Ci sono tagli e tagli, sulle braccia di Ayumu,
e lei sa riconoscere ogni motivo per cui se li è fatti.
Braccio destro, vicino alla piega del gomito: ha cercato di
calmarsi dopo due settimane di incubi su Yuuko.
Braccio destro, quattro tagli profondi vicino al polso: Manami e la sua risata rimbombavano nelle orecchie anche
quando era immersa nel profondo silenzio dello studio – calma, calma, calma, le
diceva il sangue che piano piano scendeva lungo il
braccio e la carezzava, era sinistro e languido mentre le sorrideva e lei si
svuotava d’ogni cosa..
Braccio sinistro, è più lieve degli altri, eppure
lunghissimo: mai sperare di avvicinarsi a qualcosa di troppo grande e troppo
lontano da se stessi – qualcosa di profondamente sbagliato.
Come lo yin e lo yang: bellissima, sfavillante, una stella nel cielo. Lei è
così, splendida. Quando sorride è come se cancellasse ogni minima traccia di
oscurità.
Piccola, debole, sensibile
è una parola troppo nobile per definirla – Ayumu dal
cuore di vetro bucato.
Miki, Miki
Miki; si scioglie sul palato, sulla lingua, il nome
che pronuncia nella solitudine di una camera dalle tapparelle chiuse, coi muri
che muti assorbono il suo gemere e piangere.
In fondo neppure capisce se stessa, non comprende il perché
del battere del suo cuore scomposto e tremendamente forte – non sa, non
traduce, non sa che nome dare al rossore che traballa sulle labbra quando la
chiama, a quella piccola fiamma che nasce e subito dopo muore nel profondo di
sé.
Cosa c’è lì, cosa c’è lì? Due ragazze e un letto, i compiti
da fare e da spiegare, e il cliché più comune di una situazione del genere. Il
rumore di cicale e di vento che fa muovere i campanellini attaccati alla
finestra, che coccola i fiori sul balcone.
Il respiro di Miki è calmo,
placido, se chiudesse gli occhi se ne farebbe cullare fino a sognare con la
testa sul grembo di lei, madre amante sorella desiderio.
“Vedi, Ayumu? Qui devi applicare
la legge di Coulumb, è facile, è solo una formula da
imparare.”, le sorride dolcemente, calma, come se volesse circondarla di amore.
È paurosamente intelligente – e così bella, oh, la sua
pelle è liscia ed intatta.
È un confronto che non regge, non potrebbe sfiorarla,
sarebbe un delitto rovinarla con la consapevolezza di star compiendo qualcosa
di così profondamente sbagliato ed ignobile.
I mostri non dovrebbero mai rapire le principesse – chi è
all’ultimo gradino deve stare lì, col viso alto e gli occhi spalancati a
guardare i primi, anelando a loro ma lasciandosi morire nei sospiri e nel
volere che mai esaudiranno.
“Sì, è facile.”
Sorride, le circonda il braccio con le mani, appoggia la
guancia sul suo braccio nudo. È maggio e fa caldo, e lo studio ha come promessa
di uscire a mangiare un gelato. Ha la pelle tiepida, Miki
baciata dal sole.
È il caos, la confusione: un solo suo sfiorare la manda in
uno stato tale da non capire e non riuscire a fare più nulla.
Miki, Miki, Miki – è tutto ciò che poi riempie la sua
testa, rimbalza e la percuote, e ancora quel dolore rimane senza nome, senza
battesimo, ma non dovrà aver paura del limbo, perché è immortale.
“Bene! Con questa abbiamo finito, per oggi!”, esulta Hatori, buttandosi a pancia all’aria sul letto. Si
stiracchia, tirando le braccia, e se le mette dietro la testa. Ayumu la imita, e poi si accoccola a lei.
“Cos’hai oggi, Ayumu?”
E quel nome da maschio diventa cristallo della massima
finezza, quando scorre tra le sue labbra.
“Niente, perché?”
È un bofonchiare quello che arriva alle orecchie dell’altra
ragazza, che lievemente la fa ridere di una ilarità dolce.
“No, così, sembri così affettuosa rispetto al solito…”
“La fisica mi va venire voglia di essere coccolata. È così
brutta e sterile, il mondo fa già abbastanza schifo di per sé.”
Miki ride, stavolta forte –
ed è sempre bellissima – e Ayumu pensa che è nata per
farla ridere, per essere al livello del suo stomaco per sentire le vibrazioni
della sua pancia piattissima.
Non è ancora riuscita a capire perché si tagliasse, quando
pensava a Miki Hatori. Rivedeva
le sue labbra, il suo corpo bellissimo – e quel desiderio appena nascosto di
perdersi tra le sue braccia e lì vivere e respirare le faceva prendere il
taglierino e glielo faceva scorrere lungo il braccio, in realtà senza ferirla
ma solamente graffiarla, avvertirla.
Lei è lì, lontana da te, e non devi sfiorarla. Non farle
del male.
Era il desiderio che faceva sì che andasse nel panico, che
non trovasse altra soluzione che quella.
“Hai una strana visione della fisica.”
“Non dirmi che a te piace.”
“No, ma non la considero la madre di tutti i mali. E poi,
vedi, adesso l’abbiamo finita, quindi ci meritiamo il gelato! E me lo devi
offrire tu, come nei patti.”
Tenta di alzarsi, ma Ayumu la
trattiene per il braccio, costringendola a sdraiarsi nuovamente accanto a lei.
“Dai, altri cinque minuti, il sole è troppo forte fuori.”
Miki sospira, divertita, e
chiude gli occhi, si gode l’atmosfera della primavera, che piano piano sta sfumando nella calura estiva ed appiccicosa, e il
piacevole vento che, a discapito del sole assassino di Ayumu,
le rinfresca la fronte. L’altra ragazza ascolta i battiti dei cuori di
entrambe.
Era la confusione più completa che le annebbiava la vista
di anima ed occhi, che nel taglierino vedeva l’unica ancora di salvezza da quel
caos completo che faceva i suoi comodi nella sua testa, le faceva male.
Il non capire che diavolo fosse quello stridore. Il non
sapere se lei condividesse, se Miki riuscisse a
scorgere così in fondo nel suo cuore da poter comprendere anche quel buco nero
che non avrebbe mai voluto esternare.
“Guarda che se stai tentando di evitare di offrirmi il
gelato, caschi male.”
Le sue labbra sul naso non sanno di sale, non sanno di
dolce, non sanno di ramen o di onigiri;
sanno di qualcosa. Di qualcosa di non
materiale, di intoccabile.
Hanno lo stesso sapore di quel qualcosa che forma muri di
incomprensibilità e dolore nel fondo dello stomaco e dell’essere di Ayumu.
È esattamente quello: non sa dare un nome a quel qualcosa,
ma saprebbe dargli un sapore: quello della bocca di Miki.
“Lo so benissimo, mi daresti la caccia per anni se non te
lo offrissi oggi.”
Ridono entrambi, e il venticello sfiora loro i capelli e la
pelle.
Le dita di Miki scorrono sul
braccio della ragazza – sono seno contro seno, fronte contro fronte. Le accarezza
i tagli e li cicatrizza per sempre.
Fruscio di capelli, odore di sapone – le loro labbra unite
per un millesimo di secondo.
Ayumu la guarda, il viso si
accende, affoga in lei. E Miki sorride, e intorno a
lei c’è luce e la perfezione di un attimo immortale.
Lei sa, lei capisce.
Lei prova.
“Solo tu non riesci a comprenderti.”