Bathildé osservava dalla finestra come sorella Anna, e come lei aspettava notizie. Solo che queste dovevano essere notizie di Antoin. Aveva passato una notte insonne, e sapeva che il matrimonio della marchesina e del contino doveva aver luogo quello stesso giorno, verso mezzodì. Tre ore dopo il vespro aveva chiamato Ethel, perchè ardeva dal desiderio di vedere Etienne, doveva assolutamente vederlo. Ma Ethel non sapeva dove fosse finito suo figlio, non lo vedeva dalla fine del Vespro, all’uscita della cappella, e si stava preoccupando anch’essa. Bathildé l’aveva rassicurata con vaghe parole ed aveva ripreso ad aspettare suo fratello. Ormai era l’alba e non c’era nessuna traccia di Antoin.
D’un tratto lo vide, o almeno le parve che fosse lui. Un’ombra nera, un po’ stracciona, si diresse verso il castello, per poi ricomparire dopo tre minuti accanto a Bathildé che si rassicurò un po’: era Antoin. Le si avvicinò, le diede una lettera, si buttò sul letto ed iniziò a dormire profondamente, come quando era bambino. Tremante Bathildé aprì la lettera e la lesse. Quello che lesse la spavento moltissimo, si sentì invadere dal terrore. Antoin si era dimostrato vendicativo fino in fondo: convinto che la virtù di sua sorella fosse minacciata aveva condotto Etienne con se. Ed era tornato solo lui.
Lo maledisse per tre minuti, poi si diresse verso la biblioteca, sapeva che cosa doveva fare, e che cosa Antoin si aspettava da lei consegnandole quella lettera.
Giunta prese dallo scaffale un libro, “ Contes de ma mère l’Oye ” di Perrault, lo aprì alla prima pagina della storia di Barbablù e vi infilò la lettera. Infine lo richiuse e lo rimise sullo scaffale, esattamente dove si trovava quando l’aveva preso. Era certa che la lettera non sarebbe mai stata trovata: nessuno in famiglia leggeva quelle favole, era l’unica di tutto il castello che lo apriva regolarmente. Rassicurata tornò da Antoin, gli avrebbe estorto una confessione, voleva sapere tutto delle ultime ore di Etienne.