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Autore: rhys89    14/04/2010    7 recensioni
«Cosa farai se scopri che il Conte di Valdoca è una donna?»
«La sposerò.»
«E se fosse un uomo?»
«Lo sfiderò a duello. Un duello all'ultimo sangue, senza esclusione di colpi. Lo ucciderò, senza alcuna pietà. E poi ucciderò me stesso.»
«Non potresti sopravvivere alla vergogna di amarlo?»
«Non potrei sopravvivere al dolore di perderlo.»

Costretto a scegliere tra il proprio regno e il proprio cuore.
Un duello che gli potrebbe portare via quanto ha di più caro al mondo.
Una decisione che nessuno, a parte lui, sembra capire.
Alla vigilia dell'ultima sfida, quella decisiva, i pensieri di re Romualdo, innamorato non di un uomo, non di una donna... ma soltanto del suo avversario.
Attenzione: tra gli avvertimenti c'è shonnen ai soltanto perché il Conte di Valdoca ufficialmente si era presentato come uomo, anche se, di fatto, era Fantaghirò travestita.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La trilogia di Re Romualdo'
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Angolino dell'autrice


Salve!
Allora, io ADORO Fantaghirò. Davvero. E' stato il mio film preferito per anni e anni e tutt'ora lo apprezzo moltissimo... tuttavia, osservandolo con un po' più di maturità, mi sono soffermanta a pensare alla situazione in cui si trova Romualdo: costretto a combattere contro la donna che ama. O meglio, contro la persona che ama, visto che lui fino all'ultimo rimane ignaro dell'identità del Conte di Valdoca.
E da qui è nata l'idea di questa breve storia, in cui cerco di analizzare quelli che possono essere stati i suoi pensieri alla vigilia del famosissimo duello... spero di esserci riuscita.
Non sarà una storia lunga (in effetti è poco più che una flash-fic), ma ho intenzione di postare un sequel con la descrizione del giorno del duello, sempre dal POV di Romualdo.
Passando agli aspetti tecnici, come già detto nell'introduzione ho messo l'avviso di shonnen-ai solamente perché il re non sa di avere a che fare con una donna (anche se lo sospetta), quindi nei suoi pensieri deve considerare entrambe le alternative.

Piccola nota: so bene che nel film di Fantaghirò il dialogo che posto all'inizio di questa storia avviene immediatamente prima del duello, ma per esigenze di copione io lo farò svolgere il giorno prima... Perdonatemi questa imprecisione, ma, anche sforzandomi, non sono riuscita a seguire la trama più alla lettera di così... spero che non vi spiaccia! ^^
Piccola nota bis: il dialogo iniziale, così come la frase della Fata dei boschi, sono fedelmente ripresi dal film.

Disclaimer: i personaggi e le scene citati in questo racconto non mi appartengono e non ne detengo i diritti. La storia non è stata scritta a scopo di lucro.

E con questo mi pare sia tutto...

Buona lettura a tutti! ^_^

Il peso della corona

«Cosa farai se scopri che il Conte di Valdoca è una donna?»
«La sposerò.»
«E se fosse un uomo?»
«Lo sfiderò a duello. Un duello all'ultimo sangue, senza esclusione di colpi. Lo ucciderò, senza alcuna pietà. E poi ucciderò me stesso.»
«Non potresti sopravvivere alla vergogna di amarlo?»
«Non potrei sopravvivere al dolore di perderlo.»


