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Autore: Elisechan    06/04/2010    5 recensioni
Inizia tutto con un incubo. No, non è Zel che sogna Rezo! Zelgadiss e Amelia stanno per avere una discussione mattutina su cosa rende tale un essere umano.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Amelia, Zelgadis Greywords
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’umanità non è una questione di pelle

 

Sangue. Molto sangue. La cosa che più detestava al mondo. E ne aveva le mani praticamente ricoperte. Troppo sangue. Il suo sangue. Ma come era possibile? La sua pelle era di pietra per cui come poteva mai sanguinare? Spostò lo sguardo dalle proprie mani al corpo che giaceva dinnanzi a lei e la memoria la colpì all’improvviso. Gaav! Il Dark Lord era stato sul punto di ucciderla con la sua enorme spada! Ma Zelgadiss l’aveva protetta. Era saltato di fronte al mazoku subendo il colpo diretto a lei. Salvandola. E ferendosi. Gravemente.

Amelia si svegliò con un grido strozzato. Le sue mani tremavano e aveva tutto il corpo ricoperto da freddo sudore. Con uno sforzo lasciò andare la coperta che serrava tra le mani e fissò la stanza buia che la circondava. Quell’incubo. Di nuovo. Quel ricordo per essere esatti. Ma nel sogno non era stata in grado di castare Resurrection in tempo. Zelgadiss era semplicemente morto. Steso sulla terra, ricoperto di sangue, ferito a morte da una spada. Proprio come lei. Ricordava poco dell’accaduto. In fondo era solo una bambina quando sua madre era stata brutalmente uccisa davanti a lei e a sua sorella Gracia. Ma ricordava il sangue. Era praticamente tutto ciò che riuscisse a ricordare.

Ma l’incubo. Perché Zelgadiss e perché proprio ora? Adesso che tutto era tranquillo. Che nessun mazoku dava loro la caccia. Ora che finalmente stavano tornando a Saillune per riprendere la loro normale vita. Per quanto si sforzasse Amelia non riusciva a capire. Non riusciva ad individuare cosa ci fosse di sbagliato. Ovviamente era una sacerdotessa di Cephied e come tale poteva disporre di una certa quantità di potere di preveggenza per cui forse questo incubo ricorrente poteva essere in realtà un segno. Una premonizione. Ma perché proprio il sangue? Perché il sangue di Zelgadiss? Per un breve momento prese in considerazione l’ipotesi di rivelare le sue preoccupazioni agli altri ma cosa poteva mai dire loro? E soprattutto a chi? Lina si sarebbe limitata a prendersi gioco di lei e Gourry probabilmente si era già dimenticato completamente della battaglia contro Gaav. Questo lasciava solo Zelgadiss e Xellos. Ma come poteva fidarsi delle parole del mazoku, sempreché le dicesse qualcosa di diverso dalla frase che era il suo marchio di fabbrica. E Zelgadiss era semplicemente fuori discussione. Non poteva rivelargli che lo sognava praticamente ogni notte! Era troppo imbarazzante!

Con un sospiro rassegnato la ragazza scese dal letto. Come per le altre notti oramai dormire era fuori questione per cui decise di alzarsi e scendere al piano di sotto per vedere se era rimasto qualcosa da mangiare in cucina. Ammesso che Lina e Gourry avessero lasciato qualcosa di edibile nell’intero albergo, ovviamente. Ridacchiò al pensiero dei suoi due amici che litigavano sul cibo. I cuochi di Saillune erano rimasti talmente scossi dalla loro ultima visita che ancora tremavano al solo nominarli!

