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Autore: GoldSaints    05/04/2010    22 recensioni
Santuario di Athena, Grecia. Il Pontefice impazzito è nervoso, sa che Athena è viva e presto, da Tokyo dove si è rifugiata per tredici anni, verrà a reclamare scettro e trono regale. Per pensare meglio, ordina nel villaggio di Rodorio una pizza Quattro Stagioni, nel ristorante di recente apertura. Il Pontefice non sa cosa lo aspetta, Francesco si staglia all'orizzonte. THE SANCTUARY: REALODED. [Può avere effetti collaterali, assumere con cautela: presenza di un Gary Stu]
Genere: Commedia, Parodia, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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A Rodorio la vita scorreva diversamente che altrove

Quella sporca dozzina

Saint Seiya - The Sanctuary: Reloaded

 

 

(by Gold Saints Milo, Camus & Aphrodite)

 

 

 

EPISODE 01

Francesco! Un nuovo eroe all’orizzonte!

 

 

 

 

A Rodorio la vita scorreva diversamente che altrove.

A Rodorio sembrava essere, in una certa misura, rimasti indietro di millenni, nonostante la vivace modernità della vicina Atene. Sembrava essere rimasti all’epoca in cui Achille ancora calpestava quelle terre, per intenderci.

Essendo la cittadina dispiegata ai piedi del Santuario, faceva più parte del Mondo Segreto che di quello di fuori, e tutti i suoi abitanti conducevano una vita regolata dalle antiche usanze achee, rispettando come autorità quella del Pontefice di Athena.

Con il passare dei secoli la modernità era filtrata nel Mondo Segreto, ma senza violenza: soltanto un po’, come una sfumatura lieve tra gli edifici classici, come un ponte tra l’antico stile di vita e il trascorrere del tempo inesorabile. Per questo qualcuno aveva storto il naso, a Rodorio, quando un piccolo ristorante italiano aveva fatto la sua comparsa tra le botteghe, di fronte alla piazza.

Poiché era un locale piccolo, non più grande di una taverna, e poiché l’Italia era ancora considerata, per lo più superficialmente, tutta quanta Magna Grecia, alla fine era stato accolto senza troppe storie.

Il proprietario era un uomo di chiare origini latine, dall’aria simpatica.

Un giorno era salito su una sedia impagliata, davanti agli occhi di tutti, in grembiule bianco e maniche arrotolate, e aveva inchiodato sulla porta l’insegna in legno, facendosi suggerire dal figlio la locazione precisa.

“Dì, Francesco! Qui?”

“Un po’ più a destra, papà”.

“Qui?”

“Lì è dov’era prima, papà”.

“Qui, allora.”

“Troppo! Così sembra l’insegna del barbiere!”

C’era voluto un po’ di tempo, che aveva permesso agli abitanti di Rodorio in giro per commissioni di raccogliersi a capannello lì intorno, ma alla fine l’insegna ProntoPizza campeggiava sul muro imbiancato.

Anche il barbiere era uscito dalla bottega di lato, per vedere cosa stava succedendo.

ProntoPizza?” aveva letto, pulendo il rasoio. “E’ già pronta, appena entro?”

Francesco aveva guardato il vicino sbattendo le palpebre. “No… no, beh, dieci minuti ci vogliono, col forno a legna… Ci chiamiamo ProntoPizza perché prontamente arriviamo dappertutto… sì, insomma, almeno nelle vicinanze, ecco… Facciamo servizio d’asporto.”

“Ma pensa,” aveva detto il barbiere. Aveva considerato di essere decisamente fortunato, ad essere così vicino: se avesse avuto voglia di cucina di Magna Grecia, l’avrebbe avuta in un attimo, proprio pronta.

Da quel momento era diventato uno dei clienti migliori, dando un ottimo avvio all’attività di Francesco e suo padre.

 

Non aveva idea di cosa fossero i Saint. Poco a poco, però, vivendo in quella culla di classicità e integrandosi nel villaggio, Francesco aveva avuto modo di conoscerli.

Si trattava di eroi leggendari, che come gli dèi dell’olimpo vivevano su un alto monte, inerpicati sulla roccia. Qualcuno gli aveva indicato il Santuario, che si ergeva imponente e magnifico e Francesco era ammutolito.

La gente di Rodorio raccontava avventure mirabolanti sul loro conto: diceva che erano ragazzi straordinari, capaci di spezzare le rocce con un calcio, di frantumare le galassie tenendole nella propria mano e che il loro potere derivava dalle stelle.

Si diceva che un Cavaliere d’Oro, uno dei Saint della massima gerarchia, avesse – duecento anni prima - salvato il villaggio dalla distruzione per mano delle forze del male: era giunto con il suo viso bellissimo e l’armatura d’oro, con il mantello sulle spalle, e aveva circondato Rodorio delle sue rose venefiche, per tenere il nemico lontano. A Francesco era sembrata una favola per bambine, ma si era trattenuto dal dirlo, perché la gente ne parlava come di un episodio sacro e aveva aggiunto che il Gold Saint era morto in quello scontro, morto per salvare i loro avi.

