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Autore: Shainareth    18/04/2010    0 recensioni
[Gundam SEED/Gundam SEED Destiny] Quella che segue è una fanfiction che, sostanzialmente, non offre alcuna novità a livello di trama, salvo poche eccezioni, in quanto ripercorre tutta la storia delle due guerre del Bloody Valentine vissute in prima persona da Athrun Zala. Ecco, forse è questa l'unica particolarità: una panoramica su entrambe le serie di Gundam SEED e Gundam SEED Destiny, viste con i suoi occhi e raccontate dalla sua bocca. In definitiva, si tratta di un approfondito studio a trecentosessanta gradi del suo personaggio.
Ho preferito perciò non tediare i lettori con dei capitoli lunghi e particolareggiati, concentrandomi piuttosto sui pensieri e, soprattutto, sugli stati d'animo del protagonista.
Non so quanto possa risultare credibile o attendibile questa mia versione di Athrun, mi auguro però di essere per lo meno riuscita a comprenderne, seppur in minima parte, la profondità. Spero non con la cecità propria della sciocca fangirl che sono.
Infine, ringrazio Atlantislux per il betaggio e per i preziosi consigli.
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Shinn Asuka




La prima cosa che feci una volta lasciata PLANT, dunque, fu fare ritorno a Orb, anche perché lì vi era ancora ormeggiata la Minerva alla quale, secondo gli ordini del Presidente, avrei dovuto far sapere la mia nuova posizione.

   È piuttosto umiliante, oggi, rendersi conto di come, pretendendo la botte piena e la moglie ubriaca, all’epoca mi illudessi di poter indossare di nuovo l’uniforme di ZAFT e, al contempo, di stare con Cagalli: se le cose fossero andate davvero così, avrei rischiato di comprometterla agli occhi del mondo intero, fingendo di non sapere che, in tempi di guerra, il Capo di una Nazione neutrale come Orb non potesse nella maniera più assoluta mostrare preferenze per PLANT o per l’Alleanza Terrestre. Ad ogni modo, mi fu risparmiata questa pubblica manifestazione di stupidità, poiché quando varcai lo spazio aereo di Orb mi trovai contro due MVF-M11C Murasame, Mobile Suits che, come il mio Saviour, potevano avvalersi della simultanea trasformazione in caccia per guadagnare velocità in volo. Quelle unità mi misero in guardia: se avessi continuato ad avanzare, avrebbero aperto il fuoco. Era giusto, a nessuno era concesso varcare i confini senza autorizzazione. Mi affrettai a rilasciare loro il mio codice di riconoscimento, specificando anche di essere Alex Dino, della casata degli Athha. Tuttavia, quello su cui viaggiavo era un mezzo di ZAFT e i due piloti, nonostante le mie insistenze, mi attaccarono. Dovetti perciò concludere che Cagalli avesse perso la sua battaglia contro il Parlamento, abbassandosi a firmare l’accordo con la Federazione Atlantica. Fui costretto alla fuga, cercando di raggiungere la Minerva che, a quanto mi era appena stato detto da chi mi aveva respinto, aveva lasciato Orb per dirigersi probabilmente a Carpentaria.

   Ero inquieto. Sapevo che non potevo rimproverare nulla a Cagalli. La conoscevo ed ero sicuro che avesse provato qualunque espediente per evitare tutto ciò. Eppure adesso ci trovavamo nei guai: con lei dalla parte dell’Alleanza ed io da quella di PLANT, eravamo costretti a considerarci nemici. Almeno sulla carta, perché certo non erano tali le nostre intenzioni. Tutto ciò che volevamo, in realtà, era trovare la strada giusta per risolvere quella dannata situazione. Ovviamente, seppur in buona fede, entrambi avevamo imboccato quella sbagliata. Ora come ora, infatti, penso che, visto il modo in cui sono andate le cose, sarebbe stato di gran lunga meglio essere preso a schiaffi da Cagalli per via della mia stupidità di tornare addosso con l’uniforme di un’altra Nazione. Invece, senza che io potessi immaginarlo, a Orb stava succedendo molto più di quanto mi era stato comunicato dai piloti dei Murasame.

   Quando arrivai sulla Minerva, fui accolto dai meccanici e da alcuni ufficiali. La ragazza coi capelli corti che si era già occupata di me e Cagalli la prima volta che avevo messo piede lì dentro, si offrì subito di accompagnarmi dal Comandante Gladys. Si chiamava Lunamaria Hawke e aveva pressappoco la mia età. Non smetteva un attimo di parlare, stupita ch’io mi fossi riarruolato, cosa che cercai di smentire: non ero propriamente tornato in ZAFT, a ben guardare. Ad ogni modo, in quel momento, il suo continuo cicaleccio non faceva altro che peggiorare il mio umore. Infine, come a volermi dare il colpo di grazia, fra una chiacchiera e l’altra mi disse che era rimasta fortemente delusa dal comportamento del Delegato Athha: la credeva in gamba, e invece Cagalli aveva preferito schierarsi con l’Alleanza e subito dopo, senza perdere tempo, era convolata a nozze.

