L’umanità
non è una questione di pelle
Sangue.
Molto sangue. La cosa
che più detestava al mondo. E ne aveva le mani praticamente
ricoperte. Troppo
sangue. Il suo sangue. Ma come era
possibile? La sua pelle era di pietra per cui come poteva mai
sanguinare?
Spostò lo sguardo dalle proprie mani al corpo che giaceva
dinnanzi a lei e la
memoria la colpì all’improvviso. Gaav! Il Dark
Lord era stato sul punto di
ucciderla con la sua enorme spada! Ma Zelgadiss l’aveva
protetta. Era saltato
di fronte al mazoku subendo il colpo diretto a lei. Salvandola. E
ferendosi.
Gravemente.
Amelia
si svegliò con un grido
strozzato. Le sue mani tremavano e aveva tutto il corpo ricoperto da
freddo sudore.
Con uno sforzo lasciò andare la coperta che serrava tra le
mani e fissò la stanza
buia che la circondava. Quell’incubo. Di nuovo. Quel ricordo per essere esatti. Ma nel sogno
non era stata in grado di castare
Resurrection in tempo. Zelgadiss
era
semplicemente morto. Steso sulla terra, ricoperto di sangue, ferito a
morte da
una spada. Proprio come lei.
Ricordava poco dell’accaduto. In fondo era solo una bambina
quando sua madre era
stata brutalmente uccisa davanti a lei e a sua sorella Gracia. Ma
ricordava il
sangue. Era praticamente tutto ciò che riuscisse a
ricordare.
Ma
l’incubo. Perché Zelgadiss e
perché proprio ora? Adesso che tutto era tranquillo. Che
nessun mazoku dava
loro la caccia. Ora che finalmente stavano tornando a Saillune per
riprendere
la loro normale vita. Per quanto si sforzasse Amelia non riusciva a
capire. Non
riusciva ad individuare cosa ci fosse di sbagliato. Ovviamente era una
sacerdotessa di Cephied e come tale poteva disporre di una certa
quantità di
potere di preveggenza per cui forse questo incubo ricorrente poteva
essere in
realtà un segno. Una premonizione. Ma perché
proprio il sangue? Perché il
sangue di Zelgadiss? Per un breve
momento prese in considerazione l’ipotesi di rivelare le sue
preoccupazioni
agli altri ma cosa poteva mai dire loro? E soprattutto a chi? Lina si
sarebbe limitata
a prendersi gioco di lei e Gourry probabilmente si era già
dimenticato
completamente della battaglia contro Gaav. Questo lasciava solo
Zelgadiss e
Xellos. Ma come poteva fidarsi delle parole del mazoku,
sempreché le dicesse
qualcosa di diverso dalla frase che era il suo marchio di fabbrica. E
Zelgadiss
era semplicemente fuori discussione. Non poteva rivelargli che lo
sognava
praticamente ogni notte! Era troppo imbarazzante!
Con
un sospiro rassegnato la
ragazza scese dal letto. Come per le altre notti oramai dormire era
fuori
questione per cui decise di alzarsi e scendere al piano di sotto per
vedere se
era rimasto qualcosa da mangiare in cucina. Ammesso che Lina e Gourry
avessero
lasciato qualcosa di edibile nell’intero albergo, ovviamente.
Ridacchiò al
pensiero dei suoi due amici che litigavano sul cibo. I cuochi di
Saillune erano
rimasti talmente scossi dalla loro ultima visita che ancora tremavano
al solo
nominarli!
Il
sole non si era ancora
levato e la cucina era completamente immersa
nell’oscurità ma un piccolo
incantesimo riuscì a fornire abbastanza luce da permetterle
di trovare
rapidamente qualcosa di commestibile. Si sedette quindi
all’enorme tavolo di
legno che dominava il centro della sala e cominciò
tranquillamente a mangiare
la sua colazione. Senza Lina e Gourry in giro a rubarle il cibo poteva
per una
volta permettersi di assaporare la pietanza con calma ma la sua mente
non
cessava di analizzare i possibili significati del sogno. Forse erano
soltanto
le sue paure che lui potesse essere ferito di nuovo. No, non poteva
essere. Lei
era costantemente preoccupata per l’incolumità dei
suoi amici, perché iniziare
a sognarne solo ora? Non aveva senso. Forse era una sua insicurezza.
