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Autore: yesterday    31/03/2010    18 recensioni
« Mi dispiace tanto, ma la foto è uscita..mossa, se così si dice. Mi sa proprio che dovremo rifarla » ammiccò palesemente.
Fanfiction partecipante al 2010: a year together, indetta dal Fanfiction Contest ~ { Collection of Starlight }
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quadro: « Mi dispiace tanto, ma la foto è uscita..mossa, se così si dice. Mi sa proprio che dovremo rifarla » ammiccò palesemente.

Rating: Avrei optato per il verde, ma per una maggior vicinanza cromatica ai miei gusti personali ho deciso per il giallo xD no dai, c'è un qualche "Bastardo" ripetuto qua e là, e mettiamo ste mani avanti che non fa mai male..

Personaggi: Kagome ed Inuyasha. Ed il macchicoso, ma purtroppo non potevo inserircelo.

Genere: Romantico, Commedia (?)

Contesto: Con il potere conferitomi dall' Alternative Universe (mado' quanto figo fanno ste frasi ad effetto?) ho osato cambiare leggermente le leggi della fisica -er, il finale del manga (e dell'anime), nel senso che Naraku si è eclissato, ma Kagome non è stata catapultata dentro alla sfera e tutto quel che ne segue. La sfera con la sua freccia si è distrutta, come accadeva nel primo episodio, e la nostra aaamata eroina è ancora nell'epoca Sengoku. Ma - e c'è un ma - deve decidere da che parte del pozzo stare, definitivamente. E InuYasha ha un nodo in gola che..mmh.
Finale per questo verso a libera interpretazione, non mi sono persa a descrivere cosa deciderà di fare, ognuno di voi dopo la lettura (e spero che a leggerete in tanti **) ne dedurrà ciò che preferisce. Olè.

Disclaimer: I personaggi descritti in questa one-shot non sono di mia proprietà - argh, purtroppo - bensì appartengono a Rumiko Takahashi (inchino) e fanno parte del manga "InuYasha" (ma no, non s'era capito. Ogni tanto faccio delle precisazioni pressochè inutili, credo.). Tra l'altro non guadagno nulla a ricamarci le mie divagazioni mentali sopra, in termini di denaro. Nemmeno il più piccolo centesimo. Coff coff. Tanto che devo chiedere la carità. Umh no, l'ultima frase non è vera.

Note dell'autrice: BAH, che dire. E' la prima fanfiction che pubblico su questo fandom, e in realtà sono profondamente terrorizzata, poiché a- InuYasha per me è sacro, e nella mia testa l'idea di sfiorarlo con le mie mani urla: OLTRAGGIO, non ne sei degna! e b- come se non bastasse, mi sono follemente buttata dentro a questo Contest - che tra l'altro ho sempre guardato dal basso con gli occhietti luccicanti, quindi figurarci come mi sento ora a starci in mezzo. Traduzione per chi si è perso (anche io, don't worry!) : ho una fifa nera. Si dice nera? Beh, avete capito.
La verità: questa mezza idea girava, girava e girava nella mia testa da un po', ma non ho mai avuto tempo di mettermici seriamente a rimuginare sopra. E' che ultimamente sono fissata con quest'opera (opera, opera, sì *-*) e, diciamocelo, ieri sera ho guardato l'ultima puntata del Final Act con i sottotitoli inglesi quindi, per quanto già la conoscessi avendo letto il manga, proprio non ho retto. E vai con le lacrime, yee! Che sentimentale -.-
Dopodichè ho dato un'occhiata all'annuncio dell' A Year Together, visto i prompt e... il 204, il 204!
Insomma sono lieta di informarvi che stanotte non ho dormito - non interessa a nessuno, ma va bè.
E direi che è anche ora di lasciarvi leggere, dio mi sento così logorroica a volte che.. la pianto, sì, la pianto.
Buona lettura.

Un bacio,
ye' :)

 

Fanfiction partecipante al 2010: a year together, indetto dal « Collection of starlight », said Mr Fanfiction Contest, « since 01.06.08 »

Prompt 204: « Fai cheese! »


Macchicoso.

 

 

« Và e diglielo » Miroku l'aveva congedato così.

