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Autore: Good Girl    31/03/2010    4 recensioni
Rory Gilmore aveva sempre considerato i Paparazzi persone tendenzialmente saccenti e impiccione, sempre pronte a violare la privacy di persone popolari o, più in generale, conosciute. Tuttavia, la violazione della privacy delle star non era un argomento che le stava particolarmente a cuore, considerando che quel problema non la toccava minimamente. Ma come reagirebbe se, ad un certo punto, lei, proprio lei, venisse presa d'assalto da queste persone che critica tanto, diventando uno dei personaggi più paparazzati negli USA? {POST FINALE - Rory/Logan.}
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Logan Huntzberger, Rory Gilmore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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AN: Ciao a tutti! (:

E rieccomi con una nuova fan fiction, benché l'altra - With me - non sia ancora stata terminata. L'ispirazione mi coglie nei momenti più assurdi, è incredibile. Ci sono rimasta talmente male per il finale della serie, che non riesco proprio a rassegnarmi al fatto che sia finito. Che amarezza, ragazzi, pensare a cosa noi Sophies (Fan di Rory & Logan (;) avremmo potuto avere se la nostra cara Amy Sherman Palladino avesse condotto l'ultima stagione e, in modo più specifico, l'ultimo episodio ): Come lei stessa disse in un'intervista, non era quello il finale che si aspettava per la coppia RL. E, che dire, nemmeno io me l'aspettavo :S Ho sempre pensato che RL fossero fatti l'uno per l'altra. Anche Jess mi piaceva, un pochino, ma, dopo averlo visto nella 6x18, ho capito che lui e Rory non avevano più nulla da... "condividere"? Non credo sia il termine adatto, ma per ora non mi viene in mente null'altro. Jess, comunque, era diventato troppo per Rory. Non saprei, io non ce li vedo proprio più insieme. Sarà perchè sono una Sophie fino al midollo? Probabile.

Comunque, questa fan fiction è ambientata 8 mesi dopo la laurea di Rory e lei è ancora impegnata con il tuor per la campagna del candidato democratico degli USA, Obama. Il capitolo è per lo più introduttivo, serve per inquadrare un po' la scena. In caso di errori (grammaticali e non) o sviste, provvederò ad annotarli nel prossimo capitolo che, attualmente, non so quando posterò (:

Non so bene dove questa mia idea mi porterà, ma ho decido di lasciarmi trasportare, per una volta (;

 

Capitolo 1

Smile For The Paparazzi

 

Erano ormai passati 8 mesi dal giorno della mia laurea, dall'ultimo giorno in cui lo vidi, dal giorno in cui ci fu un noi per l'ultima volta. Dopo tutto il tempo passato, in teoria, sarei dovuta riuscire a dimenticarlo o, perlomeno, a non pensarci così frequentemente. Ma non era così. Il pensiero di lui illuminava i miei sogni la notte. Era l'unico oggetto nelle tenebre che risplendeva di luce propria, che rendeva il luogo oscuro e cupo in cui mi trovavo, una semplice notte senza luna, dove lui era l'unica stella. Di giorno, mi ritrovavo spesso a pensare al “What If”; Cosa sarebbe successo se avessi accettato la sua proposta?

Ho sempre biasimato - e, in un certo senso, criticato - quelle ragazze che si piangono addosso per amori perduti o mal corrisposti. Eppure, in quel momento, le capivo benissimo e mi ero resa conto di essere proprio una di loro. In quegli otto mesi trascorsi on the road, per la campagna elettorale di Barack Obama, ebbi modo di riflettere su tutta la mia vita o, ancor più precisamente, sulle relazioni avute nel corso di essa. Quella con Dean, con Tristin (benché non sia mai stata, effettivamente, una vera e propria relazione), con Jess, ancora con Dean e quella con Lui, Logan.

