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Autore: Egle    15/04/2010    10 recensioni
Per Leon Knight non c’era niente di meglio che iniziare la giornata con una pausa da Starbucks. Amava quel particolare momento della mattinata in cui le strade cominciavano a riempirsi di turisti e gli impiegati defluivano negli uffici, correndo con le loro valigette nere come formiche impazzite. Aprì il portatile e fece partire il sistema operativo, nel momento esatto in cui una furia dai lunghi riccioli biondi piombava al suo tavolo tra un nugolo di borse... (Sir Leon/Lady Vivian.. tutti i dettagli sulla nascita di questo pairing sono riportati nelle note iniziali)
Genere: Romantico, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The Knight and the Princess'
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Nota doverosa

Nota doverosa.

Ho scritto questa fan fiction in occasione del compleanno della mia beta reader Harry (che ha compiuto gli anni a marzo).

Devo ammettere che il pairing è abbastanza inusuale ed è nato essenzialmente perché lei voleva leggere qualcosa su Sir Leon …

 

(dialogo:

Harry: Perché nessuno scrive fanfic su Sir Leon?
Egle: Perché è brutto

Harry: daaaaaaaaaiiiii!

Egle: okay ti scrivo una fanfic per il tuo compleanno  <- ricostruzione sommaria del dialogo)

 

E perché io adoro Lady Vivian (perché nessuno scrive storie su lady Vivian?)

Originariamente la storia doveva restare privata, nel senso che era destinata a rimanere nascosta qua sul mio pc senza poter essere letta da nessuno a parte la destinataria (povera storia incompresa, condannata ad essere ignorata dal resto del mondo per l’eternità…).

Poi ho pensato che magari a qualcuno (secondo me non se la fila nessuno…) potrebbe far piacere leggere una storiellina senza pretese (è davvero senza pretese, quindi non aspettatevi meraviglie) su una coppia het che non vada ad intaccare la coppia d’oro Arthur/Merlin.

 

(Qualcuno mi suggerisce che potrebbero esserci fan di Sir Leon là fuori, da qualche parte… ma preferisco non contemplare l’idea)

 

E quindi alla fine mi sono decisa a metterla in rete, intanto resta tra di noi ^_^


Piccole avvertenze/risposta a varie et eventuali recensioni

a. non è un pairing credibile: sì, probabile. Chi se ne frega..

b. Odio Lady Vivian: chiunque lo dica verrà bandito per sempre dalla lettura delle mie storie

c. Sir Leon è un figo: mah…

d. Perché ti ostini a scrivere AU, che hanno un sacco di problemi (personaggi OOC e quant’altro..)?Perché mi piace.

e. … non lo so, mi verrà in mente qualcosa..


Bene, ora lascio la parola a Harry, che deve dire qualcosa…

 

 

 

L’angolino della beta reader

Visto che mi è stato offerto un piccolo angolino nelle note, ne approfitto per dire un paio di cose.

In primo luogo.. non è brutto!! E' gnocchissimo! Piantala di dire che è brutto!!

E in secondo luogo.. per favore commentate! O non mi scrive più fanfic su Sir Leon! In cambio prometto di continuare a impedirle di fare cose molto stupide e drammatiche nelle sue storie.

 

 

 

Precisando che io non faccio mai cose drammatiche e stupide… vi lascio alla storia^^

 

 

 

 

 

Coffee break

 

Per Leon Knight non c’era niente di meglio che iniziare la giornata con una pausa da Starbucks. Amava quel particolare momento della mattinata in cui le strade cominciavano a riempirsi di turisti e gli impiegati defluivano negli uffici, correndo con le loro valigette nere come formiche impazzite. Lui aveva aperto il suo studio da architetto tre anni prima e la sua relativa indipendenza gli permetteva di poter usufruire della pausa quando più gli aggradava.

Aprì il portatile e fece partire il sistema operativo, nel momento esatto in cui una furia dai lunghi riccioli biondi piombava al suo tavolo tra un nugolo di borse.

“Devi aiutarmi” disse la ragazza, stringendo poi le labbra con piglio severo.

Leon la guardò per qualche istante, il bicchiere pieno per tre quarti di caffé bollente sospeso a metà strada tra il tavolo e la sua bocca.

“Prego?” replicò inarcando un sopracciglio, mentre Vivian prendeva posto davanti a lui, spingendo le innumerevoli borse sotto al tavolo. Leon spostò pazientemente le gambe per farle spazio, sospirando a fondo.

“Voglio Arthur” aggiunse le ragazza, sporgendosi verso di lui. I suoi occhi erano animati da una luce malevola. “Mi piace e lo voglio” aggiunse come se stesse parlando di un paio di Jimmy Cho particolarmente appetitose “e tu devi aiutarmi.”