E lui si era incamminato, deciso, verso la riva del fiume, luogo che avevano scelto quella notte per dormire.
Il paesaggio beh, era bellissimo, di quelli che tutti direbbero "romantico", anche se lui non conosceva affatto il significato reale di quella parola.
Il cielo era spoglio delle nuvole invernali, s'intravedevano infatti alcune costellazioni che - gli pareva proprio - Kaede gli aveva indicato tempo addietro.
E gli alberi.. - non trovava paragoni adatti - erano come devono per forza essere gli alberi a fine marzo.
Se lo ripetè per la quarta volta di fila: la stoffa del poeta proprio gli mancava.
La vide lì, seduta ai piedi dell'albero - che era come devono essere gli alberi a fine marzo - che fissava il cielo - e quindi anche le costellazioni, quelle che la vecchia ripeteva come mantra - qualcosa nelle mani, e il fuoco acceso e scoppiettante poco più in là.
Ed ebbe un impressionante impulso di abbracciarla, forte, perché al vederla era così tanto fragile ed infreddolita, ma preferì stringere i pugni e fingere.
« Mi chiedevo dove foste spariti tutti quanti » lo accolse, sorridente come solo lei sapeva essere.
Osservò, quasi scordandosi di rispondere, l'arnese che teneva in mano.
Era una scatola rettangolare e scura, con una fessura in basso, simile ad una ghignante bocca, e uno strano occhio quadrato al centro.
Istintivamente la odiò, diavolo, era rimasta lì da sola con Kagome fino a quel momento!
« Che cos'è? » gliela strappò bruscamente di mano rigirandosela tra le dita, con il chiaro intento di lanciarla per terra. Kagome rimase seduta dov'era, non si sbracciò affatto per riprenderla, anzi si bloccò nella sua convinzione di tenere quell'ipotetico coltello dalla parte del manico. Come spesso era realmente.
Bene, pensò Inuyasha soddisfatto, vedi che non sei importante per lei, stupida scatola? Neanche tenta di riprenderti.
« Rompila ed io ti rompo la testa » commentò Kagome, perfettamente tranquilla.
La minaccia in sé, molto poco velata, non era poi così preoccupante. Ma lei badò bene ad allungare la destra fino a sfiorargli una perla violacea del rosario che era costretto a portare al collo e in quel momento , che la minaccia divenne orribilmente crudele.
Soffocò un brivido sulla schiena, certamente dovuto all'aria ancora fresca di un marzo che se ne stava andando via.
« Comunque è una macchina fotografica istantanea »
Rimase interdetto a fissarla per un lungo istante, smettendo di giocare con la macchi.. Non aveva ben compreso.
Forse l'ultima parte della frase l'aveva detta in uno di quegli strani dialetti del sud, di quelli strascicati che non aveva mai capito fino in fondo. Possibile.
O forse, pensò dopo aver annusato lo strano odore di quella scatola, era una delle sue diavolerie moderne.
Probabile.

« E' una di quelle stranezze inutili che ti porti dietro dal pozzo? » la provocò, benché sapesse che ciò che lei portava dal futuro non era mai inutile, fossero cibi o quegli strani medicamenti. Forse lo erano quei tomi immensi su cui passava giornate intere, a volte, tomi che lei aveva definito libri. Ma quella era tutta un'altra storia.

