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Autore: nainai    02/04/2010    2 recensioni
Un cottage sperduto nella campagna scozzese, un gruppo di amici che cerca di realizzare un sogno ed il segreto di una persona che su quel sogno ha puntato la propria e l’altrui vita.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2. Seconda battuta
-Manuela, arrivo con il primo volo domani mattina! Te lo giuro, amore!
Bob si voltò a fissare Paul. Paul gli ricambiò lo sguardo. Entrambi fecero spallucce e ripresero a scrutare il proprio chitarrista mentre camminava avanti ed indietro per la sala di mixaggio come un leone in gabbia, il cellulare attaccato ad un orecchio.
Alla consolle di regia Rich ed Alex tenevano le cuffie premute contro le orecchie e parlottavano a voce bassa tra loro, nessuno dei due sembrava particolarmente soddisfatto o felice. Anzi, a dirla tutta la faccia di Alex non prometteva nulla di buono, soprattutto non dopo che il suo solito perfezionismo del cazzo li aveva costretti tutti ad una sessione notturna di registrazioni assolutamente non prevista. Pareva che del materiale registrato in Scozia, una volta arrivati lì a New York, non dovesse salvarsi praticamente nulla e quella cosa aveva già causato più di un problema.
Nick era giustamente insofferente, Manuela lo aspettava in Germania già da una settimana e lui era ancora lì a cambiare tracklist e a ripetere take di registrazione fino alla nausea. Lui ed Alex non facevano che litigare in continuazione ed a stento, ormai, si rivolgevano la parola se non era per questioni di lavoro. Tutta quella tensione era praticamente inspiegabile, Paul li fissava allucinato, voltandosi poi a cercare comprensione in un Bob ermeticamente chiuso in un silenzio ostinato. Cerne se l’era data a gambe appena avuta la possibilità, salvo chiamarli ad intervalli regolari di sei ore per sapere come procedessero le cose. Rich era praticamente al collasso e stavano seriamente rischiando di ritrovarsi senza produttore.
-Cazzo, Nick! – ruggì Alex, voltandosi rabbiosamente all’altro, che smise repentinamente di parlare e si voltò a fissarlo scioccato - Vai fuori se ne hai ancora per molto! Qui stiamo provando a lavorare!
Nick rimase un attimo in silenzio, talmente in silenzio che gli altri tre poterono sentire chiaramente le grida di Manuela in sottofondo.
-Ma vaffanculo!- ritorse poi con un gestaccio, ed uscì dalla stanza sbattendosi alle spalle la porta e sputando imprecazioni in tedesco.
-Merda.- fu il commento stanco di Alex nel rigirarsi alla consolle di mixaggio. Si nascose dietro le dita, massaggiandosi gli occhi e la radice del naso in un gesto volutamente lento.
Rich, accanto a lui, tolse le cuffie e gli batté incoraggiante una pacca sulla spalla, stringendo forte per fargli sentire la sua presenza. Alex annuì, ma non aprì gli occhi e non si mosse.
-Facciamo una pausa.- disse il produttore.- E voi ragazzi cominciate ad andare.
Bob fu il primo a sollevarsi, rapido e deciso, si rassettò i vestiti e scosse Paul per incitarlo a darsi una mossa.
-Recuperiamo Nick e lo portiamo in albergo. Così prepariamo i bagagli. Alex, mi dai la tua chiave?- chiese allungando una mano al cantante.
Lui reagì in automatico. Scavò in tasca e ne tirò fuori una carta magnetica che allungò all'amico senza una parola e senza uno sguardo. Bob la intascò, strinse la mano di Rich - seduto sulla consolle di regia con una sigaretta spenta già pronta tra le labbra - e spinse leggermente Paul fuori dalla stanza quando il batterista si fermò a lanciare una lunga occhiata preoccupata alla schiena curva di Alex.
Bob chiuse la porta dietro di sé, isolando all'interno la voce sommessa del produttore che si rivolgeva ancora all'ultimo componente della band rimasto dentro; lui sperò che il tono calmo e paterno dell'uomo più anziano sortisse qualche effetto ma cominciava a dubitare che potessero uscire da quella storia senza acciacchi.
Paul continuava a fissarlo.
-...cosa?- ritorse lento il bassista.
L'altro grugnì, insoddisfatto, s'immusonì puntando gli occhi dritti davanti a sé ma non aggiunse una sillaba, serrando le braccia al petto per ostentare il proprio disappunto.
-Se credi davvero che ne sappia più di te...!- iniziò Bob, intuendo quello che l'amico non diceva.
-Con te Alex ci parla!- ringhiò Paul secco.
-Non certo di quello che gli frulla per la testa!- ritorse lui.- Ma è abbastanza chiaro che a stargli tra le palle non ci guadagniamo niente ed è molto più utile che teniamo buono quell'altro!- spiegò spiccio.
