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Autore: Blakie    27/03/2010    12 recensioni
"Il cuore iniziò a battere forte, e inizialmente non riuscii a capire il perché. Pensavo spesso a noi due, a quello che avevamo passato e a ciò che stavamo vivendo, ma non mi era mai successa una cosa del genere… Niente stomaco in subbuglio, niente cuore galoppante. Poi, sentii uno strano formicolio alla bocca dello stomaco, che mi risalì fino alla gola e mi mosse la lingua, come se stessi per dire qualche cosa. Nello stesso istante, il mio cervello produsse un pensiero che mai, prima di quel momento, avevo considerato. Una cosa che per mesi ero stata incapace di pensare, ma che in quel momento avrei voluto dire ad alta voce. Il mio cuore prese il volo.
Jacob, ti amo."

La vicenda è ambientata in New Moon: Bella è saltata dallo scoglio e, quando la storia inizia, è sul
pick-up con Jacob, indecisa se voltare la testa e baciarlo o no. Ma poi, qualcosa in lei cambia e, quando le labbra di Jacob incontrano le sue, prende la decisione sulla quale ha meditato per molto tempo: essere felice con Jake, il suo sole personale.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Un po' tutti | Coppie: Bella/Jacob
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: New Moon
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- Questa storia fa parte della serie '~ Juliet & Paris' Story' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Eyes On Fire

Eyes On Fire

Epilogo
Per Sempre

 

 

Questo è per te, Fva.
Lo so che è un modo schifoso per ringraziarti di tutto
e per dirti che ti voglio bene… ma spero mi perdonerai.
Ah, sei un asso nei calcoli di matematica. Ti adovo <3

 

 

 

«Sarah e Marie Black, è pronta la colazione. Se non scendete entro tre secondi vi vengo a prendere e vi trascino giù di peso!», strillai, ai piedi delle scale, rivolta al piano di sopra. Tornai in cucina borbottando. Una risata giunse alle mie orecchie, e mi voltai in direzione del tavolo, incenerendo mio marito con lo sguardo.

«Amore, sai benissimo che non ne saresti capace», mi derise Jacob, facendo emergere il volto dal giornale che stava leggendo. Emisi un verso stizzito, smuovendo l’aria con una mano sotto i miei capelli corti.

«Fai poco il fenomeno. Ormai non sei più tanto forte nemmeno tu», ribattei, alludendo a un fatto ben preciso.

«Non sarò più un licantropo Bells, ma un po’ di forza mi è rimasta. E, sicuramente, è ancora superiore alla tua, viso pallido del mio cuore». Feci una smorfia, versandogli il caffè nella tazza.

Lui mi ringraziò lanciandomi un bacio, e nella fretta di berlo ne versò alcune gocce sul tavolo.

«Due anni in meno perché sei il solito pasticcione», esclamai, additandolo con un ghigno.

Lui alzò gli occhi al cielo, poi mi guardò con tenerezza. Gonfiai le guance, imbarazzata, mentre afferravo lo strofinaccio per pulire il tavolo.

«Sei davvero assurdo, Jacob. Perché ad ogni anniversario diventi così… docile?», gli domandai, esibendo un mezzo sorriso e sedendomi accanto a lui per bere il mio caffè.

«Bells, ti do il tormento trecentosessantaquattro giorni l’anno… per oggi posso anche fare il maritino perfetto», disse, accarezzandomi una guancia. Voltai la testa e gli baciai la mano, stringendola poi nella mia.

«Sono quasi vent’ anni che ti sopporto, Jake… ormai ci sono abituata. Così tanto che se fai il cucciolo quando mi arrabbio non c’è gusto. Ci rimango quasi male», dissi, ridendo. Posò una mano sulla mia guancia, attirando il mio viso verso il suo.

«Quindici anni che siamo sposati», sussurrò a pochi centimetri dalle mie labbra. «Auguri, signora Black».

Chiusi gli occhi. «Auguri, signor Black», mormorai, prima che le nostre labbra si unissero. Lo stomaco mi si strinse, come ogni volta. Passai il palmo sulla sua barba corta e ispida, ed emisi un lamento basso quando mi punse una guancia. Lo sentii ridacchiare, mentre mi costringeva ad alzarmi in piedi, per stringermi a sé.

«Mamma, papà, la volete piantare con queste smancerie?!».

La voce disgustata di Marie interruppe quella piccola magia, e ci costrinse a ritornare coi piedi per terra.

«Sei gelosa della tua mamma, piccola?», domandò Jacob, avanzando a grandi falcate verso nostra figlia e prendendola in braccio senza problemi. Le schioccò un bacio sulla guancia. «Vuoi il tuo papà tutto per te?».