« Non è inutile! » sbottò immediatamente Kagome, e lui si beò della sua adorabile espressione contrita, tanto che il nervosismo che l'aveva accompagnato fino a quella riva sembrò sparire.
« Sentiamo, a cosa servirebbe? Illuminami » la schernì, perfettamente consapevole che la sua arroganza, alle volte, la mandava proprio in bestia. E in quei casi, quando lei andava in bestia e sbuffava, lui si divertiva sempre come un poppante.
« Serve per scattare delle foto » spiegò la ragazza, stringendosi nelle spalle senza dare peso alla scoccata del mezzodemone che - accidenti - moriva dalla voglia di vederla imbronciata.
« Delle che? »
« Foto, Inuyasha » si raccolse in una piccola pausa a mo' di maestrina, o forse di attrice consumata « le foto sono..immagini. Però realistiche. Diciamo.. » a quel punto guardò il cielo, come se lì la risposta che cercava fosse scritta a caratteri cubitali « diciamo che quando scatti una foto fermi un secondo del presente per sempre »
Okay, aveva quasi afferrato il concetto. Si grattò un orecchio canino.
C'era solo quel dettaglio del per sempre che non era molto chiaro; Kagome prima o poi l'avrebbe dovuto proprio ammettere: non si sapeva spiegare bene.
Ma in effetti, anche lui non capiva bene.
Cancellò immediatamente l'ultimo pensiero, troppo spinoso per i suoi gusti.
La sua espressione doveva essere particolarmente confusa, anche se non aveva badato ai muscoli facciali nell'ultima manciata di secondi, perché Kagome si affrettò ad aggiungere: « Voglio dire, blocca un momento preciso. E poi puoi riguardarlo quando vuoi, anche anni dopo »
Ecco..ora era tutto un gran casino.
Abbassò lo sguardo verso l'arnese. Allora quelli erano una bocca ed un occhio.. Sul serio.
Per essere in grado di fermare il tempo, doveva per forza essere un demone. E lui, ci giurò, l'avrebbe sconfitto.
Sopratutto perché quel coso fino a pochi istanti prima era stato sfiorato dalle mani di Kagome, e non era nessuno, quel coso, per permettersi tanta confidenza con lei. L'avrebbe affrontato, e l'avrebbe ucciso. Bastardo.
Lo girò, in modo che non potesse vedere altro che il terreno verdastro.
« Kagome, questo cos'è? » indicò con un artiglio un altro coso colorato, pieno di forme che non conosceva.
« Inuyasha, quello è un adesivo » ancora tono da maestrina.
La guardò. Adeche?
« Oh »
« L'ho attaccato io. immagino tu non riesca a leggere cosa c'è scritto.. »
Perché, quelle forme erano parole?
Scosse la testa.
« Fai cheese! » mimò due virgolette lei.
Dopo il primo iniziale stupore, le rifilò un « E cosa diamine vuol dire? » ...certo gli scocciava chiederglielo, ma se fosse stata una parola importante?
« Significa.. Beh, ecco, "dì cheese" »
« Oh grazie, ora ho proprio capito » fu il suo turno di stringersi nelle spalle, sarcastico, reggendo l'affare che fermava i momenti - e che odiava, non dimentichiamolo - nella mano destra.
« Guardami bene » ed era del tutto inutile, perché lui la guardava sempre, soprattutto quando lei non se ne accorgeva « ..cheese. Vedi, no? Di solito scattando una foto si deve dire cheese perché pronunciando quella parola si piega la bocca in un sorriso. Letteralmente cheese significa anche "formaggio", ma qui non centra assolutamente nulla. » e sorrise anche dopo quella breve filippica, senza bisogno di dire ci, o cosa diavolo era.
Riuscì a captare solo la prima metà del discorso. Che l'adequalcosa fosse stato un altro demone, che disarmava gli avversari facendoli ridere?
Strano però, Kagome non sembrava minimamente fare caso a quel pericolo. Probabilmente era un demone molto debole, che la sua forza spirituale riusciva da sola a placare. Sì, doveva per forza essere così.
« Ripetilo » tornò alla realtà avvicinandosi con la schiena verso di lei, in preda alla più genuina curiosità.
« Cheese » dovette ammetterlo, era vero: quando diceva cheese, Kagome rideva.
Al vederla sorridente provò quella leggera ansia, che il breve battibecco aveva momentaneamente smorzato, e capì che doveva di sicuro moltiplicarsi col passare del tempo. Non era possibile sentirsi sempre più sull'orlo del burrone. Prima o poi sarebbe dovuto cadere, che fosse da una parte o dall'altra, no?