Lo trovarono che aveva riattaccato al telefonata e stava aspettando di smaltire la rabbia, fumando stizzito una sigaretta che aveva malamente massacrato nel tirare fuori dal pacchetto. Paul e Bob si scambiarono l'ennesima occhiata di appoggio ed incoraggiamento di quella lunga giornata, il bassista sospirò e poi allungò il passo in direzione del compagno di band. Paul gli arrancò dietro con molta meno disinvoltura.
-Nick, andiamo in albergo.- esordì Bob, stringato, prima ancora di annunciarsi.
Nick si voltò a registrare la sua presenza, sobbalzando leggermente nel ritornare brusco alla realtà. Scostò la sigaretta dalla bocca e scosse la cenere a terra.
-Dov'è?- interrogò svogliato.
Bob sospirò ancora, Paul si strinse nelle spalle nell'intercettare il suo sguardo desolato e gli lasciò il compito di rispondere.
-Immagino che sia esattamente dove lo abbiamo lasciato. Rich ha suggerito una pausa, ma tu sai com'è Alex quando lavora.- provò a mediare diplomaticamente.
-Un cazzone fissato e rompipalle!- ringhiò Nick tra i denti, in risposta.
-Sì, possiamo vederla anche così.- concesse Bob conciliante.- Detto questo, domattina abbiamo un aereo da prendere e se non ci diamo una mossa difficilmente ci riusciremo. Sai, credo che tu non possa sposarti per procura, lavorare con Alex Kapranos non è ancora considerato come essere comandati al fronte in tempo di guerra.- ci scherzò su con un sorriso sbilenco.
Nick parve pensarci un attimo, indeciso se mantenere il puntiglio feroce dettato dallo stress e dalla tensione oppure lasciarsi andare ad un sorriso stanco, che alla fine prevalse tirandogli allo stesso modo gli angoli della bocca e degli occhi. Bob si accontentò, ricambiò il gesto con una poderosa spallata di incoraggiamento ed il chitarrista si fece scivolare giù dal muretto a cui era appoggiato, lasciandosi spingere dall'altro, e si raddrizzò davanti a loro.
-Forza.- ripeté incoraggiante Bob.
Paul lo prese in parola, sollevando una mano a fermare uno dei taxi che sfrecciavano veloci lungo la strada ed entrandoci per primo quando quello accostò al lato del marciapiede. Bob gli andò dietro e Nick buttò un'ultima occhiata distratta al palazzone grigio alle loro spalle e poi s'infilò a testa bassa nell'abitacolo.
 
C'è un confine sottile che divide il desiderio dall'ossessione.
Più in particolare, c'è un confine sottile a dividere qualsiasi pensiero razionale la mente formuli dal bisogno malsano.
Un bisogno a cui non sempre puoi dare un senso. Il più delle volte non vuoi darglielo. Il significato di certe frasi, di certi sguardi, di certe...voglie deve restare segreto.
A volte ci pensava seriamente. A cosa avrebbero detto, loro, se lui fosse stato semplicemente sincero.
E sì che fino a pochi mesi prima la sincerità non l'aveva avuta nemmeno per se stesso. Mentirsi era molto più comodo, ricondurre il piacere di quella compagnia entro i confini sicuri di un'amicizia complicata, di quelle che oscillano tra l'empatia istintiva di un'affinità intellettiva e la ferocia violenta di uno scontro di opinioni con chi si reputa proprio pari.
Lui era il tipo a cui piaceva catalogare le cose. Osservare i fenomeni naturali e dargli un nome, un'etichetta rassicurante che permettesse di andare a cercare nel ricordo ciò che serviva al momento. Per questo aveva dato un'etichetta anche a quel rapporto, distinguendolo da quello che condivideva con Bob o con Paul, consapevole che in termini di affetto non ne stava lesinando a nessuno dei suoi amici e compagni di avventura e ritenendo sufficiente quello che si diceva per spiegare il senso di ciò che non afferrava del tutto.
Era stato effettivamente sufficiente. Almeno fino a quell'annuncio dato a bruciapelo.
Il sorriso smagliante di Nick lo ricordava ancora, come se si fosse impresso a fuoco sulla pelle e non si decidesse a cicatrizzare nonostante il tempo, così come ricordava ancora Manuela - bellissima - le sue dita intrecciate a quelle del “fidanzato di sempre”, la sua voce alta e sicura, la stessa voce a cui Nick si rivolgeva quando prendeva il sopravvento una timidezza impacciata che non avresti mai sospettato in lui ma che Alex aveva imparato a conoscere. Nick che era una contraddizione vivente, nel suo essere travolgente, instancabile, desideroso di vivere sempre e comunque, seguace di un culto del “tutto e subito” a cui lui non riusciva ad adeguarsi, eppure poi lo ritrovavi immobile in un'insicurezza infantile, che lo raggelava sulla soglia di una nuova “impresa” a guardarsi attorno spaesato in attesa di un'indicazione che gli venisse da qualcuno di cui potesse fidarsi.
