[Fanfiction classificata 3° e Vincitrice del premio Giuria al Dark Contest indetto da Nihal]
A te,
che sei il mio dolce incubo,
auguro la buona notte.
Ricorda piccola mia,
il buio è pieno di tutte le tue paure.
Devi stare attenta a cosa temi…
Potresti non risvegliarti mai più.
Un sovrano decaduto che
passava le giornate seduto su di un trono di cristallo nero.
Era un sovrano perché
portava regalmente una corona, ma...
Non possedeva nulla.
Passava
solamente le giornate ad osservarli.
Si trattava delle persone
che abitavano con lui in quel maniero immenso.
La Bambola e il Macellaio.
Li guardava come se avesse
fame di loro.
Una fame che non si
sarebbe saziata col cibo.
Li
aveva amati
profondamente, volendoli entrambi solo per il proprio piacere,
ma non
comprese mai il momento esatto in cui quell'amore,
distorto e malato, li
aveva portati tutti alla rovina.
Il Macellaio
era il suo
servitore e tuttofare.
Un ragazzo schizofrenico,
dalla duplice personalità, e di bellissimo aspetto, che
passava le sue giornate
a mutilare carcasse.
A volte nemmeno si
assicurava che le sue vittime fossero decedute, prima di farle a
pezzi...
Infieriva su di loro
brutalmente, al punto che anche dopo un lungo bagno il suo corpo
puzzava ancora
di sangue e decomposizione.
La Bambola, invece, era un
ragazzo dai capelli bianchi e dagli occhi rossi come il sangue,
costretto dal
Padrone in vezzosi abiti femminili.
Occupava le mansioni
tralasciate dal Macellaio.
Il giorno del suo arrivo
alla villa i capelli erano neri...
Dopo divennero bianchi per
il terrore.
Lo amava perché soddisfava la sua Lussuria.
Lui era il Padrone; lui
dettava legge nelle mura vittoriane di quella villa, e loro dovevano
obbedire
solamente, ma...
Vi fu una cosa che non
poté controllare...
La loro morte.
Il Padrone dovette dire ad
entrambi addio, vedendo con i propri occhi il suicidio del Macellaio e
la lenta
agonia della Bambola.
Il dolore fu così forte e
atroce da portarlo alla follia più pura.
Per rivedere il sadico
sorriso del Macellaio o sentire ancora una volta un urlo lacerante
della
Bambola.
Gli mancavano come il
respiro, e pregò ogni divinità esistente per
riaverli ancora con sé...
E purtroppo...
Qualche Dio beffardo gli
rispose...
Possessore di niente,
terrorizzato da se stesso per ciò che era diventato.
Quella forma demoniaca gli
aveva concesso un aspetto terrificante e la completa perdita di pace e
sanità
mentale...
Un prezzo troppo alto, lo
sapeva bene, ma la disperazione l'aveva guidato sino a quella strada
senza
ritorno.
Per quanto pazzo...
Non si sarebbe dissanguato
su un altare, se non per amore.
La grazia che lo condannò
per l'eternità.
Perché lui...
Lui aveva i capelli biondo
oro....
Occhi azzurri limpidi e
pelle candida; mani curate.
Un bel sorriso...
Non era la macabra
creatura che gli specchi dispettosi si ostinavano a mostrargli...
Non era lui... Non la
snella figura dalla lunga capigliatura corvina che lo fissava
dall'altra parte
della superficie riflettente.
Il suo viso non era quello
magro e dalla carnagione bluastra, sfigurato da solchi neri simili a
lacrime,
che terminavano prima di quella bocca dalle lunghe zanne vampiriche.
Non aveva mai avuto quelle
corna nere rivolte verso il basso e venate di rosso carminio.
Lo stesso colore dei
propri occhi...
Quello non era lui.
Era solo il suo
riflesso.
Ora si nutriva degli
Incubi che creava continuando a vivere.
Non aveva un cuore perché
gli era stato spezzato così tante volte dall'essere reso
impossibile da
salvare, troppo corroso da quel sentimento di perversa devozione che
aveva
provato nei confronti dei suoi due servi.
Avrebbe
condannato anche loro...
Presto
li avrebbe rivisti,
costringendoli come in passato a vivere per lui...
...e
gli sarebbe piaciuto da impazzire...
Tutto
ebbe un nuovo
inizio quando, all'apice del proprio terrore,
sentì l'abbraccio confortante
della sua Bambola. Era diversa...
Non calda come un tempo...
L'abito bianco candido che
indossava ora era sporco e logoro sui bordi.
