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Autore: ChelseaH    18/04/2010    4 recensioni
E' appena finito l'ultimo concerto dell'Humanoid City Tour e Bill si comporta semplicemente da... Bill.
Nel mentre un vulcano silente da 200 anni, decide di eruttare per il semplice gusto di fargli dispetto.
Genere: Commedia, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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DISCLAIMER: Non conosco i Tokio Hotel e non mi appartengono e con questa one shot non intendo dare rappresentazione reale dei loro caratteri e /o comportamenti, ne tantomeno lucrarci sopra.

NOTE.

Storia scritta per la challenge di Five Fandom.

Ulteriori note alla fine^^


Bill Kaulitz, ovvero l’(in)colpevole vittima del karma.

La serata era stata perfetta e gli aveva lasciato addosso una carica tale che sentiva ancora l’adrenalina scorrergli per tutto il corpo mentre percorreva avanti e indietro il camerino elencando agli altri tutti gli stati d’animo attraverso i quali era passato nelle ultime due ore.

Nessuno gli prestava particolare attenzione, tranne Gordon che lo seguiva passo passo implorandolo di decidersi a togliersi la tuta che gli fungeva da costume di scena, così da potersi dare una sistemata e concedere a tutti loro di vedere un letto prima dell’alba seguente.

Bill ovviamente non solo non gli dava retta, ma proseguiva imperterrito a tracciare i suoi personalissimi percorsi all’interno della stanza, gesticolando e spandendo sudore a volontà da ogni poro della tuta.

Bill!” gli intimò Georg, quando il ragazzo si decise a togliersi quantomeno un guanto ed ebbe la malcapitata idea di farlo proprio sulla testa del compagno, seduto sul bracciolo di un ampio divano.

“Non essere lamentoso Hagen, come se tu non fossi sudato.” lo rimbeccò l’altro, premurandosi di ripetere il misfatto anche con il secondo guanto.

“Io non vado a strizzarmi addosso agli altri.” gli fece notare il bassista, pentendosene poi all’istante dal momento che l’amico lo prese alla lettera e si mise a strizzare i guanti su di lui.

“Un giorno o l’altro ti si ritorcerà tutto contro, fratellino.” ridacchiò Tom, sedendosi di fianco a Georg.

“Ne dubito.” bofonchiò lui, togliendosi gli stivali.

“Si chiama karma.” gli rese noto Georg.

“Quindi tu hai appena pagato pegno per tutte le volte che hai profumato il tourbus.” replicò Bill tutto serio.

“La pagherà in una maniera o nell’altra, non vi preoccupate.” si intromise Gustav con espressione profetica dipinta in volto, e ci mancò poco che gli arrivasse una stivalata in piena faccia.


***


Bill fissava allibito il tabellone principale dell’aeroporto Charles de Gaulle di Parigi.

Annulé era la parola più quotata, riportata di fianco a tutti i voli compreso il suo delle nove e un quarto per Amburgo. Emise un gemito di disperazione osservando l’orologio che segnava le sette e cinque minuti, pensando che qualunque fosse il problema non sarebbero mai riusciti a risolverlo in tempo per disdire l’annullamento. Non era molto sicuro che una volta annunciato questo potesse essere revocato, ma era abbastanza sicuro che per cancellare la totalità dei voli il problema dovesse essere di una certa portata.

“Dev’essere per colpa dell’eruzione del vulcano.” affermo meditabondo Gordon.

“Quale vulcano?” gli chiese.

“Quello in Islanda.” lo ragguagliò Tom.

“E cosa c’entra l’Islanda con noi?” chiese Bill piccato.

“Dicono che i fumi dell’eruzione si siano espansi su gran parte dell’Europa e non è sicuro volare.” gli spiegò pazientemente il patrigno mentre gli altri sghignazzavano alle sue spalle del suo disappunto.

“Ridete, ridete, intanto siete bloccati qui esattamente come me.” borbottò, continuando a fissare il tabellone come se potesse fornirgli la soluzione di cui aveva bisogno.