Magari non
aveva abbastanza fiducia nei suoi poteri e aveva paura di non riuscire
a
guarire i suoi amici in tempo qualora si fossero trovati nei guai. Era
una
possibilità. Ma, di nuovo, perché iniziare ora a
preoccuparsene?
Mentre
i suoi pensieri andavano
in quella direzione, un lieve rumore catturò la sua
attenzione. Si alzò in
piedi assumendo automaticamente una posizione di difesa lasciando
andare
l’incantesimo di luce e preparando al suo posto un Elmekia
Lance. Continuando a
mantenere la concentrazione sul suo incantesimo, alzò la
voce “Chi c’è?
Mostrati adesso oppure il Martello della Giustizia calerà su
di te! È
estremamente ingiusto spiare le persone approfittandosi del buio per
nascondersi!”. Una goccia di sudore poteva a questo punto
essere vista sulla
soglia della cucina da cui il rumore proveniva. “Sono io
Amelia” disse una
profonda voce mentre colui che la possedeva castava a sua volta un
incantesimo
di luce “E non mi stavo nascondendo. Semplicemente non mi hai
dato il tempo di
avvertirti della mia presenza”
“Zelgadiss-san!
Mi hai
spaventato!” si lamentò Amelia abbassando le mani
e lasciando che l’incantesimo
si dissipasse. “Ho pensato che fossi un criminale! Per poco
non ti lanciavo
contro un Elmekia Lance!”
“Spiacente”
replicò
laconicamente la chimera raggiungendo il tavolo “Ti ho
sentito scendere le
scale e mi chiedevo quale fosse il problema. Non riesci a
dormire?”
“Più
o meno” rispose
evasivamente la ragazza. Poi come se un’idea
l’avesse improvvisamente colpita
“E poi avevo fame!” aggiunse con un sorriso,
sperando di far cadere
l’argomento. Non sarebbe riuscita a dire una bugia neanche se
l’avesse voluto e
dopotutto mentire era sempre e comunque sbagliato!
“Capisco”
affermò Zel notando
il suo panino mangiato per metà. “Ti spiace se mi
unisco a te? Gradirei molto
una tazza di caffè”
I
suoi occhi color verde acqua
erano fissi su quelli blu scuro di lei che non riuscì a far
altro se non
arrossire e abbassare lo sguardo “Certamente Zelgadiss-san!
Sarei lieta di
avere la tua compagnia. Per favore, siediti ti preparo subito la tua
colazione!
Ci metto un attimo!” era così felice che lui
volesse trascorrere un po’ di
tempo con lei che mancò del tutto l’occhiata
perplessa che la chimera le
indirizzò.
“Grazie,
Amelia” una tazza di
caffè fumante tra le mani, Zel si sedette sul lato opposto
del tavolo occupato
da Amelia.
“Di
niente!”. È
così attraente. Come può mai pensare di
essere un mostro. Lo sguardo della ragazza era
così intenso che Zel poteva avvertirlo
fisicamente sulla sua pelle di pietra. Non era affatto una brutta
sensazione ma
lo metteva un po’ a disagio. Arrossendo furiosamente,
tossì per distogliere
l’attenzione di Amelia dalla sua persona.
La
ragazza sussultò e, seppur
visibilmente imbarazzata, riportò la propria attenzione
sulla colazione
consumata per metà.
“Ancora
incubi?” domanda secca.
“Come
fai a…” cominciò la
ragazza, poi, abbassando lo sguardo “Si”.
“Ho
un buon udito, lo sai.
Posso sentirti dalla mia stanza senza problemi. Ultimamente capita
abbastanza
spesso. Ogni notte nell’ultima settimana. Ti va di
parlarne?”