Il sole non si era ancora levato e la cucina era completamente immersa nell’oscurità ma un piccolo incantesimo riuscì a fornire abbastanza luce da permetterle di trovare rapidamente qualcosa di commestibile. Si sedette quindi all’enorme tavolo di legno che dominava il centro della sala e cominciò tranquillamente a mangiare la sua colazione. Senza Lina e Gourry in giro a rubarle il cibo poteva per una volta permettersi di assaporare la pietanza con calma ma la sua mente non cessava di analizzare i possibili significati del sogno. Forse erano soltanto le sue paure che lui potesse essere ferito di nuovo. No, non poteva essere. Lei era costantemente preoccupata per l’incolumità dei suoi amici, perché iniziare a sognarne solo ora? Non aveva senso. Forse era una sua insicurezza. Magari non aveva abbastanza fiducia nei suoi poteri e aveva paura di non riuscire a guarire i suoi amici in tempo qualora si fossero trovati nei guai. Era una possibilità. Ma, di nuovo, perché iniziare ora a preoccuparsene?

Mentre i suoi pensieri andavano in quella direzione, un lieve rumore catturò la sua attenzione. Si alzò in piedi assumendo automaticamente una posizione di difesa lasciando andare l’incantesimo di luce e preparando al suo posto un Elmekia Lance. Continuando a mantenere la concentrazione sul suo incantesimo, alzò la voce “Chi c’è? Mostrati adesso oppure il Martello della Giustizia calerà su di te! È estremamente ingiusto spiare le persone approfittandosi del buio per nascondersi!”. Una goccia di sudore poteva a questo punto essere vista sulla soglia della cucina da cui il rumore proveniva. “Sono io Amelia” disse una profonda voce mentre colui che la possedeva castava a sua volta un incantesimo di luce “E non mi stavo nascondendo. Semplicemente non mi hai dato il tempo di avvertirti della mia presenza”

“Zelgadiss-san! Mi hai spaventato!” si lamentò Amelia abbassando le mani e lasciando che l’incantesimo si dissipasse. “Ho pensato che fossi un criminale! Per poco non ti lanciavo contro un Elmekia Lance!”

“Spiacente” replicò laconicamente la chimera raggiungendo il tavolo “Ti ho sentito scendere le scale e mi chiedevo quale fosse il problema. Non riesci a dormire?”

“Più o meno” rispose evasivamente la ragazza. Poi come se un’idea l’avesse improvvisamente colpita “E poi avevo fame!” aggiunse con un sorriso, sperando di far cadere l’argomento. Non sarebbe riuscita a dire una bugia neanche se l’avesse voluto e dopotutto mentire era sempre e comunque sbagliato!

“Capisco” affermò Zel notando il suo panino mangiato per metà. “Ti spiace se mi unisco a te? Gradirei molto una tazza di caffè”

I suoi occhi color verde acqua erano fissi su quelli blu scuro di lei che non riuscì a far altro se non arrossire e abbassare lo sguardo “Certamente Zelgadiss-san! Sarei lieta di avere la tua compagnia. Per favore, siediti ti preparo subito la tua colazione! Ci metto un attimo!” era così felice che lui volesse trascorrere un po’ di tempo con lei che mancò del tutto l’occhiata perplessa che la chimera le indirizzò.

“Grazie, Amelia” una tazza di caffè fumante tra le mani, Zel si sedette sul lato opposto del tavolo occupato da Amelia.

“Di niente!”. È così attraente. Come può mai pensare di essere un mostro. Lo sguardo della ragazza era così intenso che Zel poteva avvertirlo fisicamente sulla sua pelle di pietra. Non era affatto una brutta sensazione ma lo metteva un po’ a disagio. Arrossendo furiosamente, tossì per distogliere l’attenzione di Amelia dalla sua persona.

La ragazza sussultò e, seppur visibilmente imbarazzata, riportò la propria attenzione sulla colazione consumata per metà.

“Ancora incubi?” domanda secca.

“Come fai a…” cominciò la ragazza, poi, abbassando lo sguardo “Si”.

“Ho un buon udito, lo sai. Posso sentirti dalla mia stanza senza problemi. Ultimamente capita abbastanza spesso. Ogni notte nell’ultima settimana. Ti va di parlarne?”

