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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    27/03/2010    4 recensioni
"Un senso di nausea improvviso colse Shun, sdraiato al buio, nella sua camera, incapace di prendere sonno. Aveva caldo, il suo corpo tremava insistentemente per i conati di vomito che lo assalivano a ondate continue e che si sforzava di reprimere; si rannicchiò, sfregando il viso stanco e sudato sul cuscino umido di lacrime. Una fitta al cuore gli strappò un gemito, attutito dalla morbida consistenza della stoffa, sentiva la pelle del viso bruciare, gli occhi gonfi e rossi di lacrime lo facevano sembrare uno spettro errante, uno di quegli yokai che affollano il folklore tradizionale giapponese." Una fic postHades, i fratelli Kido devono fare una volta di più i conti con la Morte che rischia di portarsi via uno di loro.
Genere: Malinconico, Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Andromeda Shun, Phoenix Ikki, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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TORNARE A VIVERE

 

Un senso di nausea improvviso colse Shun, sdraiato al buio, nella sua camera, incapace di prendere sonno.

Aveva caldo, il suo corpo tremava insistentemente per i conati di vomito che lo assalivano a ondate continue e che si sforzava di reprimere; si rannicchiò, sfregando il viso stanco e sudato sul cuscino umido di lacrime.

Una fitta al cuore gli strappò un gemito, attutito dalla morbida consistenza della stoffa, sentiva la pelle  del viso bruciare, gli occhi gonfi e rossi di lacrime lo facevano sembrare uno spettro errante, uno di quegli yokai che affollano il folklore tradizionale giapponese.

Artigliò il tessuto di cotone, come a voler restare aggrappato con tutto sé stesso alla realtà e alla coscienza, sentiva la testa girare; percepiva il ruvido e caldo pigiama che avvolgeva il suo fisico terribilmente magro ed emaciato, i pantaloni scivolavano via a ogni movimento, troppo larghi per un fisico così sciupato.

Goffamente, il ragazzo se li levò, gettandoli lontano, la casacca quasi gli faceva da vestito, aveva perso così tanto peso in quei giorni che si sentivano perfino le costole sotto la pelle, che pareva fatta di carta di riso tanto sembrava fragile al tatto e alla vista.

 Un nuovo accesso di nausea lo aggredì con violenza, lasciandolo prostrato tra le lenzuola, socchiuse gli occhi, cercando di regolarizzare il battito convulso del proprio cuore; quando riuscì a riprendersi, quasi gli parve di sentire il buio alitargli addosso un vago sentore di morte e dolore, una paura mai provata sino a quel momento si impossessò di lui, le lacrime ricominciarono a scendere.

Avrebbe voluto urlare, ma le parole non volevano uscire, la voce sembrava essergli stata portata via.

Il ragazzino squittì come un topolino spaventato, immagini spaventose invasero massicciamente il suo cervello, sangue, dolore e distruzione; il viso sofferente e pallido, insanamente pallido, solcato da rivoli scarlatti di sangue, di Seiya assorbì interamente la sua mente, un nuovo doloroso affondo ad un animo già martoriato da una vita passata sui campi di battaglia fu il colpo di grazia.

Si lasciò scivolare giù dal letto, singhiozzante, a fatica si mise in piedi, cercando a tentoni nel buio la porta della stanza; finalmente, le sue dita si strinsero attorno al fresco pomo di ottone, i suoi piedi sentirono il soffice contatto con la moquette del corridoio. In preda alla paura, scivolò lungo il muro, cercando di tenere a bada i battiti convulsi del suo cuore.

La porta in fondo al corridoio era aperta.

Velocemente, entrò nella stanza, rassicurandosi per il respiro per il respiro pesante e tranquillo di Ikki, profondamente addormentato; asciugandosi le lacrime, Shun si sforzò di non piangere né singhiozzare, per non disturbare il meritato riposo del fratello.

Piano, senza fare il benché minimo rumore, si sedette sulla poltrona che, lo sapeva, stava proprio in fondo alla stanza, sotto la finestra; un debole raggio di luna filtrava attraverso le pesanti tende di broccato, andando a colpire il viso del fratello maggiore, la pelle abbronzata era costellata da graffi e ferite recenti appena rimarginate, la fronte era aggrottata, quasi come se la stanchezza dei lunghi e dolorosi giorni appena trascorsi avessero lasciato indelebili segni su quel corpo, su quel volto che il piccolo tanto adorava.

Con un sospiro stanco e rassegnato, facendo quasi violenza a sé stesso, Shun diede le spalle al letto, andandosi a rannicchiare sulla poltrona, trattenendosi dal rifugiarsi, come quando era bambino, sotto le coperte assieme a Ikki.

Ma questa volta non lo avrebbe fatto.

Non lo avrebbe svegliato per alcuna ragione al mondo.

Voleva solo averlo vicino.

Gli bastava quello.

Cullato dal ritmico respiro del dormiente, il bruno si lasciò avviluppare dal sonno, un sonno, però, agitato, e pieno di incubi.