“Mi
spiace aver disturbato il
tuo riposo Zelgadiss-san. Cercherò di non svegliarti
più. E comunque è
solamente un sogno. Niente di cui preoccuparsi, ti assicuro. Forse
è solo lo
stress” concluse imbarazzata. Amelia sapeva che non era la
pura verità ma non
era neppure una bugia. Davvero non sapeva se ci fosse effettivamente
motivo di
preoccupazione e in ogni caso era vero che gli ultimi eventi
l’avevano
completamente stremata!
“In
effetti abbiamo subito un
bel po’ di stress ultimamente” constatò
lui pensieroso “ma non dimenticare che
tu non sei una ragazza qualsiasi, sei una sacerdotessa di Cephied. Se
è sempre
lo stesso incubo magari è una premonizione per cui non
sottovalutarlo”.
“In
effetti, è un ricordo, non
un sogno qualunque” cedette alla fine con un sospiro. Magari
poteva realmente
aiutarla a capire la situazione. Era così imbarazzata! Ma
oramai era troppo
tardi per tornare indietro. Nonostante le sue guance si fossero
colorate di un
rosso intenso, la ragazza prese un respiro profondo e
continuò “Continuo a
sognare la battaglia contro Gaav. Quella volta in cui sei stato ferito
al mio
posto. Nel sogno però non riesco a castare Resurrection in
tempo e mi sveglio
fissando le mie mani ricoperte dal tuo sangue”.
Zelgadiss
rimase silenzioso per
un po’ pensando e sorseggiando la bollente bevanda. Ricordava
alla perfezione
quel momento. Si era così spaventato quando Amelia era stata
ferita, prima che
Milgazia la salvasse. Si era sentito completamente impotente. E poi,
quando
Gaav stava per colpirla non aveva sopportato di vederla in pericolo. Si
era
lanciato inserendosi tra lei e la spada del mazoku usando la
velocità
garantitagli dal suo essere chimera senza pensare, facendole da scudo
col
proprio corpo. L’aveva raggiunta in tempo. Un dolore
lancinante era esploso
nella sua schiena nel momento in cui la spada aveva oltrepassato la sua
pelle
di pietra piantandosi nella carne sottostante, poi, il buio. Il
successivo
ricordo consisteva in Amelia protesa su di lui impegnata in un
incantesimo,
Resurection probabilmente. Non riusciva a ricordare il particolare
delle sue
mani insanguinate ma, rammentando in che stato erano ridotti i suoi
vestiti al
termine di quell’avventura, non aveva difficoltà a
ritenerla una cosa più che
probabile.
Osservando
la sua faccia
pensierosa, Amelia si ritrovò improvvisamente a pensare ad
un altro possibile
significato per quel sogno. Forse, se ce la metteva tutta, riusciva
anche a
raccogliere abbastanza coraggio per spiegargli l’idea che le
si stava formando
nella mente.
Prendendo
un altro respiro
profondo, si alzò dalla sedia e si avvicinò alla
chimera aggirando il tavolo.
Lui si accorse della sua presenza solo quando ormai lei era a pochi
passi di
distanza e sollevò lo sguardo a guardarla con aria
interrogativa.
Senza
una parola Amelia si
avvicinò e prese posto a pochi centimetri di distanza da
lui. “Credo di aver
capito cosa significa quel sogno. Posso farti una domanda
Zelgadiss-san?” una
profonda determinazione negli occhi. “So che è una
domanda molto personale. E
probabilmente è qualcosa di cui non vuoi parlare. Ma
è necessario per scoprire
le la mia ipotesi sul sogno è giusta o meno per cui, posso
chiedere?”
I
suoi enormi occhi azzurri
tenevano bloccati quelli verde acqua della chimera. Una irrazionale
paura
cominciò ad attraversare la sua mente. Che faccio se mi chiede se
sono innamorato di
lei? Che le rispondo? Lottando contro il tempo
cercò disperatamente di
pensare a qualcosa che potesse toglierlo dalla brutta situazione in cui
si
stava cacciando ma senza fortuna. Maledizione!
Non riusciva a negarle mai niente, specialmente quando lo guardava in
quel
modo. Il suo sguardo era a dir poco ipnotizzante.
Alla
fine sospirò e, sconfitto,
rispose semplicemente “D’accordo”.