“Mi spiace aver disturbato il tuo riposo Zelgadiss-san. Cercherò di non svegliarti più. E comunque è solamente un sogno. Niente di cui preoccuparsi, ti assicuro. Forse è solo lo stress” concluse imbarazzata. Amelia sapeva che non era la pura verità ma non era neppure una bugia. Davvero non sapeva se ci fosse effettivamente motivo di preoccupazione e in ogni caso era vero che gli ultimi eventi l’avevano completamente stremata!

“In effetti abbiamo subito un bel po’ di stress ultimamente” constatò lui pensieroso “ma non dimenticare che tu non sei una ragazza qualsiasi, sei una sacerdotessa di Cephied. Se è sempre lo stesso incubo magari è una premonizione per cui non sottovalutarlo”.

“In effetti, è un ricordo, non un sogno qualunque” cedette alla fine con un sospiro. Magari poteva realmente aiutarla a capire la situazione. Era così imbarazzata! Ma oramai era troppo tardi per tornare indietro. Nonostante le sue guance si fossero colorate di un rosso intenso, la ragazza prese un respiro profondo e continuò “Continuo a sognare la battaglia contro Gaav. Quella volta in cui sei stato ferito al mio posto. Nel sogno però non riesco a castare Resurrection in tempo e mi sveglio fissando le mie mani ricoperte dal tuo sangue”.

Zelgadiss rimase silenzioso per un po’ pensando e sorseggiando la bollente bevanda. Ricordava alla perfezione quel momento. Si era così spaventato quando Amelia era stata ferita, prima che Milgazia la salvasse. Si era sentito completamente impotente. E poi, quando Gaav stava per colpirla non aveva sopportato di vederla in pericolo. Si era lanciato inserendosi tra lei e la spada del mazoku usando la velocità garantitagli dal suo essere chimera senza pensare, facendole da scudo col proprio corpo. L’aveva raggiunta in tempo. Un dolore lancinante era esploso nella sua schiena nel momento in cui la spada aveva oltrepassato la sua pelle di pietra piantandosi nella carne sottostante, poi, il buio. Il successivo ricordo consisteva in Amelia protesa su di lui impegnata in un incantesimo, Resurection probabilmente. Non riusciva a ricordare il particolare delle sue mani insanguinate ma, rammentando in che stato erano ridotti i suoi vestiti al termine di quell’avventura, non aveva difficoltà a ritenerla una cosa più che probabile.

Osservando la sua faccia pensierosa, Amelia si ritrovò improvvisamente a pensare ad un altro possibile significato per quel sogno. Forse, se ce la metteva tutta, riusciva anche a raccogliere abbastanza coraggio per spiegargli l’idea che le si stava formando nella mente.

Prendendo un altro respiro profondo, si alzò dalla sedia e si avvicinò alla chimera aggirando il tavolo. Lui si accorse della sua presenza solo quando ormai lei era a pochi passi di distanza e sollevò lo sguardo a guardarla con aria interrogativa.

Senza una parola Amelia si avvicinò e prese posto a pochi centimetri di distanza da lui. “Credo di aver capito cosa significa quel sogno. Posso farti una domanda Zelgadiss-san?” una profonda determinazione negli occhi. “So che è una domanda molto personale. E probabilmente è qualcosa di cui non vuoi parlare. Ma è necessario per scoprire le la mia ipotesi sul sogno è giusta o meno per cui, posso chiedere?”

I suoi enormi occhi azzurri tenevano bloccati quelli verde acqua della chimera. Una irrazionale paura cominciò ad attraversare la sua mente.  Che faccio se mi chiede se sono innamorato di lei? Che le rispondo? Lottando contro il tempo cercò disperatamente di pensare a qualcosa che potesse toglierlo dalla brutta situazione in cui si stava cacciando ma senza fortuna. Maledizione! Non riusciva a negarle mai niente, specialmente quando lo guardava in quel modo. Il suo sguardo era a dir poco ipnotizzante.