Era una sensazione particolare da descrivere, in parte simile all'adrenalina che scorreva prima di scontrarsi con un nemico; la risposta a quel genere di ansia era semplice, istintiva. Impugnare Tessaiga e permettersi un ghigno strafottente sul viso. Ma a questo genere di battaglia non era assolutamente preparato, ed ecco che il volto gli si dipingeva di rosso, e lui lo detestava.
E lei di risposta sorrideva dolcemente, sempre.
Sorrise anche in quel momento, del tutto ignara dell'inferno che quel semplice gesto scatenava nel corpo intero del mezzodemone.
Si sentiva impacciato, imbarazzato e stupido. Non era abituato, a quel genere di sensazioni.
C'era stato un tempo, molti anni prima, in cui stare accanto ad una donna era stato tremendamente più facile, quasi istintivo. Come una battaglia, o qualcosa di simile.
Non si era mai sentito impacciato, imbarazzato e stupido.
Con Kikyo, era stato semplice, tutto al momento giusto, senza troppi giri di parole, pensieri scomodi o paure irrazionali.
Forse perché quando due persone si sentono tanto simili una all'altra..
Adesso era tutto diverso, era abissale la diversità tra lui e Kagome. Era così strano, aveva paura di sbagliare, e quell'insicurezza a cui di solito era tanto estraneo - non poi tanto, ma lui era convinto di essere tutto fuorchè una creatura insicura -  non faceva altro che amplificare ogni cosa e rendere ogni minimo dettaglio più difficile.
Era stravolto, ecco. Sì.
Si sorprese a pensare, per l'ennesima volta, a come due persone - Kikyo e Kagome - tanto simili all'apparenza, fossero in realtà così enormemente dissimili.
L'una morta, l'altra viva, per iniziare. L'una taciturna, l'altra allegra.
L'una il passato.
Deglutì. L'altra il..presente.
Incrociò gambe e braccia, abbracciando quasi il fodero e Tessaiga davanti al petto. Si concentrò sul fuoco.
« Dovevi dirmi qualcosa, per caso? » disse lei, sfiorandogli le mani per riprendersi il macchicoso che fermava i momenti.
La fissò di sottecchi. Aveva la fronte corrugata sopra agli occhi cioccolato e torturava il labbro inferiore, più per vizio che per preoccupazione.
« Andiamo, Inuyasha! » lo richiamò, evidentemente il suo silenzio doveva esserle suonato come un "sì, ti devo parlare".
Svuotò i polmoni. Meglio cominciare a prenderla alla lontana.
« Adesso..adesso Naraku è morto, e.. » e non sapeva come continuare.
Lei sorrise. Sapeva già. Lei sapeva, sapeva meglio. (*)
Si decise a riprendere fiato, e pregò che le tenebre nascondessero il rossore che, perennemente quella sera, gli stava colorando le guance.
« ..e? » incalzò la ragazza.
Dannata, pensò, sai già cosa voglio dirti.
Ma Miroku era dell'opinione che certe cose, anche se risapute, dovessero essere dette a voce alta. Una volta per tutte. Una cosa da uomini, diceva.
Sì grattò nervosamente un avambraccio.
« Tu..ora che è tutto finito, cosa..cos'hai intenzione di fare? » concluse infine, impiegando una quantità immane di coraggio e buona volontà. Il suo istinto gli suggeriva di scappare a gambe levate da una conversazione scomoda come quella - oltretutto, Kagome l'aveva quel dannato vizio, di conversare, quindi arrivare alla soluzione sarebbe stato almeno tredici volte più complicato.
Una proposta allettante, certo, ma si costrinse nella sua posizione, era una questione d'onore. Da uomini, giusto?
Lei non sembrò spiazzata dalla domanda. Come sempre. In realtà Inuyasha aveva la netta impressione che Kagome avesse imparato a leggergli i pensieri. Che li sapesse prima che lui riuscisse a trasformarli in parole, frasi di senso compiuto. Il più delle volte, quando non erano lamentele, ringhi o offese.
La osservò mentre riordinava le idee.
« Intendi da che parte del pozzo voglio stare? Mmmh.. » e si esibì nella parte della giovane assorta ed indecisa, con l'indice sotto al mento e lo sguardo fisso alle costellazioni della vecchia.
« Dannata! » sbottò, e al diavolo Miroku e quei suoi incomprensibili discorsi sulla delicatezza e le parole dolci « ti stai divertendo alle mie spalle! »