“Io?” replicò l’uomo poco convinto, quasi si aspettasse che la ragazza in realtà stesse parlando con il signore seduto dietro di lui. Conosceva Vivian da parecchi anni, era la figlia del socio in affari di Uther Pendragon, il padre di uno dei suoi più cari amici. Viziata fino al midollo e probabilmente svezzata con latte di Prada, Vivian era quanto più si avvicinasse ad un incubo in carne e profumo Chanel. Era testarda, capricciosa e assolutamente irragionevole.

“Sei il suo migliore amico, no?”

“Lancelot è il suo migliore amico”

La ragazza liquidò la sua risposta con un cenno della mano, prima di voltarsi in direzione del bancone. “Ma non ci sono camerieri in questo posto da… plebei?”

“Siamo da Starbucks.. se vuoi ordinare qualcosa devi avvicinarti al banco” le fece presente con pazienza.

Lei fece una smorfiettina disgustata come se lui le avesse appena proposto di bere da un bicchiere abbandonato su uno degli altri tavoli. “Ad ogni modo.. voglio Arthur” riprese Vivian dopo qualche istante, tornando al punto cruciale della questione “e tu devi aiutarmi a trovare un modo per conquistarlo”.

Leon bevve una lunga sorsata di caffé, stringendo le labbra quando la bevanda calda gli bruciò il palato. Cliccò su un’icona per connettersi alla rete Wi- Fi e poi fece partire il programma di posta elettronica. Aveva preventivato di rispondere ad alcune email di lavoro mentre si concedeva un brownie al cioccolato a metà mattinata, ma qualcuno continuava a parlare imperterrito, colmandogli le orecchie di urletti e altre cose che avrebbe preferito ignorare.

“Leon” strillò la ragazza, facendo voltare parecchi clienti nella loro direzione. “Mi stai ascoltando?”

“Sì, Vivian” rispose lui, lanciando un’occhiata al suo faccino corrugato al di sopra del monitor. Vivian era uno strano miscuglio di caparbietà e fragilità con il suo caratterino incontentabile e il suo broncio da bambina viziata. Si erano conosciuti a uno dei ricevimenti di Arthur, quando lui non era altro che uno squattrinato studente di architettura, armato di uno smoking preso in affitto. Lei l’aveva trapassato con lo sguardo, classificandolo come un qualcosa di assolutamente irrilevante, un pezzo di mobilio dozzinale indegno del benché minimo interesse. Chi non faceva parte della sua stessa classe sociale semplicemente non veniva preso in considerazione. Aveva continuato a ignorare graziosamente la sua presenza in ogni occasione mondana, finché lei non aveva magicamente dimostrato di essere consapevole della sua esistenza.

Leon poteva rammentare con esattezza quando Vivian gli aveva rivolto per la prima volta la parola. Era stato tre estati prima, la calura era insopportabile e non sapeva bene come era riuscito a farsi convincere da Arthur a partecipare a un torneo di tennis organizzato tra i suoi amici. Aveva vinto di stretta misura su Lancelot, che aveva preso la sconfitta sportivamente costringendolo ad offrirgli da bere.  

Non riusciva a ricostruire dettagliatamente quella giornata, ma la cosa che ricordava senza tentennamenti era il profumo dei capelli di Vivian mentre gli si avvicinava con cautela, quasi fosse un animale strano e pericoloso.

“Bella partita” gli aveva detto, i suoi occhi che lo studiavano con circospezione.

“Grazie” aveva risposto, non del tutto sicuro che la ragazza si trovasse pienamente a suo agio in sua presenza. Lei aveva annuito, prima di prendere un flute da un vassoio e allontanarsi di qualche passo. Leon le aveva lanciato un’occhiata veloce, incapace di trovare un singolo argomento di conversazione per trattenerla a parlare con lui, ma lei si era inaspettatamente voltata verso di lui.

I capelli biondi che le accarezzavano la schiena nuda, lasciata scoperta dall’elegante abitino estivo. “Studi architettura, vero?” gli aveva chiesto, sorprendendolo. Lui aveva fatto un cenno affermativo con il capo, troppo disorientato per rispondere in modo più loquace, ma lei sembrò valutare positivamente la sua risposta.

Da quel giorno lei prese a parlargli come se fosse un essere umano meritevole di qualche blanda attenzione, se non altro perché era amico di Arthur.