La
ragazza chiuse per un
momento gli occhi e respirò profondamente, sperando che
ciò l’aiutasse a
calmare la folle corsa in cui si era gettato il suo cuore. Quando i
suoi nervi
furono abbastanza sedati, fissò nuovamente il suo sguardo
sul volto della
chimera e, con la massima serietà, chiese
“Perché odi così tanto il tuo corpo
Zelgadiss-san?”
In
un primo momento Zel pensò
che aveva capito male la domanda. Miracolosamente riuscì a
non cadere dalla
sedia ma non riuscì ad evitare di sbattere con tutta la sua
forza il viso sul
tavolo. Il rumore di una faccia di pietra che picchia violentemente
contro un
massiccio tavolo di legno era abbastanza forte da svegliare
l’intero albergo.
Fortunatamente la cucina si trovava abbastanza lontano dalle camere per
cui
nessuno si affacciò a chiedere cosa diavolo stessero
combinando a quell’ora del
mattino.
Con
un piccolo sforzo Zel liberò
i capelli dal tavolo in cui si erano conficcati e, mentre si strofinava
il naso
dolorante con una mano, la guardo incredulo. “M-Mi stai
dicendo che dopo cinque anni che mi
conosci non hai
ancora capito che odio questo corpo?? Mi stai prendendo in giro,
giusto?”
La
ragazza sostenne lo sguardo
con fermezza replicando “No, Zelgadiss-san. Io so
che tu odi il tuo corpo, quello che non riesco a capire è perché lo detesti
così tanto”
Furente,
Zel era sul punto di
dire qualcosa per terminare quella sgradevole conversazione quando
Amelia lo
fermò poggiandogli delicatamente una mano sulla bocca.
“Per favore lasciami
spiegare Zelgadiss-san”. Ritirando la mano poi
continuò “Ci ho pensato molto e
semplicemente non riesco a trovare una ragione per questo tuo odio. Tu
detesti
il tuo corpo di pietra, questo è ovvio. Ma
perché? Non può essere una semplice
questione estetica. Ti conosco e non sei così superficiale
da dare molta
importanza all’apparenza esteriore di una persona. Forse
potrebbe essere il
modo con cui gli estranei ti trattano ma a Seillune tutti oramai ti
conoscono
come un eroe e non ti temono più. Nessuno ti vedrebbe con
sospetto e lo stesso
avviene in Sairaarg e perfino in Taforashia. Per cui potresti
tranquillamente
stabilirti in uno di questi regni e nessuno ti darebbe il
benché minimo
fastidio. Oppure potresti andare a vivere in un’altra regione
e dopo il primo
impatto gli abitanti imparerebbero a conoscerti e a trattarti come una
persona
normale. Per cui qual è il VERO motivo per cui detesti il
tuo corpo?”
Le
sue mani erano premute
contro la superficie del tavolo e si era alzata in piedi come ad
affrontarlo.
Girò il viso verso di lui per fissarlo direttamente negli
occhi. Amelia aveva
parlato con un tono di voce basso ma il suo corpo era completamente
teso e
contratto. Le sue parole, esattamente come i suoi occhi, erano talmente
piene
di determinazione che Zel dimenticò completamente quello che
stava per dire.
Per cui rimase in silenzio, abbassando la testa per fissare il tavolo.
Amelia
notò il suo stupore per
cui decise di concedergli il tempo di cui aveva bisogno e di aspettare
tranquillamente la sua risposta. Un leggero rossore copriva le sue
guance ma
stavolta non era per l’imbarazzo. Era il risultato del
discorso che aveva
fatto. Aveva messo tutta se stessa in quelle parole. Tutto il suo amore
per
lui.
Dopo
un momento di silenzio Zel
riprese il controllo ed emise un leggero sospiro “Non
è il mio aspetto il
problema, Amelia” disse infine risollevando la testa.
La
ragazza rifiutò di abbassare
lo sguardo e con un cenno del capo lo incitò a proseguire.
“Il
problema è che non sono umano!
Il problema non è il mio aspetto
esteriore. Il problema è come mi sento all’interno”.