§§§

Un rumore proveniente dall’interno della casa svegliò Ikki, i nervi tesi lo fecero scattare come una molla; tese l’orecchio, cercando di distinguere la fonte di tale fastidio, ma la grande proprietà sembrava assolutamente silenziosa.

“Maledizione…” imprecò, sfregandosi gli occhi, le dita si strinsero attorno a un lembo di lenzuolo, così forte che si sarebbe anche potuto strappare; a poco a poco, si calmò, socchiuse gli occhi, concentrandosi sul silenzio.

Un silenzio che però non era tale.

Il ragazzo aprì sorpreso gli occhi ancora gonfi di sonno; sulla poltrona c’era qualcuno, ne percepiva il respiro a singhiozzo.

Il suo corpo si irrigidì, pronto ad attaccare, ma riconobbe con stupore una fragranza di albicocca aleggiare nell’aria; si mise subito in piedi, barcollando leggermente, e si diresse a larghi passi verso il morbido elemento d’arredo.

Gli si strinse il cuore.

Il corpicino emaciato e macilento del fratellino gli faceva sempre questo effetto, in cuor suo soffriva ogni volta che lo vedeva così debole e fragile, stava male quando il bruno non riusciva quasi a mangiare nulla; il suo piccolo si stava spegnendo, e lui non avrebbe potuto fare nulla, anche se, per lui, avrebbe fatto qualunque cosa.

Si stava spegnendo, lentamente, proprio come Seiya.

Ikki cercò di scacciare via quei pensieri, inginocchiandosi al suo fianco, gli sfiorò la fronte calda con le labbra, poggiando un delicato bacio sulla pelle insanamente pallida di Shun; poi, lo prese tra le braccia e lo depose tra le calde coperte del letto, la testolina poggiata sul morbidissimo cuscino: “combatti, piccolo…” gli sussurrò, infilandosi sotto le coltri a sua volta, allacciò le proprie braccia attorno alla vita sottile del brunetto e lo strinse a sé.

Poi coprì entrambi con la pesante trapunta, nel tentativo di scaldarlo, tremava e sussultava nel suo abbraccio quello scricciolo di uomo, se per paura o freddo non lo sapeva, ma di una cosa era certo.

Non lo avrebbe lasciato solo.

§§§

“SEIYA!!”

Il grido di dolore senza speranza del più piccolo giunse inaspettato e improvviso per la Fenice, che si rizzò a sedere, evitando per un soffio un calcio da parte di Shun, il bruno si divincolava dalla stretta del fratello, gridando e piangendo, tossendo e singhiozzando, tremando terrorizzato; il moro si gettò su di lui, cercando di frenarlo senza fargli eccessivamente male: “Piccolo, svegliati! Sono io! È stato solo un incubo, tranquillo…” disse, scuotendolo leggermente, una mano si allungò a sfiorare quei ciuffi disordinati e spenti, mentre l’altra andava ad accendere la luce sul comodino.

Andromeda spalancò gli occhi, riconobbe all’istante il fratello, chino su di lui: “Niisan… Ma…” bofonchiò, cercando di alzarsi, ma Ikki lo trattenne, scuotendo il capo, “Resta giù… non muoverti.” lo rimbeccò, mettendogli un cuscino sotto la testa; la pelle diafana era impregnata di sudore, ardeva di febbre.

Il ragazzo si sporse verso il mobiletto, c’era ancora dell’acqua nel bicchiere; intinse un pezzo del proprio pigiama nel liquido e cominciò a rinfrescare il volto del piccolo, umettandogli con cura anche e labbra e le tempie; dopo qualche minuto, gli permise di mettersi seduto, lo sorresse, facendolo poggiare con la schiena contro la testata del letto.

“Niisan… Io..” cercò di giustificarsi il ragazzino quando un forte accesso di tosse gli mozzò il respiro, il suo corpo si mosse, quasi senza controllo; Ikki si gettò nuovamente su di lui, bloccandolo con tutta la forza che poteva, ma quel piccolo era forte.

Quando finalmente anche quell’assalto si concluse, Andromeda fissò Fenice con uno sguardo estremamente triste e colpevole, le lacrime venivano a stento trattenute da quegli occhi così belli e velati di dolore; non lo sopportava più. Senza preavviso, Ikki lo abbracciò forte, quasi spariva nella sua stretta affettuosa, gli accarezzò la schiena, cercando di rilassarlo: “Shh… cerca di dormire… non pensare… anzi no… dimmi  cosa pensi…” gli sussurrò all’orecchio, “lo affronteremo assieme… non lascerò che ti faccia del male.”.

 E tra le lacrime di un piccolo pulcino implume, si aprì uno scrigno di dolore oscuro, di paure e incubi, di sangue e distruzione, di desideri e profonde ferite del cuore; nel delirio, Shun cercava Seiya, piangeva e lo vedeva soffrire, lo vedeva morire sotto ai suoi occhi.

Il rimorso, la convinzione di essere stato in parte la causa di tale situazione lo stava logorando.

 Hades era lui, Hades sapeva che così facendo, avrebbe comunque avuto la propria vendetta.