Manuela era sempre lì in quei momenti, Alex e gli altri avevano imparato a darla per scontata quasi quanto Nick stesso.
Era stato allora che il bisogno era diventato ossessione. Le sfumature di un rapporto avevano perso i contorni definiti a cui le aveva ricondotte. Aveva processato quelle stesse sfumature attraverso una battuta innocente - di Bob o di Cerne, non ricordava - attraverso l'allusione al fatto che adesso sarebbero finite “le nottate in piedi a cercare di associare strumentazione elettrica e canti di nativi americani”, le risate di Nick, il suo ammiccare alla possibilità che le nottate da sveglio le avrebbe fatte a cullare un bambino non ancora nato... Il mondo apriva prospettive che non aveva davvero considerato ed in quelle prospettive il senso delle cose si perdeva ed assumeva una conformazione diversa, allungandosi in forme che invadevano i nuovi spazi ma smettevano di avere un nome conosciuto. Guardare Manuela in un'ottica diversa, pensare di non volerla intorno a sé, alla propria band, per scoprire che non era nemmeno quello il problema, che il problema si riduceva ad averla vicino in quei rari momenti in cui Nick era ancora il compagno di scorribande, quello delle chiacchiere a notte inoltrata, delle litigate per ogni sciocchezza e delle bevute fino a non ricordare il proprio nome. Era stato un tormento tollerare la presenza della ragazza fino alla fine del tour. Una benedizione liberarsene per quel breve periodo di tempo che si erano concessi prima di tornare al lavoro. Un miracolo scoprire che non sarebbe rimasta, ripartita prima ancora dell'inizio dell'estate ad organizzare un matrimonio per cui lui contava i giorni in un conto alla rovescia che aveva il sapore dell'ineluttabile.
Ed ora il tempo era scaduto e bisognava tirare le somme della propria incapacità a ridisegnare i rapporti umani.
Nel momento in cui aveva ammesso con se stesso la verità che si nascondeva dietro il bisogno, Alex aveva anche capito di non potersi affatto concedere la stessa sincerità con nessuno di loro. Tutto quello che avevano faticosamente costruito - e nessuno più di lui e Nick sapeva quanto ci avessero speso, di se stessi, per riuscire a raggiungere quell'unica possibilità - si reggeva su una bugia di normalità che lui stesso aveva artificiosamente messo in piedi ed era ora costretto a preservare.
 
Aveva trovato Bob in camera, nel tornare in albergo. Stava ancora cercando diligentemente di dare un senso ad un guazzabuglio disordinato di abiti accatastati sul suo letto. Gli dava le spalle e si grattava la sommità della testa in un'immagine che gli strappò una risata sguaiata entrando e ritrovandoselo davanti così assorto. Lui si voltò e gli sorrise.
-Idiota.- commentò senza cattiveria.
Alex fece leva sulla maniglia della porta per rimettersi dritto e cercare di recuperare un minimo di dignità e Bob tornò a voltarsi ed a studiare l'intrico di stoffa e pellame, mentre il battente veniva chiuso con un tonfo sordo ed i passi del cantante si producevano morbidamente sulla moquette chiara.
Sollevò le braccia ai fianchi, assumendo una fiera posa da teiera e scimmiottando ostentatamente la stessa convinzione riflessiva del bassista, almeno fino a strappargli una nuova occhiata a mezzo ed una violenta gomitata a livello di un rene. Sbuffò il fiato accennando un “ouch” non troppo serio e si piegò di lato per evitare di incassare davvero il colpo affatto deciso dell’amico.
-Ti sei calmato?- indagò Bob in tono insinuante.
Alex immaginò che avesse già la risposta. Lo immaginò sia perché lo sguardo con cui Bob lo stava studiando era eloquente sul punto – su quanto ne sapesse, il bassista, di come la sua testolina funzionasse di solito – sia perché conosceva abbastanza se stesso da sapere di non sapere fingere. Magari ai più era incomprensibile quello che stava pensando, ma che il suo cervello fosse una fucina in piena ebollizione e di pensieri tutt’altro che sereni era evidente come ce lo avesse scritto sulla fronte a caratteri cubitali.
-Mh.- si limitò a mugugnare, ritirandosi in un riserbo di allusioni a metà.
-Bene. Perché qui c’è ancora un sacco da fare e come sempre tocca a me fare tutto!- grugnì il bassista, strappandogli una nuova risatina.- Avanti, aiutami a capire come buttare tutte queste cianfrusaglie in quei sacchi che chiami valigie.
-…sono delle Louis Vuitton comprate appositamente a Parigi.- scoccò lapidario ed offeso.
-E tu sei un dannatissimo snob.- ritorse Bob incurante del suo risentimento.- Vuoi darti una mossa?- lo incitò poi spiccio, affrettandosi lui per primo a gettare una mano alla rinfusa nel marasma di abiti.
