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Autore: Slayer87    09/04/2010    1 recensioni
Improvvisamente pensò che l'intera sua vita era paragonabile ad un letto. Un bizzarro accostamento, forse, ma ragionandoci su scoprì che non era così azzardato.
Genere: Generale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Prender sonno
Autore: Slayer87 
Fandom: 24
Rating: PG
Wordcount: 503 (fdp)
Avvertimenti: gen
Note: scritta per il WWF fest di fiumidiparole  utilizzando il prompt Letto. Dedicata a Lori, perchè lei, come me, ama quest'uomo! Guarisci presto tesoro!

Prender sonno

Jack era steso sul letto del suo appartamento.
Era notte, e una volta tanto poteva fare quello che tutti facevano di notte, ossia dormire. Eppure, proprio non riusciva a prendere sonno. Ormai il suo organismo si era abituato ad addormentarsi ovunque fosse, se poteva essere un posto abbastanza sicuro da permettergli di chiudere gli occhi, ma quella sera non c'era verso di convincere il suo cervello a spegnersi.
Quel giorno non c'erano state crisi da risolvere o attentati da sventare: era stato un giorno 'normale', e lui voleva davvero dormire!
Si voltò di lato, sperando che un cambio di posizione servisse a qualcosa.
Improvvisamente pensò che l'intera sua vita era paragonabile ad un letto. Un bizzarro accostamento, forse, ma ragionandoci su scoprì che non era così azzardato.
Come quel letto la sua esistenza periodicamente veniva sconvolta, come se qualcuno o qualcosa togliesse bruscamente le coperte che tenevano al caldo il suo essere più profondo, lasciandolo allo scoperto il lato più interiore di sé, fino a quando lui, pazientemente, non rifaceva tutto da capo, come ogni mattina quando metteva a posto quel letto.
Chissà se quel materasso, su cui lui ora stava tentando, invano, di riposare, si sentiva esposto, nudo, come si sentiva lui ogni qual volta che un pezzo della sua umanità veniva bruscamente strappato dal suo cuore, quando gli chiedevano di risolvere i disastri creati da altri con qualsiasi mezzo, e lui obbediva, conscio di dover fare qualcosa, di non poter stare immobile mentre il suo Paese era a rischio.
Superata la crisi, però, era lui da solo a dover mettere a posto i cocci della sua anima spezzettata in mille parti. Aveva mentito, tradito, torturato e ucciso innumerevoli volte, e l'avrebbe fatto ancora, se fosse stato necessario, ma sempre più spesso si chiedeva se, alla fine, sarebbe rimasto qualcosa di umano dentro di lui o se, invece, sarebbe diventato un freddo contenitore di un corpo e nient'altro; da un lato, forse, sarebbe stato meglio. Niente più sofferenza o dolore. Nulla. Solo la sua efficienza di servitore della Patria. Dall'altro, la prospettiva lo faceva rabbrividire di freddo, anche in quel momento, in cui l'umidità di Los Angeles rendeva l'aria ancora più calda di quanto effettivamente fosse.
Forse non ne voleva sapere di assopirsi perché era terrorizzato da quello che avrebbe potuto trovare nei suoi incubi, negli ultimi anni sempre più frequenti.
Bruscamente si alzò, ed andò a prendersi un leggero sonnifero: forse quello l'avrebbe aiutato a non rimuginare sugli eventi. Quando tornò osservò per un attimo il letto, il leggero lenzuolo gettato da una parte e stropicciato, e pensò che quella era una precisa istantanea di come si sentiva: strofinato fino quasi a lacerarsi, e logoro, sgualcito quasi, come quel vecchio lenzuolo che non aveva mai avuto il tempo di cambiare.
Si sdraiò nuovamente, gli occhi chiusi sotto l'effetto del sonnifero, e gli parve di sentire, ma di certo era solo un principio di sogno, qualcosa di caldo e bagnato sulla guancia.
Non si trattava di certo di una lacrima: da anni non sapeva più cosa volesse dire piangere.

The End
   
 
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