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Autore: Seiko    09/04/2010    4 recensioni
Fin dal principio c'era stata un'alchimia profondamente sbagliata, eppure abbiamo insistito per ignorarla, preferendo seguire una strada che non avrebbe mai portato a qualcosa di sano; quindi ora non stupirti se una gabbia forgiata nel sangue rinchiude la farfalla.
«Amo lasciare il segno della mia gelosia, principino.»
[Law/Sanji; Crack!]
Prima Classificata al contest Soundtrack and Gelosy indetto da meli_mao
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Sanji, Trafalgar Law
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fanfiction

Just ordinary Madness

«I love to leave the sign of my jealousy, prince

 

 

Tinte chiare, una luce soffice, un mondo che si sveglia nello svanire delle ombre, mentre il sole si alza,  mentre la sua ormai evanescente figura si allontana.

Eppure non è ancora abbastanza distante, perché tu quei segni rossi li vedi ancora chiaramente.

Un marchio, una firma... ha veramente importanza?

L’importante è vederlo quel rosso, rosso di sangue che i tuoi occhi hanno visto scorrere goccia dopo goccia.

Non c’erano state urla, non c’erano stati pianti, non c’era stato niente di quello che ci si aspetterebbe nel strappare con ricercata accortezza una frammento, un banale frammento, di una persona.

Come strappare una foglia da un albero; alla prima chi nota la differenza?

E ti ritrovi a ghignare nel pensare che alla fin fine è tipico del genere umano accorgersi sempre troppo tardi che qualcosa sta inevitabilmente cambiando.

-Pensavo fosse un’esclusiva dei bambini il divertirsi nel semplice gesto di strappare dell’erba...-

                                                      -Non sminuirmi Penguin. I miei gesti sono più ricercati.-

-Giusto, lei se la prende con gli alberi...

Quando foglie e rami saranno strappati via... cosa le resterà allora capitano?-

...

 

 

Una linea tenue, sottile, che si dirama in pieghe quasi artistiche; un filo di fumo che lascia impresso il suo profumo, con l’illusione quasi di poterlo assaporare un’ultima volta.

La sigaretta è stretta appena fra le dita, oscilla quasi spinta a cadere a terra da un momento all’altro, come un gioco di delicato equilibrio in cui sei tu a manovrare i fili, una superficiale sensazione di potere in fondo.

Prendi l’ultima boccata, quelli che in molti amano definire la migliore, per te invece è come tutte le altre, non ti lascia insoddisfatto né desideroso di averne ancora, non sei mai stato un accanito fumatore del resto. Le poche sigarette che fumi le rubi a lui, e quasi sempre in quella stessa situazione, lo trovi rilassante fumare dopo il sesso, è capace di calmare i respiri ancora affannati e coprire l’odore, quasi inesistente ma comunque fastidioso, dei vostri corpi.

Spegni con calma il mozzicone che ti è rimasto fra le dita, e ti fermi solo per un istante a fissare il biondo sdraiato al tuo fianco. È la sua pelle candida ad urlarti che è arrivato il momento, tempo di prepararsi, ed è quella farfalla nera nella sua insopportabile esistenza ad incitarti.

È un sorriso quasi morboso quello che si delinea nella curva delle tue labbra mentre ti alzi dal letto, mentre con ricercata lentezza ti aggiri nella penombra della tua cabina, illuminata dalla tenue luce di qualche candela. Non sono lì per un romanticismo di ripiego, del resto non vi è mai servito in una relazione iniziata per lussuria, le hai volute lì per creare il luogo adatto a quel gesto, una sorta di rito forse, malato ad occhi esterni, ma in sin dei conti la follia è un’amica a cui non hai mai negato la tua compagnia.

Li raccogli con cura i tuoi strumenti, adeguatamente preparati in precedenza, proprio come un bravo chirurgo. Una sala operatoria decisamente poco ortodossa, ma del resto definirti una persona fuori dagli schemi sarebbe ridicolmente eufemistico, non si può di certo pretendere un’operazione convenzionale da un’artista del tuo calibro.

Ed è proprio come un’opera d’arte in movimento che rigiri il bisturi fra le mani, come fosse un ventaglio fatto per incantare, come se la luce riflessa delle candele sulla sua lama fosse un effetto ricercato e non una volgare reazione fisica.

Del resto alla rigorosità dello scienziato hai sempre preferito la creatività del folle.

