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Autore: Luna Avae    01/04/2010    1 recensioni
Storia nata da una discussione in classe sui vecchi e sui nuovi valori. Ripubblicata completa XD una specie di delirio senza alcuna pretesa XD Buona lettura.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una stanza.

Pareti anonime e bianche , ticchettio di gocce che cadono, stentoreo silenzio che non scandisce il tempo. Solo quell’acqua che scorre in lente gocce sul pavimento- flip, flip- lenta scivola giù .

Una mano.

Poggiata sul pavimento nudo, anch’essa nuda , spoglia di identità, ne maschile ne femminile , ne viva ne morta .

Solo poggiata mollemente , scivolata quasi sulla superficie, ticchetta le dita al ritmo delle gocce che cadono.

Piccola , piccolissima sinfonia creata dall’acqua e dalla mano , assolutamente sorda  a chi non colga la totalità della scena.

Patetica. Tutta quella resistenza era stata patetica.

Mollemente poggiata alla mano la testa .Uno sguardo segue con gli occhi le dita .

Fuori dalla stanza , la guardia, suda copiosamente da quando gli è stato affidato l’incarico. Sente quelle gocce e sente quello sguardo con la stessa intensità con cui un condannato a morte sente il metallo premere sulla sua gola.

Che assurdità. Non è Lui ad essere condannato. Sorrise nervosamente , le gocce di sudore continuavano a scendere e creavano una strana disarmonia con le altre gocce che scorrevano all’interno della stanza.

L’uomo si voltò furtivamente verso la cosa che giaceva  sul pavimento  con lo sguardo fisso da ore allo stesso punto.

Gelò.

Quello stesso sguardo adesso era rivolto a lui.

Lei aveva deciso che lo scorrere delle gocce di sudore era più interessante di quello dell’acqua e adesso contava suadente seguendo il ritmo – plic,plic- 

L’uomo si voltò di scatto , nervoso. Il nervosismo aumentava lo scorrere delle gocce , decisamente quello era più interessante dell’acqua.                

                                                                               *

“ è imperdonabile!”

Dalla stanza accanto continuavano a risuonare  urla e improperi .

“ assolutamente imperdonabile! Abominevole , aberrante e contro natura”

Un uomo camminava nervosamente da un capo all’altro di una stanza dalla forte tinta porpora. Ogni tanto sbatteva i pugni contro il muro e poi tornava a camminare. Il mantello gettato sulle spalle con gesto rabbioso e carico di stizza.

“ Non possono , non possono farle questo! L’hanno privata di ogni cavaliere , l’hanno spogliata della dignità, la sua esistenza è assolutamente incapace di ledere al loro piano! Perché farla fuori?”

Dall’altro capo della stanza una voce di donna , risponde con tono annoiato, lanciando ripetutamente in aria una moneta.

“ Passione ti prego, per cortesia, blocca quei due piedacci che ti ritrovi e smettila di imprecare.” Il tono è piatto , e gli occhi seguono il movimento della moneta, poi con un brusco movimento blocca la moneta sul palmo della mano e controlla quale delle due facce si rivolge verso l’alto. Il volto della donna è severo, i capelli rigidamente raccolti in una crocchia e lo sguardo vacuo.

“ Dio! Come fai a restare impassibile? Sempre cosi stentorea , sempre cosi calcolata , con quella moneta che gira e rigira, è inutile ! Hai scordato che anche tua sorella è rinchiusa qui dentro? Dovrei dirti di ragionare , ma sarebbe pittosto ironico considerando mittente e ricevente del messaggio, non credi?”

Lo sguardo dell’uomo è quasi folle, occhi di un indefinibile colore cangiante , sono scattanti e sembra non riescano a fissare un punto per più di un attimo, continua  a camminare nervosamente percorrendo la stanza mille e mille volte verso una metà sconosciuta.

“  è … affascinante. Per quanto la lanci , non cambia. La faccia non cambia.”

