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Autore: Alkimia    22/04/2010    4 recensioni
E se Christine si innamorasse di Erik fin dall'inizio? E se i direttori del teatro assoldassero qualcuno per indagare sul Fantasma dell'Opera e stanarlo? E se, per tutti, le cose si rivelassero ancora più complicate di quanto sembrano?... Non sono una grande fan della coppia Erik/Christine, ma mi sono sempre chiesta se le cose potevano andare diversamente, questa è la risposta che mi sono data.
Genere: Azione, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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 Giornata di aggiornamenti in ogni dove!
 Persino la pagina di presentazione dell'autore ho aggiornato!
 Come mai?... Diciamo che è un debole tentativo di reazione all'accidia che mi ha preso in questo periodo. Ma bando alle ciance!

 Giacchè se ne parlava, prima di procedere con il capitolo vi espongo brevemente la mia teoria sull'accoppiata Erik\Christine:
 In realtà io non ho niente contro la donzella (che poi ne parlo male, ma è per scherzare XD), semplicemente credo che la storia sia molto chiara su quali siano le sue inclinazioni sentimentali, lei NON ama Erik, quasi non lo considera nemmeno come "uomo" (nel senso materiale del termine), Christine è legata a lui solo dalla musica ed è solo questo che la affascina e questa è una cosa che si vede ancora più chiaramente nel romanzo che non nel musical. Lei ama Raoul ed è giusto che stia con Raoul, come è giusto che Chirstine e il Visconte si "oppongano" al Fantasma perchè lui ostacola il loro amore (che poi lo facciano in modo da risultare la coppia più odiosa dela storia della letteratura, questo è un altro paio di maniche). Infatti di solito non mi piacciono le fanfiction dove Christine cambia idea e torna da Erik, perchè penso che il personaggio,così come lo vedo io, non lo avrebbe mai fatto. 
 Comunque, questa è solo una mia personale interpretazione della faccenda, del resto storie come il Fantasma dell'Opera sono belle proprio perchè possono essere interpretate in modo diverso ;-)

 @Keyra93: Ribadisco, fosse dipeso da me Chrichri io l'avrei fatta fustigare, ma il mio odio sadico per il personaggio soccombe davanti alle esigenze di trama -.-''
 Per rispondere alla tua domanda sul perchè sto scrivendo una fanfiction su una coppia che non mi piace... si, sono strana, lo so! XD Ma nelle mie overdosi da visione ripetuta del film mi chiesi come sarebbe stato se Christine si fosse innamorata di Erik fin dall'inzio e pensai a questa versione alternativa della storia, poi per non ridurla a una semplice storia d'amore tra i due inventai Alex e Berty per complicare le cose... et voilà!

  @sidney bristow: Guarda... io metterei su una campagna di sensibilizzazzione per invitare la gente a scrivere di più sul Fantasmone, perchè la trovo una storia bellissima e talmente piena di sfaccettature e soggetta a così tante interpretazioni personali che offrirebbe un bel pò di spunti... ma ahimè, qui in Italia non è famosa come all'estero (considerando che nei nostri teatri non è mai arrivato il musical... e il musical come forma di intrattenimento si sta affermando solo di recente nel nostro paese...). Per quel che mi riguarda, faccio quel che posso, sono contenta che a qualcuno piaccia. grazie del commento ^^

 @Amy: Sono d'accordo con te, tra dire e fare c'è di mezzo il mare, tenendo conto anche del fatto che è facile "innamorarsi" di Erik se si pensa alla versione cinematografica di Mr. Butler, credo sia un pò meno facile se si pensa alla versione del film muto del 1925, molto più "Lerouxiana". Ma qui, in questa sezione del sito, è della versione filmica del 2004 che si sta parlando quindi lascio vagare la mia fantasia in quella direzione (sindrome di Peter Pan... non fateci caso). Per inciso, io il romanzo lo odio abbastanza, non come opera letteraria in sè, ma per la morale che suggerisce, l'idea che i buoni debbano vincere perchè sono buoni a prescindere dalla loro vigliaccheria, e che i cattivi meritino il dolore e la sconfitta a prescindere dalle loro motivazioni, da questo punto di vista preferisco il musical, perchè è vero che da troppo spazio alla "romance" ma almeno la storia sembra un pò più "obiettiva". Ma questo è un discorso lungo e complesso... e prima o poi lo scriverò un saggio letterario sul Fantasma dell'Opera (così per diletto da "fan"). PS: Il racconto sui vampiri è molto più che un pensiero, è una discreta quantità di pagine sul mio hard-disck, ma è un lavoretto un pò complesso, che encessita di tempo e spazio mentale, tutte cose che adesso non ho XD  PPS: anche io di solito faccio il tifo per i cattivi... e tendenzilamente sono abbastanza perfida... ma io sono un caso a parte hihihihi :-D

