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Autore: Midao    13/04/2010    15 recensioni
" ...quella non era lei, non era la ragazza che cercavo, lei non era la mia Sana, che mia era diventata esattamente in quel momento, alla dimostrazione che sarei potuto morire, solo a vederla nelle braccia di un altro, di qualcuno che non ero io. "
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Sana Kurata/Rossana Smith
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Guarda, un cielo azzurro che potrebbe schiacciarci ci lambisce la spina dorsale con la lingua

-T.Kubo-


Non saprei come raccontare il perché ad un certo punto mi ritrovai lì, davanti ad un cancello visto così tante volte da farmi venire la nausea, che accoglie un giardino che conosco meglio del giardiniere stesso, che circonda una casa che mi accoglie da quando ero piccolo così, sì, proprio così. Sono passato così tante volte, attraverso quella porta, che vedendomi esitare in questo modo mi riterrei ridicolo, insensato, piccolo. Mi sembra di essere tornano bambino, quando incerto affrontavo le mie paure più grandi, senza preoccuparmi della conseguenze, perché allora non sapevo nemmeno ci sarebbero state, delle conseguenze. Nonostante tutti mi dicessero che sembrassi più maturo, intelligente, preparato, con il senno di poi so che erano solo una marea di parole al vento, sputate così da menti che ne capivano troppo poco di me, e di come mi sentivo. Perché io ero fragile, dentro, eccome se lo ero, ma a quanto pare nessuno sembrava accorgersene. Il mio sguardo triste alla vista di persone felici, non lo notava mai, e dico mai, nessuno; per questo io desideravo vedere che gli altri soffrissero, si arrabbiassero, si ingelosissero, andava bene qualsiasi emozione, purché non fossero felici, purché sulla loro cavolo di faccia non fosse stampata quella cavolo di espressione beata. Eppure più li evitavo, più tutte le persone gioiose di questa terra me le ritrovavo davanti. Per questo preferivo la solitudine. Sarei stato io solo, io soltanto, e all'epoca non capivo quanto quella solitudine rendesse ancora più triste la mia espressione, ma non solo la mia.

Sembra che qualcuno se ne fosse accorto.

Però, lei era sempre la prima, a far crescere la mia furia. Vedere quel suo viso sempre terribilmente sorridente non mi metteva di buon umore, affatto. Ora posso dire che provavo gelosia, nei suoi confronti, una gelosia terribile e spietata, per quella stupida bambina che era felice, che aveva tutto quello che per me era sempre stato irraggiungibile. Ed io la odiavo, dio se la odiavo. Tutt'ora posso dire con sicurezza che il sentimento che provavo inizialmente per lei fosse odio, ma non diteglielo, per favore. Dopotutto l'hanno sempre detto che il passaggio tra odio e amore è rapido, ma non passa così inosservato. E' stato come un temporale a ciel sereno, anche se io preferirei definirla un raggio di luce nel bel mezzo della tempesta. La consapevolezza del sentimento che era tramutato, rivoltando la faccia della frittata, è arrivata sicura e improvvisa. Lo ricordo come fosse ieri;

Tornavamo a casa, io e Tsuyoshi, passando come sempre di fianco ai binari del treno, gremiti di gente, addossati gli uni contro gli altri, dopo una giornata come un'altra, non volevano altro che tornare a casa. Il treno era arrivato, e le persone si affollavano sotto il cielo rosa, rosa come il sole che tramontava, troppo basso ormai per essere visto attraverso i fastidiosi tetti delle case. Tra la folla che si accalcava per salire, per scendere, per andare a destra, per andare a sinistra, insomma, non mi importa dove fossero diretti, la cosa importante è che tra loro c'era una ragazza dai capelli rossi, di lei non vidi altro. Una rossa chioma fluente che si muoveva con velocità tra la folla, illuminata flebilmente dalle luci dei lampioni che iniziavano ad accendersi, offuscando la vista alle prima stelle che comparivano in quel manto scuro che era il cielo. E dio se quei capelli mi ricordavano i suoi. Il cuore mi mancò di un battito, o forse un battito è riduttivo, per almeno trenta secondi non sentì il mio cuore battere, alla vista della rossa che baciava appassionata il suo ragazzo. Solo quando si staccarono mi accorsi che quella non era lei, non era la ragazza che cercavo, lei non era la mia Sana, che mia era diventata esattamente in quel momento, alla dimostrazione che sarei potuto morire, solo a vederla nelle braccia di un altro, di qualcuno che non ero io. La consapevolezza del fatto che io tenessi a lei più della mia stessa vita era arrivata velocemente, e tanto velocemente se ne era andata. Piano, non che ora non la ami come solo lei merita di essere amata, ma quella convinzione durò giusto l'attimo di confessare al mio amico fidato quello che la mia mente di bambino apparentemente troppo cresciuto aveva realizzato.