Shun pregava Athena di salvare il Pegaso, pregava Zeus di prendere anche la propria vita per salvare il proprio fratellino, singhiozzava, e a ogni singhiozzo, Ikki sentiva il proprio cuore creparsi sempre di più.

“Bravo piccolo.. Sfogati… Passa a me tutto il tuo dolore…” gli sussurrò, accarezzandogli i capelli sudati, “Ci penso io a sopportarlo per entrambi… dormi…” lo cullò; lentamente, il ragazzino si lasciò avvolgere dall’abbraccio caldo del sonno, si abbandonò dolcemente contro il corpo del maggiore, il respiro si fece sottile e regolare.

Il fisico prostrato del fanciullo, finalmente addormentato, venne deposto con cura sul materasso, ricoperto dalle lenzuola stropicciate e dalla trapunta calda;  non appena il maggiore si distese accanto a lui, Shun gli si rannicchiò contro, cercando tepore, affetto e sicurezza: “buona notte, piccolo.”.

§§§

Il mattino giunse velocemente.

I due ragazzi facevano colazione nel salottino quando Tatsumi entrò nella stanza, consegnando loro un cordless: “Saori-sama vuole parlarvi” disse piatto, abbandonandolo sul tavolino.

Svelto, Ikki lo afferrò: “Athena!” esclamò, Shun sgranò gli occhi, tenendo sollevata la tazza di thè fumante, tremava e invano il fratello lo accarezzava nel tentativo di tranquillizzarlo.

Dall’altro capo del telefono, la fanciulla non rispose, si udivano solo singhiozzi bassi e dolorosi; le nocche di Phoenix sbiancarono, le dita si chiusero come una morsa d’acciaio mentre gli occhi smeraldini di Andromeda si riempivano di lucciconi: “Athena, cosa succede?” ripetè il ragazzo, non lasciando il contatto con il braccio del fratellino, lottando contro il desiderio di piangere a sua volta, con le lacrime che affioravano, pungendogli gli occhi.

Udì un borbottio agitato e un fruscio, poi la voce di Hyoga sostituì quella della Dea, anche lui, lo sentiva, stava lottando per non piangere: “Ikki…” sussurrò con voce rotta, “Cosa è successo?” domandò di nuovo, seccato e impaurito, Shun sussultò, cercando di prendere il telefono, ma era troppo alto per lui.

“Seiya… Seiya…” balbettò il Cigno, Phoenix sentì il proprio cuore perdere un battito, la gola secca, i polmoni svuotati di aria.

Per un attimo, si ritrovò a pregare.

E poi, le parole più belle del mondo, parole che riportarono il soffio vitale nel suo corpo.

“Seiya s’è svegliato.” nella voce di Hyoga c’era genuina gioia, “Ce l’ha fatta ancora una volta…” disse tra i singhiozzi il russo, “non se n’è andato… è ancora qui…”; la Fenice restò in silenzio per lunghissimi minuti, incapace di proferire verbo, sentiva il cuore esplodergli nel petto per la felicità della notizia, le lacrime, ormai non tentava nemmeno più di bloccarle.

Distrattamente, salutò il russo e chiuse la comunicazione.

“è vivo, vero?” mormorò Shun, mordendosi le labbra, nei suoi occhi leggeva una speranza a cui si stava aggrappando coi denti e con le unghie, “è vivo… vero, niisan?” ripeté testardamente, “non è…” ma la frase gli si mozzò in gola, non riusciva più a proseguire.

Il moro sfiorò con due dita quel viso di bimbo, poi annuì, sorridendo appena: “Si è svegliato…”.

Seiya stava bene.

Era vivo, si convinse Ikki, non era un sogno.

Le mani piccine del fratello si poggiarono delicatamente sulle sue spalle, sorridendo appena tra i lucciconi: “Andiamo da lui, ti prego niisan, andiamo.”.

§§§

“Ehi… cos’è quella faccia? Non sono mica morto..”

La voce arrochita e affaticata del Pegaso accolse i due fratelli mancanti al loro arrivo in ospedale, un sorriso appena abbozzato li ripagò di tutte le sofferenze provate.

Shun non salutò quasi nessuno, si gettò semplicemente sul lettino: “Se osi… Se solo osi lasciarci…” singhiozzò, nascondendo il viso sulla spalla del piccolo di casa, “Ho imparato la lezione…” ammise Seiya, socchiudendo gli occhi, cercando il contatto con la mano del fratello, “Scusami…” disse dispiaciuto, cercando di resistere al sonno.

Una mano andò a sfiorare la fronte ancora calda del brunetto disteso sul lettino: “Ora pensa a riposare e a riprenderti…” disse Shiryu, “noi restiamo qui, non ce ne andiamo…” sussurrò serio, accarezzando il dorso della mano del minore, come a volerlo rassicurare; Seiya annuì impercettibilmente, abbandonandosi alla stanchezza.

Tutto gli sembrava nebuloso in quel momento ma, ne era certo, sarebbe stato tutto molto più chiaro al risveglio.

Finalmente era tornato a vivere.

E con lui, anche i suoi fratelli.

Niente più incubi, solo bei sogni.

   
 
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