Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Kukiness    03/04/2010    11 recensioni
PRIMA CLASSIFICATA al contest When I was a child di ashleys
Sulla soglia si trovava Dursley, il vecchio custode. Anche lui era un tipo strano, ma non strano come Fisherman. Era più il tipo strano strano, di quelli che bofonchiano da soli e masticano anche se non hanno niente in bocca e quelle cose lì. Ho sempre avuto il sospetto che non gli piacessero i ragazzini. E poi ci avevano detto che era stato in prigione, una volta.
Era massiccio, aveva la pancia tonda e tesa come un mappamondo e lo sguardo porcino. Aveva capelli radi e biancastri, grossi baffi a scopettone e le orecchie più pelose che avessi mai visto.
«Che hai da fissare?» mi ringhiò contro.
Genere: Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dudley Dursley, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Nota del 6/9/2012

È una fanfiction... strana. Non saprei dirvi nemmeno io perché mi è uscita così. Comunque lo sanno tutti che a me non escono mai robe normali. Lettore avvisato.



PERSONE STRANE

di Kukiness

David Fisherman non aveva amici.

Avevo sempre pensato che fosse perché era pallido e flaccido, e aveva l’odore del disinfettante per gabinetti. In classe emetteva un sacco di rumori sgradevoli, il ciamp ciamp di quando masticava la merenda a bocca aperta, lo swoosh swoosh ansimante delle cosce che sfregavano l’una contro l’altra quando camminava perché era grasso, e cose così. E poi era strano. Se ne stava sempre in disparte, col naso ficcato in libri macchiati d’unto, e sembrava fare apposta a rovinare sempre l’atmosfera. Nelle gite di classe trotterellava sempre per i fatti suoi, e durante le assemblee stava sempre in silenzio e non invitava mai nessuno a giocare alla playstation a casa sua.

Ci metteva a disagio. Per questo poi non aveva amici e nessuno lo invitava alle feste di compleanno.

Quel giorno, in cortile, Ronnie mi chiamò. Feci appena in tempo a cogliere il movimento con la coda dell’occhio e mi resi conto che mi aveva lanciato qualcosa. La afferrai istintivamente al volo. Si trattava del cambio di ginnastica di Fisherman.

«Dove lo hai preso?»

Ronnie mi si avvicinò sogghignando. Non ci voleva un genio per intuire da dove provenissero quei jeans sformati e quella felpa macchiata di senape.

«Il ciccione sta provando a salire la corta.» Ronnie si esibì in un’eloquente imitazione di Fisherman che sibilava come un maiale in agonia aggrappato alla fune in palestra. «Cristo, dovresti vederlo. Suda come un porco. E sotto il professor Duncan che gli grida, “Forza, Fisherman! La vuoi ’sta sufficienza o no?”. Da morire.»

Ridacchiai e mi rigirai i vestiti tra le mani. «E quindi?»

Ronnie fece spallucce. «Quindi niente. Ora buca del cazzo, mi annoiavo. Ho pensato di movimentare un po’ la giornata.» Rivolse un cenno eloquente alla palla di vestiti. «Che ne dici di darci una bella lavata?»

Aggrottai la fronte.

Ronnie ce l’aveva a morte con Fisherman. La settimana prima il professore di scienze ci aveva assegnato la solita ricerca in coppia, e Ronnie e Fisherman erano finiti insieme. Ronnie era venuto da noi dicendo che gli era andata di culo. «Faccio fare tutto a quella mezza sega.» Si era voltato verso Fisherman e gli aveva tirato una palla di carta. «Vero, Uomo Pesce, che ci pensi tu a rimediare un bel voto allo zio Ronnie?»

Ma Fisherman ci aveva sorpresi tutti. Due giorni dopo, aveva consegnato la propria parte della ricerca al professore, più un foglio bianco. «Questo è stato il contributo di Ronald Monroes,» aveva detto. Era tornato a posto con le gambe che facevano swoosh swoosh. Così Ronnie aveva preso F e Fisherman aveva firmato la propria condanna a morte.

Abbassai lo sguardo. «Non credi di esagerare?»

Ronnie sembrò non registrare il mio commento. «No, anzi, sai che facciamo?» disse con entusiasmo. «Adesso tu ficchi questi nella latrina. Io aspetto che l’Uomo Pesce entri nella doccia, dopo ginnastica, gli soffio anche la tuta e così lui rimarrà nudo come un verme. Ugh, Fisherman nudo...» Emise un eloquente gorgoglio di disgusto.

«Ronnie.»

Lui mi scoccò un’occhiata cattiva. «Smettila di fare il cazzone. Quando fai così mi fai andare in bestia. Mi vuoi aiutare o no?»

Sì che volevo aiutare Ronnie. Eravamo amici. Pensai allo swoosh swoosh delle cosce di Fisherman e desiderai non diventare come lui.

«Okay, sì. Ti aiuto.»