-Tsuyoshi, a te piace Sana-chan, vero?-

Mi sentì trafiggere dal suo sguardo allibito, non capiva.

-Perché da oggi sono tuo...-


Così era ripartito il treno, nel frangente esatto in cui pronunciavo la parola “rivale”.

Tsu non capì esattamente, in quel momento, ma non è stupido, tutt'altro. E' sempre stato l'unica persona in grado di capire totalmente i miei sentimenti, ancora meglio di quanto non ci riuscissi io, e mi diceva sempre schiettamente quello che avrei dovuto fare, quella che era la cosa giusta, anche se io raramente lo accontentavo. Non che i suoi consigli non mi dessero da pensare, affatto; ogni volta mi ritrovavo a passare notti in bianco pensando a quello che secondo lui era giusto fare, e a quello che io non avrei mai trovato il coraggio di fare, e spesso e volentieri le cose coincidevano terribilmente.

Comunque dopo quella volta, dopo quell'immancabile certezza, venni continuamente assalito dai dubbi. Quello che provavo per lei poteva solo essere un bisogno incontenibile di affetto, bisogno di essere amato, dopo essere cresciuto in una famiglia che aveva cancellato la parola amore dal proprio vocabolario. Lei invece no, lei si preoccupava per me, lei mi chiedeva come stavo, e dalla sua espressione capivo che voleva realmente saperlo. Lei mi dava la forza per continuare, per non arrendermi come avrei preferito fare tante di quelle volte.

Che lei per me fosse diventata null'altro se non una figura materna?

Alla fine giunsi alla conclusione che no, per quanto avessi bisogno di una madre, in lei non era quello che vedevo. Da lei volevo di più. Era irritante l'insopportabile desiderio di abbracciarla quando me la ritrovavo davanti, a scuola, volevo sentire quel corpicino piccolo e fragile tra le mie braccia, e volevo assaporare il dolce contatto con le sue rosse labbra, sempre contornate da un'irraggiungibile velo di lucidalabbra. Non riuscirei a contare le volte che mi sono impalato ad osservare un suo cartellone pubblicitario, lei così bella, lei così vera, lei così mia. Perché qualsiasi altra ragazza mi ritrovassi davanti, non potevo fare a meno di giudicarla e di paragonarla a lei.

“Perché Sana ha gli occhi più grandi” “Ma Sana ha le labbra più rosse” “Sana non avrebbe risposto così” “La sua non è nemmeno paragonabile alla risata di Sana”

Così avevo abbandonato l'idea di dedicarmi ad altre ragazze, come spesso e volentieri mi era stato consigliato. Non riuscivo a capacitarsi dei ragazzi che “non ci pensano e passano oltre”, io non ero capace di “passare oltre”, io non sono capace, io non ne sarò mai capace. Perché se togliessi lei dai miei pensieri, ci resterebbe davvero molto poco, il karate, forse... Ma lo abbandonerei in men che non si dica, se solo lei desiderasse che lo facessi, perché contro tutto quello che dico, quando lei mi chiede qualcosa, io non riesco a fare a meno di accontentarla, perché io non ero, sono, sarò mai abbastanza per lei, quindi devo rimediare per quello che posso.

Dice che non sarebbe potuta finire in braccia migliori delle mie, eppure io raramente mi sento all'altezza di una ragazza con così tanta forza, tanto entusiasmo, tanta allegria. Di una ragazza così bella.

