Avevano deciso di tagliare il vecchio castagno. L'albero era
ormai centenario, più volte era già stato potato nel corso della sua vita,
aveva dato legna da ardere, castagne, foglie secche, tanto, tutto quello che
poteva dare, tutto quello per cui era germogliato, un giorno di primavera ormai
lontano, da una piccola castagna.
Per Edo il vecchio tronco non era solo una dispensa sempre pronta di legna da
ardere dove andare ad attingere quando c'era bisogno, era diventato il suo
luogo segreto, il suo amico.
Il bello era la sua posizione: bisognava partire dal piccolo cimitero dietro la
chiesa, prendere il sentiero verso la sorgente e poi inoltrarsi nel bosco. Solo
gli abitanti del paese sapevano la pista che dovevano seguire per arrivarci,
conoscevano le pietre dove girare, i rami da spostare; ma ormai nessuno andava
più li. Nessuno tranne Edo che da qualche anno aveva scoperto il sentiero e la
piccola radura nel bosco.
Era diventato il suo compagno di giochi, il suo amico.
Sapeva quali erano i rami più robusti, dove ci si poteva arrampicare fino in
cima, conosceva le rughe della corteccia, gli spacchi, i tagli. Aveva visto
l'ingrossarsi delle piccole escrescenze legnose, senza sapere che erano il
segno della malattia che lo stava uccidendo.
Un'estate aveva persino iniziato a portargli dell'acqua con la sua borraccia
vedendo che non pioveva da un paio di mesi, ma aveva capito presto, dopo due
settimane di viaggi appesantiti, che il vecchio albero non soffriva la sete
della siccità, come non soffriva il freddo della neve invernale e le sferzate
del vento durante i temporali autunnali. il suo albero era grande e forte.
Per questo Edo non capiva il perché volessero abbatterlo, perché volessero
uccidere proprio lui e non la vecchia quercia grinzosa che stava più a valle,
che viveva da sola e scontrosa lungo la strada con i suoi rami contorti e gibbosi,
come le dita di una vecchia strega.
Quella proprio non la sopportava.
D'inverno era sempre spoglia e metteva paura quando la vedevi con i rami nudi
sotto i temporali, mentre il castagno, anche lui nudo alla neve, rimaneva forte
e eretto, non sembrava piegarsi per afferrarti ogni volta che ci passavi sotto.
D'estate la sua chioma attirava tutte le vacche del pascolo alla sua ombra e la
strada polverosa non lasciava un attimo di requie, mentre nel silenzio del
bosco il castagno offriva i suoi rami e le sue foglie agli scoiattoli.
Soprattutto a Edo non piacevano i suoi rami: contorti, ruvidi, troppo alti per
salirci sopra ed arrampicarsi fino in cielo. No, Edo non la sopportava proprio,
quindi non riusciva a capire il perché di quella scelta.
Corse dal nonno, che era il capo del consorzio boschivo: attraversò tutto il
paese di corsa ed irruppe nel suo ufficietto accanto alla segheria.
"Perché lui! Perché il vecchio castagno! Tagliate la quercia, con quei
ramacci vi riempirà di legna! Non toccate lui, non abbattetelo!" strillò
appena messo piede davanti alla scrivania del nonno.
Il vecchio alzò la testa dalle carte e lo guardò con i suoi piccoli occhi neri,
semichiusi dal tempo.
"Cosa vuoi?" disse brusco.
Il ragazzo tacque un attimo, sapeva che al nonno doveva parlare con calma e
misurando le parole, se no non lo sarebbe nemmeno stato ad ascoltare. Gli fece
di nuovo la stessa domanda, ora senza urlare e aggiungendo, come commento, la
sua storia di amicizia con l'anziano della foresta.
Il vecchio lo stette ad ascoltare, serio e concentrato. Si ricordò di quand'era
bambino, di quando anche lui andava dal vecchio castagno per raccoglierne i
frutti o la legna, di come gli piacesse salire sui suoi rami che anche allora
erano alti e robusti e permettevano di vedere più alto del verde fogliame
intorno.
"Mi dispiace Edoardo -disse- ma il vecchio castagno è malato, sta
lentamente morendo e noi non possiamo permettere che la sua malattia si allarghi
anche agli altri castagni. Se si ammalano il loro legno si rovinerà e noi
perderemmo gran parte del lavoro che manda avanti il paese. Non posso farci
nulla. Mi dispiace".
Edo corse via in lacrime, su, verso la chiesa. S’inoltrò nel bosco e, sempre di
corsa, s'inerpicò sullo stretto sentiero.
Arrivato alla radura vide che gli operai del consorzio già avevano iniziato a
liberare l'area della caduta dai piccoli arbusti e preparavano le grandi
motoseghe.
Edo aveva voglia di fermarli, di bloccarli ma sapeva che non sarebbe servito a
nulla.
I motori erano partiti facendo scappare gli uccelli e la segatura già aveva
iniziato a scappar via dalla lama.
Edo rimase nascosto fra i cespugli fino a che l'albero non iniziò a pendere da
un lato. A quel punto scappò via.
Non voleva vedere il legno nudo del suo amico, non voleva riconoscerne i cerchi
dell'età, vederne le venature mielate, i rami che si spezzavano sotto il suo
peso.
sentì lo schianto quando aveva già raggiunto la sorgente.
Lì solo si fermò e iniziò a piangere.
Quella notte in paese accadde un evento strano: la vecchia quercia perse tutte
le foglie in un sol colpo, senza nemmeno un filo di vento.
I forestali dissero che poteva accadere, l'autunno era vicino e la mancanza
delle piogge estive aveva fatto sentire la sua arsura finanche alle piante più
grandi.
Edo sapeva che non era così.
Edo sapeva che quella notte la vecchia quercia aveva pianto tutte le sue
lacrime per la morte dell'amico albero.
Da quella notte Edo la sentì più amica.