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Autore: Trick    13/04/2010    11 recensioni
"«A cosa stai pensando, Moony?» gli chiese in tono accorto, appoggiando il mento al dorso della mano.
«Non vuoi indovinare?».
«No» ribatté franco l'altro. «Detesto vincere troppo comodamente»".

Scritta per "2010: a Year Together" indetto da C.o.S - Collection of Starlight
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Titolo: Shoddy Whisky
Personaggi: Sirius Black e Remus Lupin (non slash)
Genere: Sentimentale, malinconico
Rating: Verde
Note dell'autrice: Innanzitutto, mi preme sottolineare che non esiste alcun whisky denominato “Shoddy whisky”. Io bevo solo whisky buono – che snob! - indi non so quali siano le marche più scadenti. La parola “shoddy”, in inglese, significa proprio “scadente”, così... ta-dan! Ecco il perfetto whisky da quattro spiccioli.
Ho mantenuto in lingua originale solo i nomi dei malandrini (sfido chiunque a dire che la traduzione della Salani è accettabile). Per il resto, ho mantenuto tutto invariato. I Babbani sono Babbani e non Muggle, il Whisky è Incendiario e non Firewhiskey e-- il sidro nanica non esiste. Non compare nei libri di Harry Potter, perlomeno. Ma, sinceramente, vi pare che Sirius Black beva Burrobirra!? È analcolica, miseria!
Scritta per 2010: a year together, indetto da C.o.S - Collection of Starlight.
Il prompt era il numero 64 - "Mi ricordi un fantasma" (che doveva comparire nella fan fiction).



