso l'erede verso suo padre. - Io, sapevo, che era stato giustiziato! Tutti quel giorno in piazza lo hanno visto. -
Il mago sussultò a quelle parole. Non si aspettava quella reazione da parte di Arthur. Temeva che il giorno in cui avesse scoperto tutto ciò, come era accaduto quel giorno, il principe avesse sbuffato infastidito per il fatto che fosse ancora vivo; che lui stesso avrebbe provveduto ad eliminare un pericolo per Camelot.
Invece che essere arrabbiato per il suo tradimento con lui, lo era con suo padre. Quell'anno trascorso in una piccola,umida e
polverosa cella a soli pochi passi da arthur era stato pieno di rimorsi, rancore verso se stesso. Se solo si fosse rivelato per quello che era, invece di convicersi che il principe non era pronto per la verità, forse, ma solo forse, non sarebbero stati invischiati in quella situazione.
- Volete spiegarmi come lui - disse il principe indicando con una mano, Merlin, - Può essere qui davanti a tutto il consiglio?
Voglio una spiegazione! -
Uther era furibondo per la reazione esagerata di suo figlio. - Io, non ti devo nessuna spiegazione. Fino a quando sarò il tuo sovrano, dovrai portare ubbidienza e verrai messo a conoscenza solo dello stretto necessario. -
Arthur non poteva credere alle parole appena pronunciate da suo padre. Che era impazzito?... Forse!
- Questa volta non starò al mio posto. Non farò ciò che volete che debba fare - esclamò risoluto, guardando fisso il prigioniero,
che continuava a tenere gli occhi per terra.
Uther , allora, si alzò con scatto felino dal trono: il suo volto segnato da rughe, era deformato da indignazione e rabbia verso
il suo unico genito. - Tu farai quello che voglio io, anche a forza di costringerti! -
- E come farete? - rispose, sfidandolo con un ghigno che accarezzava le sue labbra.
Ma si spense non appena alle sue orecchie giunse un gemito di dolore. Merlin era schiacciato sul pavimento a forza dal piede
di una guardia, Sul volto di suo padre non c'era nessun segno di rimorso.
- Lasciatelo - ordinò il principe.
- Guai a voi se disubbidite ai miei oedini. Se qualcuno oserà farlo, verrà condannato a morte domani stesso. -
Un alone di paura e timore si diffuse nella sala. Nessuno osava mostrare ostilità all'affermazione del loro Re..
Il principe, invece, per nulla intimorito, sguainò la spada e la puntò contro le guardie. I due soldati si fissarono negli occhi, chiedendosi se ubbidire al loro comandante e incorrere nella furia diUther, che sembrava impazzito, oppure al loro sovrano. Il principe ne approfittò e si pose a difesa del mago con l'arma pronta a colpire chiunque si fosse avvicinato troppo.
- Che aspettate, arrestatelo! -
Le guardie a quell'ordine impartito brandirono le loro spade e li accerchiarono. Il biondo con gli occhi scrutò in cerca di una via di fuga ma non c'era scampo. La situazione era disperata! Quella volta non c'è l'avrebbero fatta a uscirne vittoriosi.
Rimaneva che arrendersi! Ma si sa la testardaggine di un Pendragon non era da sottovalutare. Pieno del suo coraggio e perchè non un pò della sua arroganza che lo contraddistingueva, strinse più forte l'elsa elaborata della sua spada e assunse la posizione d'attacco.
Dall'alto del suo trono, il sovrano, impassibile, proclamò suddette parole:
- Io, Uther Pendragon, bandisco mio figlio Arthur dal regno. Da oggi non lo considero più mio figlio. Verrà disonorato con effetto immediato.-
Al biondo quelle parole che un tempo lo avrebbero ferito non suscitarono nulla in lui. Il solo pensiero di portare in salvo
Merlin, in quel momento, non gli faceva riflettere le conseguenze della sua scelta. Perchè avrebbe rimpiato di più
la vita del suo valletto che avrer perso il trono.
Le guardie cominciarono a stringere il cerchio, ma il biondo non aveva paura di morire, se quello era il prezzo da pagare.
Prima che la sua spada potesse cozzare con quelle dei suoi avversari, non si accorse che gli occhi del mago, luccicarono di
una luce dorata, rivelatrici della sua natura, e delle parole dell'Antica Religione che uscirano dalle sue labbra tumefatte.