“ Eureka, Ragione! Vorrei ricordarti per l’ennesima volta la presenza della tua onorevole sorella esattamente dall’altra parte del muro di sinistra , dal muro di destra abbiamo invece alla tua cortese attenzione niente meno che la regina, che , carissima, sta per essere uccisa insieme a tutti noi.!”

Il tono dell’uomo era stato un crescendo ma le ultime parole erano state quasi sussurrate con terrore.

La morte di lei , era definitiva, inevitabile e certa. Abbassare la voce non serviva a nulla. L’uomo scivolo sul pavimento e si prese la testa tra le mani con sguardo rabbioso , tirando indietro con malagrazia i lunghi capelli corvini.

“… la stessa faccia … sempre la stessa , Passione, è affascinante …” la donna sussurrava quasi e sembrava non avere sentito una sola rabbiosa parola.

 

                                                                                           *

Stanza accanto, terza della fila partendo da sinistra.

Mura di un lieve azzurro.

Una voce cristallina ,quasi il canto lieve di un usignolo, innervosisce da ore le orecchie della guardia.

“ dannata, bambina. Che tu sia dannata! beh lo sei già , che idiota.”

Il ragazzo rise , sollevato al pensiero che presto non avrebbe più dovuto sentire quel canto ripetitivo . Per quanto fosse bello all’inizio quella voce che non si stancava mai rischiava di fargli saltare i nervi.

La bimba all’interno della stanza stava vicinissima alle “ sbarre”. In realtà non erano propriamente delle sbarre di ferro come quelle delle celle convenzionali, non sarebbero servite granché Erano ospiti speciali quelli che dovevano essere trattenuti, nemici pubblici dell’ordine che insidiavano subdolamente con una parola gentile e un coltello alle spalle.

Le sbarre erano costituite da fili intrecciati di spine e piante, alcune cosi belle da sembrare irreali. Colori sgargianti, rosso carminio e verde smeraldo formavano una trama cosi intricata che era possibile distinguere solo l’ombra della bambina dietro di essa.

Solo la natura avrebbe potuto piegarsi al volere di Loro e intrappolare quei prigionieri.

Gli occhi della bambina erano di un azzurro molto più intenso di quello della stanza, forse il colore delle pareti appariva scialbo per il solo confrontoconr quelle due pozze di cielo.

I capelli erano biondi e lasciati sciolti sul viso, si piegavano in dolci onde intorno ad un visetto tondo, e l’espressione perennemente stupita

Dentro le mura,, dentro le mura.

Sotto il controllo di insana natura

In una stanza di vetro pesante

Forse di pietre tutt’ altro che sante

Giace coscienza..giace incosciente

Giace ragione nella sua mente

Io dove giaccio?

Dentro le mura, dentro le mura

Governo il mondo insieme a fortuna..”.

 

“ che carina che sei a includermi nella tua filastrocca!” accanto alla figura della bambina che incurante di tutto e di tutti continuava a cantare con voce cristallina , apparve una figura esile, sembrava muoversi direttamente sulle correnti d’aria, si spostava con movimenti fluidi e aggraziati .I capelli erano bianchi e arrivavano fino alla curva dolce della schiena , gli occhi erano grandi ed espressivi di un nero profondo quasi senza pupille.

“mmmmmh ci sono parecchie imprecisione lo sai vero mia dolce Caos?”

La bambina continuava a cantare incurante della voce sognante della donna.

“ mmmmh , per prima cosa dubito che coscienza possa essere incosciente anche se la stordiscono con dei colpi di clava, sempre a contestare il mio operato quella li, anche l’ultima volta . Ho tentato di spiegarle che sinceramente non mi importa..non mi importa nulla di nulla.”

La voce della donna era quasi stanca, abbasso un attimo gli occhi e ripetè  sussurrando “non mi importa …nulla ..”

La bimba era nella totale indifferenza continuava a scrutare le piante che le incarceravano più con curiosità che con paura e cantava … cantava  la sua filastrocca senza nessuna modifica con la voce sempre piena e instancabile della gioventù.