Le riservò una delle sue peggiori espressioni, un misto tra l'arrabbiato ed il disgustato.
Lei rise. E la sua risata era qualcosa di cui lui sapeva non sarebbe mai riuscito a fare a meno. Ne era sicuro. Qualora avesse scelto il suo mondo, quello in cui era nata, non si sarebbe opposto. Ma nulla gli avrebbe impedito di scappare da lei, di nascosto, ad assicurarsi che stesse bene, fosse al sicuro, felice.. E a sperare di vederla ridere, senza essere visto ( si sarebbe imposto di non interferire, e per il bene di lei ci sarebbe anche riuscito ), ancora una volta.
Era forse una foto anche quella?
« Tu cosa preferiresti ti rispondessi? » risolse Kagome, dopo che la risata argentina si perse nei dintorni.
Inuyasha abbassò lo sguardo, ingoiando più orgoglio ed egoismo di quanto si fosse preparato durante il tragitto per arrivare alla riva di quel fiume.
« Non è a me che spetta questa decisione » quanto gli costavano, quelle parole. Avrebbe voluto supplicarla di rimanere. Avrebbe voluto anche dirle quelle cose sdolcinate di cui non aveva mai fatto parola con nessuno, di quelle che gli restavano attaccate in gola perché feh, lui non era un sentimentale. Il più delle volte.
« Inuyasha, sei cambiato tanto » divagò, sul viso una chiara ombra vagamente compiaciuta.
Lesse il complimento, lo assimilò, e le sue guance - impossibile! - diventarono ancor più rosse. Due braci nel buio.
Le orecchie sul capo si muovevano nervosamente, e non riusciva più a controllarle.
Si concentrò sulla terra ruvida e sull'erba rada sotto ai suoi piedi, cercando di riprendere le redini di quel pungente discorso che Kagome e il suo maledettissimo vizio di conversare gli facevano irrimediabilmente perdere. Ogni volta. « Non stavamo parlando di me »
« Hai ragione. Scusami » un altro sorriso, ormai lo sapeva anche senza dover tenere gli occhi fissi sulla sua bocca rossa che, diamine, aiutava incredibilmente a fargli perdere il filo delle parole. Sentiva la sua voce piegarsi, e sapeva per sicuro che in quella piega nasceva un sorriso. Ormai l'aveva imparato, e non se ne perdeva uno.
Riuscì a scorgere anche quello, con la coda dell'occhio. E ne fu segretamente soddisfatto.
« In realtà io..non lo so » e quella frase gli sembrava pesare come un macigno, di quelli che nemmeno Tessaiga annientava.
Continuò a fissare il terreno, incapace di formulare un qualsiasi tipo di risposta. Non per il momento, almeno.
E sentì dei passi morbidi avvicinarsi pericolosamente.
« Che ho detto di sbagliato? » la sua voce era tremendamente vicina e preoccupata, alzò il viso e trovò quello di lei ad una sola spanna di distanza. Decisamente troppo oltre il limite che gli consentiva di restare lucido e calmo.
« N-niente » voltò il viso a destra.
Quel "non lo so" significava che era combattuta, dedusse inquieto. E se fosse andata via.. Non gli restava altro che assaporarsi ogni piccolo istante che rimaneva, e cosa non meno importante, dirle tutto. Perché lasciarla andare via senza sciogliere quel nodo che si sentiva in gola era, beh, ben oltre le sue possibilità di sopportazione. Che - ma non centrava nulla - erano impareggiabilmente basse.
Inspirò. « Cioè. perché..non sai? Voglio dire, è semplice. O qui o nel futuro »
O bianco o nero, o giusto o sbagliato, com'era stata la sua intera vita.
« Perché ci sono cose del futuro a cui non vorrei rinunciare, ma ci sono anche cose di questo tempo di cui non vorrei fare a meno » spiegò brevemente lei, e lui ovviamente non comprese in senso pieno di quel "cose".
« Cosa intendi con la parola "cose"? » che giocoliere, che giri di parole. Si sentì un perfetto idiota.
La sua reazione, un istante dopo, gli fece intuire di aver sbagliato domanda, di aver posto esattamente quella che lei desiderava non sentirsi porre. Ma segretamente, era tutto "segretamente", si gustò la visione di quelle guance leggermente imporporate.
« A-ad esempio, la mia famiglia. Nel futuro. »
« E qui? » incalzò di slancio, benchè l'istinto urlasse attento, siamo vicini alla via del non ritorno.