“Se non altro noi non dovremo aspettare un tempo indefinito scarrozandoci tutta quella roba.” lo canzonò Georg indicando il carrello coi bagagli di Bill, che da solo conteneva più roba di tutti gli altri messi insieme. Il pomeriggio precedente avevano caricato tutte le cose in eccesso sui tourbus e li avevano rispediti a casa, confidando nel fatto di poter dormire in hotel e prendere l’aereo quella mattina.

“Non sono un barbone, io.” gli rispose lui, sguardo sempre fisso sul tabellone delle partenze.

“Per altro mi chiedo come avevi intenzione di far imbarcare quella roba...” ridacchiò Tom indicando due sacchi trasparenti come quelli dell’immondizia che contenevano, uno un numero imprecisato di paia di scarpe, e l’altro la tutina di scena buttata in malo modo.

“Non è divertente. - si intromise Gustav, affiancandosi a Bill e mettendosi a sua volta a scrutare il tabellone maledetto – dobbiamo trovare una soluzione.” decretò con il suo solito fare pragmatico.

“Sta male?” bisbigliò Georg a Tom, riferendosi al fatto che il batterista non desse loro corda nel prendere in giro Bill.

“Ho un appuntamento. - sbuffò lui mettendoli a tacere – Stasera.” precisò.

“Un appuntamento con cosa?” Bill si decise a lasciar perdere il tabellone e spostò la sua attenzione sul compagno.

Con chi, casomai. - puntualizzò con lo stesso tono impaziente di poco prima – Una ragazza.”

“Quella di Georg?” Bill improvvisamente dimentico del problema che l’aveva assillato fino a un istante prima, aveva appena fiutato uno scoop troppo succulento per lasciarlo perdere.

“Non c’è possibilità che i tourbus siano nei paraggi vero?” Gustav lo ignorò, rivolgendosi agli altri compagni e ai membri dello staff che erano con loro.

“Dubito. - gli rispose laconico Gordon – ma potremmo sempre tornare in hotel e richiamarli.”

“Ti toccherà rimandare l’appuntamento a domani.” Tom prese sottobraccio Gustav con fare consolatorio, pronto a tornare in hotel come tutti gli altri dal momento che l’idea di Gordon pareva la più pratica e sensata.

Proprio in quel momento Bill emise una sorta di urlo rivelatore, come se avesse appena avuto l’idea del secolo. Lo videro tirare fuori il cellulare e mettersi a comporre un numero con fare concitato e con in volto la tipica espressione da vi salverò tutti quanti che in realtà in genere si risolveva in un triplicherò i vostri guai.

“Cosa stai facendo?” gli chiese con cautela Gordon, timoroso della risposta.

“Vedo in quanto tempo possono farci avere a disposizione un jet privato.” gli rispose il figlioccio, alquanto fiero della sua trovata.

“Andiamo bene...” sospirò Tom che, per spirito di fratellanza, rimase al suo fianco mentre tutti gli altri – Gordon compreso – si avviavano verso l’uscita con i bagagli, alla ricerca di qualche taxi che li riportasse in hotel.

“Dove stanno andando tutti?”

“Ad aspettare i tourbus.” gli rispose pazientemente il gemello.

“Ma col jet privato facciamo prima!” gli fece notare Bill, col tono di chi spiega un concetto elementare a un bambino troppo stupido per capirlo.

“Ti è passato per la testa che se il problema sono le ceneri del vulcano, non possiamo decollare con nessun tipo di aereo? Jet compreso?”

“Ma se ci prendiamo noi la responsabilità... tanto credi davvero che un vulcano in Irlanda possa creare danni veri qui?” replicò infastidito dal fatto che l’atmosfera e i vulcani non si piegassero al suo volere seduta stante.

“Islanda.” si limitò a correggerlo Tom, sorvolando su tutto il resto.