Alex non si mosse. Bob ci mise un po’ a recepire la cosa, già preso com’era dal valutare se fosse il caso di piegare una camicia che aveva visto tempi migliori dopo essere uscita dalla tintoria e che ora era decisamente troppo spiegazzata per dedicarle tutta quella fatica. Beh, Alex, comunque, non aveva mosso un muscolo per aiutarlo e lui non era certo di voler fare tutto il lavoro al posto suo.
Gli alzò addosso gli occhi solo per trovarsi spiazzato dallo sguardo deciso che incontrò.
-Io non vengo.- si limitò a dire Alex, stringato.
Bob lì per lì nemmeno capì di cosa stessero parlando.
-…guarda che il matrimonio è tra due giorni…- fece notare poi.
-Sì, lo so. Ma se non finiamo il lavoro di produzione per questa settimana, addio contratto, Bob.- ritorse soltanto.
Il bassista sospirò. Lasciò andare sul letto la camicia ed Alex interpretò quel gesto di resa come un’accettazione della sua dichiarazione e decise di prendere fiato, anche solo per un momento, accomodandosi a sua volta sul materasso e facendosi spazio a manate tra i vestiti sgualciti.
-A Nick non piacerà.- provò a farlo ragionare Bob.
-A Nick piacerebbe ancora meno se i Franz Ferdinand finissero domani.- ribatté l’altro stringendosi nelle spalle.- E poi non ho detto che non sarò al matrimonio, ma solo che non parto con voi domattina.- ridimensionò accomodante.
Bob annuì. Alex lo guardò avviarsi mestamente alla porta e fermarsi sulla soglia, le dita già sulla maniglia.
-Dillo a Nick.- lo pregò, ricevendo solo un cenno distratto e forzato.- Alex...- riprese con più difficoltà. Quando si bloccò da solo, inciampando sulle parole, il cantante ricambiò il suo sguardo cercando di mostrarsi quanto più possibile disponibile a quel dialogo.- So che per voi due sembra un'eresia bella e buona!- riprese con un sorriso tirato Bob, ed Alex sbuffò un diverso sorriso, leggero, ancora prima di sentire la battuta seguente.- …ma la band non è la cosa più importante che noi quattro abbiamo, ora come ora. Per nessuno di noi quattro, lo è.
 
Alex aveva deciso di non scendere a cena con gli altri. Si era fatto portare qualcosa in stanza, aveva recuperato da una delle borse gli appunti presi durante la fase delle registrazioni ed il vecchio i-pod, sgangherato, a cui proprio non riusciva a rinunciare. Cuffie alle orecchie e penna in mano, aveva risentito le take originali talmente tante di quelle volte da aver imparato a memoria ogni singola sbavatura, di ogni singola battuta e per ogni singolo strumento. Due ore dopo essersi chiuso in stanza il taccuino degli appunti grondava letteralmente di cancellature, ritocchi e note fino ad essere praticamente illeggibile. Lui aveva assaggiato appena la cena, che si era raffreddata indisturbata sul comodino accanto al letto fino a diventare del tutto incommestibile, e poi era rimasto talmente catturato da quello che stava facendo da dimenticare perfino la ragione reale che lo aveva spinto a rintanarsi lassù.
Quando quella ragione si presentò alla sua porta, fu una doccia fredda di cui non aveva alcun bisogno.
Si alzò svogliatamente dal materasso, realizzando nello sgranchirsi le gambe intorpidite il reale tempo trascorso dal suo rientro in albergo. I colpi alla porta si ripeterono a distanza ravvicinata, tradendo facilmente il nervosismo della persona che aspettava fuori. Alex si stizzì, ma si mosse più velocemente per raggiungere il battente e spalancarlo in faccia al visitatore senza nemmeno sincerarsi di chi fosse.
-Toh, guarda! Credevo fossi morto!- ironizzò violentemente Nick, scostandolo di peso dalla porta con uno spintone ed entrando d'autorità nella stanza nel tempo che ci volle ad Alex a recepire la sua presenza e farci i conti fino in fondo.
A bocca aperta lo fissò mentre si chiudeva il battente alle spalle con una manata.
-...ma come diavolo...?!- cominciò rabbiosamente.
Il chitarrista lo prevenne; si voltò di scatto e gli piantò un dito proprio sotto il naso, minacciosamente, tanto che Alex si ritrovò a fare un passo indietro.
-Non pensarlo nemmeno.- lo redarguì gelidamente, zittendolo. Avanzò nella stanza a passi lunghi, buttando uno sguardo disgustato ai resti della cena sul comodino e poi alla faccia pallida di Alex, ancora vicino alla porta.- Certo che sei davvero uno stronzo nel tenere il punto, tu!- gli rinfacciò arrabbiato.
