Hot Heat

«Dov'è?» quasi urlò Beckett quando Alexis aprì la porta di casa.
«Nel suo studio», rispose senza problemi la ragazza, spostandosi per lasciare entrare la furia-Beckett.
«Tu!» questa volta la detective urlò veramente, non riuscendo a trattenersi. «Tu, brutto idiota! Come ti è saltato in mente?»
«Cosa?» chiese con tranquillamente Castle non preoccupandosi minimamente di trovarsi davanti una Beckett tutt'altro che calma.
«Il capitolo nove», sibilò lei sbattendo il libro sulla scrivania dello scrittore. «Per non parlare del decimo».
Castle sorrise sornione: «Oh, quello? Pensavo ti avrebbe fatto piacere un po' di romanticismo», ammise con candore, come se tutte le descrizioni nero su bianco in Heat Wave non fossero tanto esplicite.
«Mi dipingi come una ninfomane!» si lamentò ancora la detective.
«Ma non sei tu», disse lo scrittore con un'alzata di spalle. «Tu sei solo la fonte d'ispirazione, Nikki Heat non è poi tanto simile a te. E poi chi vuoi che se ne curi?»
Beckett ringhiò e si trattenne dall'estrarre la pistola per sparargli seduta stante. «Fammi pensare un attimo», disse poi facendo finta di contare sulle punte delle dita. «Diciamo tutti quelli che mi conoscono?»
«Prendila così: Nikki Heat è basata su di te, ma non è come te», sorrise Castle soddisfatto per quella soluzione.
Beckett si protese verso lo scrittore e lo prese per il colletto della camicia. «Ritira e modifica questa cosa o ti denuncio», minacciò lei cercando di incutere timore e spaventarlo.
«Sono uno scrittore, non un distributore automatico di trame a tuo piacimento», disse lui ancora col sorriso sulle labbra. «Però ci sarebbe una cosa che mi farebbe cambiare idea», ghignò malizioso.
Beckett lo guardò con gli occhi fuori dalle orbite orripilata e lo lasciò andare scocciata.
«Sai, ho bisogno di nuovi spunti per il secondo libro di Nikki Heat», sospirò con fare teatrale e facendole l'occhiolino.