“Ho un piano” proseguì, intrecciando le dita al di sotto del mento, lo sguardo animato dall’esaltazione. Le sue labbra erano arcuate un sorriso complice e Leon  pensò stupidamente che fosse la creatura più bella dell’intero universo. Ignorò il piacevole dolore che gli strinse lo stomaco,costringendosi a scoccare un’occhiata apparentemente distaccata al monitor del portatile.

“Quale?”

“Chiederò ad Arthur di accompagnarmi nella mia villa di campagna il prossimo week end. Mio padre ha comprato un nuovo purosangue.. Arthur non potrà dirmi di no. Lo sai quanto ama i cavalli” spiegò lei tutta esaltata. Leon nascose un sorriso divertito dietro al bicchiere, prima di bere una lunga sorsata di caffé.

Sì, sapeva quanto amasse cavalcare, soprattutto certi cavalieri.
Arthur non aveva mai ufficializzato la cosa, ma la sua situazione affettiva e le sue preferenze sessuali erano piuttosto note nel suo circolo di conoscenze.

L’unica che sembrava ignorare sistematicamente questa situazione era Vivian.

“So che Arthur deve andare alla fiera..”replicò cautamente, soppesando con cura ogni parola.
”Che fiera?” lo interruppe lei, le sopracciglia aggrottate al di sopra del nasino aristocratico.
”Dei fumetti di..”

“Con chi? Con chi ci deve andare?” lo incalzò inviperita, la sua voce era più acuta di due ottave rispetto al normale.

“Merlin” mormorò Leon, affrettandosi a ripararsi dietro al monitor del portatile per evitare la prevedibile reazione della ragazza.

“Quel maledetto ..” sbottò lei, muovendo le mani oltraggiata mentre cercava freneticamente un insulto che potesse incenerire Merlin a distanza. “randagio!” concluse dopo qualche attimo. “Continua a ronzargli intorno! Credi che non sappia cos’ha in mente di fare?”

Leon rivolse un’occhiata piena di scuse a due ragazzi che stavano parlando al tavolo accanto a loro, visto che la voce di Vivian continuava a interferire con la loro conversazione.

“Vivian, dovresti abbassare…”

“Io lo so.. lo so cos’ha in mente!” continuò lei imperterrita, ignorando bellamente le sue parole. “Vuole RUBARMI Arthur!”
Leon pensò che fosse esattamente il contrario, visto che ormai Arthur e Merlin si frequentavano da qualche mese in modo esclusivo e Arthur, per dire la verità, non era mai apparso così assolutamente innamorato di un’altra persona. “Arthur, vieni con me alla fiera dei miei stupidi fumetti. Arthur, vieni alla mia festa di laurea. Arthur, accompagnami da mio nonno decrepito e che sta tirando le cuoia..”

 “Vivian” sbottò lui, dischiudendo le labbra. A volte dimenticava quanto la ragazza potesse essere acida.

“Dovrebbe venire con me.. da mia nonna decrepita” disse irragionevole. “Le farebbe piacere vedermi sistemata con un ragazzo bello e ricco prima di morire.”
Leon sorrise leggermente, appoggiando il bicchiere sul tavolo. “Tua nonna è in perfetta salute e in crociera nel Mediterraneo”

“Non sai che ci sono più disastri marittimi che incidenti d’auto?”

“Te lo sei appena inventato” replicò compassato, gettando il bicchiere ormai vuoto in un cestino.

“Può darsi, ma non è questo il punto. Il punto è che Arthur dovrebbe stare con me, invece che passare del tempo con quel .. quel suo..”

“Fidanzato”

Vivian dischiuse le labbra, il visino impallidì per una manciata di secondi prima che la rabbia tornasse a rianimarle le guance di un ricco e profondo coloro rosso. “Cane” esclamò a voce così alta che metà locale si volse verso di loro.

“Vivian…” mormorò Leon, affrettandosi a richiudere il portatile e a infilarlo nella borsa.
”Cane. Vile, sudicio cane.. che cerca di irretire il mio Arthur” continuò lei sull’onda dell’offesa. Leon si sistemò la borsa a tracolla, prendendo poi la ragazza per le spalle e facendola alzare.

Ormai tutti li stavano fissando con interesse. Sorrise imbarazzato mentre la spingeva verso l’uscita. Il profumo dolce dei suoi capelli gli aleggiava nelle narici, coprendo anche l’aroma caldo del caffé. Recuperò in fretta le borse colme di vestiti, mentre Vivian calcava il marciapiede con lo stesso passo assassino di un’amazzone fasciata in una raffinata corazza di Oscar de la Renta.

“Devo trovare il modo di liberarmi di lui. Merlin deve essere distrutto” dichiarò.