Con Dean, era tutto così facile, se ci ripensavo. Ero giovane (la prima volta) ed è stata piuttosto tranquilla, nonostante gli alti e bassi (Tristin e Jess, certamente, hanno contribuito a questo squilibrio). Quando mi lasciò, soffrii, ma non troppo. Probabilmente per il fatto che mi piaceva Jess. La relazione con Jess, al contrario, è stata piuttosto movimentata. Mi sono divertita con lui, davvero, e mi piaceva molto. Non ero certa di averlo amato, poiché lui non mi diede il tempo per rendermene conto. Quando se ne andò via, senza nemmeno dirmi niente, ci rimasi molto male. Non fece altro che dimostrare l'alta considerazione che aveva di me, quanto davvero ci tenesse, a me. Probabilmente niente, nonostante incontri successivi alla sua partenza mi mostrarono il contrario. Ma Jess aveva sempre avuto un pessimo tempismo.

La seconda volta con Dean, in un certo senso, mi aveva sempre fatto vergognare. Ero arrivata al punto di essere la sua amante, la ragazza con cui tradiva sua moglie. Anche dopo che la lasciò, non era come la prima volta. Presto mi resi conto del fatto che io e Dean eravamo incompatibili. Eravamo cambiati così tanto, negli anni, da non essere più quelli di una volta. Ma fu lui il primo a prendere l'iniziativa e a lasciarmi. E io, alla fine, sentii la cosa come inevitabile. Pochi minuti dopo me l'ero praticamente dimenticato e stavo ridendo mentre Finn interpretava la Passione di Cristo. Ahh, Finn. Quanto mi mancava! Lui come tutti gli altri del gruppo.

Non mi ero mai comportata bene con Dean. L'avevo sempre trascurato per altri ragazzi, che finivano per piacermi più di lui. La prima volta con Jess e la seconda... bé, con Logan. Quando lo conobbi, ero ancora insieme a Dean. Ma presto mi coinvolse nella sua vita; E' sicuramente all'evento della Brigata della Vita e della Morte che mi accorsi quanto fosse interessante e, soprattutto, quanto mi piacesse. Dean non venne mai a conoscenza del salto, nel vero senso della parola, che io e Logan facemmo insieme. Come potevo raccontarglielo? Anche perché, è stato lì che capii che Dean e io, ormai, non potevamo avere futuro. E dopo la rottura con lui, mi vidi “sbavare” letteralmente, scusate la scelta del termine infelice, per Logan. Mi piaceva davvero tanto, nessuno mi è mai piaciuto tanto quanto lui.

Logan. Lui l'avevo amato amato davvero, tanto. E lo amavo ancora. Era per questo, probabilmente, che gli pensavo sempre. Mi faceva sentire felice, viva; mi faceva sentire me stessa. Mi aveva fatta soffrire, per lui ero stata davvero male quando ci siamo lasciati le varie volte. Ma poi, quando pensavo a lui, mi rendevo conto che era proprio lui che volevo e che, anche se avessi voluto, non sarei riuscita a lasciar perdere tutto. Lui era un immaturo, un incosciente, uno che odiava la serietà (o, perlomeno, all'inizio lo era). Ma era anche intelligente, divertente, brillante, gentile e semplicemente perfetto, perfetto per me. E mi amava. Mi amava davvero; mi aveva chiesto di sposarlo.

E io, da stupida, avevo rifiutato e gli avevo permesso di andare via. Non mi pentivo di aver rifiutato la sua proposta, in quel momento era giusto così, non mi sentivo pronta a sposarmi. Ma ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, mi pentivo di averlo lasciato andare via, senza fermarlo. Mi pentivo di non aver preso un aereo per San Francisco, al posto di quello per Iowa. Mi pentivo di non averlo cercato, di non essermi scusata. Ma me ne ero resa conto troppo tardi per farlo.

 

Era una fredda mattina di gennaio, con la neve che cadeva e si posava delicatamente sul suolo. Quella giornata, io e il mio gruppo, formato da 17 persone, avevamo il compito di seguire alcune conferenze che avrebbe tenuto il probabile presidente degli Stati Uniti. Eravamo, infatti, a Washington DC. Mi alzai alle 7 e mezza, notando che la mia compagna di stanza si era già svegliata. Feci una doccia bollente e mi vestii, pronta per andare a fare colazione.