È con la grazia di un felino che ritorni al tuo posto su quel letto, a quelle spalle ostinatamente voltate verso di te, a quella farfalla nera che sembra una donnetta succinta che reclama attenzioni, e tu hai tutta l’intenzione di concedergliele. Tutte quelle che merita.

Un tocco quasi distratto, sfiori la spalla scoperta con la punta delle dita, quasi assaporando il tepore che emana, gustando con una punta di malizia i brividi che senti scivolare non appena inizi a risalire, in una lenta carezza, verso il collo. Ascolti in silenzio un lieve sussurro di disappunto quando la tua mano afferra forse con troppa forza i suoi capelli, costringendolo ad avvicinarsi, e inconsciamente godi di quella strana sensazione di possesso che ti da il semplice stringere tra le dita quei fili biondi.

Ti fermi un attimo ad osservare la sua mano scacciare bruscamente la tua, i suoi occhi voltarsi verso il tuo viso solo per un istante, il necessario a lanciarti uno sguardo di blando rimprovero prima di voltarsi nuovamente a fissare le vostre ombre riflesse sul muro, distorte dal lento muoversi delle fiamme smosse dai vostri tenui respiri.

Non riesci a trattenere il disappunto dal mostrarsi nel tuo sguardo a quel gesto, e la senti quella fitta velenosa colpirti ancora una volta.

L’hai riconosciuto quel fastidio, sin dalla prima volta, eppure ancora non capisci come un simile sentimento abbia piantato le sue radici nel tuo sangue. Perché in fondo quel rapporto aveva fin dall’inizio l’unica premessa di una notte.

Una notte di sesso, nient’altro.

L’avevi capito al primo sguardo, in quel bar che puzzava di alcool, nascosto fra i profumi di tabacco. Lussuria, niente patti e niente promesse, una stanza e un letto, bastava solo quello.

Una moneta volteggiava sul bancone sudicio, e i suoi occhi azzurri già mostravano il seguito della nottata. Un ghigno e una sigaretta, e il giorno seguente nuovamente due estranei.

Ma quello fu soltanto il primo di un lungo seguito di incontri sempre meno casuali. E prima ancora che la puzza arrivasse al vostro naso, quella “casualità” era già relazione.

Una relazione non voluta, mai cercata, eppure insolitamente presente, con le sue particolarità e i suoi difetti; e tu in fondo lo sapevi che lo sbaglio ha sempre più fascino del pregio, era più facile lasciarsi tentare. Allora una stretta, distratta fino a poco prima, diventava morbosa al tocco accidentale di un estraneo a quel corpo, le parole sembravano insolitamente sporche se pronunciate per altre persone, e in fondo nemmeno ti dispiaceva quella lenta puntura che disperdeva veleno fra i tuoi pensieri.

Era l’idea di averlo solo per te ad allettarti.

Ma come in ogni grande opera che si rispetti, è necessario partire dalle piccole cose, e quella sera, con lui nel tuo letto volevi fare il primo passo, estirpare con cura magistrale la prima foglia.

Lo senti sussultare quando il tuo dito delinea i contorni di quella farfalla nera. È un tocco insolitamente gelido, lo sai, ma del resto sei pur sempre un medico, non puoi operare senza le dovute precauzioni, e il disinfettante non può che rientrare nella categoria.

-Che stai facendo?-

Quasi sorridi di cuore mentre gli posi la mano sinistra sugli occhi, mentre sussurri al suo orecchio parole spudoratamente false, parole a cui sai per certo non crederà mai. Infatti non passa molto che lo senti sbuffare fuori il suo disappunto, ma non sarà di certo una fragile protesta come quella a fermarti.

Hai temporeggiato fin troppo fra i pensieri, e con la stessa delicatezza con cui hai coperto il suo sguardo ora stringi fra le dita il bisturi, e lo ammiri mentre con un silenzio unico si avvicina a quella pelle bianca. La seduce inizialmente, corteggiandola con i brividi che provoca, come a richiedere un muto permesso, e quasi la vedi sussultare la sua anima, incerta.

