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Autore: cartacciabianca    03/04/2010    11 recensioni
[850 parole] "Ingiustizia. Insofferenza. Collera. Non c’è più spazio per nessuna di queste cose. Riposo, l’eterno riposo, è un battesimo della mente al cui torpore è impossibile sottrarsi, una droga della quale si ha bisogno. Male che vada, se non potrà saldare il debito della morte di suo fratello col sangue del responsabile, allora usufruirà del proprio, senza ripensamenti, schiavo della stessa determinazione che lo distingue dalla massa."
[Personaggi: Malik Al-Sayf e...]
Genere: Triste, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad , Malik Al-Sayf
Note: What if?, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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_You are not my Savior
«Tu non sei il mio salvatore.»

Vorrei dedicare questa one shot a tutti coloro che si sentono male dentro, ripensando a stupidi motivi, quali litigi o incomprensioni, che hanno distrutto un amicizia o un amore.
Un augurio di buona Pasqua a tutti.
Salute e Pace.


Se non stesse già piovendo, Malik avrebbe sperato che nevicasse.
Ogni singola goccia che cade dal cielo graffia la pelle delle spalle come la lama di un rasoio; poi scivola via sul petto e traccia una scia argentata che si mescola a tutte la altre, continuando la sua discesa verso il basso. Su di sé non ha vestiti, non ha protezioni. Le gambe, per metà immerse nell’acqua nera del lago, non le sente già da un pezzo. I piedi nudi affondano tra i ciottoli e la sabbia del fondale. L’orizzonte si è nascosto dietro una fitta coltre grigiastra, la natura è fuggita all’abbraccio di quest’inverno pungente che comanda ai muscoli di attaccarsi alle deboli ossa. Il corpo umano, la macchina perfetta, è fragile e impotente dinnanzi alle forze inarrestabili del mondo che lo circonda. La furia della tempesta, che sfoga su di lui tutta la sua collera, quasi lo trascina in avanti, esortandolo incontro alle correnti impetuose del lago.
Sul suo volto, mentre tutt’attorno esplode la disperazione, Malik ha dipinta una lieve smorfia, concentrato nella contemplazione del mondo che gli offre i suoi ultimo omaggi.
Basta.
È la parola che gli riecheggia in testa da giorni.
Basta al supplizio e all’ingiustizia di mille doveri tralasciati.
Basta all’insofferenza e alla collera altrui.
Non c’è più spazio per nessuna di queste cose. Riposo, l’eterno riposo, è un battesimo della mente al cui torpore è impossibile sottrarsi, una droga della quale si ha bisogno.
Male che vada, se non potrà saldare il debito della morte di suo fratello col sangue del responsabile, allora usufruirà del proprio, senza ripensamenti, schiavo della stessa determinazione che lo distingue dalla massa.
Quell’unico braccio che gli resta è rigido e teso, le dita sono strette sull’impugnatura decorata di una lama d’argento. La benda che ricopre l’arto amputato sembra alleggerirsi, come desiderando di sfilacciarsi adesso che non c’è più bisogno di bloccare l’emorragia, nonostante la ferita possa dirsi rimarginata.
Malik socchiude gli occhi e con piccoli passi si accompagna verso il centro del lago, dove giunge a nuoto con la sola forza delle gambe. Lotta contro l’inarrestabile intemperia della natura, quando tutto ciò che lo circonda non ha più importanza ormai. Il destino che il Maestro ha scelto per lui è carico di onore e rispetto, ma non c’è da parte sua la minima intenzione nel trascorrere il resto della sua vita chiuso in una Dimora.
Prima di infliggersi un profondo affondo in petto, all’altezza del cuore, Malik rievoca gli ultimi ricordi luminosi che ha di suo fratello, e prega perché egli sia già nell’aldilà ad attenderlo.
Ma la lama di quel pugnale non arriva mai a scalfire la viva carne, strusciando solo in superficie quando, per la sorpresa nel sentirsi sfiorare alle spalle da un corpo estraneo, Malik abbandona l’impugnatura. La lama si perde negli abissi, mentre il ragazzo tenta disperatamente di riafferrarla. Rinchiude il respiro nelle guance e per un breve tratto s’immerge alla cieca sotto la superficie dell’acqua, ma la presenza costantemente al suo fianco lo risolleva prima che riesca a toccare il pugnale con un dito. Sgrana gli occhi, e un cumulo di bollicine bianche fende l’oscurità degli abissi venendo dalla sua bocca, i cui denti sono serrati dall’indignazione.
L’unica ed ultima opportunità che aveva è andata persa per sempre, e si allontana sempre più dalla sua portata, trascinata dalle correnti verso il fondo del lago.
Una presa calda, a contrasto col freddo intenso che gli carezza tutto il corpo, lo afferra per il polso e lo accompagna dolcemente verso la superficie.
Malik chiude gli occhi. Non può star a guardare quella disgrazia un minuto di più. Al contempo un flebile sollievo gli accende di poca luce una candela nell’animo.
In pochi, brevi istanti è di nuovo in grado di toccare con le ginocchia il fondale di sabbia e ciottoli, mentre il suo non Angelo Custode lo conduce sulla costa.
Il graffio che Malik è riuscito a farsi sul petto gocciola sulla pelle assieme all’acqua della pioggia, che assieme a quella del lago l’ha inzuppato fino al midollo. I capelli sono piatti sulla testa, che gli ricade in avanti sopraffatto dalla rassegnazione: ancora una volta il suo io più profondo è stato violato dallo stesso essere che gli ha salvato la vita.
Malik non ha bisogno di voltarsi per riconoscere il volto che si cela sotto quel cappuccio, oltre il quale ( per quanto ricordi ) si sono spinti solo i suoi occhi, ora socchiusi.
La benda che ricopre il braccio amputato, mentre discretamente Altaïr lo accompagna sulla riva, cede e si sfilaccia nell’acqua. Il sangue va a mescolarsi col nero inchiostro del lago.
Piccole goccioline viola gli solleticano la pelle alla base del collo, e ricadono maliziosamente lungo il petto e gli addominali scolpiti da vent’anni di massacranti addestramenti.
Potevo trovare la pace, e tu me l’hai tolta…
Altaïr lo avvolge dei suoi vestiti che ha trovato gettati sulla riva del lago. Il baratro tra i sentimenti contrastanti che lottano in lui si è fatto così ampio, che ora Malik precipita nell’oscurità dello stesso, privo di forza, privo di sensi.
Tu non sei il mio salvatore.
































































