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Autore: Maryjolly    08/08/2005    0 recensioni
“Scriva, signora. Capisco che per lei è un dolore immenso ricordare, ma se non vuole parlarne, scriva.” Luc Dechy distolse lo sguardo da quegli occhi di ghiaccio che lo guardavano senza vederlo, e fissò il disegno del tappeto. “Per favore.”
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho visto Dio questa notte

“La prego, signora, cerchi di ricordare.”

Luc Dechy, giornalista, stava seduto su una comoda poltrona in un caldo ed accogliente salotto, taccuino sulle ginocchia, stilografica nella destra. Di fronte a lui c’era una donna anziana, con il volto segnato da indelebili cicatrici, e da uno sguardo sofferente che l’aveva accompagnata per tutta la sua vita. Il giornalista continuava ad aprire e chiudere la penna in un gesto di disagio.

La vecchia taceva. Luc Dechy la guardò negli occhi chiarissimi, una nota quasi surreale in quel volto così provato, ed infine le porse il proprio taccuino e la propria penna sfiorandole la mano.

Era cieca. Con la mano che le tremava, prese ciò che il giornalista le porgeva e in un attimo comprese.

“Scriva, signora. Capisco che per lei è un dolore immenso ricordare, ma se non vuole parlarne, scriva.” Luc Dechy distolse lo sguardo da quegli occhi di ghiaccio che lo guardavano senza vederlo, e fissò il disegno del tappeto. “Per favore.”

La donna impugnò la penna con gesti indecisi, come un bambino. Per qualche secondo rimase immobile, e quando una lacrima leggera le rotolò sulla guancia, Luc Dechy fu tentato di ringraziarla comunque per la sua gentilezza ed andarsene. Una lacrima dagli occhi di un cieco è qualcosa di surreale, pensò, come un’oasi nel deserto, come acqua che sgorga dalla pietra.

Ma non se ne andò. Accavallò le gambe e strinse le braccia al petto; la vecchia chiuse gli occhi, inspirò ed iniziò a scrivere.

 

 

 

 

Ho visto la Dea quella notte.

Me ne stavo sdraiata sull’erba del bosco, come al solito, ascoltando il rumore del vento tra le foglie e lasciando che il mio sguardo si perdesse tra le stelle.

Era una notte come tutte le altre. Il bosco dormiva, la città dormiva, solo Nozomi Kiyomizu tardava ad essere portata via sulle ali del sonno.

Ero una bambina, allora. Avevo l’età in cui si crede che tutto possa accadere, che strani folletti e demoni crudeli si nascondano sotto il letto, sopra un albero o tra gli scaffali del supermercato.

Quel giorno, ricordo, avevo avuto una discussione con mia madre a proposito di un mio capriccio. Molto semplicemente, io desideravo ardentemente andare da sola fino al fiume il quale, sapevo, o così credevo, era non molto distante dalla nostra tenda; e lei, mia madre, me lo aveva fermamente impedito. Io le avevo urlato contro qualche parola che avevo sentito dire dai miei compagni di scuola; lei mi aveva chiesto, dopo un attimo di sorpresa, dove avessi imparato a parlare così. Non le avevo risposto, e quella sera non avrei toccato cibo.

Me ne stavo sdraiata sull’erba del bosco, come al solito. Non sapevo che ore erano, ma doveva essere molto tardi, visto che la mamma si era già addormentata da un pezzo.

Ero stata troppo cattiva a trattare così la mamma, pensavo. In fondo, perché mai volevo andare al fiume da sola? Che cosa pensavo mai di trovarvi? Magari qualche folletto?

Quelle cose non esistono, sono tutte inventate, mi dissi, e fu in quel momento che mi sentii adulta.

E proprio in quel momento, in quel preciso istante, il cielo divenne chiaro. Un boato assordante mi riempì le orecchie, e all’improvviso era giorno. Le cose ripresero il loro colore, gli alberi tornarono verdi.

“E’ così” mi domandai, “è così che si diventa grandi?”

Sorrisi; quasi non mi accorsi di mia madre che usciva di corsa dalla tenda, si inginocchiava accnto a me che ero ancora sdraiata e mi stringeva a sé. Quasi non mi accorsi del bruciore agli occhi, alle braccia, alle gambe. Quasi non mi accorsi delle grida disperate di mia madre. Pensavo “Fra poco sarò adulta, non giocherò più con le bambole, non farò più capricci, non tratterò più male la mamma”.

Avevo ragione. Mia madre morì quella notte, accanto a me; e quella notte io persi la mia giovinezza. Quella notte ho visto la Dea; ed Ella mi ha fatto crescere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ciao!!! J Questa è la mia prima fic seria, quindi vi prego siate clementi!!

Mary

  
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