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Autore: _kid    02/04/2010    1 recensioni
Attenzione: se state cercando qualcosa che abbia una trama o comunque un filo logico, beh.. Andate altrove.[NoSense]
"Sento gocce d’acqua bagnarmi il viso. Allungo la mano, tocco una parete. Cerco di vedere qualcosa; solo ombre. Indefinite."
[Accenni JephxBert]
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bert McCracken, Jeph Howard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Attenzione: se state cercando qualcosa che abbia una trama o comunque un filo logico, beh.. Andate altrove.[NoSense]
E ovviamente come al solito i personaggi non mi appartengono,e con questo mio scritto non intendo dare una rappresentazione veritiera della realtà. Questi fatti non sono mai accaduti.

Figure inquietanti e indefinite.
Non riesco a vederle.
Le sento muoversi.
Non capisco.
Dove sono finito?
Sento gocce d’acqua bagnarmi il viso.
Allungo la mano, tocco una parete.
Cerco di vedere qualcosa; solo ombre.
Indefinite.
Ho paura.
Continuo a camminare.
Non sono sicuro di sentire il pavimento sotto di me.
Eppure non cado.
Vado avanti.
Non vedo.
Corridoio infinito.
Stesse ombre.
Stesse gocce.
Stesso buio.
Voglio uscire da qui.
Tasto ogni parete che incontro.
Cerco qualcosa.
Qualsiasi cosa.
Sono solo.
Ho paura.
Grido.
Qualcuno mi scuote.
Mi giro.
Allungo le mani.
Non vedo nessuno.
Non sento nessuno.
Sono sempre solo.

-Bert cazzo, ti vuoi svegliare?-
Si svegliò di scatto.
Non riusciva ancora a capire.
Lentamente mise a fuoco ogni cosa; una alla volta.
Era da Jeph, gli aveva chiesto asilo dopo che un tubo rotto aveva allagato casa sua.
E Jeph adesso era accanto a lui con aria preoccupata.
Bert cercò di dire qualcosa, ma la gola gli bruciava.
Il padrone di casa si allontanò, e torno poco dopo con un bicchiere d’acqua.
Mentre beveva cercava di ricostruire l’incubo, ma niente.
Con la gola che bruciava, sussurrando, chiese a Jeph di non lasciarlo.
E quello si stese accanto a lui e lo strinse forte.

Alle prove Jeph era sempre quello che arrivava primo.
Bert quello che arrivava ultimo.
Quella mattina Bert aveva pronunciato pochissime parole.
Quella mattina Bert arrivò presto, insieme al bassista.
La saletta era ancora vuota quando il minore si sedette al pianoforte.
Senza che ci pensasse neanche troppo le sue mani scivolarono eleganti sui tasti bianchi, pizzicandoli dolcemente, andando a creare una vecchia e conosciuta melodia.
La trovava rassicurante; aveva il potere di tranquillizzarlo, di estraniarlo, di farlo riflettere a mente lucida, quella canzone.

Quella stessa melodia che ormai il più grande conosce a memoria.
Innumerevoli volte gliel’ha sentita suonare.
Una melodia che ha il potere di riportarlo indietro di anni, ai pomeriggi passati insieme.
Ricorda, Jeph, che nel salotto di casa sua c’era sempre stato un pianoforte, e quando era piccolo sua madre lo suonava sempre. Lui si nascondeva sul divano sotto una pila di cuscini per ascoltarla, aveva paura che se si fosse fatto vedere sua madre si sarebbe fermata. Solo crescendo si era reso conto che sua madre sapeva benissimo della sua presenza, ma non gli aveva mai detto nulla, stando al suo gioco. Mantenendo il segreto.
Quando sua madre aveva smesso di suonare lui aveva continuato a sedersi sul divano, fissando il pianoforte ormai silenzioso.
Poi era arrivato Bert.
E il pianoforte aveva ricominciato a suonare.
Aveva ricominciato a stregarlo.
E dunque lo strumento rimaneva lì, pronto per quando Bert veniva. Inizialmente il minore ogni volta chiedeva timidamente di poter suonare. Poi aveva iniziato Jeph a chiederglielo.
Gli sembrava ogni volta di tornare indietro; si rannicchiava sul divano, abbracciava il cuscino, chiudeva gli occhi e si lasciava trascinare.
E ogni volta suonava quella canzone, la stessa che sta suonando in questo momento.
E come allora Jeph odia come quelle semplici note lo possono far sentire; come sempre si rannicchia sul divano, si stringe su sé stesso e si lascia trascinare.
Come allora, ogni singola nota che scaturisce da quelle dita, lo fa sentire inadeguato a tutto, distaccato dal mondo.
Ma anni prima poteva farlo smettere. Poteva alzarsi, avvicinarsi a Bert, e dargli un leggero bacio sulle labbra. Lì il più piccolo capiva, faceva scivolar via le mani dalla tastiera e tornava a sedersi accanto a lui sul divano. E per Jeph tutto tornava ad essere come prima, quasi ricominciasse a respirare dopo l’apnea.
Ma ora, ora il maggiore quel potere lo aveva perso. Non aveva altra scelta che restare lì, in silenzio, aspettando che smettesse, e cercando, fino ad allora, di arginare le voglia di scappare.
Dio, quanto lo detestava.

*
Rileggendola ora trovo che ha ancora meno senso di quello che credevo. E i tempi verbali sono un po' un casino.
Ma così è nata, e così la lascio.
Spero vi sia piaciuta xD
  
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