°°°




Attraverso le gocce che scivolavano sul vetro freddo della finestra, gli edifici Babbani di Grimmauld Place sembravano disciogliersi nella strada principale. Portoni, cancelli e gradinate parevano immersi nella stessa pozza evanescente – come se non esistessero più né bianco né nero, ma solo una sola e triste tonalità grigia per ogni cosa.
Dacché avesse memoria, Remus aveva sempre provato per la pioggia un'attrazione piuttosto calamitante. Eppure, da bambino aveva una folle paura dei tuoni che squarciavano le notti della tranquilla cittadina di Pembury. Quando la luce abbagliante dei lampi illuminava d'improvviso la sua cameretta, lui infilava la testa sotto al cuscino e premeva con tutte le sue forze contro le orecchie, sperando di attutire il rimbombo della tempesta. Per distrarsi, iniziava a ripetersi a mezza voce cosa avesse fatto durante il giorno, cosa avesse in programma di fare per l'indomani o, il più delle volte, la storia che la madre gli aveva letto quella sera. Di norma, il suo modesto stratagemma funzionava.
Poi è arrivato lui.
Remus si portò istintivamente la mano alla spalla sinistra e strinse le dita attorno alla stoffa rovinata della propria camicia. Con una smorfia di disappunto, si rese conto che il terrore della luna aveva nettamente sormontato quello per i temporali.
Se il cielo è plumbeo, si ripeteva spesso, la luna non è visibile.
Poco importava, naturalmente, e Remus ne era consapevole: nessuna perturbazione avrebbe mai potuto risparmiarlo dall'ennesimo plenilunio. Tuttavia, non vedere la luna sopra la testa, di tanto in tanto, era una discreta consolazione.
«Finiscila di leggere o diventerai troppo intelligente ed io non avrò più nessuno con cui parlare» disse una voce annoiata dietro di sé.
Abbassando lestamente il braccio, Remus distolse lo sguardo dalla finestra. Sirius trascinò i piedi verso la poltrona vicino al treppiedi di mogano, estrasse la propria bacchetta dalla tasca della giacca e l'agitò con aria distratta a mezz'aria. Evocò due calici di vetro riccamente ornati e un'anonima bottiglia sulla quale si leggeva l'etichetta “Shoddy Whisky”.
Remus inarcò pensieroso il sopracciglio sinistro, mentre osservava Sirius armeggiare con il tappo.
«“Shoddy Whisky”?» domandò con tono divertito. «Da quando in Inghilterra esiste qualcosa di similey?».
Sirius gli allungò uno dei due calici, si accomodò sulla poltrona e gli rivolse uno sguardo estremamente greve.
«Molly ha bonificato le scorte del fu Orion Black. Non c'è rimasto più niente. Siamo senza Whisky Incendiario, senza vino elfico, senza sidro nanico e senza rhum» spiegò funereo, scrutando il bicchiere che oscillava nella sua mano con un smorfia disgustata.
«Oh» esclamò Remus, annuendo comprensivo. «Ne deduco che questo non è whisky».
«C'è scritto sulla bottiglia, Moony. Vedi? “Shoddy Whisky”.» ribatté stancamente Sirius, lasciandosi scivolare fra i cuscini. «Me l'ha passata Mund».
Remus gli rivolse un'occhiata eloquente.
«E con questo abbiamo appurato che qualunque liquido stiamo bevendo non può essere whisky».
«Se preferisci del latte di mandorle, va' a prendertelo in cucina».
«Abbiamo del latte di mandorle?» s'informò ironico Remus.
Sirius gli rivolse un ghigno appena accennato.
«Fottiti e bevi, Moony» decretò, sollevando il braccio. «“Giuro solennemente...”».
Remus fece uno sbuffo divertito nel sentirlo recitare quella vecchia filastrocca. Inclinò vagamente il proprio calice verso di lui, scrutandolo con un sorriso appena accennato.
«“...di non avere buone intenzioni”» concluse sommessamente.
Si scambiarono un'occhiata eloquente e bevvero in silenzio. Per qualche istante, il solo rumore fu quello della pioggia che ticchettava incessante contro la finestra.
«Detesto quando piove» sbuffò d'un tratto Sirius, guardando con la fronte aggrottata verso Grimmauld Place. «Sopratutto a primavera».
«Tu detesti praticamente qualunque cosa, Sirius» replicò con finto disinteresse Remus, sorseggiando lentamente il proprio whisky.
«Non è affatto vero».
Remus gli rivolse un'occhiata sardonica.
«No?».
«Amo il whisky» replicò con ovvietà Sirius, indicando con un cenno del capo la bottiglia sul treppiedi. «E amo follemente il mio grandioso essere».
«Quale nefasta sventura fu il giorno in cui ti innamorasti di te stesso» recitò melodrammatico Remus, scuotendo lievemente il capo e poggiando i polpastrelli dell'indice sulla fronte.
«Puoi ben dirlo, Moony» aggiunse con tono di sfida l'altro. «È la relazione più duratura e complicata in cui mi sia impantanato».