Un momento prima si trovava nella sala del trono di Camelot, un momento dopo si trovò in una piccola radura circolare,
ricoperta da grandi arbusti che ne disegnavano i confini.
Arthur si guardò attorno interdetto. Ma durò poco lo stupore, infatti si voltò immediatamente verso Merlin. Era accasciato sulle ginocchia tremanti, aveva dato fondo alle poche energie che gli erano rimaste.
Anche quella volta aveva salvato quel babbeo, ma lo avrebbe fatto ogni volta fino alla fine dei suoi giorni.
Destino o meno lo avrebbe protetto! Si sentiva affaticato, un piccolo venticello d'aria gli accarezzava la pelle. Era dal giorno
della sua " finta" esecuzione che non usciva all'aperto. Da un anno a quella parte non aveva che visto le pareti della sua piccola cella, era stato costretto ad osservare il cielo da una piccola finestrella. Il biondo subito lo sorresse prima che crollasse
miseramente a terra. I suoi musoli erano intorpiditi per essere rimasto per lungo tempo rinchiuso in un piccolo spazio
dove non c'era spazio a sufficienza per muoversi. Arthur lo adagiò vicino alla corteccia di una grossa quercia. Una sua mano
callosa accarezzò i suoi zigomi pronunciati, soffermandosi a lungo, poi scese verso le guance, poi toccò al profilo del naso.
Merlin aveva l'impressione che il principe stesse modellando le sue fattezze, come l'artista con la sua opera più bella. Con le sue labbra calde e pronunciate sfiorò i lividi, i tagli, soffermandosi sulle labbra spaccate per il freddo e il trattamento che veniva riservato ai traditori di Camelot. Un gemito strozzato sfuggì dalla gola del mago per le attenzioni ricevute.
Arthur non riusciva ancora a credere di lambire la pelle, che aveva così tanto bramato, che davanti a lui ci fosse il suo Merlin. Aveva paura di svegliarsi da quel sogno, che desiderava così tanto di non risvegliarsi più.
Il volto del biondo, chinato su quello del moro, si alzò. Con i suoi occhi cerulei squadrò la sua figura. Una muta domanda
aleggiava tra loro:
- Merlin? - sussurrò roco da pensare che l'altro non lo avesse sentito.
- Sì, sire! Sono io, anche se ora non sono che l'ombra di me stesso o di quello che voi conoscevate. - Esclamò, guardando un punto fisso davanti a sé. Non sarebbe stato facile dimenticare cosa era stato costretto a subire nelle prigioni. Difficilmente
sarebbe tornato ad essrere il ragazzo ingenuo e spensierato di un tempo, che adesso non c'era più.
- Chiamami Arthur! Non sono più il legittimo erede al trono. Uther mi ha diseredato. - Disse con voce atona.
- Mi spieghi come mai sei ancora vivo, quando non dovresti avere la testa attaccato al collo? - chiese ironico, anche se in quella situazione non c'era niente di divertente.
Merlin chiuse gli occhi. - Neanch'io lo so con esattezza. Avevo la testa poggiato sul ceppo. Un colpo netto e tutto si fece buio.
Poi mi sono risvegliato e mi sono ritrovato nella cella in cui ero stato messo prima dell'esecuzione e davanti a me c'era Uther. Mi disse che era stata tutta una falsa creata per farti credere che io fossi stato giustiziato, Chiunque ti avrebbe detto che ero ancora in vita, sarebbe stato giustiziato. -
- C-cosa? - sbottò il biondo. - E se avessi partecipato? -
- Uther era sicuro che non avresti mai disubbidito ai suoi ordini. -
Arthur strinse così forte i pugni, da conficcarsi le unghie nei palmi. Non riusciva a credere che Uther era riuscito a manipolare la sua vita fino a quel punto, che colui che per vent'anni aveva chiamato padre, lo considerva un burattino da usare a suo piacimento.
Per un anno intero aveva convissuto con l'idea di non rivedere quell'idiota, di non poterlo abbracciare, toccare.
Era felice che le cose fossero andati in quel modo, certo si dispiaceva del fatto che Merlin avesse vissuto rinchiuso in una cella, ma almeno adesso poteva dichiararsi, riabbracciarlo. Sapeva che senza i suoi privilegi sarebbe stato difficile
vivere, ma si sarebbe abituato, se questo voleva dire stare con il suo maghetto da strapazzo.