Ecco fatto. L’aveva finalmente detto. Aveva parlato dei suoi
sentimenti. Alla
fine ci era riuscito. Non si era mai spinto così lontano con
nessuno. Non dal
giorno dell’”incidente”. Non dal momento
del suo cambiamento. E anche prima di
quello non aveva mai parlato con nessuno dei suoi sentimenti
perché non c’era
nessuno con cui confidarsi in primo luogo. Zolf e Rodimus erano
più figure
paterne che amici e Dilgear e Noonsa non erano affatto amici. Erano
solo suoi
sottoposti. Rezo, beh, lui era il suo maestro. Gli aveva insegnato la
magia
sciamanica oltre a praticamente tutto quello che conosceva. Musica,
letteratura, arte, storia e così via. Non aveva mai avuto
una madre o una
qualunque altra figura materna ad insegnargli come gestire i suoi
sentimenti
per cui aveva finito semplicemente con l’ignorarli.
Fin’ora. Fino a che una
giovane, allegra ed affettuosa principessa era inciampata letteralmente
nella
sua vita forzandolo a guardare dentro se stesso. Sbloccando tutti i
sentimenti
che portava dentro. Sforzandosi di comprenderli. Era incredibile quanto
facilmente aveva abbattuto tutte le sue difese mentali ed era entrata
nella sua
testa. E nel suo cuore. Semplicemente incredibile. E sorprendente.
Amelia
aveva sentito le sue
parole e stava disperatamente cercando di capire come procedere. Zel si
era
finalmente aperto un po’. Se non procedeva con cautela
rischiava che si
richiudesse nuovamente dentro se stesso.
Invece
delle parole, la ragazza
optò per una semplice azione. Si sedette sulla sedia accanto
a lui e sollevò le
mani fino a raggiungere il suo volto. Con cautela, timidamente,
poggiò le mani
sulle sue guance.
Tale
contatto riportò Zel alla
realtà e fissò sbalordito la ragazza che sedeva
al suo fianco. Stavolta non lo
stava fissando negli occhi, invece il suo sguardo era diretto alla
strana pelle
di pietra. Le sue mani continuavano ad esplorarla con le sue piccole
dita.
La
sua pelle era calda al
contatto e molto flessibile. Era logico che lo fosse, altrimenti il
ragazzo non
avrebbe avuto modo di muoversi o di parlare. Era così
liscia. Sorprendente.
Anche le piccole pietre incastonate sul suo mento e attorno agli occhi
erano
levigate e calde.
“Sei
caldo” bisbigliò. Il suo
cuore batteva veloce a causa dell’adrenalina che le scorreva
nelle vene e della
stupenda sensazione che quel semplice contatto le provocava.
“Esattamente come
pensavo. Questo conferma la mia ipotesi” aggiunse dopo un
momento. Il sangue nel mio sogno non era una
premonizione, pensò, era
solo un modo
per la mia mente di mostrarmi come aiutarlo a comprendere qualcosa di
estremamente importante su se stesso. Spero solo che mi lasci
dimostrare quanto
umano sia in realtà.
Zel
era rimasto impietrito.
Quando Amelia aveva gli aveva preso il viso tra le mani il suo cervello
aveva
smesso di lavorare. E così aveva fatto il suo respiro. Il
suo cuore riprese a
battere dopo qualche momento. Si erano già toccati in altre
occasioni. Durante
una battaglia mentre lanciavano qualche incantesimo oppure quando lei
si era
trovata in pericolo per spingerla fuori traiettoria. L’aveva
perfino colpita
sulla testa qualche volta quando lo meritava. Ma questa volta il
contatto era
differente. Questa volta era un contatto molto più intimo di
qualsiasi altro
mai avuto in un lungo periodo di tempo. Probabilmente anni. Le sue
morbide mani
spedivano sensazioni sorprendenti giù lungo la sua schiena e
i capelli sulla
nuca erano completamente dritti. Zel sapeva
di doverla fermare. Di dover ritrarsi al suo tocco. Di dover
interrompere il
contatto. Ma il suo corpo semplicemente rifiutava di obbedirgli. Per
cui rimase
immobile. Appena osava respirare e non poteva far altro che osservarla
stupefatto. Poi le sue parole lo riportarono alla realtà
“Quale ipotesi?”