«Hai la mia totale ammirazione, Sirius. Nessun altro mago di mia conoscenza avrebbe mai potuto sopravvivere così a lungo nella tua testa. Non senza perdere totalmente la ragione, perlomeno. Ti hanno mai detto che sei un pazzo terrorista?» aggiunse con una punta di sarcasmo.
Sirius gettò la testa indietro e scoppiò in quella risata tutta sua che ricordava il latrato di un cane. Remus l'aveva sentita echeggiare così tante volte che credeva di poterla riconoscere anche a cinquanta piedi di distanza. Era rumorosa, trascinante e priva di contegno, esattamente come Sirius.
Ci si sarebbe aspettato che il discendente di una delle più nobili famiglie di Purosangue fosse più compito. Sirius, al contrario, sfatava questa credenza popolare da oltre trent'anni – e Remus ricordava perfettamente ogni singola onta gettata sullo stendardo dei Black.
In verità, Remus aveva ricordi piuttosto nitidi di ogni dettaglio della propria gioventù. Sarebbe stato capace di rievocare nella propria mente qualunque giorno di quei sette anni che trascorse fra le mura di Hogwarts.
Rivedeva se stesso, un pallido e schivo undicenne seduto su uno sgabello sotto gli occhi dell'intera Sala Grande, mentre la professoressa McGranitt gli calava il Cappello Parlante sulla testa. Lo stupore nell'essere Smistato a Grifondoro – come suo padre e suo nonno – quando credeva non esistessero posti adatti a quelli come lui.
C'era James, con quel suo sorriso sfacciatamente divertito e gli occhiali tondi che continuavano a scivolargli sul naso. C'era Sirius, con quell'aspetto da principe un po' fuori dagli schemi e la sua risata prorompente. E c'era anche Peter, nei suoi ricordi – ed erano proprio quelli che Remus avrebbe voluto eliminare. Timido, impacciato, invisibile. Un'ombra che inseguiva disperatamente la scia di James, tentando sempre di afferrare un soffio di quell'ondata di fama e talento da cui era avvolto.
Si erano prodigati molto, per lui.
L'affetto che provavano per il loro amico era davvero sincero, nonostante le malelingue sibilassero che l'unico motivo per il quale facesse parte del loro gruppo fosse perché a James piaceva essere adulato. Era vero, naturalmente: la modestia non era mai stata né fra i pregi di James né fra quelli di Sirius. Tuttavia, erano onesti e fedeli – dei veri Grifondoro – e non avevano mai sfruttato le debolezze di Peter per il loro personale tornaconto.
Remus si accorse di essere rimasto in silenzio per diversi minuti. Gli occhi grigi di Sirius lo fissavano intensamente attraverso i ciuffi scarmigliati di capelli neri, con le labbra sollevate appena in un triste sorriso.
«A cosa stai pensando, Moony?» gli chiese in tono accorto, appoggiando il mento al dorso della mano.
«Non vuoi indovinare?».
«No» ribatté franco l'altro. «Detesto vincere troppo comodamente».
Remus fece uno sbuffo sarcastico.
«Che bugiardo» scherzò. «Ami vincere senza difficoltà quasi quanto ami te stesso. Ed è tutto dire, credimi».
Senza distogliere lo sguardo dall'amico, Sirius bevve distrattamente un altro sorso di whisky.
«In quale triste ricordo ti stavi perdendo, vecchio mio?» gli domandò con ostentata leggerezza.
«Credi davvero che i nostri ricordi siano così tristi?».
Sirius sollevò le spalle.
«Non lo sono?».
«No» rispose debolmente Remus. «È triste solo il fatto che non ci sia rimasto altro che quelli».
Sirius fece un sorriso un po' storto e bevve l'ultimo sorso di whisky con una smorfia un po' capricciosa.
«Non siamo rimasti neanche noi due» commentò con tono piatto.
Remus gli rivolse un'occhiata interrogativa.
«Siamo così diversi, Moony» riprese con mestizia Sirius. «Io sono diverso. Tu sei diverso».
«Il tempo cambia ogni cosa, Padfoot. E dodici anni sono considerevolmente lunghi».
L'altro scosse il capo.
«Non sono stati gli anni trascorsi a cambiarci».
«E cosa, allora?».
«Come sono trascorsi».
Remus socchiuse le palpebre con espressione addolorata. Avvertiva una morsa soffocante stringersi con foga alle sue viscere: conversare con Sirius del passato gli faceva sempre quell'effetto.
«Non hai mai l'impressione che non sia io, a parlare?» riprese Sirius, fissandolo con intensità. «Come se il ragazzo che sono stato non fosse mai esistito realmente?».
«L'hai anche tu?» chiese Remus gentilmente.
Sirius annuì.
«È come se non ti conoscessi affatto, Moony. Come se non fossi più tu» spiegò amaramente. «Come se ti fossi sbiadito con il passare dei giorni».
Remus fece uno sbuffo divertito.
«Cosa ti fa ridere?» chiese con interesse Sirius.
«Sbiadito» ripeté. «Mi ricordi un fantasma».
Sirius fece una smorfia abbattuta.
«E dire che non sono ancora morto».
Non ancora.





   
 
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