   Non ho idea di cosa potesse aver balbettato Lunamaria vedendo lo stato in cui mi aveva ridotto quella sua ultima notizia, però so per certo che quello fu l’istante in cui mi resi conto di quanto sia doloroso avere un principio di infarto a soli diciotto anni. Cercai di apparire indifferente alla cosa e mi dimostrai un pessimo attore. Sentii Luna dire qualcosa a proposito del fatto che Cagalli era stata rapita – durante o dopo il matrimonio, non ne era sicura – ed io fui costretto ad afferrare per i capelli la mia lucidità mentale prima che essa potesse sfuggirmi del tutto: che avesse sposato un altro o meno, mi dicevo, non aveva importanza, perché quello che mi interessava davvero era sapere se Cagalli stava bene.

   Vidi il Comandante Gladys, e nel mio stato di totale annebbiamento mentale le consegnai il distintivo del FAITH che il Presidente mi aveva affidato per lei insieme a dei documenti di cui ignoravo il contenuto. Quindi, prima di accomiatarmi, le domandai se sapesse qualcosa riguardo a quanto era successo a Orb. Confermò quanto già detto da Lunamaria, aggiungendo però un dettaglio che riuscì a tranquillizzarmi: girava voce che dietro al rapimento del Delegato ci fosse lo zampino del Freedom e dell’Archangel. Non avevo nulla di cui preoccuparmi, la mia Cagalli era con Kira.

 

Lasciata Carpentaria, mentre procedevamo lungo l’Oceano Indiano, subimmo un attacco da parte dei Mobile Suits del vascello spaziale che ci aveva già dato del filo da torcere ad Armory One. Mi sarebbe stato detto in seguito che quel corpo speciale aveva il nome di Phantom Pain. Non avendo l’autorizzazione per impormi nulla, il Comandante Gladys volle sapere come mi sarei comportato in quell’occasione, ed io, in quanto membro dell’equipaggio della Minerva, decisi di combattere. Lei mi affidò allora il comando delle nostre unità, per cui diedi istruzioni agli altri tre Rossi di seguirmi e di non commettere alcuna imprudenza. Shinn mi disobbedì.

   Durante il combattimento, infatti, aveva scoperto una base militare dell’Alleanza, nascosta alla vista, nella quale aveva potuto notare qualcosa che gli fece perdere la testa: i soldati presenti non si facevano scrupoli nell’opprimere la popolazione locale. Phantom Pain si stava ritirando, per cui ordinai ai miei sottoposti di rientrare alla nave. Shinn non mi ascoltò e si buttò a capofitto sull’insediamento appena trovato, accanendosi contro gli ufficiali dell’Esercito terrestre e distruggendo ogni cosa, affinché la povera gente potesse tornare a respirare la libertà che gli era stata negata per chissà quanto. Fu acclamato come un eroe.

   Lo schiaffeggiai non appena tornammo sulla Minerva. Ebbe il coraggio di rispondere in modo arrogante come al solito, e allora non mi lasciai pregare e gli assestai un altro ceffone. Disobbedire agli ordini di un superiore non era la cosa più furba da fare, e per quanto bravo lui potesse essere, doveva togliersi dalla testa di poter agire secondo quello che gli balzava di colpo alla mente. Non c’era nulla di più sbagliato, gli dissi, nel voler fare l’eroe a tutti i costi. Ciò che contava davvero, aggiunsi, era imparare ad usare il proprio potere.

   Nel giro di poco tempo, arrivammo alla base di Mahamul, dove, insieme al Comandante Gladys e al suo vice, Arthur Tryne, incontrai il Luogotenente Joachim Ruddle per discutere della nostra missione. Ci fu spiegata la situazione attuale di quella zona: la Minerva doveva raggiungere Gibilterra, ma per farlo avrebbe dovuto passare per Suez e la cosa non era facile. PLANT non ambiva a nuovi territori, per cui non potevamo attaccare e annientare la base terrestre presente lì, anche perché un’azione del genere avrebbe smentito il diritto alla difesa attiva appena proclamato dal Presidente Dullindal. Probabilmente, però, l’Alleanza avrebbe approfittato della sua posizione a Suez per attaccare Mahamul e poi Gibilterra, cosa che al momento non poteva fare perché non aveva pieno controllo dell’area dell’Eurasia occidentale. Per evitare di isolare Suez, allora, l’Alleanza Terrestre si era impossessata dei pozzi geotermici di Gulnahan, dove aveva impiantato una nuova base, della quale avvalersi anche per sedare le rivolte della popolazione. Tuttavia la situazione non era rosea per i militari terrestri, poiché la resistenza nell’Eurasia centrale era massiccia e loro non potevano spingersi più a sud. Valutando tutti quei dati, conclusi che non ci restava altro da fare che conquistare la base di Gulnahan, appoggiando la popolazione ed isolando così Suez. Per farlo, però, avremmo dovuto accedere tramite un passo, unico passaggio che ci avrebbe condotti lì, dove l’Alleanza aveva pensato bene di costruire un cannone a positroni per evitare che le truppe di ZAFT potessero entrarvi. Queste ultime avevano già provato l’attacco, ma senza ricavarne altro che una disfatta, per via anche del supporto al cannone da parte di Mobile Suits dotati di scudi riflettenti. Alla Minerva, dunque, spettava il compito di sfondare quella linea di difesa.