È veloce quel primo taglio, non concede il tempo materiale per percepire la lama violare la pelle, solo il sangue che fuoriesce con una puntualità ineccepibile è prova tangibile dell’atto avvenuto, almeno per te. Per lui il tutto si riduce ad un freddo dolore, tagliente, nulla confronto a ciò che è abituato a sopportare, eppure abbastanza fastidioso da spingerlo a scacciare la tua mano dal suo viso e voltarsi.
Quando vedi gli occhi azzurri offuscarsi dietro una sfiziosa ombra di paura ti chiedi per un attimo se a provocarla sia il bisturi macchiato di rosso o l’orrendo sorriso che preme sulle tue labbra deformandoti il volto, ma il biondo non è certamente così benevolo da concederti del tempo per riflettere a riguardo.

Il tono è quello di un animale infuriato, non ti stupiresti nel vederlo mentre ti mostra i denti nell’inutile tentativo di darsi un tono da maschio alfa. Peccato che in tutta la sua ingenuità non si sia reso conto che per voler dettar legge, bisogna avere anche abbastanza forza per mantenerla, e per quanto discretamente abile sia il cuoco non è certamente in grado di assumere un tono vagamente imperativo in tua presenza.

-Che diavolo stai facendo Trafalgar?!- un ringhio, non è una richiesta di spiegazioni, è il tono di una persona che le esige, e probabilmente se fossi una persona meno discreta gli avresti già riso in faccia.

-Lascio la mia firma, Gambanera.- lo pronunci tranquillamente, come se tagliuzzare il collo alla gente fosse la cosa più naturale del mondo e forse in fondo ne sei pure convinto che nel tuo modo di agire non ci sia nulla che non rientri in una logica razionale, non è forse quella una normale reazione a quella velenosa puntura che ama creare scompiglio fra le tue sensazioni?

Vedi il suo labbro tremare, non di paura, è impetuosità repressa, come se fosse sul punto di lasciarla scivolare fuori da un momento all’altro, e nemmeno ti dispiacerebbe vederla sfociare violentemente fra voi, ma sai che al momento di più non puoi concedergli. Ha avuto la sua occasione, il suo momento e tu hai finito col perderci fin troppo tempo.

Non aspetti che sua maestà lo chef trovi la forza di mettere in fila un discorso coerente, lo afferri per i capelli e lo blocchi al letto, non puoi di certo permettere che i suoi movimenti rovinino il tuo lavoro.

Nemmeno il tempo di esprimere a voce il suo disappunto che il suo collo porta già il segno della seconda incisione, ed è forse in quel momento che inizia a lamentarsi. Non sono lamentele verbali, sa perfettamente quanto sarebbero inutili, sono versi stretti fra i denti, sono mani che stringono convulsamente le lenzuola quasi a volerle strappare, è il suo stesso corpo ad urlarti il suo rimprovero. Ma del resto cosa può un muto lamento contro un freddo muro di falsa indifferenza?

Un attimo, il tempo paragonabile a quello di un leggero respiro, e il sangue che inesorabilmente scorre ha il potere di incantarti. Lo trovi quasi affascinante mentre silenziosamente tinge quella pelle così candida, mentre nel silenzio delinea i contorni della tua opera.

E la farfalla grida...

 

 

Dita leggere delineano una figura immaginaria eppure così reale da essere un marchio. Un simbolo.

Una curva, subito seguita da un'altra, una forma sinuosa, elegante.

-La smetti di girarci intorno?- tono scocciato, seccato, quasi fosse il suo marchio di fabbrica in certe situazioni –È soltanto una farfalla.-

-Non è una semplice farfalla...- temporeggi, il tempo necessario per avere la sua completa attenzione, il tempo necessario per vedere quelle iridi azzurre riflettere il grigio dei tuoi occhi -...non sarebbe tatuata sul tuo collo altrimenti. Un tatuaggio è come un simbolo principino, ha bisogno di essere legato ad un sentimento altrimenti perde di significato fino a diventare quasi invisibile.-

-E tu allora? Quale sentimento ti marchia con forza la pelle, chirurgo della morte?-

-Non è un sentimento.-

Lo senti quello sguardo seguire attento la tua mano mentre con lentezza ripercorri la linea formata dai tuoi tatuaggi, ed è come se fossero vivi, pulsano come il sangue che scorre al di sotto.

-Questi segni sono la mia anima, principino.-

Un ghigno piega le tue labbra, mentre i suoi occhi si fissano su quei segni, mentre una mano, forse troppo curiosa, si avvicina a sfiorarli. Perché è inutile negarlo, le parole cambiano tutto, e forse è proprio per questo che la tua mano torna ad accarezzare insistente quella farfalla.

E in fondo non servono altre domande per farlo parlare.

