Anime & Manga > Full Metal Panic
Ricorda la storia  |      
Autore: Meli_mao    27/03/2010    0 recensioni
[Leonard e Tessa come protagonisti]
Contiene i Ringraziamenti di "Prima o poi avverrà"
Storia partecipante al contest: Contest Miss Scrittrice 2009/2010 SECONDA FASE e classificatasi quinta.
"Leonard Testarossa, rimasto in disparte ad osservare la scena, non aveva espressione.
Guardò sua sorella nello stesso modo protettivo con cui l’aveva guardata da piccolo. Sfiorò appena i suoi capelli con la mano, e le lasciò cadere sulle gambe una vecchia foto.
“Ho ricomprato il terreno in cui fu distrutta la nostra casa… la sto facendo ricostruire!” le disse semplicemente".
Genere: Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Teletha Testarossa
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Quanti anni erano passati dall’ultima volta in cui aveva visto la neve?

Non seppe rispondere alla domanda del suo subconscio.

Forse nemmeno troppi…

Aveva vissuto su quel sottomarino e sull’isola tropicale per circa dieci anni, era vero, però aveva anche viaggiato molto nella sua vita e visitato città come Tokyo, in cui la neve cade in inverno.

In quel posto, però, la vedeva tutti i giorni.

La ammirava, la osservava con un’attenzione che i dottori ritenevano ovviamente morbosa quanto bislacca.

Passava il tempo nel tentativo di contare i fiocchi che la passavano davanti dalla finestra della sua stanza, o così sembrava agli altri.

Segnava qualche calcolo su dei fogli svolazzanti e poi univa il tutto con calcoli che nemmeno alcuni scienziati, interrogati a proposito, avevano saputo spiegare.

“Mi è sempre piaciuta la neve!” diceva a intervalli regolari. Gli occhi vacui, inespressivi, del tutto insensibili.

Quando il Dottor Tokiya l’aveva vista arrivare e scendere dall’ambulanza si era sinceramente chiesto cosa mai fosse successo a quella ragazza.

Non aveva lividi visibili, ferite gravi o profonde, né cicatrici particolari. Era in perfetta salute.

Eppure c’era qualcosa nel suo tono di voce piatto, pacato, nei suoi occhi chiari così vuoti, nei suoi capelli in disordine e persino nel modo in cui indossava il vecchio camice bianco dell’ospedale, che la rendeva il volto della disperazione. Era senza dubbio sicuro che le fosse accaduto qualcosa di così terribile da ridurla in quello stato di torpore permanente.

“Mi dici il tuo nome..?” una domanda semplice, usuale, che il pover uomo le rivolgeva spesso, ogni giorno.

Sapeva benissimo il nome di quella ragazza o, per lo meno, quello con cui lei si era presentata la prima volta. Poi non aveva più aperto bocca se non per dire frasi poco sensate come: “Mi è sempre piaciuta la neve” o “Qui nevica quasi tutto l’anno”. Mormorava parole sconnesse di tanto in tanto, che per lui non avevano alcun significato particolare. Nominava termini militari con precisione e le era persino uscito il nome Toy box* in una conversazione…ma nel momento in cui le fu chiesto qualcosa in più tacque, completamente indifferente alle sollecitazioni continue.

Per un qualche motivo particolare si era sinceramente affezionato a quella ragazzina di poco più di 17 anni. Le piaceva stare a fissarla cercando di farle domande semplici a cui avrebbe potuto rispondere.

Lei semplicemente si limitava a fissare il panorama fuori dalla finestra della stanza, con apatia.

Non che le importasse particolarmente se il cielo fosse chiaro o nuvoloso, se il Sole filtrasse tra la coltre scura delle nuvole o se invece piovesse.

Non aveva altro da fare e non c’era altro al di là dello stare lì, seduta su una semplice sedia a rotelle, a torturarsi interiormente.

“Teletha.. non vorresti una televisione? Posso procurartene una, se ti va.” Le disse dolcemente, avvicinandosi a lei, quel giorno.

“Le onde elettromagnetiche procurerebbero danni alla mia mente e poi non ci sarebbe nulla di interessante da guardare!” gli rispose secca.

Lui si accigliò un attimo, poi lo stupore di averla sentita parlare prese il sopravvento e sorrise.

“Come vuoi… c’è una visita per te oggi… un bellissimo ragazzo!” disse con un tono malizioso.

Lei non si mosse né dette segno di interessamento.