“ anche quando ci hanno preso uno dopo l’altro , incarcerati uno dopo l’altro, tutti pronti a dare la colpa a me. Fortuna di qua … Fortuna di la. Nessuno che mi abbia mai capita! E tu adesso asserisci che noi due governiamo il mondo! Bambina ingenua dei mie stivali! Tenera creatura di soli 2010 anni, vuoi farmi pesare ancora quello che è successo ? Noi non governiamo nulla. Io sono solo una variabile e tu una stupida bambina che si diverte  a mischiare le carte del mazzo! “

“ Dentro le mura , Dentro le mura

Giace destino

Urla fortuna

Mentre lei attende

I suoi cavalieri, inutili oggi cosi come ieri ….”

La bimba concluse la sua filastrocca e finalmente , mantenendo però la sua espressione infantile e stupita si volse verso la donna , le cui guance erano ormai rigate di lacrime.

“ Su, fortuna, lo so, lo sappiamo tutti,non è colpa tua e non ti importa.”

non mi importa nulla!”

La bimba chiuse gli occhi un attimo torno alla “ grata” e riprese la sua espressione persa , la donna torno al suo angolo con passi eterei e fluttuanti.

dentro le mura, dentro le mura …”

                                                                              *

Cinque erano le stanze, allineate tutte su un lato, una accanto all’altra. Unica era la prigione, le piante che trattenevano i prigionieri ricoprivano come un unico muro d’edera tutte le stanze.

Da una delle quattro proveniva un grattare sordo, come di unghie che grattano su un muro. Un rumore doloroso , continuo.

La terza delle cinque stanze era sorvegliata molto meno delle altre. Nessuna guardia poteva restare davanti alla porta “naturale” di quella cella per più di cinque minuti senza farsi dolere la testa.

E non potevano toccarli. Pensava rabbiosamente la guardia di turno che faceva avanti e indietro velocemente forse sperando di potere superare la velocità del suono e impedire a quel grattare sordo di raggiungere le sue orecchie.

Gli ordini erano stati chiari : nessun contatto.

Bastava solo un attimo , un attimo di debolezza e sarebbero stati sedotti.

Le parole erano state proprio quelle. Sedotti dalle illusioni infami e ingannevoli che i prigionieri sapevano donare.

Subdoli.

Il rumore continuava e grattava le orecchie fino ad arrivare alle ossa.

“ Vedrai , vedrai , vedrete cani sudicia feccia , surrogati di abominio, abietti, vedrete come so scavare a fondo, vi prenderò, scapperò e vi divorerò, e  mi chiederete di essere divorati … vedrete , vedrai ….”

Queste parole erano sputate fuori tra i denti da una figura piccola e tarchiata, la stessa figura che logorava il sistema nervoso della sua compagna di cella, sia con le parole sputate sia con quel furtivo grattare.

Era  una donna piccola di statura , molto più bassa del normale , vestita con un abito rosso che faceva decisamente a pugni coi suoi capelli verde rame raccolti disordinatamente intorno al viso. L’espressione era trasognata e il volto contratto in un ghigno perenne. A volte  il suo intero corpo era attraversato da spasmi come se patisse un terribile dolore.

“ vedrete tutti, o forse no , forse vi renderò cechi quando uscirò di qui … si cechi … sudici, sudici e sporchi.”

La compagna di cella pareva l’immagine della rassegnazione, come fosse abituata a quel comportamento e semplicemente non lo considerasse degno.

Aveva un cappuccio calato sul volto, solo le labbra erano scoperte , labbra di un rosso più cupo del sangue che spiccavano su una carnagione pallida , quasi lattea. Tutto il resto era coperto dallo spesso mantello nero e dal cappuccio calato sugli occhi.

“ sudici giullari, inacidirò le madri e ubriacherò i padri … si, cani vili e imperfetti , mi pregheranno … ci pregheranno!”

La strana donnetta buttò indietro la testa e rise , di una risata piena e stridente come il suono che si ostinava a produrre.