Lei
sembrò pensare per un
momento, poi riprese “Il tuo corpo è caldo.
Ciò significa che c’è del sangue
che scorre dentro te. E non è neanche troppo lontano dalla
superficie.
Altrimenti non saresti in grado di arrossire. E laddove
c’è sangue ci sono
anche organi. Non sei fatto completamente
di pietra. Solo la tua pelle lo è. Un sottile strato che
protegge la tua parte
umana” fece una pausa e lui ne approfittò per
ritrarsi e segnare un punto “Gli
umani non hanno una pelle di pietra!”
Amelia
si sentì delusa dalla
brusca interruzione del contatto ma le sue fattezze mostravano solo
determinazione “Ma non è la pelle che ci rende
umani. Altrimenti una persona
con la pelle completamente ustionata non sarebbe più umana.
Non è la tua pelle
a renderti meno umano. La parte golem è solo
all’esterno. Come un vestito, o un
guanto” così dicendo indico le mani della chimera.
Il
ragazzo si accigliò. Come
poteva la sua pelle non essere un chiaro segno del fatto che non era
umano?
Aveva ragione lei? Dopotutto era davvero più umano di quello
che solitamente
era abituato a pensare? Non poteva essere!
“Anche
se la mia pelle non
fosse un problema, c’è sempre la mia parte di
demone. Lui non è confinato in un
punto. È completamente fuso con la mia anima. Per cui non
sono solo un umano
con una pelle orribile!” sogghignò. Tristemente,
la sua mente logica aveva
segnato un punto a suo favore.
Amelia
guardò in alto per un
secondo persa nei suoi pensieri. Questa era difficile. Ostica. Ma non
aveva
intenzione di arrendersi così facilmente. “In
effetti, penso che la parte di
demone sia quella che più ti aiuti a sentirti
umano!” disse con un leggero
sorriso.
Lui
la guardò incredulo.
“COSA?” i suoi occhi si spalancarono e i pugni si
serrarono.
La
ragazza notò che si stava arrabbiando
di nuovo per cui sollevò le mani in difesa e si
affrettò a fornire una
spiegazione per la sua precedente affermazione. “Non
prenderla nel modo
sbagliato Zelgadiss-san, non ti sto affatto prendendo in giro!
Però fermati a
riflettere un attimo. Quali poteri ti conferisce la parte
demone?”
“Perché
me lo chiedi?”
“Per
favore Zelgadiss-san,
rispondi alla domanda” supplicò Amelia con
un’espressione triste sul viso.
Anche
se ancora arrabbiato, non
riuscì a sopportare la vista dei suoi occhi pieni di lacrime
per cui,
sconfitto, docilmente spiegò “Velocità,
forza fisica, capacità magiche e sensi
migliorati”
“Quali
sensi?” chiese
innocentemente lei.
“Tutti”
replicò “vista, udito,
olfatto, gusto e tatto”
L’espressione
del volto di
Amelia poteva essere identificata solo come soddisfazione.
“Esattamente come
pensavo. Non capisci Zelgadiss-san? La parte demone ti dona
l’umanità che la
parte golem ti ha portato via”.
Zel
era senza parole. Amelia
stava usando la logica per vincere la conversazione. Per obbligarlo a
cambiare
idea! Era una ragazza sveglia, questo lo sapeva, ma non aveva mai
immaginato
che potesse essere così
intelligente!
La sua ultima frase l’aveva colpito profondamente e una nuova
consapevolezza
finalmente cominciava a formarsi nella mente. “Stai dicendo
che se Rezo non mi
avesse fuso con un demone la parte golem mi avrebbe impedito di
avvertire
qualunque sensazione tattile?”
“Esattamente”
confermò la ragazza alzandosi
nuovamente dalla sedia. Con occhi
che le
brillavano di gioia aggiunse “I sensi potenziati ti
permettono di avvertire il
tatto come qualunque persona con una pelle normale, con il vantaggio di
essere
praticamente invulnerabile e molto più forte di ogni altro
uomo! La tua
condizione non è una cosa negativa, se solo la smettessi di
deprimerti e
commiserarti potresti essere felice anche senza una cura!”