Emise un piccolo sbuffo, il dottore.

“Posso farlo entrare?” le chiese infine.

“Si”

Quando uscì lasciò il suo posto a un ragazzo abbastanza alto, lunghi capelli chiari quasi come la neve stessa e occhi glaciali.

Le somiglia,  pensò inconsciamente il dottor Tokiya incrociandolo sulla porta.

“Come sta?” chiese quello con un tono di voce quasi ironico e fin troppo interessato. Quel sorrisetto innocente che aveva stampato in viso però rendeva le sue parole spaventosamente irritanti.

“Non fa progressi né regressi! Si limita a rispondere quando ne ha voglia.. altre volte non ascolta nemmeno!”

“Tipico di lei...”

“Comunque… credo che si tenga dentro qualcosa di terribile, sarebbe solo un bene se ne parlasse!” concluse l’uomo con uno sguardo più che ovvio.

“Vedrò cosa posso fare!” e l’altro sfoderò di nuovo un’espressione così dolce e comprensiva quanto falsa e fuori luogo.

Non aggiunse altro… semplicemente si chiuse la porta alla spalle, lasciando Tokiya fuori, nel silenzio del grigio corridoio dalle pareti giallastre, che sembrava assorbirlo in un buio irreale.

 

“Ti trovo bene, Teletha!”  commentò il giovane, avvicinandosi alla ragazza. Le si fermò accanto, le mani in tasca, sotto il lungo mantello nero che lo copriva sempre. I capelli lunghi gli ricadevano sulla stoffa scura con delicatezza. I suoi occhi si soffermarono un poco sulla figura della giovane per poi concentrarsi sul paesaggio.

“Godi di un ottima visuale… davvero una bella posizione!” esclamò quasi divertito.

“Mi è sempre piaciuta la neve!” mormorò come fosse un solito ritornello lei.

“Lo so… lo ripetevi spesso anche a papà, vero sorellina?” ma la domanda era più retorica che altro.

“Qui nevica quasi tutto l’anno!”

Lui assottigliò lo sguardo, poi si voltò definitivamente verso di lei, inginocchiandosi per essere alla sua altezza.

“Ti trovo in uno stato preoccupante! Mi chiedo se non sia proprio questo posto così deprimente… forse avresti dovuto startene buona e non perdere del tutto il senno a quel modo.. ti saresti risparmiata un mucchio di problemi!” parlava sottovoce ora, seriamente e sinceramente interessato alla cosa.

“Raccontami cosa ti è accaduto!” ordinò glaciale, senza batter ciglio.

Teletha gli rivolse un’occhiata vuota, nemmeno forse lo riconosceva. Tuttavia, dopo molto tempo dall’ultima volta, iniziò a parlare con disinvoltura.

“La vita da civile era… normale! Un vecchio professore arrivò in classe con i nostri risultati d’esame. Mi fece i complimenti per i punteggi ottenuti. Erano i più alti.” Iniziò inespressiva, come se stesse elencando una serie di informazioni militari del tutto insignificanti.

“Poi ha interrotto la lezione per informarci del suo ritrovamento.”

“Ti riferisci al tuo giocattolino**?”

“L’avevo fatto affondare nelle vicinanze delle isole Paelio***. Quello stato non aveva la tecnologia per rintracciarlo.  Iniziò a dire che era frutto di una mente malata. Il comandante doveva essere un pazzo psicopatico dotato di intelligenza mostruosa e del tutto inumana. ” riportò, sbattendo solo qualche volta le palpebre.

“La gente sa essere cattiva...” fu il commento sincero.

“Ho ribattuto che tuttavia era stato ritenuto geniale e grandioso nel momento in cui aveva salvato la vita a gente come lui! Ne è nata una discussione inutile, del tutto insensata. Quell’uomo era troppo ignorante per capire ciò che dicevo!”

“Era noioso vero, parlare con gente che non capiva?”

“Ha riaperto i miei esami. Ha cambiato espressione, sembrava spaventato… da me!”

“Come ognuno di loro lo è di quello che non conosce!” disse di nuovo lui.

“Mi ha chiesto una cosa stupida… il sistema differenziale del meccanismo CO1 per il controllo del dispositivo di raffreddamento del condensatore di un Arm Slave!”

Il ragazzo parve sinceramente sorpreso e allo stesso tempo divertito, di nuovo.

Iniziava a diventare interessante quella storia.

“Immagino tu gli abbia risposto senza problemi” commentò laconico.