La sua indole egoista ed insicura - ma no, lui non era affatto insicuro - stava guidando quella conversazione, che in sé doveva essere un dichiarare, finalmente, ciò che sentiva, verso una pura e scarna - e alquanto brutale - richiesta di dichiarazioni.
Le guance di Kagome presero fuoco. E lui l'adorò.
« Beh, tu, Miroku, Sango, Shippo, Kaede.. »
Sbuffò impercettibilmente, la nomina di gruppo non gli andava, nonostante un gradito primo posto...così non gli serviva!
« Ma devi scegliere » parve quasi inveire con violenza, benchè volesse aggiungerci un "purtroppo" finale.
Desiderava in cuor suo che lei non fosse costretta a perdere nessuna delle due parti. Che potesse restare con la sua famiglia, ma anche coi suoi amici.
Amici.
Che sciocchezza era mai questa? Ovviamente con Sango e gli altri aveva instaurato un rapporto che di certo era amicizia. Ma loro, loro.. Loro non erano mai stati amici. All'inizio s'erano disprezzati, poi erano diventati conoscenti e compagni di viaggio. E poi..non riuscì a concludere il pensiero.
Divagò. Ma in fondo che importava cos'erano di preciso in quel momento, non erano mai stati amici, fine del discorso.
A sostegno dell'idea, si disse che gli amici non si facevano del male, gliel'aveva insegnato proprio Kagome. E invece lui l'aveva fatta soffrire in mille modi diversi, ogni volta che l'aveva maltrattata, ferita, offesa, e in tutti gli episodi in cui le aveva preferito Kikyo.
Sì pentì, sincero e bruciante, di tutti quei momenti. Dal profondo.
Masticò indietro tutto il coraggio con forza, perché lui era un idiota bastardo e l'aveva fatta davvero stare troppo male, e non meritava niente di niente.
« Lo so » rispose Kagome, e parve rabbuiarsi dicendolo, e lui non lo voleva.
Fissò di nuovo per terra, e intercettò il macchicoso, che era stato adagiato poco più in là.
Provò soddisfazione - una segreta soddisfazione, cos'altro? - nel vedere che era stato abbandonato sul terreno umido, mentre lui era al centro delle attenzioni della ragazza. Più o meno.
Nascose un ghigno, era incredibile come quella sera imbarazzo e divertimento si alternassero nel suo cervello.
Continuò a guardare il demone sull'erba.
« Kagome, facciamo una foto?
» chiese a mezza voce, quasi senza rendersene conto, dubbio sul fatto che si dicesse proprio foto o qualcosa d'altro, che non ricordava per niente.
Da un lato sentiva la necessità di trovare un diversivo, proprio non sapeva da che parte cominciare quel discorso tanto spinoso, dall'altra era sinceramente curioso di sapere come quel rettangolo demoniaco sarebbe riuscito a fermare il presente.
« O-ok » balbettò sorpresa, afferrando la cosa e preparandosi a premerla in un punto, sicuramente per risvegliare il demone - o almeno questo Inuyasha credeva.
Gli si avvicinò di nuovo, imbarazzata, sedendosi tanto vicina da sfiorargli il ginocchio sinistro.
Inuyasha si sentì il cervello andare in panne, e cercò con tutte le sue forze di recuperare la lucidità che la vicinanza di quella sciocca gli faceva dimenticare di avere - nei più svariati modi, peraltro.
« Devo dire quella cosa? » parlò come un ladro sorpreso con le mani nella farina, secco, a scatti.
Kagome si voltò, interdetta. « Quale cosa? »
« Cis, o quello che è. Me l'avevi detto tu » l'accusò tra le righe, e lei nascose un sorriso.
Che peccato, quello se l'era perso.
« Se vuoi, ma non è necessario »
Quindi di sicuro non l'avrebbe detto, e al diavolo.
Questa faccenda della foto gli stava facendo guadagnare tempo, era vero, ma non ci stava capendo un granché.
Kagome pose il braccio sinistro di fronte a loro, e il macchicoso li guardò serio.
Poi lo prese a braccetto - Kagome, non il macchicoso - e lui si sentì le guance andare a fuoco centimetro dopo centimetro, perché dannazione, i capelli di lei gli sfioravano il viso e non aveva ancora idea di come cominciare a dirle quella cosa.
« Guarda la macchinetta, e cerca di non chiudere gli occhi » lo ammonì.
Obbedì all'istante, ma poi, perché avrebbe dovuto chiudere gli occhi?
« Cheese » sussurrò Kagome, lui sorrise immaginando che dicendolo lei stava di sicuro ridendo, e l'occhio si aprì.