Alla fine sospirò e, sconfitto, rispose semplicemente “D’accordo”.

La ragazza chiuse per un momento gli occhi e respirò profondamente, sperando che ciò l’aiutasse a calmare la folle corsa in cui si era gettato il suo cuore. Quando i suoi nervi furono abbastanza sedati, fissò nuovamente il suo sguardo sul volto della chimera e, con la massima serietà, chiese “Perché odi così tanto il tuo corpo Zelgadiss-san?”

In un primo momento Zel pensò che aveva capito male la domanda. Miracolosamente riuscì a non cadere dalla sedia ma non riuscì ad evitare di sbattere con tutta la sua forza il viso sul tavolo. Il rumore di una faccia di pietra che picchia violentemente contro un massiccio tavolo di legno era abbastanza forte da svegliare l’intero albergo. Fortunatamente la cucina si trovava abbastanza lontano dalle camere per cui nessuno si affacciò a chiedere cosa diavolo stessero combinando a quell’ora del mattino.

Con un piccolo sforzo Zel liberò i capelli dal tavolo in cui si erano conficcati e, mentre si strofinava il naso dolorante con una mano, la guardo incredulo. “M-Mi stai dicendo che dopo cinque anni che mi conosci non hai ancora capito che odio questo corpo?? Mi stai prendendo in giro, giusto?”

La ragazza sostenne lo sguardo con fermezza replicando “No, Zelgadiss-san. Io so che tu odi il tuo corpo, quello che non riesco a capire è perché lo detesti così tanto”

Furente, Zel era sul punto di dire qualcosa per terminare quella sgradevole conversazione quando Amelia lo fermò poggiandogli delicatamente una mano sulla bocca. “Per favore lasciami spiegare Zelgadiss-san”. Ritirando la mano poi continuò “Ci ho pensato molto e semplicemente non riesco a trovare una ragione per questo tuo odio. Tu detesti il tuo corpo di pietra, questo è ovvio. Ma perché? Non può essere una semplice questione estetica. Ti conosco e non sei così superficiale da dare molta importanza all’apparenza esteriore di una persona. Forse potrebbe essere il modo con cui gli estranei ti trattano ma a Seillune tutti oramai ti conoscono come un eroe e non ti temono più. Nessuno ti vedrebbe con sospetto e lo stesso avviene in Sairaarg e perfino in Taforashia. Per cui potresti tranquillamente stabilirti in uno di questi regni e nessuno ti darebbe il benché minimo fastidio. Oppure potresti andare a vivere in un’altra regione e dopo il primo impatto gli abitanti imparerebbero a conoscerti e a trattarti come una persona normale. Per cui qual è il VERO motivo per cui detesti il tuo corpo?”

Le sue mani erano premute contro la superficie del tavolo e si era alzata in piedi come ad affrontarlo. Girò il viso verso di lui per fissarlo direttamente negli occhi. Amelia aveva parlato con un tono di voce basso ma il suo corpo era completamente teso e contratto. Le sue parole, esattamente come i suoi occhi, erano talmente piene di determinazione che Zel dimenticò completamente quello che stava per dire. Per cui rimase in silenzio, abbassando la testa per fissare il tavolo.

Amelia notò il suo stupore per cui decise di concedergli il tempo di cui aveva bisogno e di aspettare tranquillamente la sua risposta. Un leggero rossore copriva le sue guance ma stavolta non era per l’imbarazzo. Era il risultato del discorso che aveva fatto. Aveva messo tutta se stessa in quelle parole. Tutto il suo amore per lui.

Dopo un momento di silenzio Zel riprese il controllo ed emise un leggero sospiro “Non è il mio aspetto il problema, Amelia” disse infine risollevando la testa.

La ragazza rifiutò di abbassare lo sguardo e con un cenno del capo lo incitò a proseguire.