“Non ti sembra di esagerare?” disse lui, affrettandosi a portandosi al suo fianco. La ragazza continuava a camminare impettita, i tacchi alti che risuonavano sull’asfalto mentre proseguiva spedita verso una meta ignota, senza curarsi di non fargli fare da facchino.
”Esagerare?” esplose lei, il dito puntato minacciosamente contro il suo petto. “Esagerare? Te lo dico io che cos’è esagerare”

Leon la guardò, le mani cariche di borse, mentre aspettava che lei proseguisse.

“Sì?”

“Beh questo non è esagerare! Tu che cosa faresti se l’amore della tua vita ti mettesse costantemente in secondo piano per correre dietro ad un’altra persona? Eh? Che cosa faresti?” strillò lei, il ditino che si ostinava a muoversi su e giù davanti al suo petto.

Leon sorrise leggermente, il cuore stretto in una leggera e costante morsa. “Non lo so” ammise. “Probabilmente continuerei a starle vicino, ad ascoltare i suoi vaneggiamenti anche se ogni parola mi farebbe male. Continuerei a sostenerla.. anche se sapessi che sta intestardendosi dietro alla persona sbagliata e che se solo mi desse una possibilità, potrei …” mormorò più serio di quanto volesse suonare.
Vivian lo osservò per una manciata di secondi, come se riuscisse a metterlo a fuoco per la prima volta in vita sua, la rabbia che rifluiva dal suo viso lasciando il posto allo stupore. Abbassò la mano, mentre le sue guance si coloravano debolmente di rosso. “potresti..” sussurrò a bassa voce, invitandolo a concludere la frase.

Leon scosse la testa, evitando il suo sguardo. “Non lo so” ammise. Si sentiva uno stupido, piantato in mezzo al marciapiede stracarico di borse. “Probabilmente mi sentirei fortunato anche solo se lei decidesse di prendermi in considerazione”

“Oh” sospirò la ragazza, umettandosi nervosamente le labbra.

Leon non l’aveva mai vista così smarrita, come se il terreno sotto ai suoi piedi avesse iniziato a tremare e lei fosse stata privata improvvisamente di un punto di equilibrio.

Sapeva che Vivian era semplicemente terribile e che a volte riusciva a vantare picchi di cattiveria degni della più perfida delle streghe delle fiabe, eppure nel vederla così disorientata in piedi di fronte a lui, non riusciva a impedirsi di volerla proteggere, di voler gettarsi ai suoi piedi e di dirle che avrebbe potuto fare per lei qualsiasi cosa avesse voluto.

“So di non essere Arthur..” mormorò pieno di vergogna “ma se tu potessi.. anche solo..”

“Non dirlo” squittì lei acuta. Si coprì risolutamente le orecchie con le mani, serrando forte gli occhi. “Non voglio sentirlo. Quindi non dirlo”

“Vivian..”
”Non. dirlo” scandì, risollevando le palpebre, improvvisamente arrabbiata. “Non osare dirlo. Non provare a dirlo mai più, chiaro?” strillò, voltandogli le spalle e puntando una fermata dei taxi.

Dopo qualche passo tornò indietro come una furia, strappandogli le borse dalle mani come se lui avesse voluto rubargliele. “E queste sono mie!” aggiunse prima di allontanarsi velocemente, lasciandolo lì come un imbecille.

 

 

***

Lanciò un’occhiata al telefono, serrando forte le labbra. Avrebbe voluto chiamarla, anche solo per assicurarsi che stesse bene, ma Vivian se n’era andata così arrabbiata che non aveva nemmeno il coraggio di iniziare a comporre il suo numero. Aveva immaginato più volte il momento in cui avrebbe deciso di rivelare i suoi sentimenti a Vivian, ma nemmeno nei suoi incubi peggiori aveva sognato una tale reazione.

Non riusciva a capire se fosse più schifata o disgustata o offesa…  Si sfregò gli occhi con le dita, appoggiandosi allo schienale della poltroncina. Era stato uno stupido, non sapeva che diavolo gli era saltato in testa. Lui non era Arthur, non possedeva il carisma di Arthur, il sorriso fiducioso di Arthur, la parlantina di Arthur, il suo senso dell’umorismo… si sentiva come se fosse destinato a essere un eterno secondo in confronto all’amico.

Chi avrebbe mai potuto notare lui se nella stessa stanza era presente il giovane Pendragon?

“Nessuno” sussurrò, osservando il soffitto.

Era rimasto solo in ufficio, il suo socio e la segretaria erano andati a casa quasi tre ore prima. Avrebbe dovuto raccogliere le sue cose, spegnere il computer e seguire il loro esempio, ma si sentiva talmente stanco da non aver voglia di affrontare il tragitto fino al suo appartamento. Voleva soltanto continuare a lavorare per tenere il cervello impegnato.