Alex rimase spiazzato per il tempo che gli ci volle a ricordare il modo barbaro in cui lui e l'amico si erano lasciati quel pomeriggio agli studi di registrazione. Sbatté le palpebre perplesso e poi decise che tanto valeva fargli credere che fosse per quel motivo.
-Porca puttana, Alex!- ringhiò Nick irritato dal suo silenzio.- Non mi pare proprio di non essermi impegnato per questo lavoro! Mi sono impegnato quanto tutti gli altri, ma stiamo parlando del mio matrimonio! Quante accidenti di volte vuoi che si sposi uno, nella vita?!
Alex si concesse un mezzo sorriso sghembo, fidando che il loro presunto litigio valesse a giustificare l'espressione sarcastica che colorava quello stesso sorriso.
-Ah, spero per te, una soltanto!- commentò ironicamente.
-Vaffanculo!- arrivò inesorabile dall'altro lato. Incassò con un cenno del capo, un «hai ragione» non detto a voce alta ma che rabbonì in parte Nick.- Mi da fastidio che tu pensi che non mi stia dando abbastanza da fare.- tornò a ripetere in tono appena più conciliante, braccia incrociate al petto nell'evidente attesa di scuse ufficiali.- E comunque,- ci tenne a precisare subito dopo.- non è giusto che tu ti isoli dal gruppo, punendo tutti, te compreso! solo perché noi due abbiamo avuto a che ridire. Non è mai successo, Alex! Abbiamo sempre litigato tra noi quattro, ma questo non ha mai messo in discussione nulla! Una rissa, parole grosse, qualche livido e poi tutti amici come prima!
-Certo.- convenne placidamente il cantante.
-E allora perché diavolo sei qui sopra rintanato come un cazzo di coniglio?!- gli rinfacciò.
-Perché ho da lavorare.- concesse facilmente avanzando anche lui nella camera per guadagnare nuovamente il materasso.
Stirò le gambe davanti a sé, si tirò il taccuino e l’i-pod sulla pancia e fece per reinfilare le cuffie con un’occhiata allusiva al proprio compagno di band.
Nick lo squadrò allibito, lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi in un gesto sconsolato.
-Alex…!- lo richiamò concitatamente. Salvo poi restare in silenzio e raccogliere le idee davanti allo sguardo disinteressato dell’altro.- No, sul serio! che diavolo ti prende?! Cosa accidenti c’è che non va?!
Il cantante mise via taccuino, i-pod e cuffie, tirandosi su dritto e fissandolo intensamente.
-Lo vuoi davvero sapere?- sibilò rabbiosamente. E se pure non riusciva a capire la ragione di quella rabbia, Nick si ritrovò ad annuire automaticamente, sperando che Alex fosse sincero nell’offrire a quel modo una soluzione.- Bene.- scandì lui.- Nell’arco di questa settimana si decide la sorte dei Franz Ferdinand. Ed anche se sembra che questa cosa debba necessariamente passare in secondo piano rispetto al tuo fantastico matrimonio, Nick, sono quasi certo che quando sarai tornato dal viaggio di nozze – e sulla Terra! – perfino tu ci arriverai a capire quello che stiamo rischiando.
-Oh, adesso non fare…!
-Non fare cosa, Nick?!- lo interruppe Alex, scattando in piedi con tanta velocità che fu il turno di Nick di indietreggiare colto di sprovvista.- Il martire? l’eroe? il salvatore della patria?! No, tranquillo, non mi salta nemmeno per testa di atteggiarmi a qualcosa del genere, ma fatto sta che è quello che sto cercando di fare: salvare la nostra band! E fino a qualche tempo fa era anche il tuo progetto, mi pare!
Si lasciò ricadere sul materasso, accasciandosi come fosse privo di forze, e Nick guardandolo si rese conto per la prima volta di quanto sembrasse seriamente stanco e sfatto e di quanto, probabilmente, erano stati ingiusti loro tre nel giudicare solo ed esclusivamente quel suo solito ed assurdo perfezionismo. Sospirò, quando si sedette accanto a lui sul letto, Alex sussultò impercettibilmente, sollevando lo sguardo a studiarlo con sospetto, sulla difensiva.
-Senti…- iniziò pazientemente il chitarrista.- non è così pessimo il lavoro che abbiamo fatto finora.
-Non è un problema di “essere pessimo” arrivati a questo punto,- lo corresse Alex atono.- è un problema di “non essere finito”.
-…e…quanto mancherebbe, orientativamente?- provò ad interessarsi Nick, mandando giù un groppo di saliva mentre cercava di capire le dimensioni esatte del problema al di sotto ed al di là delle fisime sempre esagerate che l’altro si faceva.
Incredibilmente sembrò riuscire a rabbonirlo. Alex piegò le spalle e scrollò il capo, sconfitto, lasciandosi poi ricadere all’indietro contro i cuscini e chiudendo gli occhi al soffitto.