Angolo d'Autrice:
Breve sclero commemorativo, tutto incentrato su un presunto suicidio di Malik.
Diciamo che, dopo una prima lettura, può sembrarvi il lavoro di una E.P.F.D.T. (Ovvero Emo Psicopatica Fuori Di Testa). Ebbene… psicopatica pure pure, ma Emo proprio no! XD
L’idea nasce dopo aver beccato quell’immagine su tale fan forum: http://our-power.forumfree.it/
Anche se non ho idea a chi appartengano i diritti d’autore della fan art <.< che non so se rientra in una collezione di DeviantArt.
Ma tornando a noi. U.U
850 parole tutte dedicate a Malik Al-Sayf e al suo immenso dolore per la morte di Kadar, il suo fratellino.
Spero di non avervi depresso troppo <.<
Chiarimenti:
1. Sì, Malik si fa il bagnetto tutto gnudo :3
2. Lo sapevo che lo sapevate che Alty l’avrebbe salvato! XD
3. La pioggia… sì, potevo anche risparmiargliela. Ma come sono cattiva! *Muahahah!*
4. Le vicende si svolgono in un periodo ipotetico prima che Malik si trasferisce a Gerusalemme per fare il Rafiq. (Con la "Q" mi raccomando!!)
5. Recensite :D e non è un optional, ma un ordine è__è
6. LOL
   
 
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