“Ma li avete mai visti, questi Saints?” aveva chiesto un po’ scettico e un po’ intimidito, quando ancora non sapeva che presto li avrebbe incontrati tutti. “In questa epoca, intendo, con i vostri occhi…”

I più l’avevano guardato come se fosse un sacrilego. C’era forse bisogno di vederla, la bella Athena, per sapere che era lassù, al Tempio, che vegliava su di loro?

I più si sarebbero pietrificati sul posto nel sapere che la bella Athena, in quel preciso momento, era a Tokyo ad organizzare una Guerra Galattica in mondovisione. Per fortuna a Rodorio non c’erano televisori né satelliti.

Qualcuno, più bendisposto, aveva fatto girare Francesco verso la strada.

“Non dire niente,” aveva sussurrato al ragazzo “ma eccone uno, lì”.

Francesco aveva guardato, con il cuore in subbuglio, e aveva visto un ragazzo alto, dal fisico scolpito che dava immediatamente l’impressione di essere un guerriero.

Aveva i capelli corti e, nonostante la fierezza del suo portamento, teneva gli occhi bassi.

“Quello è un Gold Saint?”

“Shhh!” era stato zittito. Francesco tacque e lo guardò meglio. Gli sembrava dimesso, in qualche modo, così diverso da quello che duecento anni prima, si diceva, aveva salvato Rodorio morendo nell’impresa. Non aveva né armature d’oro, né ampi mantelli ad incorniciare la sua figura. Vestiva solo una lorica di cuoio,  d’allenamento, in perfetto stile greco.

“Non  guardarlo troppo. È fiero e potente e non tollera gli sguardi protratti a lungo. Noi, qui, al villaggio, ne sappiamo poco, ma si dice che sia successo qualcosa, anni fa, di brutto. Che suo fratello abbia fatto qualcosa che non andava fatto, che abbia tradito, così adesso chiamano traditore anche lui. Cos’ha fatto? Non lo sappiamo. Non è che ci dicano molto, a noi, di quello che succede al Tempio. Noi stiamo qui e loro lassù. Qualche volta scendono al villaggio, ma per lo più mandano i servitori e allora…”

Qualche parola era giunta all’orecchio del giovane guerriero, che aveva guardato nella direzione di Francesco con aria feroce, di una belva. Poi però non aveva detto niente, aveva chinato il capo, le labbra serrate, ed era andato via.

 

Se dovete immaginare Francesco, immaginatelo come un protagonista, perché lo sarà. Almeno di questa storia.

Se poi volete fare le cose per bene, immaginatelo come il protagonista di un manga di Kurumada. Non è difficile: i protagonisti di Kurumada sono tutti uguali. Li si ama anche per questo.

Espressione risoluta, quindi, grandi occhi scuri e capelli corti in balia del vento.

Diversamente dagli altri, però – e molto probabilmente questo lo renderà ai vostri occhi un Gary Stu – Francesco faceva il fattorino: nel locale di suo padre prendeva le ordinazioni ed era incaricato di portare le pizze richieste dai clienti ovunque si trovassero nei pressi di Rodorio e di Atene.

Era fornito di una grosso zaino rigido, di forma cubica, da portare sulle spalle. Poteva contenere anche dieci cartoni di pizza impilati e sullo sfondo nero c’era la scritta ProntoPizza, sfavillante come una stella. Per aiutarsi nel suo compito aveva una motoretta.

Su questa, gli abitanti di Rodorio avevano storto il naso perfino di più, ma avevano ben compreso che sarebbe stato difficile per quel povero ragazzo consegnare pizze a domicilio senza l’ausilio di un mezzo di locomozione. Così avevano chiuso un occhio.

 

La grande avventura di Francesco iniziò una sera in cui le cose al Grande Tempio, stavano prendendo una piega poco bella. L’umore del Pontefice era straordinariamente scostante e perfino i suoi servitori e le servitrici gli stavano lontane il più possibile.

Fatto piuttosto inquietante, i capelli lunghi e fluenti, da sotto l’elmo, erano diventati più scuri che mai e questo, all’occhio attento di uno qualsiasi degli inservienti del Grande Tempio, era un segnale di estrema cautela. Tanto più che sotto la maschera era impossibile scorgere il viso di quell’uomo per capire cosa gli stesse passando per la mente.

Di solito quelli che si avvicinavano troppo al Grande Sacerdote quando era in quelle condizioni scomparivano misteriosamente e non facevano più ritorno.

Quello che mandava Saga – nascosto nei paramenti pontifici da oltre tredici anni – fuori dai gangheri era proprio tutta la storia della Guerra Galattica a Tokyo.

Non aveva bisogno di televisori o di satelliti per rendersi conto di un grande fermento di Cosmo, laggiù, e stava cominciando a far quadrare i conti: qualcosa nella sua ascesa al potere era andata storta e adesso sembrava avere tutta l’aria di voler organizzarsi per mettergli i bastioni tra le ruote.