-Non lo so.- confessò piano.- Uno o due giorni di lavoro…- provò ad ipotizzare.
-Non li abbiamo due giorni di lavoro!- protestò Nick.
-Tu non li hai.- lo corresse ancora il cantante, senza aprire gli occhi e senza muoversi.
Nick ci mise un po’ a recepire fino in fondo il messaggio ma, quando lo fece, non gli piacque nemmeno un po’.
-Aspetta un secondo…- iniziò asciutto. Alex aprì gli occhi e li piantò nei suoi con una determinazione che Nick conosceva bene e che, in quella occasione, non gli piacque affatto.- E’ il mio matrimonio!- ringhiò arrabbiato.- Non puoi dire sul serio!
-E’ lavoro, Nick. Non è che ho molte scelte.- ritorse Alex.- E poi, se ho fortuna, riuscirò ad esserci comunque.
-Se hai fortuna?!- ripeté Nick, attonito.- Devo di nuovo chiederti…
-…quante volte uno si sposi.- gli fece l’eco Alex terminando con lui la frase.- Ti ho già risposto,- ci scherzò su forzando un sorriso.- spero per te una soltanto. Ma nel caso, per la seconda mi organizzo meglio.
-Vaffanculo, Alex! Sei il mio cazzo di migliore amico!
-E non ho mica detto che mancherò sicuramente.- gli fece notare secco lui.- Ma ora come ora non posso che dirti di partire tranquillo, tu, Bob e Paul, e che vi assicuro che finirò il disco in tempo per tutti e quattro.
Messa così, Nick lo vedeva da sé che non c’era possibilità di scappare. Alla fine dei conti, che gli piacesse o meno, Alex ci era riuscito a farsi passare per il supereroe della situazione ed, anche se aveva solo voglia di spaccargli la faccia e mandarlo al diavolo – lui ed il suo dannatissimo disco – Nick si ritrovò ad annuire meccanicamente e ad alzarsi in piedi con una velocità dettata solo dal senso di nausea incombente.
Non aggiunse altro, nemmeno quando si accorse che l’idea di lasciare le cose così come stavano non piaceva ad Alex più di quanto piacesse a lui. Entrambi esitarono, sul punto di dire altro, entrambi aspettarono troppo uno spunto, che non arrivò affatto, dall’interlocutore.
Ed alla fine fu proprio Nick il primo a lasciare il campo, chiedendosi distratto, mentre chiudeva la porta della stanza dietro di sé, chi dei due l’avesse vinta sul serio.
 
Era stato Bob a chiamarlo il giorno prima del matrimonio. Alex era ancora seduto in sala di regia ad una consolle che brillava sinistramente di mille lucine colorate nella semioscurità della stanza. Fuori dalla porta aperta Rich passava e ripassava nel corridoio cantando e battendo il tempo con i piedi sul pavimento, erano entrambi decisamente stanchi e scoraggiati ma il lavoro era quasi finito e potevano concedersi qualche cedimento in più. E poi Rich, alla sua età, nemmeno avrebbe dovuto tirare così tardi appresso a degli scavezzacollo come loro, si diceva Alex ridacchiando nell’ascoltarlo.
Ad essere onesti, prima della telefonata del bassista aveva anche provato a chiamare Nick per fargli gli auguri, ma aveva trovato il telefono spento per tutto il giorno ed alla fine aveva rinunciato dicendosi che era meglio così. Non avrebbe tollerato di dover sentire la sua gioia in quel momento; se nella voce di Nick ci fosse stato anche solo un accenno di cedimento, Alex sapeva che si sarebbe precipitato lì con il primo volo ed avrebbe finito per dirgli tutto a costo di mandare all’aria la stessa identica cosa che diceva di stare cercando di salvare. Ma se Nick fosse stato sicuro di sé, sicuro della scelta fatta senza lasciargli spazio di pentimento…Alex non era certo di voler sapere che fosse così.
Molto più semplice nascondersi dietro la scusa ufficiale che Bob sentì arrivare inesorabilmente appena formulata la domanda.
-Domani consegno tutto a quelli della casa discografica e poi salgo su un aereo qualsiasi.
-Il che significa che non sarai qui prima di sera.
Alex finse una risata che stonò terribilmente con la serietà grave del bassista.
-Il che significa che, presumibilmente, sarò morto appena toccato il suolo tedesco.- scherzò.- Sono esausto.- ammise subito dopo, strappando a Bob un sospiro preoccupato che scacciò ogni rimprovero dalla sua voce.- Dì a Nick che mi dispiace,- iniziò ad elencare Alex con difficoltà evidente.- che…gli voglio bene,- proseguì- che è un testone,- Bob sbuffò un sorriso ed Alex gli fece eco con una risatina a mezza voce. In corridoio, Rich attaccò una seconda strofa urlata in tono sguaiato ed improvvisò una frenetica rumba.- e che auguro a lui e Manuela tutto il bene di questo mondo.