Un attimo dopo era di nuovo chiuso, in letargo. Ma Inuyasha conservava bene impressa nella memoria quella luce accecante, e comprese che il macchicoso altro non era che un oggetto, che custodiva al suo interno un demone molto potente. Strano però che non riuscisse a sentirne la puzza.
« Dov'è questa foto? » si voltò verso di lei, che prontamente aveva sfilato il braccio dal suo e ora guardava l'aggeggio con fare esperto.
« Un attimo Inuyasha, un po' di pazienza »
Al diavolo anche la pazienza, commentò silenziosamente, ma preferì non dirlo ad alta voce o di certo un osuwari Kagome non gliel'avrebbe risparmiato.
E fu sinceramente tentato di sfoderare Tessaiga quando vide che qualcosa stava uscendo dalla bocca dell'oggetto, ma lei gli fece cenno di stare fermo e lui obbedì.
Il macchicoso sputò un quadrato nero dai contorni bianchi, che Kagome prese per un bordo e cominciò a scuotere a mezz'aria.
« E' quello? »
Lei alzò gli occhi al cielo. « Un attimo! »
Sette respiri dopo - e intendiamoci, per lui erano un'eternità - gli porse il quadrato, e lui non credette ai suoi occhi.
Loro erano dentro al quadrato, perfettamente definiti, ma non si trattava di uno specchio - il materiale era diverso, le loro posizioni erano diverse e quelli lì erano immobili, piccolissimi e senza odore - e proprio..non capiva.
Si voltò verso Kagome - quella vera - a chiedere spiegazioni con gli occhi.
« Ecco una foto » scandì per bene la parola, curvando verso l'alto gli angoli della bocca, e obbligando dietro l'orecchio destro una ciocca ribelle di capelli corvini.
Guardò di nuovo la foto, e l'altro lui continuava a sorridere leggermente. Accanto alla sua figura l'altra Kagome, invece, rideva. Ed era bellissima.
Da quel che aveva capito, quell'istante era fermo, di conseguenza Kagome avrebbe continuato a ridere per sempre, no?
Sorrise. Il suo desiderio - poterla vedere sempre felice - si era avverato con uno sforzo minimo.
In quel momento odiò il demone dentro la scatola un pò di meno, e la sua irrazionale gelosia arretrò di qualche millimetro.
« Ne voglio un'altra! » urlò entusiasta come un bambino di fronte ad un giocattolo nuovo, prima che il suo buonsenso gli ricordasse che forse era arrivata l'ora di quel discorsetto, e lei non ebbe il tempo di dire nulla che si trovò appiccicata a lui.
« Faccio io » le strappò l'oggetto di mano con foga, ricordava perfettamente il punto in cui lei aveva sfiorato il macchicoso per permettere al demone di rivelarsi.
Lo posizionò di fronte a loro ed inspirò.
« Cheese » dissero in coro, e l'occhio si aprì ancora.
Dalla fretta mosse l'affare non appena la luce scomparve, e picchiettò con l'indice sulla gamba sinistra in attesa che la bocca sputasse la foto.
Accidenti, se era lento.
Finalmente il quadrato lucido venne scagliato fuori, e lui lo prese tra il pollice e l'indice, muovendolo come aveva visto fare poco prima da Kagome.
Attese qualche istante e..delusione.
Gli altri loro erano lì di fronte, ma il profilo del sorriso di lei non era definito come nella realtà o nella prima foto, tantomeno la linea dritta del fodero di Tessaiga, e nemmeno le sue pupille feline si vedevano bene.
« Cos'è successo? » si voltò verso la ragazza, la foto nelle mani e una nota amara nella voce.
Kagome esaminò il quadrato da vicino.
« E' uscita mossa, che peccato » ammise con una punta di tristezza.
« Kagome, ma come fa ad essere mossa se lì siamo immobili? »
« E' mossa significa che, quando hai premuto il pulsante, devi aver spostato un pò il braccio. Succede » si affrettò ad aggiungere alla fine, prima che il cervello di Inuyasha potesse leggere la frase come un rimprovero.
« Oh »
« Meglio se le scatto io, okay? » e gli prese il macchicoso dalle mani.
Fu proprio in quell'istante, quando la pelle di lei sfiorò la sua, che Inuyasha ebbe un'idea.
Lui voleva sinceramente parlarle, ma aveva come la netta impressione che avrebbe soltanto fatto una figuraccia, e magari non gli sarebbero nemmeno uscite le parole. Quindi, perché non..farglielo capire? Sarebbe stato senz'altro più semplice, e onestamente meno imbarazzante.