La bambina gonfiò le guance, sfregando la mano sul punto in cui Jake l’aveva baciata. «Non sono piccola!».

Jacob rise, arruffandole i capelli. «No, hai ragione. A otto anni sei già una donnina!», l’accontentò sghignazzando, poi la mise giù. L’abbracciai, dandole un bacio sulla fronte.

«Su, Marie, siediti che è pronta la colazione. Dov’è tua sorella?».

La bambina afferrò la forchetta e infilzò una frittella, iniziando a mangiare senza troppe cerimonie. «Non trofafa il fideogioco che le ha prestato Kiowa», disse a bocca piena, alludendo al figlio di Sam ed Emily, grande amico di Sarah.

«Così farà tardi a scuola», mi lamentai, scuotendo la testa e sedendomi a tavola. «Devo anche passare da Charlie per riportargli la camicia che gli ho rammendato, prima di andare al liceo».

«Se vuoi la porto io Sarah, a scuola, tanto oggi ho chiuso l’officina», si offrì Jake. Lo faceva ogni anno, per il nostro anniversario, nel caso avessi avuto giornata libera da scuola – infatti ero professoressa di lettere al liceo di Forks –, cosa che, purtroppo, quell’anno non era avvenuto. Ma, fortunatamente, quella mattina avevo soltanto quattro ore.

«Penso che le farà piacere», dissi a Jacob, sorridendo. «Soprattutto se la porti in moto… ieri si è lamentata perché dice che è da tanto che non le fai fare un giro».
Era incredibile quanto Sarah, nonostante fosse – all’apparenza – una normale ragazzina di quindici anni, somigliasse a suo padre: la passione per le moto era il tratto che condividevano per la maggiore. Inoltre amava portare i capelli corti, giocare ai videogiochi e fare surf. Tra le sue amiche aveva la fama di “maschiaccio”… e ne sembrava piuttosto fiera.

«Sì, papà, se non mi porti a scuola in moto ti terrò il muso a vita», esclamò Sarah, facendo capolino in cucina. Si avvicinò a Jacob e gli tirò una guancia, prima di sedersi accanto a Marie e versarsi del latte nella tazza.

«Ehi, ragazzina, minaccia poco! È già tanto se domenica ti lascio andare a Port Angeles con le tue amichette, dopo quel votaccio che hai preso in chimica», la riprese Jacob, aggrottando le sopracciglia. Sarah alzò gli occhi al cielo.

«Neanche tu eri una cima, Jake», lo punzecchiai, sorseggiando il mio caffè con aria furba.

Mio marito spalancò gli occhi, esibendo un’espressione indignata.

«Non dovresti contraddirmi davanti a nostra figlia, Isabella! Che ne è della mia autorità, poi?», si lamentò in maniera teatrale, incrociando le braccia al petto, mentre io ridevo per come mi aveva chiamata. Vedevo la fatica di Sarah nel contenersi dal ridere, perché sapevamo entrambe che, sotto certi aspetti, Jacob era più bambino di lei.

La colazione proseguì serena fin quando non fu il momento di separarsi. Uscii di casa assieme a Marie per portarla a scuola, poi passai da Charlie che, come al solito, mi chiese come stavano le sue adorate nipotine. Le mie figlie lo adoravano.
Infine, arrivai a scuola. Mi veniva da ridere quando ripensavo ai primi tempi in cui mi ero ritrovata al liceo di Forks non più come studentessa ma come insegnante. E la sorpresa quando ritrovavo i figli dei miei vecchi compagni di scuola. Amavo il mio lavoro anche per quello, sebbene – me lo dicevano in molti, i primi tempi – quella di insegnante non potesse considerarsi una professione adatta a me, timida com’ero. Eppure ero riuscita a cavarmela.

Uscii da scuola e tornai a casa in tutta fretta, e mi sentii una ragazzina, col cuore che pulsava e le guance che si infiammavano all’idea di restare da sola con Jacob, di avere una giornata tutta per noi.

Risi tra me, provando a darmi un contegno, mentre guidavo a bordo della mia Mini. Purtroppo, il pick-up aveva cessato di vivere pochi anni indietro, e, con la morte nel cuore, avevo dovuto necessariamente cambiare macchina, perché davvero non c’era più nulla da fare. Invece, la Golf di Jacob aveva retto benissimo allo scorrere del tempo.

Parcheggiai davanti alla nostra casetta a La Push ed entrai.