Ti pregheranno mi cara sorella. Credimi poche persone mi pregano.” La donna dagli occhi velati , aveva una voce roca e dalle note graffianti come se fosse abituata poco a parlare.

“ zitta , taci , abietta , abietta tra abiezioni, inutile surrogato di me!” la donnetta si girò e sputò nel’l angolo in cui era adagiata l’altra donna, quest’ultima si limitò a spostarsi impercettibilmente per evitare quell’onta e restò impassibile.

“ credi forse che nessuno mi abbia mai sputato in faccia mia cara? Sicuramente ho ricevuto più sputi che preghiere.” Un ghigno attraverso le labbra rosse della donna.

“ ma chissà perché , sorella, mai nessuno guardandomi in volto.”

La donna sollevo due mani pallide come la luna e scostò dal volto il cappuccio.

Semplicemente abbagliante.

Un candore talmente abbagliante da dare l’impressione che se la si fosse guardata troppo a lungo non si sarebbe mai più potuto guardare altrove senza vederlo buio e scialbo.

Gli occhi erano di un caldo colore oro, profondi e luminosi, sembravano quasi inghiottire tutta la luce che avevano intorno con avidità per mandarla fuori attraverso di loro.

La pelle era candida e creava un contrasto armonioso con il mantello scuro e quelle labbra … piene quasi all’eccesso e rosse, rosse come quelle mele che ti fanno temere di essere avvelenate.

“ Già, cagna, chissà perché? Sarà perché sei abbigliata come la più voluttuosa delle puttane?”

Quella grottesca donna curva su se stessa , continuava a produrre quel suono sgradevole.

“Beh, mia cara folle sorella, se questo mio abbigliamento servirà a farci uscire da qui più della tua volgare melodia, credo che esiterai la prossima volta a biasimare una puttana.”

Detto ciò la donna si alzo in tutta la sua statura e alterigia e si avviò verso la grata di fiori, che per quella stanza erano quasi tutti neri e scarlatti. La guardia continuava a fare avanti e indietro tentando di fuggire il rumore prodotto da Follia, ma era inutile una volta che aveva deciso dove colpire e come colpire difficilmente si poteva scapparle.

La donna dal cappuccio nero arrivò alla “grata” e tutta la luce della stanza parve seguirla.

“ Chiedo venia, so che non vi è permesso intrattenerci con i vostri indegni prigionieri, non vorrei causarle nessun problema , ma se fosse possibile anche solo passare da una stanza all’altra , vede la mia qui presente sorella è ben nota per il suo poco … come dire..controllo. e questo rumore mi sta..assordando. Sono sicura che capirete.”

La voce della donna era talmente soave che nessuna delle melodie mai prodotte sarebbero state in grado di eguagliarla. Erano cucchiaiate di miele che arrivavano dritte alla gola più che alle orecchie e impiastricciavano le labbra costringendo chi ascoltasse a dischiuderle per assaporare meglio il sapore.

La guardia fece finta di non sentire, ma si era bevuto fino all’ultima sillaba e inflessione di quella voce..seducente.

Con un gesto ben calcolato , scosto di lato il mantello scoprendo le su forme piene e sinuose, proprio mentre l’uomo passava di nuovo in prossimità della grata in quel lungo fuggire  prima dal grattare molesto, che adesso sembrava quasi sparito cancellato da quella voce soave.

“ beh ,basterebbe soltanto che mi scortaste da una cella all’altra. Come ben vedete non ho falce, ne poteri sono priva di qualunque potere molesto e le piante mi tratterrebbero dal farvi del male. Vorrei solo avere un po’ di pace.”

La voce calibrata come quella di un’attrice , La morte proseguiva la sua opera di seduzione, come aveva sempre fatto e come sperava di continuare a fare. E se le toglievano di mezzo quell’insulsa regina illusoria che la privava della bellezza di agire consapevolmente , sarebbe stato solo gaudio per lei. C’era chi osava  dedicare la sua vita e la sua  morte a quella insipida regina , invece che a lei. Quando solo lei poteva donare l’oblio. Stolti. Stolti come quest’omuncolo che stava per abbindolare.