Raccolsi una margherita, di quelle selvatiche, che crescono ai lati dell'asfalto. Devono avere una forza enorme, per riuscire a distruggere quel manto stradale, tanto forti come la mia piccola Sana. A questo punto entrai, non avevo bisogno di suonare, ormai da tempo le sue chiavi di casa erano in mio possesso. Inoltre, immagino che se mi azzardassi anche solamente a suonare il campanello in piena notte, svegliando gli abitanti della casa, non me la farebbero passare liscia tanto facilmente. Mi avviai per quel corridoio buio che portava alla sua camera da letto. Quante volte avevo fatto quel percorso, ormai lo conoscevo a memoria, i miei piedi si muovevano da soli come se lì ci abitassero da sempre. Così eccomi, ad accingermi ad aprire la porta della cameretta di Sana, piano, silenziosamente, senza svegliare nessuno. Una piccola lampada era accesa di fianco al suo letto: non aveva mai sopportato il buio. Ancora non era riuscita ad ammettere di averne paura, ma io la conosco bene, ormai. Sul mio viso nacque un sorriso spontaneo, di pura gioia, uno di quelli che quando li vedi resti a bocca aperta, ma durano il tempo di un battito di ciglia. Non avevo mai sorriso tanto in tutta la mia vita, eppure sembra che ogni volta che incrocio il suo sguardo, il suo viso, sul mio non possa fare a meno di nascere un sorriso. Non disprezzavo più le persone che sorridevano, le amavo, amavo lei, con quel suo sorriso così semplice e genuino da far riappacificare il mondo intero. Avevo intenzione di svegliarla, anzi, ero arrivato lì esattamente per farlo, e dirle che l'amavo. Non riuscivo ad addormentarmi, avevo bisogno di dirglielo, e di vedere quella sua espressione ebete ogni volta che dalla mia bocca uscivano queste parole, una cosa impagabile. Eppure in quel momento non me la sentì, non riuscì a sottrarla dalle braccia di Morfeo, e probabilmente lei non avrebbe voluto che lo facessi. Dopotutto con gli anni non era cambiata di una virgola, sempre la solita dormigliona che preferiva rimanere nel suo letto caldo piuttosto che fare qualsiasi altra cosa.

“Apparte stare con te”

Mi aveva detto, in uno di quei rari momenti in cui il mondo sembra addolcirsi, e le parole ti escono dalla bocca senza che tu nemmeno te ne renda conto. Fu quello stesso momento che le dissi per la prima volta che l'amavo.

Allora presi un foglietto, su cui impressi lentamente queste parole, con una calligrafia semplice ed aggraziata. Lo posai sul suo letto, con la margherita che faceva bella vista sopra quella parole, e così come ero venuto, me ne andai, silenzioso, contento.

" Vorrei solo che ogni mattina, da qui al resto della tua vita, ti svegli sapendo che t'amo. "



  Sono consapevole che la frase iniziale (di Tite Kubo, ovvero il creatore di Bleach, un manga stupendo che consiglio vivamente di leggere) non ha nulla a che fare con la ff, ma ho iniziato a scriverla dopo averla letta, ed è quella che mi ha ispirato, anche se non so in quale modo... Comunque, mi sembrava più che giusto citarla, anche perché è una delle mie frasi preferite u.u
Ho provato ad infiltrarmi nella testa di Akito, ma non so fino a che punto ci sono riuscita. Non mi interessa se quest'Akito possa risultare molto diverso dall'originale, a me sta più che bene così.
Spero che la lettura vi piaccia! (:
Sono super accettate recensioni positive o negative, ma se avete intenzione di criticare, vi pregherei di scrivere quantomeno qualcosa di costruttivo.


Il 19-04-2010, giorno del mio compleanno tra l'altro, la storia è stata inserita tra le scelte, ed è stato un regalo stupendo, non posso crederci, sono felicissima! Non credevo che sarebbe stata scelta, e la cosa mi fa immensamente piacere. Ringrazio tantissimo "yesterday" per la recensione che ha lasciato, graziegraziegrazie.
Ed un grazie enorme a tutte coloro che hanno recensito: trixina, ryanforever, ale69, 92titti92, Nanami_chan, _DaNgErOuS_ChIlD_, pinkgirl. Sapere che la storia vi è piaciuta mi fa enormemente piacere!


Midao.

  
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