   D’improvviso, mi tornarono alla mente le figure di Cagalli, di Kira e di Lacus: mi trovavo di nuovo a combattere senza di loro. Cercai di scacciare ogni ripensamento e mi concentrai invece sui miei doveri di soldato. Anzitutto, decisi di risolvere la questione lasciata in sospeso con Shinn. Da che lo avevo redarguito duramente davanti a tutti non ci eravamo più rivolti la parola e, anzi, per tutto il lasso di tempo passato fra lo scontro nell’Oceano Indiano e l’attracco a Mahamul, non aveva fatto altro che girarmi intorno con l’espressione imbronciata di un bambino ripreso dalla mamma.

   Lo trovai da solo sul ponte della Minerva, e notando come i suoi modi, seppur più calmi, rimanessero gli stessi, gli chiesi per quale ragione gli desse così tanto fastidio il fatto ch’io fossi tornato e che lo avessi giustamente schiaffeggiato – a lui non potevo certo dirlo, ma ammetto, senza vergogna, di aver impresso in quei colpi anche il mio rancore per i suoi continui insulti a Cagalli. Shinn mi rispose di nuovo con fare indisponente: non aveva intenzione di chinare il capo davanti ad uno che era stato la guardia del corpo del Delegato Athha e che, tutt’a un tratto, era stato nominato FAITH e alto ufficiale. Dal suo punto di vista, quel che stavo facendo non aveva alcun senso. Non potevo dargli torto, poiché lui non conosceva cosa c’era dietro quella decisione presa in comune da me e dal Presidente. Gli domandai anche perché tutto ciò che lui non accettava doveva necessariamente essere sbagliato, e lui negò che fosse così, pur non volendo riconoscere di aver commesso un errore disobbedendo agli ordini durante lo scontro nell’Oceano Indiano.

   «Hai detto di aver perso i tuoi familiari nella baia di Onogoro, a Orb.»

   «Ho detto che sono stati uccisi… dagli Athha.»

   «È da allora che ragioni così?»

   Se avessi avuto la forza, se solo avessi avuto il potere… Capivo perfettamente come si sentiva Shinn, perché anch’io avevo vissuto tragedie simili, come la morte inaspettata di mia madre o quella di Nicol. Gli errori del passato, però, mi avevano insegnato che quando finalmente saremmo riusciti a far nostra quella forza, saremmo stati noi a far piangere gli altri. Gli raccomandai di tenerlo a mente, poiché se si fosse fatto prendere ancora una volta dal suo egoistico senso di giustizia, avrebbe finito soltanto per fare danni. Mi dichiarai pronto a dargli ancora fiducia e volli dimostrarglielo proprio durante la nuova missione che ci era stata affidata.

   Nonostante le sue immancabili rispostacce e le sue reazioni poco gentili nei confronti di una ragazzina della resistenza dell’Eurasia che cercava disperatamente il nostro aiuto, non deluse nessuna delle nostre aspettative: Shinn era davvero in gamba, uno dei migliori piloti di Mobile Suit che mi fosse mai capitato di vedere. In quei giorni, riuscimmo finalmente a trovare un punto d’incontro su cui lavorare senza necessariamente trovarci ancora a litigare.













No, Lanfranco non ha ancora superato il suo dilemma interiore con la figura di Gilbert Dullindal. Non perché gli risulti difficile scrivere di lui, ma perché non gli va. La nausea per quell'elemento è indicibile (anche se mai quanto quella per Azrael). Uff.
Finché ne ho la possibilità, comunque, aggiorno con ciò che ho già pronto. Sperando di svegliarmi e di riuscire a buttare giù i rimanenti capitoli, che ormai sono davvero pochi. Un ultimo sforzo, Lanfranco, su!
Un bacio a tutti i lettori, ed in particolare ad Atlantislux, kari16 e Kourin per le loro recensioni. :)
Grazie e perdonate l'incostanza dei miei aggiornamenti.
Shainareth





  
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