L’uomo iniziò a sudare freddo. Non sapeva come comportarsi. Sapeva gli ordini, ma la sola voglia di toccare seppur per un momento quella candida pelle per scortare la prigioniera da una cella a quella accanto lo stava rendendo pazzo, più della follia che quel grattare gli stava istigando.

“ Stupida, stupida sorella , credi davvero che ti darà retta? Sudiciume , sudiciume, cane zoppo testa di ratto, è un uomo! Non vedi? Una testa e tre gambe , un sudicio uomo!”

E questo mi salverà , pensò la Morte.

L’uomo scrutò attentamente la figura della donna, tentando di non restare abbagliato e di ricordarsi la vera natura di cotanta bellezza.

“è indifesa, bloccata dal potere della natura nostra alleata, una donna fragile, cosa potrà mai farmi? Un attimo e via .” questo pensava l’uomo, ma in realtà focalizzava solo quella pelle lattea e nient’altro.

Si avvicino alla grata vegetale e scostò di poco la coltre di piante facendo attenzione che l’altra spaventosa donna non si avvicinasse , ma sembrava più intenta a scavare e grattare che ad altro.

Porse la mano alla bellissima donna “ se ti azzardi a fare un passo falso ti farò trafiggere da una pianta stanne certa.” Bofonchiò. La donna sorrise a affabile e afferrò la mano dell’uomo.

Appena l’uomo tocco quella pelle perse la cognizione di se. Vide solo il viso della donna e quelle labbra che si avvicinavano rosse , rosse come il fuoco e si poggiavano sulle sue. Istantaneamente senti  dolore propagarsi da quel punto e tentò di staccarsi. Sul suo collo si propagarono delle linee purpuree . La donna succhiò via da lui la vita con lentezza e voluttuosità dopodiché lo lascio cadere , ormai fantoccio inutile.

“ visto sorella? “ disse la Morte asciugandosi la bocca col dorso della mano “ tu continua pure a scavare , la puttana  se ne va.”

Si tirò di nuovo il mantello sul volto e si incammino a passi veloci lungo il corridoio strisciando come un ombra, invisibile.

                                                                       *

Ultima delle cinque stanze .

Prigione formata stavolta da candidi fiori bianchi striati di rosa. Una luce pallida e soffusa proveniva dalle insenature tra i rovi, Una luce calda e vibrante che istigava il violento desiderio di farsi sempre più vicino e crogiolarsi di fronte a quel surrogato di sole.

Nessun rumore proveniva da quell’ultima stanza. Ne le urla rancorose di Passione, ne il grattare cupo di Follia e neanche il canto soave di Caos. Un silenzio pesante che ispirava … rassegnazione.

Solo di tanto in tanto si sentivano sospiri e borbotti, cui l’ultima guardia non faceva più neanche caso.

D’improvviso il silenzio, imperituro sino a quel momento, venne squarciato da un urlo forte e imperioso . Che sembrò travalicare mura e prigione per giungere sino al cielo.

La guardia trasali ma applicò tutta la sua concentrazione per non farsi distrarre da quell’urlo assordante e pesante come il silenzio che lo aveva preceduto . L’urlo cessò e il silenzio tornò a regnare ma il ricordo di quel suono imperversava come un eco.

“…..dimmi, ti sembra forse il modo esatto di iniziare una discussione questo?”

L’immobilità all’interno dell’ultima cella era stata rotta dall’urlo e al contrario di ciò che era accaduto al’ esterno , l’immobilità non si era ricostituita al cessare di quest’ultimo.

In effetti l’urlo molesto era  fuoriuscito da una piccola boccuccia rosea e imbronciata che faceva capolino da un viso cosi perfetto da sembrare scolpito  nel marmo più pregiato. Capelli rosso fiamma erano elegantemente acconciati a incorniciare la bellezza di quel volto, coperto però su di un lato da una maschera di un blu intenso.