“Il problema è che non sono umano! Il problema non è il mio aspetto esteriore. Il problema è come mi sento all’interno”. Ecco fatto. L’aveva finalmente detto. Aveva parlato dei suoi sentimenti. Alla fine ci era riuscito. Non si era mai spinto così lontano con nessuno. Non dal giorno dell’”incidente”. Non dal momento del suo cambiamento. E anche prima di quello non aveva mai parlato con nessuno dei suoi sentimenti perché non c’era nessuno con cui confidarsi in primo luogo. Zolf e Rodimus erano più figure paterne che amici e Dilgear e Noonsa non erano affatto amici. Erano solo suoi sottoposti. Rezo, beh, lui era il suo maestro. Gli aveva insegnato la magia sciamanica oltre a praticamente tutto quello che conosceva. Musica, letteratura, arte, storia e così via. Non aveva mai avuto una madre o una qualunque altra figura materna ad insegnargli come gestire i suoi sentimenti per cui aveva finito semplicemente con l’ignorarli. Fin’ora. Fino a che una giovane, allegra ed affettuosa principessa era inciampata letteralmente nella sua vita forzandolo a guardare dentro se stesso. Sbloccando tutti i sentimenti che portava dentro. Sforzandosi di comprenderli. Era incredibile quanto facilmente aveva abbattuto tutte le sue difese mentali ed era entrata nella sua testa. E nel suo cuore. Semplicemente incredibile. E sorprendente.

Amelia aveva sentito le sue parole e stava disperatamente cercando di capire come procedere. Zel si era finalmente aperto un po’. Se non procedeva con cautela rischiava che si richiudesse nuovamente dentro se stesso.

Invece delle parole, la ragazza optò per una semplice azione. Si sedette sulla sedia accanto a lui e sollevò le mani fino a raggiungere il suo volto. Con cautela, timidamente, poggiò le mani sulle sue guance.

Tale contatto riportò Zel alla realtà e fissò sbalordito la ragazza che sedeva al suo fianco. Stavolta non lo stava fissando negli occhi, invece il suo sguardo era diretto alla strana pelle di pietra. Le sue mani continuavano ad esplorarla con le sue piccole dita.

La sua pelle era calda al contatto e molto flessibile. Era logico che lo fosse, altrimenti il ragazzo non avrebbe avuto modo di muoversi o di parlare. Era così liscia. Sorprendente. Anche le piccole pietre incastonate sul suo mento e attorno agli occhi erano levigate e calde.

“Sei caldo” bisbigliò. Il suo cuore batteva veloce a causa dell’adrenalina che le scorreva nelle vene e della stupenda sensazione che quel semplice contatto le provocava. “Esattamente come pensavo. Questo conferma la mia ipotesi” aggiunse dopo un momento. Il sangue nel mio sogno non era una premonizione, pensò, era solo un modo per la mia mente di mostrarmi come aiutarlo a comprendere qualcosa di estremamente importante su se stesso. Spero solo che mi lasci dimostrare quanto umano sia in realtà.

Zel era rimasto impietrito. Quando Amelia aveva gli aveva preso il viso tra le mani il suo cervello aveva smesso di lavorare. E così aveva fatto il suo respiro. Il suo cuore riprese a battere dopo qualche momento. Si erano già toccati in altre occasioni. Durante una battaglia mentre lanciavano qualche incantesimo oppure quando lei si era trovata in pericolo per spingerla fuori traiettoria. L’aveva perfino colpita sulla testa qualche volta quando lo meritava. Ma questa volta il contatto era differente. Questa volta era un contatto molto più intimo di qualsiasi altro mai avuto in un lungo periodo di tempo. Probabilmente anni. Le sue morbide mani spedivano sensazioni sorprendenti giù lungo la sua schiena e i capelli sulla nuca erano completamente dritti. Zel sapeva di doverla fermare. Di dover ritrarsi al suo tocco. Di dover interrompere il contatto. Ma il suo corpo semplicemente rifiutava di obbedirgli. Per cui rimase immobile. Appena osava respirare e non poteva far altro che osservarla stupefatto. Poi le sue parole lo riportarono alla realtà “Quale ipotesi?”