In più, quel demone rinchiuso era in grado di fermare il presente in un quadrato, e quella senz'altro sarebbe stata un'immagine che, con tutte le sue forze, avrebbe voluto fermare per sempre.
Ormai aveva deciso.
La procedura era sempre la stessa, Kagome posizionò l'oggetto di fronte a loro, pronta a, come diceva lei, scattare.
Inuyasha, dal canto suo, si rese conto in quel preciso istante di essere davvero un deficiente. Anzi no, non solo un deficiente, bensì un deficiente con le guance paonazze. Il che era un insulto bell'e buono.
L'occhio si aprì, ma nessuno dei due trovò il tempo di dire cheese.
Era riuscito - finalmente - a voltarsi verso Kagome e a rubarle un bacio.
E le labbra di lei, dopo lo stupore iniziale, l'avevano accettato di buon grado, quel bacio.
L'occhio si era già richiuso, ma Inuyasha non aveva la minima intenzione di lasciare la bocca di Kagome, e nemmeno lei sembrava intenzionata a spostarsi.
Con un rumore basso il macchicoso liberò la foto, ma nessuno dei due allungò un braccio per prenderla.
Dopotutto, pensò Inuyasha, quell'istante era già stato bloccato per sempre - l'idea gli piaceva più del lecito - e avrebbe potuto guardarlo quando voleva. Quindi, più tardi.
Le labbra di Kagome erano morbide. Estremamente morbide.
Fece scivolare un braccio sulla base della sua schiena e l'avvicinò di più, mentre lei, di risposta, si ancorò sulle sue spalle e quasi gli sfiorò il collo.
E avvertì l'ennesimo brivido lungo la colonna vertebrale, ma di sicuro era ancora per il freddo.
Anche se, si ritrovò ad ammettere, in quel momento faceva davvero caldo.
Chiese il permesso di approfondire il bacio con un coraggio che non sapeva nemmeno di possedere - e ora, se lo sentiva quasi già bruciare in viso, lei gli avrebbe rifilato un ceffone e, a ben pensarci, anche quarantanove osuwari, e poi se ne sarebbe andata, perché sicuramente sapeva di meritarsi di meglio di un idiota come lui che l'aveva solo fatta soffrire, oh sì - permesso che lei concesse senza opporre la minima resistenza.
Schiuse le labbra, e delle numerose lotte verbali che li avevano visti protagonisti nel passato, per i più svariati e futili argomenti, non rimase altro che la lotta di due lingue che si rincorrevano senza sosta.
E in quel momento Inuyasha smise completamente di pensare: stava baciando Kagome, un gesto che desiderava fare da tempo e tanto bastava; il resto poi.
Si allontanarono soltanto quando il bisogno d'aria divenne prepotente, entrambi rossi in viso ed affannati, e Inuyasha raccolse in quel momento l'immagine quadrata, sottraendosi all'eventualità di incrociare gli occhi di Kagome, perché era follemente imbarazzato e stupido, anche se non l'avrebbe ammesso mai.
Rimase a bocca aperta per lo stupore, quella foto era perfetta, e, ci avrebbe scommesso, la più bella che fosse mai stata scattata. E sarebbe rimasta per sempre.
Quel macchicoso era un genio, un giorno o l'altro doveva proprio dirglielo.
« Voglio vederla anche io! » ritornò con i piedi per terra quando si accorse che Kagome, dopo aver parlato, stava allungando un braccio in direzione dell'immagine, le guance ancora un pò colorate e quelle splendide labbra che si ritrovava del rosso più straordinario.
Istintivamente nascose la foto dietro la schiena, con il risultato che Kagome si sbilanciò tanto da cadergli tra le braccia.
« Perché non posso? » sembrò imbronciarsi.
Ci pensò un attimo.
« Mi dispiace tanto, ma la foto è uscita..mossa, se così si dice. Mi sa proprio che dovremo rifarla » ammiccò palesemente.
Lei rise, prima di ritrovarsi con le labbra molto impegnate - e stavolta il macchicoso era rimasto a terra.

 

 

Note:



(*) Come italiano non è il massimo, "sapere meglio", lo so. Ma amo dal profondo l'espressione inglese "to know better" e, dato che nessun'altra traduzione gli rende giustizia meglio di questa, con le mani legate ho optato per "Lei sapeva meglio" che, in effetti, convince poco o niente.





Grazie d'aver letto :) e un grandissimo grazie a chi ha permesso che questa storia finisse tra le Scelte.

   
 
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