§*§

I bagni dei maschi erano vicini alla mensa. Mi strinsi la palla di vestiti di Fisherman contro lo stomaco e camminai spedito in quella direzione. Quasi tutti gli studenti si trovavano in cortile, approfittando della giornata di sole, e sentivo l’eco dei loro schiamazzi rimbombare nei corridoi vuoti. L’unico altro suono era il cigolare delle suole gommose delle mie scarpe sul pavimento di linoleum. Quello gneek gneek mi ricordò lo swoosh swoosh di Fisherman. Mi sentii improvvisamente molto stupido.

Entrai nei bagni. L’odore penetrante del disinfettante non bastava a coprire quello dell’urina, ma la miscela aveva un che di familiare.

Un ragazzino del primo anno si stava lavando le mani. Sbirciai sotto le porte delle latrine. Non c’era nessuno.

Il ragazzino mi stava fissando, fissava me e la palla di vestiti di Fisherman. Mio malgrado arrossii.

«Che cazzo vuoi?»

Il ragazzino sussultò. Uscì di corsa dal bagno, con le mani ancora umide.

Rimasi a fissare la porta per qualche istante, poi abbassai lo sguardo sulla palla di vestiti che stringevo ancora tra le mani. Pensai a Fisherman che usciva dalla doccia e trovava l'armadietto vuoto. Pensai al panico e all'imbarazzo che avrebbe provato, alla vergogna di trovarsi nudo negli spogliatoi con solo un fazzoletto di asciugamano a coprirlo. Lui, con quel pancione tondo, con il corpo flaccido e pallido e tozzo, costretto a girare mezzo nudo per i corridoi.

Provai uno strano moto di fastidio e imbarazzo, come se fossi io quello costretto in mutande davanti a mezza scuola.

Non sei tu quello che ha fatto la carogna per il gusto di fare il cocco del professore, mi ricordò una parte di me, con la voce simile a quella di Ronnie. Fisherman si l'è praticamente cercata. Che gli costava dare una mano?

Ma è stato coraggioso, in fondo.

In quel momento la porta del bagno si spalancò di nuovo. Mi voltai di scatto e lasciai istintivamente la presa sui vestiti, come se fossi stato sorpreso con della refurtiva. E in un certo senso lo era. La palla si sfaldò, sparpagliandosi in un mucchietto di jeans e felpa ai miei piedi.

Sulla soglia si trovava Dursley, il vecchio custode. Anche lui era un tipo strano, ma non strano come Fisherman. Era più il tipo strano-strano, di quelli che bofonchiano da soli e masticano anche se non hanno niente in bocca e quelle cose lì. Ho sempre avuto il sospetto che non gli piacessero i ragazzini. E poi ci avevano detto che era stato in prigione, una volta.

Era massiccio, aveva la pancia tonda e tesa come un mappamondo e lo sguardo porcino. Aveva capelli radi e biancastri, grossi baffi a scopettone e le orecchie più pelose che avessi mai visto.

«Che hai da fissare?» mi ringhiò contro.

Sobbalzai. «Niente, signore.» Mi accorsi di balbettare. Abbassai lo sguardo e mi affrettai a chinarmi per raccogliere i vestiti. Dursley fu più veloce di me, sorprendentemente più veloce, data la sua mole da barilotto. Mi sfilò la felpa di Fisherman da sotto le dita.

La fissò per un attimo, come faceva mia madre prima di ficcare le cose in lavatrice, poi mi scoccò un'occhiataccia. «Di chi sono questi?»

«Miei!» mentii, prima di realizzare quanto fosse stupido quello che avevo appena detto. «Avevo lasciato il cambio sporco di ginnastica in palestra, così...» Sentivo le orecchie e il collo bollenti. Lasciai cadere la frase, come se la conclusione fosse ovvia, mentre in realtà non sapevo proprio che dire.

Dursley mi piantò addosso i suoi piccoli occhi porcini. «Mi prendi per scemo, ragazzino?»

«Io...» tentai di protestare, ma poi sospirai. «No, signore.»

«Non ho sentito.»

«No, signor Dursley. Non la prendo per scemo.»

«Allora riproviamo. Di chi sono questi vestiti?»

Deglutii. «Di Fisherman, signore. Un mio... compagno di classe.»

Dursley inarcò un sopracciglio. Mi sventolò la felpa sotto il naso. «Fammi indovinare. Stamattina ti sei svegliato di umore particolarmente generoso, sei andato da questo Fisherman e gli hai chiesto “Ehi, vuoi mica una mano a fare il bucato?” È così? Ci ho preso?»

Strascicai le suole sul pavimento, con lo sguardo basso. Di nuovo quello gneek gneek. Strinsi i denti e scossi la testa. Mi chiesi perché mi lasciassi umiliare così da un custode pazzo, con i mano i jeans puzzolenti di Fisherman. Ora sì che mi sentivo stupido.

«Guardami negli occhi quando ti parlo, razza di teppista che non sei altro.»

Alzai riluttante lo sguardo. Dursley mi stava fissando. Stringeva un lembo della felpa, che gli penzolava dal pugno.