Scesi le scale, diretta nella sala del ristorante dell'albergo. Non appena varcai la soglia dell'ampio salone, vidi i miei compagni che mi fissavano e ridacchiavano fra loro. Decisi di fare finta di niente e mi diressi al tavolo delle bevande e dei cereali. Sentii il loro parlottare in sottofondo e mi chiesi perché mai io fossi il soggetto delle loro discussioni.

A dir la verità, non andavo particolarmente d'accordo con i miei compagni. Loro mi credevano una viziata, snob, ragazza dell'alta società solo perché venivo da una delle migliori università del paese. Le uniche persone con cui andavo d'accordo erano Annabeth e Laura, che anche loro venivano escluse perché provenienti rispettivamente da Princeton e Brown. Insieme ci divertivamo e avevamo moltissime cose in comune. Raccontai spesso loro di Logan e della mia vita in generale, tanto che finii per considerarle due delle mie più care amiche. In modo particolare, avevo legato con Annabeth che, per qualche strano motivo, mi ricordava mia madre.

“Gilmore!”

Mi voltai, sentendo qualcuno che mi chiamava. Era Andrew Davis. Mi aveva chiesto di uscire un paio di volte con lui; Ci uscii una volta, ma quella fu abbastanza e decisi di non farlo mai più. Non era il mio tipo, affatto. E, soprattutto, la ferita aperta da Logan era ancora sanguinante. Lui, tuttavia, non la prese bene. Per niente. Si schierò dalla parte degli “Anti Rory” e diventò un attivo membro di quel gruppo, se non il maggior sostenitore. Non perdeva occasione per denigrarmi e trattarmi male. Non che la cosa mi interessasse.

“Gilmore, sapere che rifiuti anche i ricconi mi fa sentire meglio!”

Scoppiò in una fragorosa risata, seguito da tutto il gruppo. Non capivo di cosa stesse parlando.

Vidi Beth (Annabeth) arrivare lentamente verso di me, con una faccia dispiaciuta.

“Rory” disse con un'espressione mortificata.

“Ehi, Beth, che succede?” chiesi perplessa. Cosa intendeva dire Andrew?

“Rory, devo farti vedere una cosa” disse mostrandomi una rivista che aveva in mano. Curiosa, gliela presi di mano e, quando vidi la foto di copertina, il mio cuore saltò un battito.

C'era Logan, in giacca e cravatta, appoggiato ad una scrivania in legno antico, con una meravigliosa vista di NYC nello sfondo. Sorrideva, ma non era il suo solito sorriso. Non era il sorriso alla Logan, era un sorriso serio, di cortesia, quasi falso, quello che faceva quando aveva qualcosa che non andava e non voleva farlo vedere a nessuno.

Sorrisi nel vedere la sua figura. Lo trovai stanco, con delle leggere occhiaie che gli contornavano gli occhi. Ma era sempre bellissimo. Accarezzai con le dita la foto e fu lì che mi accorsi della foto in piccolo. Eravamo io e Logan, al giorno della sua laurea. Lui aveva ancora il bastone, per via dell'incidente. Ci stavamo baciando, io tenevo il suo viso tra le mie mani e lui stava ridendo. Sentii gli occhi riempirsi di lacrime.

“Gilmore, vai a pagina 21."

Sentii Andrew pronunciare il mio nome e subito mi venne un istinto omicida nei suoi confronti.

“Andrew, se non sono più uscita con te, è perché sei un egocentrico pallone gonfiato che si crede migliore di tutti ma che, alla fine, è soltanto il peggiore. Taci, per una volta, e non mostrare a tutto il mondo la tua ignoranza!”

Sbattei la ciotola dei cereali con veemenza sul bancone, facendone uscire un po'. Tutti quanti all'improvviso tacquero e io corsi nell'atrio con la rivista in mano, seguita da Annabeth.

   
 
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