“Sono ore che siamo rinchiuse qui dentro e non mi hai rivolto la parola! Ho pensato che magari assordandoti avresti notato la mia presenza , cugina.”

La voce era lamentosa e strascicata , niente a che vedere con l’urlo bizzoso che la donna aveva tirato fuori prima.

“ come avrei fatto a non notarti? Non sei sicuramente conosciuta per la tua discrezione ,Bellezza.”

L’altra donna aveva tratti quasi anonimi, capelli castani , media statura e un semplicissimo abito bianco molto diverso da quello rosso e sgargiante della compagna di cella. Solo gli occhi erano particolari . Avevano un taglio obliquo , quasi orientale ed erano di un verde intenso  l’uno e di un nero profondo l’altro. Creavano contrasto su quel viso smunto e dai tratti tanto comuni.

“ non vedo quale tipo di conversazione potrebbe mai instaurarsi tra noi due in una situazione del genere.Non mi diletta parlare di abiti , ne di belletti e ne di inganni, quindi io e te non abbiamo elementi in comune.”

La voce della donna era sprezzante.

“… oh , oh. A giudicare dalle tue parole  si direbbe che una delle nostre sorelle sia ancora libera. Direi che invidia lancia chiari messaggi attraverso di te mia cara, Credi davvero che non sia utile parlare con me? Beh i miei argomenti sono frivoli ma almeno io ne ho , Speranza.”

La donna buttò indietro la lunga chioma rossa con un gesto calcolato e vanesio.

“Davvero arguta , effettivamente ho sempre desiderato quel bel visetto, anzi fammi ammirare meglio l’oggetto della mia invidia sorella , togliti quella graziosa maschera.”

Bellezza afferrò istintivamente la maschera che le copriva metà del viso e la tenne ben stretta a se.

“ Non oseresti togliermela.”

“ allora non osare dire che non ho argomenti , non sono quelli che mi mancano , lo sai bene, quello che mi manca sono le basi.

Chiacchiere inutili. Speranza sapeva di non potere sfuggire a quella condanna e di non potere salvare la regina in nessun modo. Il pensiero di lei sola, indifesa e spoglia della sua importanza la rendeva triste e disperata,e lei non poteva permetterselo.

“Bellezza, non credi che il tuo bel visino potrebbe servire ad altro e non solo a istigare la mia invidia?”

L’altra donna che aveva preso a spazzolare lentamente i capelli con le mani , arrestò la sua attività e guardò l’altra donna stupita.

“ Non credo alle mie perfettissime orecchie. Stai davvero dicendo che potrei essere  utile?

“ dico che potresti tentare di essere meno inutile .”

“ ah.”

Le due donne si guardarono . Molto spesso erano state costrette ad essere messe in relazione l’una con l’altra ma in realtà era come dire che fiori e frutti sono la stessa cosa solo perché derivano dalla stessa pianta. Senza esprimere direttamente quel’era la loro idea le due si capirono. Bellezza si alzò e si avvicino alle sbarre di fiori candidi. Sistemò la chioma, raddrizzò la mezza maschera e rassettò l’abito e si stampò in volto quel sorriso sornione che le era caratteristico.

La guardia che non aveva sentito una sola parola , ancora impegnata a riprendersi dall’urlo di prima, non notò l’ombra che si profilava dietro la coltre di piante.

La prima cosa che avverti fu un intenso profumo. Un profumo di fiori di dolci, di cose buone. Gli ricordava quasi  l’odore di sua madre , che sapeva sempre di pane fresco o quello di sua moglie che sapeva sempre di donna e di bucato appena fatto. Quanto avrebbe desiderato che fossero già tutti morti per potere tornare a casa . L’odore si fece sempre più vicino  sempre più presente e impregnava l’aria rendendola quasi dolciastra. Inconsciamente l’uomo prese a seguire la provenienza di quel profumo avvicinando si sempre più all’entrata della stanza.