“Io chiamo.” gli disse Bill.

“Chiami chi di preciso?”

“David, ci penserà lui a organizzarci tutto, abbi fede.”

“David come David Jost? – gli chiese sconsolato sapendo che più Bill predicava di avere fede in lui e meno bisognava averne, e l’altro annuì portandosi il cellulare all’orecchio – Posso permettermi di farti notare che era dietro di te fino a due secondi fa e che ora è fuori sul marciapiede a caricare i suoi bagagli su un taxi?”

A quelle parole Bill rimase freddato.

Abbassò lentamente il braccio che teneva il telefono e lanciò uno sguardo omicida verso l’esterno dell’aeroporto.

“E ora chi ci chiama il jet?!” chiese infine, la voce stridula dall’ansia.

“Bill, io torno in hotel con gli altri, tu fa come ti pare.” gli disse esasperato, mollandolo nel mezzo dell’aeroporto con il suo carrello pieno di valige e sacchi di scarpe.


***


“Dite che è ancora in aeroporto ad aspettare che qualcuno gli chiami un jet privato?” chiese Georg divertito, mentre sgranocchiava patatine seduto al tavolo del cucinino sul tourbus.

“Probabile, sapete com’è quando si impunta.” ridacchiò il manager.

“Se non altro ha scarpe a sufficienza per non sfigurare sul red carpet che avranno allestito in suo onore. - rise il bassista. – Mi dispiace solo per Gordon e Tom che sono stati costretti a fermarsi a Parigi per stare dietro alla sua cocciutaggine.”

“Vittime del karma trasversale, capita quando hai un figlioccio o un fratello di nome Bill Kaulitz.” affermò Gustav con fare saccente, la sua profezia si era avverata e Bill stava pagando pegno.



NOTE.

Si tratta di una what if? dal momento che come tutti ben sappiamo i ragazzi se ne sono tornati in Germania col tourbus, che ha fatto tutto fuorché abbandonarli al loro destino xD

Ma quando è saltata fuori questa notizia, considerando che fra le date alle quali avevo fatto un pensierino c’era proprio Parigi, mi è balenato per la mente che anch’io nell’eventualità sarei rimasta bloccata lì e – non me ne voglia la gente che poverina ci si è trovata in mezzo sul serio – ho trovato l’idea alquanto accattivante. Da qui a chiedermi quale sarebbe stata la faccia di Bill nell’eventualità di rimanersene bloccato lì beh... il passo è stato breve.

E così eccomi qua con questa one shot, e un clamoroso ritorno nel fandom dei Tokio Hotel, sui quali non scrivevo da... un anno e mezzo? Non lo so di preciso, comunque da tanto.


La storia della tuta che cola sudore è assolutamente reale, nel senso che Bill perde davvero le secchiate d’acqua attraverso quella roba, non so se ci avete fatto caso ai concerti xD

Le scarpe le tiene seriamente in un sacchetto trasparente tipo immondizia, ci avrete fatto caso se avete mai assistito all’opera di carico/scarico bagagli dal tourbus.

Dove e come tenga i costumi di scena non ne ho la minima idea, di sicuro le parti ingombranti saranno accuratamente riposte in qualche valigia, ma mi piaceva troppo l’idea della tuta – che poi non è nemmeno esattamente una tutina ma shhh xD - buttata a qualche maniera in un altro sacco.

Per scriverla ho ignorato mille particolari che nuocevano alla salute della mia idea – tipo i cani al seguito – ma hey, è una what if, non puntualizziamo troppo. ù_ù

Detto ciò, spero vi sia piaciuta e vi abbia fatto sorridere almeno un po’.

Io mi sono divertita a scriverla.

Fatemi sapere che ne pensate, mi raccomando. ^^


Per chiudere, vorrei dedicarla a tutte le persone che sono state sotto al palco dell’Humanoid City Tour e che si sono sentite dannatamente orgogliose di loro, come è capitato a me. ♥



   
 
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