Una fanciulla più audace delle altre, nella tunichetta leggera, aveva seguito il Pontefice fino alle sue stanze private e lui non si era nemmeno scomodato a farle un cenno o per sbatterla fuori.

Lei era rimasta lì, a passare nervosamente il peso da un piede all’altro, senza sapere che fare per aiutarlo: era vero che stava dando in escandescenze, ma era pur sempre il Pontefice di Athena.

La ragazza sospirò. Se c’era qualcosa che poteva fare l’avrebbe fatto.

Si accostò a lui, coraggiosamente, decisa a donare la propria vita o il proprio corpo, se fosse stato necessario, per indurlo alla ragione.

Il Grande Sacerdote si girò di scatto verso di lei, minaccioso ed alterato.

“Mio Signore…? Posso… fare qualcosa?” deglutì.

Lui le riservò uno sguardo indecifrabile della maschera neutra, e il suo Cosmo vibrò oscuro. La osservò a lungo.

Un attimo dopo l’aveva spedita a Rodorio, dal nuovo pizzaiolo d’asporto. Il cibo placa sempre gli animi.

 

“Una pizza, certo. Come la vuole?”

La ragazza si tormentò le mani. Bella domanda. Come la voleva? “Non lo… come c’è?”

Francesco aprì pazientemente il menù davanti a lei, sul bancone: se c’era una cosa che sapeva fare era il suo lavoro.

“Margherita, Quattro Stagioni, Marinara, ai Formaggi…” elencò professionalmente, il tono sicuro di chi snocciola lo stesso elenco da anni. Solo pizze tradizionali, era solito dire suo padre. Mica quelle robe inventate! Vecchio stile.

“Quattro… Stagioni?” domandò lei. Che cosa voleva dire? E soprattutto, se fosse stata il Pontefice, che cosa avrebbe voluto su una pizza? …se fosse stata il Pontefice? Era un pensiero così blasfemo che lo scacciò.

“Quattro Stagioni”, approvò lui e segnò su un foglietto così rapidamente che lei non ebbe il coraggio di replicare. Era solo un’ancella, che Athena la proteggesse! “E da bere? C’è una lattina in omaggio”.

“Una cosa?” spaventatissima. Il Grande Sacerdote le aveva chiesto una pizza, non una lattina. Se fosse tornata con una lattina avrebbe potuto ucciderla. Soprattutto se ancora aveva i capelli così neri.

“Coca Cola?” consigliò Francesco, accademico. “La Coca Cola piace praticamente a tutti”.

Almeno piaceva un sacco al barbiere, in fila dietro la ragazza, che cominciava a spazientirsi per la lunghezza dell’ordinazione. Lo si sentì sbuffare.

Ancor più intimidita, l’ancella annuì febbrilmente. Francesco segnò tutto, insieme all’indirizzo.

Grande Sacerdote di Athena. Tredicesimo Tempio del Santuario. Quattro Stagioni e Coca Cola per le nove e mezza.

 

La vespa tacque, quando Francesco spense il motore. Consegnò le pizze al barbiere e alla sua famiglia, estraendole dal contenitore cubico, poi se lo rimise sulle spalle: ne era avanzata ancora una, l’ordine più importante della serata.

“Grazie Francesco! Ecco qui”.

“Grazie a voi”. Prese i soldi e rese il resto. Se c’era qualcosa che non andava dimenticata, diceva sempre suo padre, era l’educazione. “Buona serata!”

Rimontò in sella e diede gas, diretto al Grande Tempio. Mentre avanzava sulla strada sterrata, alzò lo sguardo all’enorme complesso di edifici antichi. Nella notte, bianco come l’avorio, incuteva un certo timore e l’aura che emanava era di potere e saggezza profonda.

Poiché la salita si stava facendo impraticabile, Francesco si rese conto che avrebbe dovuto proseguire a piedi.

Con il suo porta pizze sulle spalle, guardò risoluto davanti a sé, la Prima Casa dello Zodiaco che lo sovrastava imponente.

Erano le nove. E Francesco era dell’opinione che mai una pizza sarebbe stata consegnata in ritardo dalle sue mani, mai.

Si mise in cammino.

 

 

 

 

 

L’angolo del ProntoPizza

(anche servizio d’asporto)

 

Il Fandom è abituato alla Mary Sue: qualcuno le ama, qualcuno ha sviluppato gli anticorpi per tenerle a bada.

Nessuno, però, si aspetta un Gary Stu: siete tutti a rischio davanti a questa minaccia.

Francesco non vi darà requie.

Francesco vive a Rodorio.
Francesco ha una missione e la porterà a termine.

È così in gamba che dalla prossima volta lo incontrerete di persona in questo angolo commenti, e ad ogni vostra esigenza risponderà con le proprie mani.

Che aspettate? Seguitelo sulle scale del Santuario.

Avete mai sentito il Cosmo, dentro di voi?

 

   
 
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