-Non gliene fregherà un accidente di sentirlo dire da me.- ritorse Bob. Ma, appunto, non c’era nessun rimprovero nella sua voce ed Alex apprezzò quella considerazione.- E poi non mi va di prendermi un pugno al posto tuo!- borbottò.
-Beh, fallo soprassedere. Potrà tirarmelo di persona domani sera, se tutto va bene.
Si erano lasciati così. Una telefonata chiusa sul mugugnare incomprensibile del più giovane ed un sospiro molto più sincero di Alex, quando fu certo che non ci fosse nessuno a sentirlo e giusto prima di rimettersi al lavoro. Schiacciando le cuffie contro le orecchie per non sentire i versi disarmonici di Rich, il cantante premette un pulsante e finse di ascoltare distratto le note di una canzone scritta in un momento di totale scoraggiamento.
Sei tu la ragione per cui me ne vado…
 
Non aveva mai ricevuto un invito altrettanto strampalato in tutta la sua vita. Non lo aveva mai ricevuto prima di sposarsi e davvero no, non pensava che gli sarebbe stato recapitato dopo che Manuela fosse riuscita ad infilargli una fede al dito.
Sulle prime, nel leggere le righe scarne battute a macchina, aveva pensato che fosse anche un po’ ingiusto doversi abituare all’idea che cose simili non dovessero più appartenergli. Paul si era accorto del sorrisetto malizioso sulle sue labbra mentre tentava di nascondere il bigliettino e gli aveva gettato uno sguardo di rimprovero. Silenzioso, grazie a Dio, ché Nick non dubitava affatto della propensione di Bob alla paternale se il batterista avesse fatto tanto da fargli capire che in quel biglietto c’era effettivamente qualcosa di sbagliato.
Gli era stato consegnato in modo innocente insieme ad un mucchio di altri bigliettini simili che recitavano tutti la stessa solfa: mille felicitazioni ai novelli sposini e notti intere di ardente passione! L’unica cosa che lo aveva incuriosito abbastanza da indurlo a sottrarre proprio quello tra tutti gli altri era stato il latore della missiva: un mocciosetto dinoccolato che né lui né Manuela conoscevano o avevano mai visto prima e che, da bravo monello, gi aveva sganciato il biglietto direttamente in mano – rifiutandosi nettamente di consegnarlo a chicchessia – aveva agguantato dal vassoio dei dolci il bignè più gonfio che aveva trovato e poi era scappato via come era arrivato. Nick aveva fatto sparire la busta bianca ed anonima nel panciotto del vestito e poi se l’era dimenticata fino a dopo la fine del ricevimento, quando aveva lasciato che Manuela lo precedesse nella suite che avevano prenotato in albergo e lui si era concesso un giro di whiskey con gli amici di sempre per festeggiare.
Le tre righe recitavano blandamente “Ci vediamo sul tetto. Stanotte alle tre. Porta due bicchieri”, un messaggio tutt’altro che intrigante non fosse stato per la situazione, il modo e le circostanze con cui si presentava. Nick aveva digerito a malapena la condanna implacabile di Paul nel rammentargli crudelmente che era finito il tempo delle sue “scappatelle” in tour, per quel che lo riguardava la fedeltà era una concetto difficilmente assimilabile anche se si era animati dalle migliori intenzioni. Di positivo c’era che, nel caso di specie, era animato più che altro da semplice curiosità. Chiunque fosse l’autrice di quel biglietto mancava di qualsiasi abilità seduttoria ma non certo di originalità.
Alle tre di notte, dopo aver lasciato Manuela a dormire in camera, Nick si era lavato, rivestito ed armato di due flute di cristallo sopravvissuti ai fiumi di champagne che lui e la moglie si erano concessi generosamente. A passo felpato aveva attraversato il corridoio fino alla scala antincendio nascosta dietro l’uscita di sicurezza del piano. Aveva fatto i gradini a due a due, frenando la curiosità e l’eccitazione che gli scorrevano sotto pelle, ed aveva aperto in un cigolio sinistro una porta pesante e arrugginita, per la quale si era chiesto pigramente se fosse il caso di protestare con la direzione dell’albergo visto quello che gli faceva pagare per il ricevimento ed una notte lì.
Fuori c’era buio ed una città intera da guardare dall’alto in basso, ma a parte quello Nick aveva creduto sulle prime ad uno scherzo di pessimo gusto, temendo subito dopo di vedere Paul e Bob ed i ragazzi spuntare da dietro il muro per dargli addosso in qualità di traditore fedifrago alla sua prima notte di nozze. Camminando attorno al perimetro della terrazza ci aveva messo un po’ ad individuare la figura seduta sul cornicione e, nel capire che non era affatto una ragazza, l’idea che fosse uno scherzo stupido era tornata subito.
-Che diavolo ci fai qui?- aveva esordito, mani in tasca, avvicinandosi a passo lento.