Aprì un cassetto e tirò fuori degli incartamenti quando un discreto bussare sullo stipite della porta lo spinse a sollevare lo sguardo.

“La porta era aperta” disse la ragazza, in piedi sulla soglia.

Leon la fissò per alcuni istanti incapace di muoversi. La credeva in partenza per qualche località esotica dopo la sua patetica dichiarazione o in una beauty farm a farsi coccolare da massaggi e bagni di fango per riprendersi dal trauma. Doveva considerare i suoi sentimenti una specie di affronto verso di lei, qualcosa per cui sentirsi umiliata.

“Mi dispiace per oggi” si affrettò a dire, alzandosi e facendo cadere sbadatamente a terra un plico di fogli che si sparsero sul pavimento. “Non avrei dovuto..”

“No, io non avrei dovuto” lo interruppe lei, avanzando fino a portarsi davanti alla scrivania.

Si passò le mani sul vestitino elegante, lisciando pieghe praticamente inesistenti. Si inumidì le labbra, lo sguardo fermamente puntato sul pavimento.

Per un istante Leon ebbe il folle presentimento che lei stesse per scusarsi per il suo comportamento, che stesse per dirgli che aveva agito male e che in realtà non voleva andarsene in quel modo.

“Va bene.. uscirò con te” disse invece la ragazza, sollevando il mento in un cipiglio aristocratico. Leon arcuò le sopracciglia, indeciso su come rispondere. “Andremo solo in locali che ti potrai permettere. E verrai a prendermi venerdì alle otto in punto” aggiunse lei senza il minimo tentennamento. Gli volse le spalle tra un svolazzare di gonne per dirigersi verso l’uscita con passo rapido. “E portami dei fiori”

“Vivian” la richiamò lui.

Vivian dovette cogliere qualcosa nella sua voce che la spinse a fermarsi, senza, però, tornare a guardarlo. Leon osservò la sua schiena, il modo in cui i riccioli biondi cadevano morbidi sul tessuto dell’abito. Fece un passo avanti quando si accorse del modo in cui la ragazza stava stringendo i pugni lungo i fianchi.

“Non ho mai rischiato niente” sussurrò lei a bassa voce, la testa leggermente reclinata in avanti. “Con Arthur.. lo sapevo che non..” bisbigliò “non poteva esserci niente tra di noi. Mi sentivo al sicuro, con te invece…”.

Vivian rimase in silenzio, lasciando che le sue parole sbiadissero nel silenzio della stanza. Si strinse nelle braccia come se avesse freddo,  appoggiandosi con la spalla all’intelaiatura della porta.

Leon avrebbe voluto abbracciarla, affondare le dita tra quei capelli setosi, ma si costrinse a rimanere immobile, sfiorandola delicatamente con lo sguardo, quasi temesse che potesse farla sfuggire solo guardarla. Quello che gli stava dicendo aveva senso.. inspiegabilmente riusciva a cogliere una luce nuova nelle sue parole, qualcosa che non aveva mai preso in considerazione: il fatto che Vivian avesse sempre saputo che non sarebbe mai riuscita ad avere Arthur per sé e che si fosse trincerata dietro a questa sua ossessione per lui per non rischiare di ferirsi in altri rapporti.

Fece per dire qualcosa, probabilmente qualcosa di stupido quando Vivian slacciò le braccia dal corpo, raddrizzando la schiena. “Bene” proseguì con un tono decisamente più riconoscibile come suo “allora ci vediamo venerdì” disse, voltandosi verso di lui. Posò una guancia contro lo stipite, mordendosi il labbro inferiore.

“Leon..” sussurrò, il tono della sua voce si era fatto nuovamente meno certo. “Mi piacciono le calle”

Leon dovette deglutire a vuoto un paio di volte prima di racimolare abbastanza voce per rispondere. “Te le porterò” mormorò, la voce che tremolava appena per l’emozione.

Vivian sorrise leggermente, prima di scivolare fuori dalla stanza regalandogli un’ombra fugace del suo sorriso.

 

 

 

 

 

Note post storia

 

Scrivo ancora due righe per ringraziare prima di tutto tutti coloro che hanno letto questa fanfic (se qualcuno l’ha letta.. altrimenti ringrazio solo Harry) e poi per ringraziare coloro che hanno letto/commentato l’altro AU What about now.. storia a cui tengo particolarmente (poche recensioni per l’ultimo capitolo! Nuuu.. sono molto sad ;_;).

I vostri commenti mi fanno sempre piacerissimo!

Kisses

   
 
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