Un ghigno disegnò le sue labbra. Merlin non capiva cosa c'era di divertente: aveva fallito; lui doveva proteggere e guidare
quell'Asino a salire al trono come sovrano di Camelot. Invece, per colpa sua, Arthur non aveva nessun regno.
- Sai il perchè ti ha risparmiato ? - chise il biondo, interrompendo il filo delle sue riflessioni.
- Voleva usarmi! Mi rivelò che la strega Nimueh gli era apparsa in sogno la notte prima dell'esecuzione, dicendogli che presto lui avrebbe avuto la giusta punizione per la sua ossessione contro la magia. Allora decise d'inscenare la mia morte per farti credere che fosse così e a suo piacimento utilizzarmi. Durante l'interrogatorio mi lasciai sfuggire che il mio Dono era al tuo servizio! Che molte volte avevo salvato il tuo bel posteriore e che doveva ringraziarmi se eri ancora vivo! -
Arthur spalancò la bocca per la sorpresa. Spesso si era chiesto come mai Merlin era venuto a Camelot, sapendo che lì la magia era proibita. Finalmente sapeva la risposta, ma ciò lo lasciò senza parole, difficile per lui che aveva sempre la risposta pronta.
- Ma perchè tenermelo nascosto? -
- Non lo so! Ma credo che conoscendoti, non avresti mai accettato che io fossi diciamo "usato " come un oggetto.
Aveva capito che tra noi c'era qualcosa di più di un semplice e reciproco rispetto. -
- Se aveva ragione, sarei dovuto intervenire in tua difesa, invece ho accettato, impassibile, la sua sentenza. - Arthur si coprì il viso con un braccio per la vergogna. La mano del moro lo accarezzò, spostandolo dolcemente per fissarlo negli occhi,.
- Non devi incolparti di nulla. Ero solo un servo e se avessi fatto qualcosa, Uther non te lo avrebbe mai perdonato.
Oggi ne è una dimostrazione: hai perso per sempre la possibilità di regnare. - Lo sguardo del mago si abbassò.
Arthur gli alzò con un dito il volto scarno ed esile, ma i suoi occhi sfuggivano da quelli magnetici del biondo.
- Guardami! -
Merlin con un pò d'esitazione ubbidì.
-Oramai non possiamo cambiare ciò che è fatto, ma il futuro è ancora da scrivere. Insieme, giorno per giorno, lo costruiremo.
Commetteremo degli errori, certo, ma finchè avrò te al mio fianco, niente e nessuno potrà fermarmi. Dici che il tuo destino e il mio sono intrecciati e che la magia ti sia stata donata per servirmi e permettermi di diventare Re. Allora credo che ancora tutto non sia perduto. C'è ancora speranza! - Arthur era fermamente convinto che se Merlin lo avesse aiutato, riavrebbe ottenuto ciò che gli spettava di diritto. Perchè le stelle così avevano predetto.
- Hai ragione! Rimarrò al tuo fianco, anche al costo della vita se necessario, ma giuro qui sul mio onore che tu riavrai Camelot e riuscirai a riunire le terre sotto il vissillo di Albion. -
Sugellarono le loro promesse con un bacio. La strada davanti a loro era irti di pericoli, incognite!
- Sai perchè Uther ti aveva mandato a chiamare? -
Il moro scosse la testa.
- Nimueh ha avvelenato le acque! Non posso permettere che il popolo paghi per le colpe del loro sovrano. -
- Allora dopo che mi sarò rimesso in sesto andremo a cercarla e la costringeremo a rompere l'incantesimo! Oppure tenterò io stesso! -
- Per una volta, mi ritrovo d'accordo con te!... Allora la tua testolina non è vuota! -
- Avevi qualche dubbio in merito? -
- Sinceramente?... Sì! -
Prima che Merlin potesse ribattere, Arthur intrappolò le sue labbra nelle sue. Gli mordicchiò il labbro inferiore con i denti.
Le loro lingue duellavano, si rincorrevano, danzavano! Quel giorno due cuori, che per tanto tempo erano stati divisi, si unirono in sincrono.
Un Drago, nei sotteranei di un certo castello, scoppiò in una grossa risata: finalmente le due faccia della stessa medaglia si erano unite!... Tutto andava come aveva previsto!
Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno recensito la one-shot " L'esecuzione!":
GiulyB
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Cucci_4_Lollosa