 Avevo detto bando alle ciance eh...
 Mi ritiro in un angolino e vi lascio al capitolo.
 Buona lettura



***********

 CAPITOLO DICIANNOVE

 “... let my opera begin!”

Christine era confusa. Camminava distrattamente lungo il corridoio in direzione della sua stanza.
Erik le aveva detto di assecondare il piano di Bertrand e degli altri, di aiutarli a mettere in scena il suo Don Juan perché aveva in mente qualcosa. Forse era qualcosa di veramente preoccupante o, più semplicemente, lui non era riuscito a resistere alla vanità, alla voglia di vedere la sua opera prendere vita sul palco.
La giovane preferì convincersi che era la seconda motivazione ad essere quella più esatta e pensò che fosse più bello concentrare la sua mente sui ricordi delle ultime ore trascorse piuttosto che su funeste preoccupazioni per i giorni a venire.
Erik l'amava. Non c'era nient'altro che contava in quel momento... nemmeno lo sguardo inquisitorio di Madame Giry che la stava aspettando a braccia conserte sull'uscio della porta della sua camera.
«Lo sai che ore sono?» domandò la donna. Solo allora Christine si accorse che la direttrice del corpo di ballo indossava la veste da camera ed era avvolta in uno spesso scialle di lana nera con ricami dorati.
La ragazza guardò verso le alte finestre del corridoio e vide un cielo blu che da poco aveva cominciato a schiarirsi, si morse il labbro rendendosi conto che stava arrossendo violentemente,
«Io... ehm... mi dispiace» farfugliò imbarazzata.
«Ah, Christine! Sai quanto ho dovuto faticare per tenere Bertrand alla larga dalla tua camera perché non si accorgesse della tua assenza?» borbottò Eloise tentando di non alzare troppo la voce. «Hai idea di quanto la situazione sia tesa in questi giorni e di quanto sia difficile destreggiarmi tra il teatro, quel maledette ispettore, Erik e la sua famiglia tornata a rompere le uova ne paniere?! Hai idea di... di... un momento!». La donna si interruppe sollevando le sopracciglia e corrugando l'ampia fronte. «Un momento! Ma se sono le quattro del mattino e se tu ti stai or ora ritirando... questo vuol dire che hai passato la notte...».
Christine strinse nervosamente un lembo del cappotto tra le mani sudate,
«Sì» sussurrò incapace di alzare lo sguardo mentre sentiva il volto andarle in fiamme per l'imbarazzo.
Madame Giry la fissò incredula per qualche secondo,
«Ma... ma tu...» farfugliò confusa per poi ammutolire.
Se non avesse creduto di poter morire per la vergogna, Christine avrebbe trovato quell'atteggiamento della sua tutrice assai comico, non l'aveva mai vista in difficoltà, non l'aveva mai trova priva della risposta giusta al momento giusto, ma a guardarla così perplessa e stupita avrebbe potuto dire che Eloise Giry era rimasta senza parole per la prima volta in vita sua.
Il fischio del vento fu l'unico rumore che si udì nel freddo corridoio semibuio, poi Eloise tossicchiò e cercò di riprendere il controllo della situazione,
«Forse non è esattamente affar mio, ma cosa è accaduto?» domandò.
Christine ebbe un sussulto, era ovvio che la donna intendesse dire: cosa è accaduto con Erik.