«Jake? Ci sei?», domandai, posando a terra la tracolla e appendendo la giacca. Un secondo, e qualcosa di caldo mi avvolse.
«Sì», sussurrò, vicino al mio orecchio. Gli circondai il collo con le braccia, mettendomi in punta di piedi per affondare il volto contro la sua spalla. Si allontanò un poco da me, per riuscire a baciarmi con trasporto.

«C-Che programmi abbiamo per oggi?», sussurrai, a poca distanza dalle sue labbra, dopo un tempo infinito.
«Giornata nella nostra casetta e tramonto a First Beach? Come sempre», propose, sfiorando il suo naso col mio.

«Come sempre», asserii, baciandolo di nuovo. «Ho chiesto a Charlie se pensava lui alle bambine, oggi…».

«Perfetto», mormorò, infilando una mano sotto la mia camicia. Iniziai a retrocedere verso la porta di ingresso, per uscire di casa. Avremmo usato la mia macchina, visto che le mani di Jacob sembravano essere troppo impegnate per prendere le chiavi della sua.

«Fai il bravo», dissi ridacchiando, quando fummo fuori casa, vicino alla mia auto. Scostò le labbra dal mio collo, sfilandomi le chiavi di mano e lanciandomi uno sguardo eloquente che mi fece avvampare.
Impiegammo poco a raggiungere la nostra casetta sulla scogliera. Ci avevamo abitato i primi sette anni di matrimonio, assieme a Sarah, ma poi avevamo dovuto trasferirci con l’arrivo di Marie. In quattro era decisamente troppo stretta, però ci piaceva tornarci, ogni tanto, soprattutto in situazioni come quella, quando volevamo stare un po’ da soli.

Fu una giornata meravigliosa, come tutte le volte, e mi ricordava i primi tempi quando, da giovani, andavamo per sfogare il nostro amore, lontano dalle orecchie indiscrete di Charlie.
Adoravamo le nostre figlie con tutto il cuore, ma un giorno all’anno ci piaceva prenderci una giornata tutta per noi… e, sinceramente, non credevo che sarei mai riuscita a fare a meno di quel tempo passato insieme, da soli, dove Jacob sfogava la sua passione e il suo amore senza alcun riserbo. E lo stesso facevo io.

Quando fu quasi l’ora del tramonto, presi una coperta e richiusi di nuovo la casetta a chiave, senza celare un sospiro. Jacob mi guardò ridacchiando, e mi prese la mano.
«Andiamo?», mi chiese, sorridendomi.

Lo guardai negli occhi. «Sì».

First Beach non era molto distante dal cottage, perciò ci impiegammo poco ad arrivare. E il cuore mi si riempì di gioia quando avvistai il nostro tronco, che non si era mai mosso da lì. Era ancora più bello illuminato dalle sfumature arancioni e rossastre del tramonto di aprile.
C’era sempre il sole in quella data, il quindici aprile, tutti gli anni.
Stendemmo la nostra coperta vicino al tronco, e Jacob vi posò la schiena contro, prendendomi poi tra le sue braccia. Rimanemmo in silenzio, ascoltando in pace lo sciabordio delle onde color oro. Era un’abitudine che non avevamo perso: vicini col corpo, lontani con la mente.
Mentre sentivo il respiro caldo di Jake al mio orecchio, esplorai l’orizzonte con gli occhi, facendo scorrere i pensieri.

La mia era una vita felice: ero circondata da persone che amavo e che mi amavano; Jacob e le mie figlie erano il fulcro della mia esistenza, ed ogni singolo giorno passato con loro mi faceva sentire completa. I ragazzi di La Push arricchivano il nostro quadretto familiare, assieme a Charlie, a Billy e a Sue. Era come se facessimo parte di un’unica grande famiglia.
C’erano anche i momenti difficili o dolorosi, ma il legame che ci univa ci portava sempre un passo più avanti, dandoci modo di superare il destino avverso.

A volte provavo a immaginare come sarebbe stato far parte di un’altra famiglia, quella dei Cullen. Non era un pensiero che mi recava dolore o rimorso, perché non avevo nessun rimpianto, ma non potevo fare a meno di pensarci, con un sorriso, però. Una sera mi ero ritrovata persino a parlarne apertamente con Jacob.
Aveva detto che, in quel momento, probabilmente sarei stata un pezzo di ghiaccio tra braccia altrettanto ghiacciate, reduce dell’ennesimo trasferimento, senza marmocchi rompiscatole che giravano per casa.
Quell’immagine, confrontata con la mia vita frenetica e movimentata, mi sembrò triste e monotona. Quando espressi questo pensiero, Jacob scoppiò a ridere, mentre io mi beavo del calore delle sue braccia forti strette attorno il mio corpo, e mi rendevo conto di una cosa che, prima di allora, non ero riuscita a cogliere.

