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Autore: Mikaeru    18/04/2010    4 recensioni
Ci sono tagli e tagli, sulle braccia di Ayumu, e lei sa riconoscere ogni motivo per cui se li è fatti.
["Wakaru" significa comprendere, in giapponese :3 c'è dello shoujo ai moooolto molto accennato XD}
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ci sono tagli e tagli, sulle braccia di Ayumu, e lei sa riconoscere ogni motivo per cui se li è fatti.

Braccio destro, vicino alla piega del gomito: ha cercato di calmarsi dopo due settimane di incubi su Yuuko.

Braccio destro, quattro tagli profondi vicino al polso: Manami e la sua risata rimbombavano nelle orecchie anche quando era immersa nel profondo silenzio dello studio – calma, calma, calma, le diceva il sangue che piano piano scendeva lungo il braccio e la carezzava, era sinistro e languido mentre le sorrideva e lei si svuotava d’ogni cosa..

Braccio sinistro, è più lieve degli altri, eppure lunghissimo: mai sperare di avvicinarsi a qualcosa di troppo grande e troppo lontano da se stessi – qualcosa di profondamente sbagliato.

 

Come lo yin e lo yang: bellissima, sfavillante, una stella nel cielo. Lei è così, splendida. Quando sorride è come se cancellasse ogni minima traccia di oscurità.

Piccola, debole, sensibile è una parola troppo nobile per definirla – Ayumu dal cuore di vetro bucato.

Miki, Miki Miki; si scioglie sul palato, sulla lingua, il nome che pronuncia nella solitudine di una camera dalle tapparelle chiuse, coi muri che muti assorbono il suo gemere e piangere.

In fondo neppure capisce se stessa, non comprende il perché del battere del suo cuore scomposto e tremendamente forte – non sa, non traduce, non sa che nome dare al rossore che traballa sulle labbra quando la chiama, a quella piccola fiamma che nasce e subito dopo muore nel profondo di sé.

 

Cosa c’è lì, cosa c’è lì? Due ragazze e un letto, i compiti da fare e da spiegare, e il cliché più comune di una situazione del genere. Il rumore di cicale e di vento che fa muovere i campanellini attaccati alla finestra, che coccola i fiori sul balcone.

Il respiro di Miki è calmo, placido, se chiudesse gli occhi se ne farebbe cullare fino a sognare con la testa sul grembo di lei, madre amante sorella desiderio.

“Vedi, Ayumu? Qui devi applicare la legge di Coulumb, è facile, è solo una formula da imparare.”, le sorride dolcemente, calma, come se volesse circondarla di amore.

È paurosamente intelligente – e così bella, oh, la sua pelle è liscia ed intatta.

È un confronto che non regge, non potrebbe sfiorarla, sarebbe un delitto rovinarla con la consapevolezza di star compiendo qualcosa di così profondamente sbagliato ed ignobile.

I mostri non dovrebbero mai rapire le principesse – chi è all’ultimo gradino deve stare lì, col viso alto e gli occhi spalancati a guardare i primi, anelando a loro ma lasciandosi morire nei sospiri e nel volere che mai esaudiranno.

“Sì, è facile.”

Sorride, le circonda il braccio con le mani, appoggia la guancia sul suo braccio nudo. È maggio e fa caldo, e lo studio ha come promessa di uscire a mangiare un gelato. Ha la pelle tiepida, Miki baciata dal sole.

È il caos, la confusione: un solo suo sfiorare la manda in uno stato tale da non capire e non riuscire a fare più nulla.

Miki, Miki, Miki – è tutto ciò che poi riempie la sua testa, rimbalza e la percuote, e ancora quel dolore rimane senza nome, senza battesimo, ma non dovrà aver paura del limbo, perché è immortale.

“Bene! Con questa abbiamo finito, per oggi!”, esulta Hatori, buttandosi a pancia all’aria sul letto. Si stiracchia, tirando le braccia, e se le mette dietro la testa. Ayumu la imita, e poi si accoccola a lei.