Lei sembrò pensare per un momento, poi riprese “Il tuo corpo è caldo. Ciò significa che c’è del sangue che scorre dentro te. E non è neanche troppo lontano dalla superficie. Altrimenti non saresti in grado di arrossire. E laddove c’è sangue ci sono anche organi. Non sei fatto completamente di pietra. Solo la tua pelle lo è. Un sottile strato che protegge la tua parte umana” fece una pausa e lui ne approfittò per ritrarsi e segnare un punto “Gli umani non hanno una pelle di pietra!”

Amelia si sentì delusa dalla brusca interruzione del contatto ma le sue fattezze mostravano solo determinazione “Ma non è la pelle che ci rende umani. Altrimenti una persona con la pelle completamente ustionata non sarebbe più umana. Non è la tua pelle a renderti meno umano. La parte golem è solo all’esterno. Come un vestito, o un guanto” così dicendo indico le mani della chimera.

Il ragazzo si accigliò. Come poteva la sua pelle non essere un chiaro segno del fatto che non era umano? Aveva ragione lei? Dopotutto era davvero più umano di quello che solitamente era abituato a pensare? Non poteva essere!

“Anche se la mia pelle non fosse un problema, c’è sempre la mia parte di demone. Lui non è confinato in un punto. È completamente fuso con la mia anima. Per cui non sono solo un umano con una pelle orribile!” sogghignò. Tristemente, la sua mente logica aveva segnato un punto a suo favore.

Amelia guardò in alto per un secondo persa nei suoi pensieri. Questa era difficile. Ostica. Ma non aveva intenzione di arrendersi così facilmente. “In effetti, penso che la parte di demone sia quella che più ti aiuti a sentirti umano!” disse con un leggero sorriso.

Lui la guardò incredulo. “COSA?” i suoi occhi si spalancarono e i pugni si serrarono.

La ragazza notò che si stava arrabbiando di nuovo per cui sollevò le mani in difesa e si affrettò a fornire una spiegazione per la sua precedente affermazione. “Non prenderla nel modo sbagliato Zelgadiss-san, non ti sto affatto prendendo in giro! Però fermati a riflettere un attimo. Quali poteri ti conferisce la parte demone?”

“Perché me lo chiedi?”

“Per favore Zelgadiss-san, rispondi alla domanda” supplicò Amelia con un’espressione triste sul viso.

Anche se ancora arrabbiato, non riuscì a sopportare la vista dei suoi occhi pieni di lacrime per cui, sconfitto, docilmente spiegò “Velocità, forza fisica, capacità magiche e sensi migliorati”

“Quali sensi?” chiese innocentemente lei.

“Tutti” replicò “vista, udito, olfatto, gusto e tatto”

L’espressione del volto di Amelia poteva essere identificata solo come soddisfazione. “Esattamente come pensavo. Non capisci Zelgadiss-san? La parte demone ti dona l’umanità che la parte golem ti ha portato via”.

Zel era senza parole. Amelia stava usando la logica per vincere la conversazione. Per obbligarlo a cambiare idea! Era una ragazza sveglia, questo lo sapeva, ma non aveva mai immaginato che potesse essere così intelligente! La sua ultima frase l’aveva colpito profondamente e una nuova consapevolezza finalmente cominciava a formarsi nella mente. “Stai dicendo che se Rezo non mi avesse fuso con un demone la parte golem mi avrebbe impedito di avvertire qualunque sensazione tattile?”

 “Esattamente” confermò la ragazza alzandosi nuovamente dalla sedia. Con  occhi che le brillavano di gioia aggiunse “I sensi potenziati ti permettono di avvertire il tatto come qualunque persona con una pelle normale, con il vantaggio di essere praticamente invulnerabile e molto più forte di ogni altro uomo! La tua condizione non è una cosa negativa, se solo la smettessi di deprimerti e commiserarti potresti essere felice anche senza una cura!”

