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Autore: Ashre    01/04/2010    1 recensioni
28 marzo 1939: le truppe nazionaliste prendono Madrid.
Genere: Introspettivo, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Spagna/Antonio Fernandez Carriedo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Ciudad sin sueño
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Spagna, accenni a Romano, Veneziano, Germania, Russia
Pairing: Spagna/Romano neanche troppo implicito
Rating: PG-13
Avvertenze: guerra, linguaggio scurrile
Challenge: Scritta per il CapaChallenge di [info]imanokimochi, prompt 14: Tra ciò che mi succede e ciò che mi succederà la mia identità oscilla come un pendolo.
Disclaimer: I personaggi appartengono a Himaruya Hidekaz e Kitayume
Riassunto: 28 marzo 1939: le truppe nazionaliste prendono Madrid.


No duerme nadie por el cielo. Nadie, nadie.
No duerme nadie.



Arrivano.

Gli spettri e le ombre riconoscono il loro passo.
Il fumo che si leva dei resti della città morente sembra la tenda di un palcoscenico, sul punto di sollevarsi.
E dietro, l’inferno.
Spagna giace su un lettino da campo, tra la polvere e i detriti, una mano agli occhi, all’orizzonte, l’altra sul petto, a sinistra. Le bende che rinchiudono il suo corpo sono lorde di sangue marcio, vecchio.
Nemmeno il sole oggi si affaccia su Madrid. Il cielo è lattiginoso, fermo, e aspetta.
Con fatica Spagna si porta a sedere; ultimamente la siesta ha perso un po’ di sapore. Se si guarda intorno non vede nulla, nulla che non stia immobile, col respiro in gola, in attesa. E non percepiva un tale silenzio da quanto, dieci anni, sembrano mille.


Arriviamo.

Madrid, sola e lontana, la avverte nelle vene, nella ferita suppurata che gli dilania la schiena.
Anche il vento posa, unico rumore il martellare incalzante dei soldati, formiche nella fanghiglia delle strade. La marcia è stata lunga, la fine tarda a sopraggiungere. E allora, incontro a questa fine, ha deciso di correre lui. E poi potrà finalmente tornare al suo orto, e forse anche lui sarà lì, camicia nera e scherno negli occhi.
Ora saremo dalla stessa parte.


Madrid, un buco di cenere al posto del cuore. La nuova semenza del suo orto già appassita e seccata. Ha dimenticato se esistono altre tonalità di rosso, oltre a quella di cui sono dipinti i vicoli.
E’ difficile abituarsi alla quiete, quando la testa romba ancora dei boati degli aerei e delle grida dei morti, che gli rubano la voce.
Anche i morti sanno parlare.


Non manca poi molto.
Spagna ancora sogna l’America, e sente l’odore della paura come un lupo fiuta il coniglio imprudente. Gli dà alla testa, e rischia di inciampare in una gamba abbandonata lungo il ciglio della via.
E’ un po’ come salpare di nuovo per il Nuovo Mondo, questo morire a metà: lì l’oceano, qui le campagne, lì l’oro, qui le città. E’ un po’ come tornare grande, e capisce benissimo per quale motivo Germania e Veneziano abbiano insistito tanto per portarlo dalla loro parte.
“Fa’ quel che cazzo ti pare, coglione,” aveva grugnito lui, “ma poi non venire a piangere da me se ti fanno a fette, mi sono rotto il cazzo di ricucirti quella zucca vuota.”


Quando anche Russia lo aveva abbandonato, per uno dei suoi soliti colpi di testa – era abituato a comandare, non obbedire – ah, quel cane inglese -, era consapevole che si sarebbe trattato soltanto di una questione di tempo; adesso, al calar della sera, conta sulle stelle la distanza che lo separa dalla resa dei conti.
Alla fine, non gli importa nemmeno granché della ragione di tanto patire, tante cicatrici, e Guernica lì, come una fitta acuta, come una falange che gli smembra le viscere. Ha sempre indossato le sue piaghe come un’uniforme, qualcosa di inevitabile, ma necessario. E avevano sempre costituito un’occasione.
Ora, non sa più.


Quando tutto questo sarà passato, e lo sarà presto, laverò via questi anni nel mare, salirò su una nave, una qualsiasi, e andrò a riprenderlo. Sarò di nuovo grande, e forte, e rispettato, e tornerà da me.


Lo aveva aiutato, di nascosto, sempre di nascosto. “Cazzo ti credi, t’ho parato il culo questa volta e basta, non è che ho tutto sto tempo da sprecare appresso a te”, con una camicia rossa e un taglio sulla guancia “Vaffanculo brutto idiota, mi sono pure fatto male per colpa tua!”
Il mondo non è impazzito del tutto, allora. Puoi sempre contare su di lui per trattarti come una merda e farti sentire più di una carcassa di muscoli inceppati. Ancora vivo.
Poco a poco, l’aria si è abbassata, sotto il peso di uno squarcio di luna bianco come la malattia. Sotto la pelle percepisce ansimare la sua gente, un’onda che sibila man mano che si appressa sabbiosa alla riva.
Con un ultimo sforzo si alza e, su gambe insicure, si dirige verso le porte della città. Vede da lontano una figura così simile alla sua da non lasciarlo interdetto. Sa, e ha sempre saputo.


Desidero, desidero, a volte desidero talmente tanto da mozzarmi la lingua e scheggiarmi i denti.


Arrivano.


Non dorme nessuno nel cielo. Nessuno, nessuno.
Non dorme nessuno.





Note:
1. La poesia citata è Ciudad sin sueño, di Federico García Lorca, che io vi consiglio caldamente di leggere (hint: è qui)
2. Madrid, sola e lontana: riferimento ad un'altra poesia di García Lorca, Canzone del Cavaliere.
3. Gli aerei che bombardarono la Spagna, e in particolare Guernica, furono quelli della Luftwaffe tedesca, coadiuvati dall'Aviazione Legionaria italiana.
4. La camicia rossa simboleggia la Brigata Garibaldi
, che riunì vari antifascisti italiani; la battaglia cui qui si fa accenno è la battaglia di Guadalajara.
  
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