I capelli scarmigliati.
Le labbra
cucite, però.
Proprio come
l'aveva lasciata...
I ruoli
sembravano essersi
invertiti poiché non era la Bambola ad avere bisogno di
conforto, bensì il
Signore.
Lei lo stringeva tra le
mani sottili, accarezzandogli i capelli neri e dandogli l'affetto di
cui aveva
bisogno, ma che non si meritava.
Aveva lo sguardo vuoto,
rassegnato all'idea che tutto fosse ricominciato.
Aveva un ghigno folle
dipinto sul viso, ancora per metà sporco di sangue.
Restava
appoggiato al
muro, sul fianco, osservandoli quasi divertito da quel corridoio dai
pavimenti
a scacchiera.
Forse non aveva ancora
realizzato di essere nuovamente vivo, o molto
più probabilmente la cosa
lo divertiva.
Fremeva dalla voglia di usare di nuovo la sua mannaia.
Il sangue sporcava
ampiamente sia il suolo che le mura, risultando nero alla luce debole
delle
candele che vi erano.
Non era cambiato niente.
Tutto era ricominciato, e
stavolta non avrebbe avuto termine....
Voleva soffocarlo.
Strinse la presa,
brutalmente, lasciando che le ossa della trachea del ragazzo gli si
spezzassero
tra le dita, mentre il volto di lui sbiancava esalando l'ultimo respiro.
Sussurrò rocamente,
camminando per quel corridoio per tornare nella camera da letto.
Per tornare da Lei.
Puro terrore nel suo
sguardo, enfatizzato dal rimbombare dei passi del Padrone.
<< Vieni, bambina...
>>
La raggiunse su quel letto
dove pocanzi lo stringeva, sedendovisi e portandola tra le proprie
gambe,
facendo aderire la sua schiena al proprio petto.
<< Triste Bambolina,
vestita di dolore... >>
Le sussurrò, passandole un
braccio intorno alla vita e tenendo saldamente la mannaia.
<< ...cadi tra le
mie braccia... >>
Le tagliò la gola,
lentamente, da parte a parte, lasciandola poi sanguinare tra le proprie
braccia.
La stringeva a sé, baciandole
una tempia e parlandole.
<< Sarai solo mia
per sempre. >>
Il suo era un dolore che
non poteva essere espresso vocalmente a causa della cucitura stretta
sulle
labbra, troppo stretta per permettergli anche di parlare.
Le accarezzò il bel viso,
contratto dal dolore.
<<
Se lo avessi
saputo prima... >>
Iniziò
con voce roca,
sfiorando le sue labbra con un dito, prima di accarezzarle con le
proprie.
<<
...non avrei voltato le spalle alla luce, facendo in modo che il sangue
tracciasse la mia via. >>
Il terrore per il proprio
riflesso, o per gli incubi che aveva continuamente era solo una piccola
parte
dell'agonia che stava scontando per averli rivoluti con sé...
L'aveva fatto solo per
loro.
Aveva subito le peggiori
violenze da parte del suo Padrone, eppure ancora non riusciva ad
odiarlo del
tutto.
Infondo
lì erano tutti matti...
Sarebbe stato così
semplice tenerli entrambi con sé e dimostrar loro quanto il
suo amore l'avesse
corroso mandandolo alla rovina, eppure fu più facile
fargliela pagare.
Loro gli avevano spezzato
il cuore; Lui gli avrebbe spezzato l'anima.
dal suo
vestitino di pizzo bianco, alle mani del padrone, innaturalmente
pallide.
Passarono ore prima che
decidesse di seppellirla nel giardino della villa.
Scavò una fossa poco
profonda e la gettò malamente al suo interno, quasi senza
rispetto.
Quando la ricoprì, una sua
mano sporgeva ancora dal terreno, mostrandosi come un invito.
Ne baciò il freddo dorso,
rialzandosi poi per tornare nella casa.
<< Dolci incubi, bambina... >>
Non aveva il minimo
timore, ora, perché aveva capito come funzionava.
Non avrebbe sofferto per
quella perdita, perché non era effettivamente mai
successo.
Tutto sarebbe
ricominciato, ancora e ancora....
All'infinito!
Dopotutto era il suo
incubo, e chi meglio di lui poteva conoscerlo?
Sarebbe stato sufficiente
andare a dormire, o svegliarsi attendendo
l'indomani...
In quella villa il tempo
non scorreva per assecondare il suo insano desiderio.
La Bambola e il Macellaio
sarebbero di nuovo stati suoi.
Per
l'eternità.