Capitolo
1
Mi guardavo intorno spaesata.
Cavolo.
Ero appena scesa dalla metropolitana e un freddo cane
mi colpii in tutto il corpo, come al solito avevo sbagliato coincidenza. Dovevo
smettere di farmi distrarre dalla musica del mio mp3. Guardai il tabellone di
fronte a me, due grosse lacrime si affacciarono sul bordo dei miei occhi. No…
merda… mancava ancora mezzora alla passaggio del prossimo treno.
Eravamo a Gennaio e faceva un freddo polare. Quella
mattina avevo avuto l’assurda idea di indossare una stupida gonna, che arrivava
a malapena fino a metà ginocchio.
Cosa
ne sapevo io che avrei perso la metro?
Mi sedetti sulla panchina di ferro, almeno non ero
sola. C’era parecchia gente davanti ai binari.
Tutte persone che non vedevano l’ora di tornare a casa,
dopo una stressante giornata di lavoro.
Sbuffai, iniziai a torturare il mio cellulare guardando
in continuazione l’ora sul display.
Quei maledetti minuti non passavano mai, in più avevo
anche la cena con mia madre e il suo nuovo “boyfriend”.
O almeno credevo… chissà quanto sarebbe durata questa
volta.
Non ci scommettevo neanche mezzo dollaro. Ero certa che
neanche due mesi e si sarebbero mollati.
Ancora mi chiedevo come facevo a cedere – ogni santa
volta- alle assurde richieste di conoscere il suo New “fidanzatino/giocattolo”.
Era tutto maledettamente assurdo. Avevo solo 24 anni e
mia madre alla veneranda età di 54 anni aveva avuto più uomini di me. Certo matematicamente
i calcoli era anche giusti, ma non concepivo come riusciva ad innamorarsi cosi
facilmente di una persona.
Nella mia anonima vita avevo avuto una sola storia –
che poi definire storia era un parolone- durò circa sei mesi. Niente di
speciale… giusto la brezza di aver provato il sesso.
Già … il sesso… mia nonna di sicuro ne praticava più di
me.
Ero così concentrata nel darmi della patetica, che non
mi accorsi del treno. Questa volta, feci in tempo. Con un salto degno di un’
atleta riuscii a intrufolarmi nel mucchio di gente, ammassata.
Cristo… in quei posti si moriva… a volte erano così
pieni che facevi fatica perfino a respirare.
***
Otto precise ed io mi trovavo sotto casa di mia madre. Nonostante
il mio mega ritardo lei ancora non aveva chiamato per rompere le palle,
perfetto.
Se ve lo chiedete… io e mia madre non vivevamo
insieme da circa due anni. Da quando
lasciai l’università, per iniziare a lavorare in un bar del centro. Era stata
come una liberazione non averla tra i piedi – a parte le sue chiamate a
qualsiasi ora della giornata e della notte – i nostri rapporti grazie a quella
lontananza – forzata da me- erano decisamente migliorati.
Mi avvicinai al portone, schiacciando il pulsante del
citofono.
“Rebecca! Sei in tremendo ritardo… è questa l’ora di
arrivare?” mi urlò ancora prima di dirle che fossi io.
Roteai gli occhi al cielo, alzando un dito medio che
non vide mai. Risposi molto tranquillamente, contenendo i miei nervi.
“Mamma, scusa. Apri”
Ero un’ottima attrice.
Aprì senza rispondere.
Fu inutile lasciarsi
andare in strane fantasie sul fantomatico uomo di mia madre. Speravo solo che
la fase del – baby boy- fosse superata.
Era imbarazzante avere come “padre” qualcuno più
piccolo di te.
***
Ola, ho deciso di scrivere questa storia,
immaginandomi cosa succederebbe se una ragazza un giorno si innamora del nuovo ragazzo di sua madre! Ehehehe…
ancora siamo all’inizio, quindi si capisce poco e niente… ma già nel prossimo
capitolo entreremo nel vivo della storia…
Nel frattempo spero commentiate anche per
avere un parere!
vi saluto!
Alla prossima