“Ma come posso sperare di avere una vita normale con questo aspetto? Come potrebbe qualcuno avvicinarsi a me senza inorridire ed essere disgustato dalla mia vista? Sono destinato a rimanere solo per il resto della mia vita!” Zel non intendeva davvero dire quelle parole ad alta voce ma queste erano uscite prima che potesse fermarle. Per la prima volta in tanto tempo stava avendo un crollo emozionale. Sentiva tutte le sue barriere cedere e stava mostrando tutte le sue paure più nascoste ad Amelia. Di tutte le persone del mondo proprio a lei. La ragazza a cui teneva tanto.

La ragazza era stata presa alla sprovvista dalla sua violenta reazione ma recuperò rapidamente. Una nuova emozione stava crescendo dentro di lei. Rabbia. “Come puoi anche solo pensare che nessuno desideri esserti vicino? Ci sono molte persone che praticamente muoiono dalla voglia di stare anche solo nei tuoi paraggi. Sei la persona più intelligente, coraggiosa ed affascinante che abbia mai incontrato in tutta la mia vita. E credimi se ti dico che di persone ne ho incontrate molte sia a casa che durante i miei viaggi diplomatici! Personalmente sarei felice di poter esserti vicina per il resto della mia vita e te ne saresti accorto se non fossi così impegnato ad essere lo “spadaccino mistico senza cuore depresso” che ti piace tanto interpretare!” si fermò, più per prendere fiato che perché avesse realmente concluso. La rabbia tuttavia stava giù lasciando il posto ad altre sensazioni dentro di lei. I pugni serrati. Il suo volto arrossato. Il suo intero corpo percorso da brividi. Il miscuglio di emozioni aveva completamente preso il controllo delle sue azioni. Alla fine, sottili lacrime iniziarono a fluire dai suoi occhi. I sommessi singhiozzi furono ciò che riportò alla realtà Zelgadiss.

La chimera era in uno stato che poteva definirsi solo shock. Lei voleva stargli vicino. Ciò significava che Amelia lo desiderava? Che provava dei sentimenti per lui? Che in effetti lo amava? Impossibile. Doveva essersi immaginato tutto. Magari era solo un sogno. Si sarebbe svegliato al mattino in una anonima stanza d’albergo con Gourry che russava nel letto di fianco al suo… questi i suoi pensieri prima che Amelia cominciasse a piangere.

Girò la testa nella sua direzione e finalmente, finalmente tutto divenne chiaro. Limpido come l’acqua. Non le aveva mai prestato abbastanza attenzione. Non aveva prestato abbastanza attenzione neanche a se stesso d’altronde. Se l’avesse fatto avrebbe notato molto tempo fa che qualcosa più di una semplice amicizia li univa. Qualcosa di molto più forte e profondo. Finalmente aveva capito.

Improvvisamente Amelia avvertì un timido braccio avvolgerla in un goffo abbraccio. Il suo cuore saltò un battito ma rispose all’abbraccio quasi istantaneamente, piangendo debolmente sul suo petto. Stettero così per molto tempo, traendo conforto l’uno dall’altra finché Zelgadiss poggiò una mano sulla guancia della ragazza bisbigliando un debole “Grazie”.

La sua risposta non arrivò mai in quanto la chimera chiuse lo spazio che ancora li separava poggiando le sue labbra di pietra contro quelle di lei nel più delicato dei baci. 

 

 

Nota dell’autore: questa è la traduzione di un mio lavoro concepito direttamente in inglese. Un grazie a Ladylina77 che mi ha convinto a tradurlo e a postarlo per tutte le fans Z/A di epf. Vi sarò immensamente grata se lascerete un commento, sia che vi sia piaciuto o meno. Grazie per il vostro tempo. A presto!

                                                             

  
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