«Beh, io e Erik abbiamo avuto modo di chiarire» disse deglutendo nervosamente. «E lui mi ha assicurato che terrà fede alla promessa fatta di non far del male a nessuno... quindi non dovete preoccuparvi per Alexandre... e poi mi ha chiesto di accettare la parte nella messa in scena del suo Don Juan... e...»
«E?...» la incalzò la donna picchiettando nervosamente un piede sul pavimento. «Aspetta! Aspetta un attimo, che vuol dire che vuole che vuole che tu accetti la parte? Quale messa in scena?!»
«Ma sì... vedete... il suo Don Juan, l'opera che ha composto e che ha fatto avere ai direttori la sera di capodanno, vuole che sia rappresentata qui all'Opera e che io faccia la parte della protagonista. Ah ma non temete, sono certa che è solo per vanità, sapete quanto sia vanitoso rispetto alla sua arte!»
«Sì, ma tu non crederai che sia semplice vanità? Credi davvero che non abbia niente in mente, che non stia architettando una delle sue trovate?»
«Ah, vi prego! Non lo so... ma preferisco pensare che sia così... io vi prego, non confondetemi più di quanto già non lo sia»
«Confusa, e perché mai?» mormorò Eloise con un sorriso furbo.
«Oh, vi scongiuro, non guardatemi così!» squittì Christine scuotendo il capo e coprendosi il viso con le mani.
Eloise provò una stretta al cuore, la fitta di dolore piacevole che sente una madre nel rendersi conto che la sua bambina è diventata una donna. Ristette per un attimo ma poi scosse il capo e guardò Christine con un sorriso colmo di tenerezza,
«Tesoro mio,» le disse avvicinandosi a lei e posandole una mano sulla spalla, «non hai niente di cui vergognarti, se hai fatto ciò di cui eri convinta, spinta da sentimenti sinceri puoi sentirti in pace con te stessa. Lo so che non è quello che una madre dovrebbe dire, che dovrei farti un discorso sulla morale e sull'onore, ma in questo frangente preferisco pensarmi più come un'amica che come una madre, preferisco parlare alla donna che ho davanti adesso e non alla figlia che ho tenuto fra le braccia in passato».
Christine sollevò il capo sbigottita da quelle parole e dal tono soave e sincero con il quale erano state pronunciate,
«Oh Eloise!» esclamò commossa mentre gli occhi le diventavano lucidi. «Eloise, se sapeste quanto lo amo, se ci fosse modo di farlo vedere a voi, al mondo...».
La fanciulla si gettò tra le braccia di Madame Giry e si strinse a lei tremando per l'emozione.
«Ah ma io lo so, lo so quanto lo ami» sussurrò la donna accarezzandole i capelli. «E sono certa che è un amore così grande e puro che risplenderebbe agli occhi del mondo se solo il mondo avesse occhi avvezzi a notare la maestosità delle cose veramente grandi»
«Lo... lo credete davvero?» rispose la giovane.
«Oh sì! Mi dispiace solamente di non essere stata più solerte nell'affrontare certi discorsi con te prima d'ora!» esclamò Madame Giry con una punta di ironia.
Christine ridacchiò tra i singhiozzi flebili, poi si asciugò le lacrime con la manica del cappotto e si staccò dalla donna. Elosie le cinse le spalle con un braccio,
«E adesso, dammi l'illusione che tu sia ancora la mia bambina e lascia che ti metta a letto» concluse spingendo delicatamente Christine verso la sua stanza.