-Quella farfalla è la mia libertà Trafalgar. Un simbolo a conti fatti, così come il vivere per mare da pirata.- e per un attimo ti colpisce il suo sguardo rivolto a qualcosa di indefinito e intangibile –Un marchio, un ricordo, un segno tangibile della mia vita e dei miei sogni.-

Perché è vero ancora una volta, le parole cambiano tutto.

Una volta spiegato qualcosa non si può tornare indietro, e per quanto ti sforzi quella farfalla non tornerà mai più ad essere un segno come un altro sulla pelle bianca.

E lo senti, ad ogni carezza su quella nera padrona, il veleno che lentamente inizia a scorrere insieme al tuo sangue. Amaro, aspro, pungente.

 

 

Ora è il bisturi a sfiorare quella farfalla, è la sua lama ad ucciderla con una delicatezza che difficilmente potrebbe essere definita umana. Una prigione. Una rossa gabbia, la circonda, la soffoca, la possiede semplicemente.

Ed è solo quell’ago velenoso che ha trovato la giusta via.

Nemmeno il tempo di allontanare il tuo fedele strumento che senti il biondo lottare per liberarsi dalla tua presa, ringhiando, proprio come farebbe un animale in gabbia.

Le avvicini lentamente le labbra al suo orecchio, facendo semplicemente più salda la presa su quei fili biondi ad ogni tentativo di ribellarsi. E sussurri seraficamente, parole che non vuole ascoltare, parole che probabilmente non hanno nemmeno un vero significato, solo una parola si spiega meglio dell’intero discorso.

-Mio.-

Lo sussurri nuovamente prima di carezzargli lascivamente una guancia, e di nuovo quando la fredda lama del bisturi seduce la fiamma della candela. E lo senti l’aspro odore di sangue bruciato, pizzica, disgusta, infastidisce, per il tuo olfatto è un profumo semplicemente gradevole.

Continui, continui non sai nemmeno per quanto a sussurrare quella sola parola, quasi fosse una nenia, un lento richiamo per farlo addormentare, per farlo sognare quello che tu vuoi che sogni, un’unica parola come a guidarlo. E cerchi di soffocarli nella tua cantilena quei lamenti mal stretti fra i denti, quei sibili più simili al verso di un animale ferito, mentre la lama ritraccia quasi con lentezza il suo percorso, lasciando dietro di sé solo l’odore di sangue bruciato.

È un’operazione veloce, è come ricucire una ferita, doloroso solo perché hai la chiara consapevolezza di quel che c’è stato prima, e alla fine quello che rimane è solo un altro marchio che solo ogni tanto pizzica per ricordati ciò che era una volta.

Forse in fondo è proprio per questo che il tuo animale non fugge una volta liberato, perché il pericolo è cessato, ora resta solo una ferita da leccare fino a quando non diventerà soltanto una vecchia cicatrice. Una cicatrice che si è portata via un frammento della sua anima, un frammento meticolosamente custodito dentro una gabbia che tu stesso hai egoisticamente creato.

E glielo ripeti un ultima volta prima che il sonno vi accolga fra le sue spire.

Mio.

 

 

...

Gli occhi grigi fissi verso l’orizzonte, ad osservare il lento cadere di quella prima foglia immaginaria.

Un ghigno, nulla di più concedi al verde sguardo inquisitore del tuo compagno.

-Quando tutte le foglie saranno strappate e tutti i rami tagliati via, allora...-

Un tono pacato, una banale constatazione.

-...quello sarà veramente il mio albero.-

 

 

 


Note d’autrice:

*Sta cercando di superare lo shock*

Ok... ci sono, forse ci sono!

Eh no mi sento ancora fra gli angioletti botticelliani per la felicità, anche se a me gli angioletti mi danno la nausea.

Ancora non ci credo, prima classificata, una LaSan, morirò entro domani me lo sento.

Si ok ho finito di vantarmi ora potete farmi fuori perché la storia fa schifo comunque!

Però prima fatemi ringraziare il contest, e meli_mao per averlo indetto!
Trovate il tutto qui:
http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=9033532&p=6

E ora ringrazio chiunque leggerà questa one-shot, grazie a tutti davvero.

Ah! Per le vere note una cosa da dirla l’avrei, no Sanji non ha quel bellissimo tatuaggio per mia sfortuna è stata una piccola aggiunta per necessità della trama. Grazie ancora a tutti!

 

   
 
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