“Cos’hai oggi, Ayumu?”

E quel nome da maschio diventa cristallo della massima finezza, quando scorre tra le sue labbra.

“Niente, perché?”

È un bofonchiare quello che arriva alle orecchie dell’altra ragazza, che lievemente la fa ridere di una ilarità dolce.

“No, così, sembri così affettuosa rispetto al solito…

“La fisica mi va venire voglia di essere coccolata. È così brutta e sterile, il mondo fa già abbastanza schifo di per sé.”

Miki ride, stavolta forte – ed è sempre bellissima – e Ayumu pensa che è nata per farla ridere, per essere al livello del suo stomaco per sentire le vibrazioni della sua pancia piattissima.

 

Non è ancora riuscita a capire perché si tagliasse, quando pensava a Miki Hatori. Rivedeva le sue labbra, il suo corpo bellissimo – e quel desiderio appena nascosto di perdersi tra le sue braccia e lì vivere e respirare le faceva prendere il taglierino e glielo faceva scorrere lungo il braccio, in realtà senza ferirla ma solamente graffiarla, avvertirla.

Lei è lì, lontana da te, e non devi sfiorarla. Non farle del male.

Era il desiderio che faceva sì che andasse nel panico, che non trovasse altra soluzione che quella.

 

“Hai una strana visione della fisica.”

“Non dirmi che a te piace.”

“No, ma non la considero la madre di tutti i mali. E poi, vedi, adesso l’abbiamo finita, quindi ci meritiamo il gelato! E me lo devi offrire tu, come nei patti.”

Tenta di alzarsi, ma Ayumu la trattiene per il braccio, costringendola a sdraiarsi nuovamente accanto  a lei.

“Dai, altri cinque minuti, il sole è troppo forte fuori.”

Miki sospira, divertita, e chiude gli occhi, si gode l’atmosfera della primavera, che piano piano sta sfumando nella calura estiva ed appiccicosa, e il piacevole vento che, a discapito del sole assassino di Ayumu, le rinfresca la fronte. L’altra ragazza ascolta i battiti dei cuori di entrambe.

 

Era la confusione più completa che le annebbiava la vista di anima ed occhi, che nel taglierino vedeva l’unica ancora di salvezza da quel caos completo che faceva i suoi comodi nella sua testa, le faceva male.

Il non capire che diavolo fosse quello stridore. Il non sapere se lei condividesse, se Miki riuscisse a scorgere così in fondo nel suo cuore da poter comprendere anche quel buco nero che non avrebbe mai voluto esternare.

 

“Guarda che se stai tentando di evitare di offrirmi il gelato, caschi male.”

Le sue labbra sul naso non sanno di sale, non sanno di dolce, non sanno di ramen o di onigiri; sanno di qualcosa. Di qualcosa di non materiale, di intoccabile.

Hanno lo stesso sapore di quel qualcosa che forma muri di incomprensibilità e dolore nel fondo dello stomaco e dell’essere di Ayumu.

È esattamente quello: non sa dare un nome a quel qualcosa, ma saprebbe dargli un sapore: quello della bocca di Miki.

“Lo so benissimo, mi daresti la caccia per anni se non te lo offrissi oggi.”

Ridono entrambi, e il venticello sfiora loro i capelli e la pelle.

Le dita di Miki scorrono sul braccio della ragazza – sono seno contro seno, fronte contro fronte. Le accarezza i tagli e li cicatrizza per sempre.

Fruscio di capelli, odore di sapone – le loro labbra unite per un millesimo di secondo.

Ayumu la guarda, il viso si accende, affoga in lei. E Miki sorride, e intorno a lei c’è luce e la perfezione di un attimo immortale.

Lei sa, lei capisce.

Lei prova.

“Solo tu non riesci a comprenderti.”

  
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