Sorrideva Romualdo, mentre pronunciava quelle parole. Sorrideva mentre confidava ai suoi più cari amici che avrebbe preferito la morte ad una vita senza il suo avversario.
Sorrideva della loro confusione, il giovane re.
E continuava a sorridere anche dopo, nell’ombra della sua stanza, a dispetto di tutto e di tutti. A dispetto di quel mondo che lo obbligava a scegliere tra il suo popolo ed il suo cuore.
Questo, ovviamente, se il conte fosse stato veramente un uomo… ma tanto non lo era.
Andiamo, chi pensava di ingannare con quella pelle delicata?
E poi quella voce era così dolce, sebbene tentasse di mascherarla...
E quegli occhi tremendamente caldi, più brillanti della stella più luminosa dell’intero firmamento.
Quegli occhi dovevano appartenere ad una fanciulla.
Senza contare le parole di quella strana signora bianca, la Fata dei boschi: “Cercate quegli occhi in un volto di donna, quando li avrete trovati avrete trovato l’amore.”
Ed anche se le aveva scorte solo per un momento e seminascoste tra le foglie, Romualdo era certo che quelle iridi fossero le stesse che risplendevano sul volto del Conte di Valdoca.
Dunque lui era in realtà una lei. Non poteva essere altrimenti.
Già… ma se non fosse stato così? Se si stesse sbagliando?
Se il conte fosse stato davvero un cavaliere?
Si alzò di scatto, percorrendo a lunghe falcate lo spazio che lo separava dalla finestra. Si appoggiò al davanzale e da lì osservò il suo regno.
Un regno provato da una guerra che ormai non aveva più alcun significato, se mai esso fosse esistito. Un regno che, ora più che mai, aveva bisogno che il suo re fosse abbastanza forte per proteggerlo.
Appoggiò la fronte sul vetro, beandosi qualche attimo di quel fresco sollievo.
Ma attraverso le palpebre socchiuse l’immagine del suo avversario gli invase la mente con prepotenza, nitida come se lo avesse avuto davanti, e il sollievo svanì con essa.
Come riusciva costui a sconvolgerlo così nel profondo?
Uomo o donna che fosse, tutta quella confusione non si confaceva ad un sovrano degno di questo nome.
Voltò le spalle al proprio riflesso, quasi disgustato da tanta debolezza, e prese a misurare a passi sempre più nervosi il pavimento delle sue stanze.
Doveva riuscire a ritrovare la sicurezza in se stesso. Quella stessa sicurezza che aveva conquistato tanto duramente, in quei lunghi anni lontano da suo padre e dalla sua patria.
Si era impegnato a vincere quel duello, ed avrebbe dato tutto se stesso per tener fede alla promessa fatta.
Avrebbe ucciso il campione del re avversario, per il bene del suo popolo.
E poi si sarebbe tolto la vita, perché certo sarebbe stato meno straziante trovare la morte per mano della propria spada, che sopravvivere col cuore spezzato.
Trasse un profondo sospiro, Romualdo, accasciandosi su una sedia e prendendosi il volto stanco tra le mani.
Poteva ingannare un sacco di persone con quell’atteggiamento… ma, per quanto ci provasse, non riusciva a credere alle proprie menzogne: mai, mai, avrebbe potuto uccidere quel cavaliere arrogante e dallo splendido sorriso. Neppure se ne fosse dipesa la sua stessa vita.
Eppure appena poche ore prima aveva affermato l’esatto contrario, con una sicurezza che certo non possedeva. Ed un re non può rimangiarsi la parola data.
Maledisse se stesso e la propria stupidità, senza avere neanche più la forza di inveire contro un destino tanto crudele da giocare così con i suoi sentimenti.
La sua unica salvezza, a quel punto, era racchiusa in quegli occhi nocciola che lo avevano stregato fin dal primo istante che aveva avuto la fortuna - o disgrazia - di incrociarli.
Se quegli occhi fossero appartenuti ad una fanciulla, come sperava con tutto se stesso, allora oltre alla pace avrebbe trovato anche la sua anima gemella, ed avrebbe governato insieme a lei sui due regni, finalmente uniti.
Ma se invece la sua prima impressione non fosse stata corretta, se il suo avversario si fosse rivelato un uomo… allora che l’inferno si preparasse ad accoglierlo, perché lui non avrebbe rinnegato ciò che il suo cuore urlava a gran voce.
Si gettò ancora vestito sul letto, incrociando le mani dietro la testa ed osservando le prime stelle accendersi nel buio della notte.
Adesso poteva soltanto aspettare.
   
 
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