«Okay, senta, non ci volevo fare niente.» Mi raddrizzai e cercai di sostenere il suo sguardo. Pensai a come avrebbe fatto Ronnie. Sorrisi e cercai di apparire sicuro di me. «Adesso è un reato portarsi dei vestiti in giro? E anche se non sono i miei? Posso farci quello che mi pare. Di certo non sono affari suoi.»

Gli occhietti di Dursley si assottigliarono ulteriormente. «Non cercare di darmela a bere, moccioso,» sibilò, con le guance chiazzate di rosso. «Conosco i tipi come te. E sai perché? Perché alla tua età ero esattamente così.» Mi scoccò una strana occhiata. Fece scorrere lo sguardo dall'alto verso il basso e concluse con un sorrisetto amaro a mezza bocca che mi fece sentire a disagio. «Anch'io mi sentivo invincibile. Forte, speciale, onnipotente. Avevo il pugno più pesante degli altri, e tanto bastava per farmi passare per un figo, a scuola.»

Emise una risata rauca e sgradevole.

«E anche a casa,» continuò. «Harry poteva credersi speciale quanto voleva, ma quando gli staccavo la testa ai soldatini, quando gli portavo via i giocattoli o quando gli chiudevo le dita nei cassetti, era lui quello a piagnucolare e io quello che vinceva

Storsi il naso. Una parte remota del mio cervello si chiese vagamente chi fosse questo Harry, ma il resto di me era più preoccupato del fatto di trovarsi di fronte al delirio di un vecchio pazzo e ubriacone che una volta era stato in prigione. Gettai uno sguardo inquieto alla porta del bagno e sperai che entrasse qualcuno.

«Adoravo vederlo piangere.» Dursley ridacchiò di nuovo. «A volte mi divertivo a prestargli i giocattoli e a offrirgli di giocarci un po' lui, solo per il gusto di correre da mio padre a dirgli che in realtà me li aveva rubati e che mi impediva di giocarci.» Agitò la felpa per aria, come se stesse cancellando una lavagna. Gettò uno sguardo nostalgico al muro e rimase immobile a fissarlo per qualche istante. Quando ormai mi ero convinto che si fosse paralizzato, si voltò di nuovo verso di me di scatto.

«E sai lui cos'è, ora? Sai che cosa è diventato, quel mucchietto di ossicini, pelle di pollo e occhiali tondi?»

«No, signore.»

«Ministro della Magia.» Scandì quelle parole con una strana disperazione. Nel tono della sua voce e nel suo sguardo c'era uno stordimento tale che per un attimo rimasi troppo sorpreso per rendermi conto della vera assurdità di quelle tre parole. «Ministro della Magia,» ripeté, come una sorta di filastrocca. «È sposato, ha due figli, ed è Ministro della Magia. Lui è ricordato come l'Eroe del Mondo, con l'infanzia difficile nel mondo Babbano. E io... io chi sono?»

Mi guardò come se me lo chiedesse davvero, ma sapevo che non dovevo rispondere.

«Io sono Dudley Dursley. Lo stupido cugino che lo picchiava e gli faceva i dispetti. E pulisco i cessi di una scuola media.»

Calò di nuovo il silenzio. L'aria pregna dell'odore di disinfettante era talmente spessa che mi sembrava di poterla masticare. Uno strano senso di amarezza e disagio mi appesantì lo stomaco, come un boccone mal digerito.

Dursley mi porse la felpa. «Tu sarai quello che cacciava i vestiti dentro i gabinetti. Ti rende più fiero, l'idea di essere quel tizio?»

Ripresi la felpa in un gesto più meccanico che volontario. Il verso stridulo della campanella stropicciò l'aria.

§*§

Una calca rumorosa di persone si affollava davanti alle docce degli spogliatoi.

«Ehi Fisherman! Perché non tiri fuori il tuo Bastoncino Findus?»

«Via l'asciugamano! Nudo! Nudo! Nudo!»

«Chi ha il cellulare, che gli scattiamo una foto?»

Riconobbi la risata di Ronnie e quella di un paio di miei compagni di classe. Mi avvicinai a loro con la palla di vestiti stretta al petto. Ronnie, in piedi su una delle panche, mi vide arrivare e sorrise.

«Sei arrivato giusto in tempo!» esultò, facendo cenno agli altri di spostarsi per permettermi di assistere meglio alla scena. Intravidi la figura appallottolata di Fisherman mezzo nudo, sul pavimento, una specie di pallottola di grasso che si copriva tremante con le braccia. «Hai un cellulare? Dobbiamo...»

Lo ignorai. Mi feci strada. Dovetti spintonare leggermente qualcuno per raggiungere il centro della calca. Quando fui davanti a Fisherman mi chinai su di lui. Gli tesi la palla di vestiti.

Non diventai quel tizio.

Fine

 

© Non possiedo ovviamente né Harry Potter né i suoi personaggi né la sua ambientazione, ma questa storia sì. È stata scritta senza scopo di lucro e gradirei che così rimanesse. Se volete pubblicarla altrove, citarla, recensirla, tradurla, stamparla e farci coriandoli, siete assolutamente liberi di farlo, basta riportare i dovuti credits. So long, and thank you for all the fish.

 



   
 
Leggi le 11 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Kukiness