“A quel punto tutti mi hanno guardato in quel modo…qualcosa li spaventava!”

“La nostra natura, sorellina!” concluse.

Lei rimase zitta, senza aggiungere altro, e sembrò tornare nell’assopimento mentale in cui stava sempre.

“E’ solo questo che ti ha reso tanto noiosa?” le chiese tanto per fare conversazione lui.

“Mostruoso. Geniale. Spaventoso. Innovativo. Mente malata. Anormale. Sbagliato...” iniziò a dire in modo confuso lei. I suoi occhi parvero risvegliarsi, le mani iniziarono a tremarle così come il suo labbro inferiore. La sua voce si alzava ed abbassava di botto. Si prese la testa fra la mani, balbettando frasi sconnesse e stringendo le dita affusolate tra i capelli.

Poi, come tutto era iniziato, tutto terminò. E da quelle labbra sottili e delicate non uscì più nemmeno un semplice suono.

Leonard Testarossa, rimasto in disparte ad osservare la scena, non aveva espressione.

Guardò sua sorella nello stesso modo protettivo con cui l’aveva guardata da piccolo. Sfiorò appena i suoi capelli con la mano, e le lasciò cadere sulle gambe una vecchia foto.

“Ho ricomprato il terreno in cui fu distrutta la nostra casa… la sto facendo ricostruire!” le disse semplicemente.

Lei spostò lo sguardo sull’immagine.

Per un attimo gli sembrò di vederla persino sorridere, ma si sbagliava.

“Quando sarà finita… potrai tornare a viverci!” concluse. Poi si voltò, lanciando prima un’ultima occhiata al corpo fragile della sua gemella, seduta su quella sedia nera. Non seppe mai della lacrima che le rigò il viso pochi secondi dopo che se ne fu andato.

 

“Le ha detto qualcosa?” il Dottor Tokiya gli venne subito incontro curioso.

“Nulla!” rispose pacato.

“Le ha parlato?” continuò l’altro.

“Frasi insensate!”.

“Le ha chiesto però cosa fosse successo?”

“Non mi ha risposto! Sappia comunque che fra qualche mese non dovrà più occuparsi di lei, mi prenderò io cura di mia sorella!” disse schietto, continuando a camminare lungo quel corridoio fin troppo luminoso per lui.

 

“… Prova a tradurre ti ho detto! È necessario che tu sappia la traduzione di quella frase!” una voce profonda e burbera rimproverava un semplice studente che cercava inutilmente di tradurre una frase in cinese antico.

“Professore? Un uomo chiede di poter parlare con lei di una cosa urgente!” una giovane donna entrò bussando nell’aula. Il professore sbuffò rumorosamente, per poi posare il libro e seguirla fuori senza una parola. Fu accompagnato in un’aula vuota dall’altra parte dell’edificio.

“Il signor Akuma immagino!” una voce distaccata lo sorprese, spaventandolo.

Un ragazzo giovane uscì dall’ombra. Indossava un lungo mantello nero che lasciava intravedere il fisico slanciato. Aveva capelli molto chiari, occhi inespressivi e un sorriso innocente.

“Esatto giovanotto!” esclamò quello scontroso.

“Mi chiamo Leonard Testarossa… le dice niente?”

Quello parve pensarci un poco su, poi rivolse al ragazzo un’occhiata dubbiosa e infine scoppiò a ridere.

“Il fratello di quella pazza certo… vi somigliate molto!” disse divertito.

Leonard inspirò a fondo, irritato. Poi, un attimo dopo, aveva di nuovo ripreso il controllo di sé.

“Mia sorella è ricoverata in un comune centro di recupero per malati mentali!” iniziò “Forse dovrei ringraziarla... non so come, ma ha completamente annullato la sua volontà, lasciando tuttavia inalterate le sue conoscenze! Questo mi renderà più semplice farla cooperare con me, cosa che tempo fa non avrebbe mai fatto!”.

L’altro sorrise forzatamente cercando di sembrare partecipe a quel discorso.

“Non sono sciocco… credo che lei abbia fatto molto di più che insultare Teletha, per renderla com’è ora…”

“Anche tu sei uno di quegli anormali?” sussurrò l’uomo interrompendolo e fissandolo con disprezzo.

“Posso aiutarti... sarà completamente indolore ragazzo!” il professore tornò a ridere, questa volta in modo quasi sadico.

“Aiutarmi?” lo sguardo che Leonard gli rivolse era di stupore misto a scherno.