Quando Bellezza si rese conto che l’uomo era abbastanza vicino fece in modo che si posizionasse , continuando a seguire quel soave profumo , il più vicino possibile ad un insenatura che le permettesse di essere ben visibile ai suoi occhi.

Quando fu sicura di essere vista iniziò a staccare i lacci che tenevano la maschera legata alla metà del suo viso..lentamente la parte prima celata cominciò ad essere visibile…

L’uomo nel frattempo si stava rendendo lentamente conto di essersi spostato e cominciava a non sentire più quel profumo buono quanto stordente.

Quando si rese  conto fu troppo tardi , non poteva non vederla.

Il volto di una donna era visibile attraverso uno spiraglio tra le piante. Un volto bellissimo , regolare perfetto contornato da fluenti capelli rossi e due labbra rosee e dischiuse che facevano venire voglia di assaggiarle. Ma l’orrore arrivava quando si guardava quella metà.

Nera, purulenta e marcia, con la pelle cadente e ritorta su se stessa. L’occhio quasi rientrato nell’orbita , semichiuso , tumefatto e livido , abominevole.

“ Avvicinati uomo non temere. Non vuoi godere della mia compagnia? Non vuoi vendermi l’anima? Non fare caso all’altra parte di me, guardami , sono La bellezza , non potrai mai avere una donna come me se mi rifiuti. Tua moglie , tua madre faranno la fine dell’altra mia parte ,,rose dal tempo ma io ho pagato il mio debito a sorella Morte e metà di me resterà bella in eterno. Fammi uscire e potrai godere della mia compagnia , ti privilegerò  ti renderò perfetto e potrai condurre a te chiunque tu desideri. ”

Bellezza sibilava queste parole , con tono suadente ma terrificante. Ma l’uomo riusciva a guardare solo quella metà. Quella metà affetta da chissà quale morbo. Bellezza se ne accorse e irritata tento di ricoprirsi con la maschera. Sapeva , aveva sempre saputo che togliendosi la maschera nessuno l’avrebbe voluta . Ma era la regola. se Dovevano venderle l’anima doveva farsi vedere per intero, a lei stava distogliere l’attenzione, focalizzarla  sulla parte bella e non su quella corrosa.

L’uomo si allontanò terrificato da quella visione grottesca e corse di scatto indietro.

Bellezza calò di nuovo la mezza maschera per  coprire la sua vergogna.

Speranza aveva assistito a tutta a scena e aveva capito che non avrebbe più funzionato. Nessuno avrebbe più creduto loro.

“ Torna qui cugina , è tempo per noi della rassegnazione.”

L’immobilità tornò nell’ultima stanza.

                                                                                        *

Cinque rintocchi.

Rintocchi di campana, pesanti e grevi, che da tempo non spargevano il loro suono nell’aria.

Quel suono era giunto alle orecchie di ogni singola persona.

Aveva attraversato continenti, valli , montagne , cielo , giorno e notte per bussare in ogni casa e svegliare , scuotere , avvisare.

Il momento era giunto.

Tutti si fiondarono fuori dalle loro case . In fretta come se la fine del mondo avesse bussato alla loro finestra per avvisarli del suo arrivo.

Ma non era la fine del mondo a chiamare, era la morte di Lei.

Lei che li aveva schiavizzati , lei che li aveva costretti a morire avvolti nelle loro bandiere insanguinate , lei che pesava nella sua assenza e nella sua presenza.

Non li avrebbe più comandati , non li avrebbe più confusi.

Per L’eternità.

                                                                      *

Gli stessi cinque rintocchi di campana , lenti ed inesorabili , risuonarono in tutt’altro luogo.

Un uomo batté forte i pugni sulla parete, urlando tutta la sua impotenza.

Una donna lanciò una moneta seguendo il ritmo cadenzato dei rintocchi.

Una bambina si ritrovò senza voce.

Una ragazza piangeva in silenzio anche se non le importava.