*

Erik finì di dare la cera al suo violino, gettò via il panno lercio con il quale aveva lucidato il legno e ripose lo strumento nella sua custodia.
Aveva suonato per Christine, le aveva fatto ascoltare una melodia che aveva fatto tornare la mente della ragazza a tanti anni prima. Lei non aveva dimenticato quella musica e nemmeno lui. Era stato grazie a quella melodia che l'Angelo della Musica aveva potuto trovare la sua bimba smarrita.
Era accaduto tutto la mattina di Pasqua, quasi dieci anni prima. Il teatro era deserto nei giorni di festa, le ballerine del collegio erano andate via per passare la ricorrenza pasquale con le loro famiglie. Solo lei era rimasta lì, lei che una famiglia non l'aveva più e non aveva altra casa che l'Opera Populaire.
Si era rintanata nella cappella del teatro, aveva acceso una candela davanti alla fotografia di suo padre e aveva pianto. Singhiozzi sommessi e leggeri come il respiro di un anima ferita.
Lui aveva sentito quel pianto fare eco in un cunicolo che passava proprio di fianco alla cappella, il corridoio nascosto che il Fantasma dell'Opera usava per raggiungere indisturbato le cucine del collegio. Aveva sentito quei singhiozzi e lo avevano commosso così tanto che avrebbe potuto giurare che persino le pareti del teatro stessero sanguinando. Aveva sentito il cuore stringersi in una morsa di tristezza ed era stato come scoprire di colpo di essere vivo, di avere un'anima capace di emozionarsi, di provare compassione come quella di qualsiasi altro uomo e non di un essere fatto di nulla e buio come spesso pensava di essere.
Aveva seguito quel suono tanto straziante quanto dolce ed era arrivato in corrispondenza della cappella. Lì nella parete del cunicolo che lo separava dalla stanza, c'era un piccolo foro dove probabilmente era stato fissato il gancio per sostenere qualche lampada e che ora non c'era più. Era da lì che l'aveva vista la prima volta, un esserino avvolto in uno scialle, con i riccioli ribelli che spuntavano dalla cuffia di cotone che serviva a tenerli raccolti.
«Papà,» aveva detto la bambina con voce lamentevole, «papà... perché l'Angelo della Musica non è  venuto da me? Sono forse stata cattiva? Avevi promesso che sarebbe venuto? Perché non è qui con me?...».
Erik aveva deglutito, emozionato dalla tristezza della bimba e allo stesso tempo colpito dal timbro della sua voce delicata e limpida.
«Forse perché non canti mai per lui» aveva detto per poi pentirsi quasi subito di essersi rivelato così stupidamente a quella bambina.
La piccola era sobbalzata e si era stretta nello scialle guardandosi attorno con aria smarrita,
«Chi c'è?...» aveva chiesto con voce spaventata. «Sei tu? Sei l'Angelo della Musica?».
Erik si era morso il labbro pensando che avrebbe fatto meglio a mangiarsi la lingua, a zittire e lasciar credere alla bambina di essersi solo suggestionata. Ma la tentazione era troppo forte... e se le avesse lasciato credere di essere davvero il suo Angelo della Musica? Se così facendo fosse riuscito a insegnarle, a fare in modo che lei manifestasse agli altri il suo genio?
Gli bastò rifletterci pochi secondi. Si disse che poteva valerne la pena, in ogni caso quella bambina non avrebbe potuto nuocergli in alcun modo e anche se fosse andata a raccontare di aver sentito una voce provenire dal nulla, chi mai le avrebbe creduto?
«Sì, sono il tu Angelo e voglio che canti per me» le aveva risposto.
La piccina si era schiarita la voce e si era asciugata le lacrime, poi aveva cominciato a intonare una nenia, una canzone che suonava suo padre sul suo violino. Erik aveva ascoltato attentamente ed era rimasto affascinato dalla sua voce. «Sì, con la giusta istruzione,» si disse compiaciuto, «con i giusti accorgimenti potrà diventare una stella del canto!».
Quando la bambina smise di cantare lui riprese
«Molto bene, hai una voce davvero bella, ma la prossima volta che ti chiederò di cantare non farlo restando seduta lì per terra» asserì. «Devi stare diritta e mantenere una certa posizione perché la voce esca perfetta senza toglierti il fiato».
Lei si guardò attorno sforzandosi di individuare il punto da cui proveniva la voce,
«Ma dove sei, Angelo?» chiese.
«Non c'è bisogno che tu mi veda per ora. Ma se vorrai, io ti insegnerò a cantare, ti insegnerò come diventare una grande artista, vuoi?»
«Sì... era quello che diceva sempre anche il mio papà»
«Molto bene, allora ascoltami con attenzione» disse la voce. «Ogni giorno verrai qui, un'ora prima di cena, e io ti insegnerò, ma bada, dovrai essere molto molto attenta»
«Lo sarò, promesso... ma tu canterai per me?» domandò la piccola.
Erik sorrise tra sé e sé,
«Tutte le volte che vorrai» concluse.