“Credo che lei non potrà più aiutare nessuno, signore!” sussurrò. Con lentezza alzò il braccio destro da sotto il mantello ed al suo fianco apparve un individuo completamente nascosto sotto un pesante cappotto.

“Non lo prenda come un fatto personale, non ce l’ho direttamene con lei… solo non mi piace che abbia agito contro un membro della mia famiglia!” Il ragazzo sorrise bonariamente, seppur per un attimo, inconsciamente, l’idea di pronunciare il termine “famiglia” l’avesse schifato.

Una voce meccanica e monocorde disse: “Eseguo?”e Leonard fece un leggero sorriso prima di confermare.

Akuma non riuscì nemmeno a chiamare aiuto o semplicemente a rendersi conto di quello che succedeva. Fu afferrato per la gola, in modo brutale. Gli occhi gli si inumidirono quasi subito uscendogli dalle orbite. Aprì la bocca cercando di boccheggiare senza risultato. Mosse le braccia e le gambe cercando di colpire quell’essere. Nella foga però riuscì solo a fargli scivolare il cappuccio e scoprire così che non si trattava affatto di un uomo.

“E’ molto fortunato che io non abbia tempo da perdere.. la sua morte sarà veloce, signore!” sentì in lontananza l’eco della voce di quel ragazzo dai lineamenti tanto innocenti e poi.. il silenzio.

L’Alastor lasciò ricadere al suolo il corpo esanime e poi si ritirò in stand-by dietro alla schiena del suo padrone.

Il ragazzo rimase alcuni secondi a fissare l’uomo a terra, con irritazione.

“Che visione orribile” mormorò “Programma E4, distruggi completamente il corpo!” ordinò di nuovo al suo AS in miniatura. Quello subito obbedì e in pochi secondi l’unica cosa che restava del professor Akuma era il suo sangue sulle pareti.

 

* Toy box è il nome con cui viene chiamato il TDD fuori dalla mithril, da chi non lo conosce e lo considera il sottomarino fantasma.

**Chiaro riferimento al TDD, definito spesso il Giocattolino di Tessa.

*** Le isole Paelio sono quelle in cui si svolse l’ultima battaglia contro il Venom di Gauron prima che quest’ultimo salisse sul TDD e riuscisse a prenderne il controllo. Si tratta dei fatti avvenuti all fine della prima serie.

 

 

 

 

 

 

 

Note:

Dunque, prima di tutto volevo ringraziare chi ha commentato l’altra mia storia, ossia: Ammy ed Elos, per i loro commenti gentilissimi e perché sono felice che la mia piccola storia sia piaciuta, sperando che leggendola possiate trovare bella anche questa!!!

Un altro grazie alla giudicessa del contest: Contest Miss Scrittrice 2009/2010 SECONDA FASE, per il quinto posso assegnatomi. Riporto qui il giudizio:

 


Quinta Posizione:

Lessico e Stile: 9
Stile fluido e piacevole. La storia è andata liscia come l’olio. Ho adorato la leggerezza con cui hai descritto le varie scene. Soprattutto la prima parte è stata molto delicata, come una sorta di aura leggera che circonda la scena e la rende lenta, ma affascinante.

Ortografia: 9
Qualche imprecisione di battitura o di virgole che comunque non intacca la bellezza della storia.

Originalità: 8,5
Storia carina, con una vena di originalità che probabilmente è data dalla conoscenza del fandom non del tutto approfondita, ma è riuscita comunque a incantarmi.

Personaggi: 8,5
Ho trovato i personaggi IC. Teletha mi è piaciuta particolarmente, hai riportato il suo candore al meglio, la delicatezza che ho sempre visto in lei in questa storia è emersa e mi ha sinceramente affascinata. Hai gestito i personaggi con maestria ed in poco spazio sei riuscita a farmeli rivivere.

Rispetto parametri: 7
Non ho percepito particolarmente la presenza della violenza psicologica di cui parlavi nell’introduzione. Forse l’aspetto non è stato particolarmente marcato. Non che non ci sia, ma si poteva sottolineare e far giungere al lettore con maggiore impatto. Così la storia sarebbe stata assolutamente perfetta, ma, aimè, sono costretta a toglierti un paio di punticini, ma non preoccuparti, nulla di grave. Resta comunque una piacevolissima lettura.

Totale: 42/50
Punti: 21 + 1

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Full Metal Panic / Vai alla pagina dell'autore: Meli_mao