“Ma
come posso sperare di avere
una vita normale con questo aspetto? Come potrebbe qualcuno avvicinarsi
a me
senza inorridire ed essere disgustato dalla mia vista? Sono destinato a
rimanere solo per il resto della mia vita!” Zel non intendeva
davvero dire
quelle parole ad alta voce ma queste erano uscite prima che potesse
fermarle.
Per la prima volta in tanto tempo stava avendo un crollo emozionale.
Sentiva
tutte le sue barriere cedere e stava mostrando tutte le sue paure
più nascoste
ad Amelia. Di tutte le persone del mondo proprio a lei. La ragazza a
cui teneva
tanto.
La
ragazza era stata presa alla
sprovvista dalla sua violenta reazione ma recuperò
rapidamente. Una nuova
emozione stava crescendo dentro di lei. Rabbia. “Come puoi
anche solo pensare
che nessuno desideri esserti vicino? Ci sono molte persone che
praticamente muoiono dalla voglia
di stare anche solo
nei tuoi paraggi. Sei la persona più intelligente,
coraggiosa ed affascinante
che abbia mai incontrato in tutta la mia vita. E credimi se ti dico che
di
persone ne ho incontrate molte sia a casa che durante i miei viaggi
diplomatici! Personalmente sarei felice
di poter esserti vicina per il resto della mia vita e te ne saresti
accorto se
non fossi così impegnato ad essere lo “spadaccino
mistico senza cuore depresso”
che ti piace tanto interpretare!” si fermò,
più per prendere fiato che perché
avesse realmente concluso. La rabbia tuttavia stava giù
lasciando il posto ad
altre sensazioni dentro di lei. I pugni serrati. Il suo volto
arrossato. Il suo
intero corpo percorso da brividi. Il miscuglio di emozioni aveva
completamente
preso il controllo delle sue azioni. Alla fine, sottili lacrime
iniziarono a
fluire dai suoi occhi. I sommessi singhiozzi furono ciò che
riportò alla realtà
Zelgadiss.
La
chimera era in uno stato che
poteva definirsi solo shock. Lei voleva stargli vicino. Ciò
significava che
Amelia lo desiderava? Che provava
dei
sentimenti per lui? Che in effetti lo amava?
Impossibile. Doveva essersi immaginato tutto. Magari era solo un sogno.
Si
sarebbe svegliato al mattino in una anonima stanza d’albergo
con Gourry che
russava nel letto di fianco al suo… questi i suoi pensieri
prima che Amelia
cominciasse a piangere.
Girò
la testa nella sua direzione
e finalmente, finalmente tutto
divenne chiaro. Limpido come l’acqua. Non le aveva mai
prestato abbastanza
attenzione. Non aveva prestato abbastanza attenzione neanche a se
stesso
d’altronde. Se l’avesse fatto avrebbe notato molto
tempo fa che qualcosa più di
una semplice amicizia li univa. Qualcosa di molto più forte
e profondo.
Finalmente aveva capito.
Improvvisamente
Amelia avvertì
un timido braccio avvolgerla in un goffo abbraccio. Il suo cuore
saltò un
battito ma rispose all’abbraccio quasi istantaneamente,
piangendo debolmente
sul suo petto. Stettero così per molto tempo, traendo
conforto l’uno dall’altra
finché Zelgadiss poggiò una mano sulla guancia
della ragazza bisbigliando un
debole “Grazie”.
La
sua risposta non arrivò mai
in quanto la chimera chiuse lo spazio che ancora li separava poggiando
le sue
labbra di pietra contro quelle di lei nel più delicato dei
baci.
Nota
dell’autore:
questa è la traduzione di un mio lavoro concepito
direttamente in inglese. Un grazie a Ladylina77 che mi ha convinto a
tradurlo e
a postarlo per tutte le fans Z/A di epf. Vi sarò
immensamente grata se
lascerete un commento, sia che vi sia piaciuto o meno. Grazie per il
vostro
tempo. A presto!