Sentivo lo scorrere del tempo e ciò mi cambiava: i miei trentotto anni ne erano una prova.
Eppure, quando guardavo Jacob mi sembrava sempre di essere rimasta ferma ai diciotto anni.

Forse perché qualche volta ci concedevamo ancora di comportarci da “irresponsabili”, consumando qualche chilometro con la moto di Jake – la mia mi aveva abbandonato pochi anni prima; forse perché nello stare insieme non eravamo cambiati, “beccandoci” e scherzando come due ragazzini.
O, molto semplicemente, era l’amore che mi legava a Jacob a farmi sentire più giovane: ogni suo tocco, la sua voce,  suoi baci, i suoi sorrisi... le emozioni che scatenavano in me avevano un’intensità tale che mi sembrava sempre di provarle per la prima volta. E il sentimento che provavo nei suoi confronti non si era affatto affievolito con lo scorrere del tempo, anzi, cresceva inarrestabile, giorno dopo giorno.
Non ero bellissima, indistruttibile, speciale; non avevo nessun dono particolare e, soprattutto, non ero eterna.

Ma nonostante sapessi che il tempo di vivere quella vita che ogni giorno mi regalava emozioni e soddisfazioni sempre nuove prima o poi sarebbe scaduto – speravo sempre il più tardi possibile – non riuscivo ad essere triste o a rimpiangere la scelta che avevo fatto.

Sapevo che Sarah e Marie avrebbero sicuramente ereditato l’opportunità di vivere per sempre, se è vero che buon sangue non mente. Ed ero felice che fosse così, anche se l’idea di non poter restare loro accanto e amarle per tutto quel tempo rendeva triste sia me che Jacob.
Ma, nonostante tutto, ci consolava l’assoluta certezza che, qualunque cosa ci aspettasse alla fine delle nostre vite, ci avrebbe trovati insieme.

«Jake», lo chiamai, alzando il viso verso il suo.

«Sì?», rispose, sorridendomi dolcemente.

«Ti amo».

«Anche io ti amo, Bells».

Rimanemmo in silenzio qualche secondo, entrambi gli occhi fissi all’orizzonte rosso fuoco.

«Per sempre», sussurrammo insieme, legando nuovamente i nostri sguardi.

 

 

 

Per sempre, Jacob e Bella.

 

 

 

 

    The End –

 

 

 

 

Angolo autrice.
Io non so davvero cosa ci faccio qui. E’ vero che c’erano altri capitoli prima della fine, ma la mancanza di tempo e ispirazione mi hanno portato a pubblicare l’epilogo. Fatico a crederci, sinceramente…

Non so nemmeno che parole usare, veramente .-. è… difficile?

Volevo solo dirvi che so che non è un granché come epilogo… ma penso che non mi sarebbe uscito niente di meglio. E’ una semplice occhiata alla vita di Jacob e Bella, come adulti sposati e genitori. Spero vi concentrerete soprattutto sulle ultime righe, perché in teoria sono il nocciolo della storia :) Bella è vecchia, ma l’amore di Jacob la rende “ciovane” per i motivi indicati sopra XD
Eh… beh, niente. Ho già scritto da qualche parte che, più avanti, pubblicherò i missing moments di questa storia, ma i contenuti per ora sono segreti, muahahah!

E’ giunto il momento dei ringraziamenti finali… Vi ringrazio tutti, uno ad uno, di cuore, per avermi seguito e avermi tenuto compagnia per più di un anno. Quando sono partita non sapevo che sarei arrivata fin qui, e sono grata a questa storia per avermi fatto conoscere delle persone davvero stupende <3 GRAZIE DI CUORE A TUTTI!

Alle 77 persone che hanno inserito questa storia alle preferite, le 3 che l’hanno ricordata e le 61 che la seguono <3 Inoltre un grazie immenso alle 12 persone che mi hanno messo tra gli autori preferiti.
Grazie a
 Rein94, Kekkaxxx, kandy_angel,  Faffina,  _Starlight_, Lea__91,  Saorio, HopeToSave,  MizzRini96_13, lalli85, marpy e missrikottina che hanno recensito lo scorso capitolo, riempendomi come sempre di lodi che non merito affatto.

Mi sa che ora è davvero finita… o forse no. C’è sempre Eternal Moonglow, no? ;D
Ci si becca là, tesole! Spero di poterlo postare il più presto possibile, sperom
A presto, allora :)

Un bacio enorme e un mare di abbracci <3

Vi adoro!
Vostra Bea :3


   
 
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