Una figura ammantata di nero ghignava nascosta dietro ad una colonna sfuggendo se stessa

Una vecchia grattava un muro d’edera

Due donne si abbracciavano , con gli occhi sgranati.

Mentre Lei semplicemente attendeva.

Una folla nel frattempo si radunava intorno alla prigione di rovi e spini , accecati dalla bellezza di quella costruzione fiorita , anch’essi attendendo.

                                        

                                                                               *

I prigionieri sono stati tutti raggruppati in una grande piazza.

Le catene d’edera sono state bruciate. I colori sgargianti dei fiori hanno esalato il loro ultimo profumo annegando in un rosso più intenso della loro tinta.

Nessuna traccia di loro deve restare , nulla che loro abbiano toccato , neanche le loro celle.

Nella schiera dei condannati a morte manca solo Lei, la regina.

Non ha opposto resistenza, non ha smesso di contare le gocce di sudore della guardia nemmeno mentre veniva scortata al patibolo.

I suoi sudditi , condannati non solo a morire ma a vederla priva di vita prima di loro piangono in silenzio.

Neanche passione spezza quella cappa di inesorabilità con un imprecazione , né caos emette una singola leggiadra nota. Nessuna moneta si alza in volo .

Nell’immobilità la regina sfila di fronte ai suoi cavalieri sconfitti, che chinano il capo al suo passaggio.

Tutti hanno notato l’assenza di una delle loro sorelle, ma avvertono la sua presenza in quel momento più che mai.

Quando la regina sfila davanti alla folla carnefice, un boato spezza il silenzio e l’immobilità

La folla vuole vederla morire , vuole vedere morire lei e i suoi cani da guardia .

La sete di sangue prevale sempre alla fine sull’identità del condannato, ma non è questo il caso.

Loro vogliono la morte , e bramano quella morte.

Uomini , donne e bambini strepitano, agitano le braccia verso di lei , tentano di strapparle lembi del vestito mentre lei passa, rivolgendo a tutti un lieve sorriso.

Lei la libertà.

Con i suoi lunghi capelli cobalto e i suoi occhi color arcobaleno . Col suo passo ora greve ora leggero.

Che con la sua presenza li ha sempre oppressi, adesso viene guidata verso la fine.

Verso la fine di un ‘era. Nuovi cavalieri prenderanno il posto dei suo ormai obsoleti.

Un nuovo re o una nuova regina al suo posto , come nell’ordine generale delle cose che crea o distrugge.

Ormai è arrivata al patibolo, il boia le scosta i capelli dal collo pallido .

L’espressione della regina rimane fiera , preparata ad esalare l’ultimo respiro.

Nessuna lettura dei reati , nessuna difesa e nessuna accusa. La sua esistenza è l’accusa , la sua non esistenza l’imputata.

I suoi cavalieri girano gli occhi dall’altra parte mentre il ferro cala su quella carne tenera.

La folla tace.

Una donna in lontananza  guarda fissa negli occhi la regina morente, che ricambia fiera quello sguardo.

Si rivedranno prima o poi.

Un rumore sordo accompagna il calare dell’ascia , il rumore della vita spezzata.

È il delirio.

La folla esplode estatica e come da programma gli altri condannati , legati e inermi vengono lasciati alla loro furia.

Nessuno dei cavalieri vuole resistere , e a poco a poco la folla li accerchia, li smembra e li cancella , funzionando come un'unica grande macchina da guerra inarrestabile.

Un bagno di sangue che li incita a dire ancora ancora

E quando tutto finisce le urla non cessano Si innalzano alte fino al cielo che piange

E solo allora guardandosi l’uno con l’altro la folla si rende conto di non avere nulla da urlare

Nessuna parola

Nessuno da invocare

Nessuna vittoria

Solo urla sconnesse, versi animali.

E dall’alto del suo scranno il nuovo Re osserva soddisfatto

Una nuova Era inizia nel sangue, e li finirà

                                                                               *

  
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