-Il lupo perde il pelo ma non il vizio, eh Nick?- lo aveva deriso Alex senza nessuna allegria.
L’indecisione gli aveva rubato il tempo per la battuta di risposta. Nick non sapeva bene se essere felice della presenza dell’altro, essere preoccupato della sua faccia stanca e pallida e del suo tono spento oppure limitarsi – come chiunque altro avrebbe fatto al suo posto, e legittimamente – ad allungargli uno spintone e buttarlo giù per tutti e dieci i piani del palazzo. Probabilmente dopo si sarebbe sentito meglio.
O magari no.
Alex indicò i flute che spuntavano dalla tasca del giaccone, ancora agganciati al pollice e l’indice del chitarrista.
-Non hai bevuto abbastanza?- interrogò stirando un sorriso forzato.- Sento puzza di alcol da qui.
-Vaffanculo, Alex, spero che ti sia chiaro che sei la peggiore merda che esista a questo mondo.
-Ne ho una vaga intuizione.- annuì lui, voltando le gambe per gettarle al di qua del parapetto e posarle sul suolo della terrazza. Nick lo osservò piegarsi a cercare qualcosa in quella striscia di buio fitto che l’ombra del muro disegnava a terra e si accorse solo in quel momento della bottiglia appoggiata proprio contro il parapetto.- E quindi ti risparmierò scuse idiote che non ti interessa sentire, né a me inventare.- concluse Alex rimettendosi dritto e posando la bottiglia sulle gambe.
Quel verbo – quell’inventare fin troppo sincero per i gusti di Nick, che magari avrebbe gradito sentirlo inventare qualcosa che valesse ad offrirgli una scusa per fare finta di nulla e passarci su – fu uno schiaffo in pieno viso. Però gli disse, almeno, che non ci sarebbe stata alcuna finzione per quella notte, nessuna fuga come quelle che si erano susseguite inspiegabili negli ultimi mesi. Nick accettò una resa condizionata con un breve cenno della testa e ad Alex sembrò bastare. Gli allungò la bottiglia e lui lesse il nome della vodka e sorrise.
-Qui da noi ognuno beve quello che porta da sé.- iniziò a spiegare Alex asciutto, tenendo sempre la bottiglia dritta tra sé e l’altro.
-…che usanze del cavolo.- gli ritorse Nick senza smettere di sorridere.- Da noi si porta da bere per tutti ed ognuno prende quello che vuole.
-Questo perché vieni da un paese del cazzo. E delle usanze di voi crucchi a noi non interessa proprio una accidenti di niente.
Nick rise e finse di tirargli un pugno. Alex sorrise ed incassò, facendogli spazio mentre il chitarrista gli si sedeva accanto e lo fissava con uno sguardo talmente brillante da lasciare senza fiato. Alex deglutì ed abbassò lo sguardo sulle proprie mani, intrecciate alla vodka.
-Mi devi una bottiglia, crucco.- riprese secco Alex, armeggiando con il tappo ed un vecchio coltellino svizzero.- Con questa siamo a due.- gli notificò stappando e porgendo la bottiglia all’altro.
Nick guardò i flute e poi il liquore che lui gli allungava.
-Punto uno, questa roba fa talmente schifo che non se li merita nemmeno due cristalli così.- iniziò posando i bicchieri accanto a sé ed afferrando la bottiglia.- Punto secondo, sei la peggiore delusione che mi sia mai capitata ad un incontro galante.- aggiunse prima di bere a canna un lungo sorso. Mentre Alex rideva.
-Andiamo! Non puoi ancora saperlo, mettimi alla prova!- suggerì maliziosamente.
E Nick gli passò la bottiglia nello stesso istante in cui gli gettò una lunga occhiata di disapprovazione e disgusto.
 
Sei tu la ragione per cui me ne vado.
E sei anche quella per cui, invariabilmente, torno su questi stessi passi.
 
“You’re the reason I’m leaving”
MEM 2010
 
Nota di fine capitolo della Nai:
 
Come promesso, ulteriori note esplicative. Stavolta decisamente brevi, visto che questo capitolo è quasi interamente frutto della fantasia di chi scrive.
In particolare, e dato che dell’episodio della “bottiglia” che diede l’avvio al “tutto” si è già parlato, resta solo da dire che è tristemente vero anche che Alex sia un dannato perfezionista – la vicenda delle registrazioni tirate su fino all’alba è vera, sebbene non sia specificato in quali circostanze è accaduto – e che questo abbia causato la sua assenza al matrimonio di Nick (ragione per cui la sottoscritta ha cominciato a pensare malissimo ed a fangirlare pure peggio).
 
Nella speranza che tutto questo sia stato di vostro gradimento e nella speranza - perché no! – di reiterare l’esperimento…vi saluto con affetto e spero che vi siate divertiti quanto me!
:************
MEM
  
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