Era stato tanto tempo fa, eppure quell'attimo era rimasto impresso nitidamente nella memoria di entrambi. Era stato il primo istante di un sogno, di una fiaba che aveva illuminato le loro esistenze fino a quel giorno, fino a quando tutto non era esploso in quella meraviglia di cui solo l'amore riesce a rivestire le cose.
Erik non aveva dimenticato quella canzone e l'aveva suonata per lei tante volte, ogni volta che la sua bimba smarrita aveva avuto bisogno di ritrovare il sorriso e di sentirsi meno sola. E quel giorno, mentre l'alba sorgeva pigra su Parigi, l'aveva suonata ancora una volta, per ricordarle che non l'avrebbe mai lasciata e che sarebbe sempre stato fiero di averla al suo fianco. La sua Christine si era commossa e gli si era gettata tra le braccia per lasciare che lui l'amasse ancora, per fargli capire quanto profondamente gli apparteneva e quanto la sua vita fosse così irrimediabilmente intrecciata a quella di lui.  
Era tornato alla Dimora sul lago dopo averla riaccompagnata al teatro, prima di lasciarla le aveva raccomandato di fare tutto ciò che le aveva spiegato, esattamente come lui le aveva suggerito. Poi l'aveva baciata e aveva sentito il cuore stringersi quando l'aveva vista allontanarsi lungo il corridoio.  Infine, una volta tornato nel suo rifugio, aveva lasciato cadere il mantello sullo schienale di una sedia e si era buttato sul letto. Si era addormentato quasi di colpo, cullato dai sogni più dolci di cui le lenzuola del suo letto avevano ancora il sapore.

*

Alexandre osservava le facce dei direttori del teatro segnate da grosse occhiaie livide e dai segni evidenti della stanchezza. Il giornalista aveva la netta sensazione che l'aspetto di Andrè e Firmin non fosse dovuto alle notti brave trascorse in compagnia di qualche sedicente ballerina ma piuttosto alla preoccupazione per la sorte del loro teatro e dei loro investimenti in quella nuova attività che si stava rivelando nient'altro che una fonte di guai.  
«Forse è il caso che cominciamo a fare due conti...» squittì Andrè in tono rassegnato. «Se vendessimo il teatro adesso, magari la perdita non sarebbe così grave, i danni potrebbero ancora essere contenuti».
Firmin lanciò un'occhiata scettica all'atto di vendita dell'Opera Populaire che il suo socio aveva tirato fuori dal cassetto della scrivania e si lasciò scappare una risata stizzita,
«Sì, e chi pensi che lo comprerà mai un teatro infestato da un Fantasma che ammazza i macchinisti e aggredisce le ballerine?» borbottò bieco.
Alexandre si massaggiò la nuca e sospirò,
«Beh se si riuscisse a dimostrare che non è stato il Fantasma ad aggredire Josephine...» suggerì con vaghezza.
«Quale altra fantasia vi sta ronzando in mente, Dubois?!» si lamentò Andrè scuotendo la testa.
«È solo un'ipotesi, come dicevo ieri al mio collega» precisò il ragazzo facendo un cenno verso Bertrand. «Se si sapesse che il Fantasma dell'Opera è meno pericoloso di quanto si crede, la reputazione del teatro si salverebbe, non credete?»
«In ogni caso,» si intromise Raoul, «vendere il teatro adesso sarebbe un grosso spreco, non solo di capitali, ma anche di energie... tutto il lavoro fatto fin'ora per catturare il Fantasma sarebbe vano»
«Almeno non sarebbe più un nostro problema» blaterò Firmin lisciandosi i folti baffi brizzolati.
Alexandre sorrise quasi divertito dalla mancanza di fegato dei due impresari,
«Beh, forse se ragioniamo insieme, riusciremo a trovare una soluzione» asserì Bertrand. «Anche se la mia idea resta sempre quella di tentare di mettere in scena l'opera del Fantasma, con o senza mademoiselle Daae»
«E, di grazia, monsieur, nella vostra infinita arguzia, potreste dirci anche dove prendere i soldi per mettere in scena un simile spettacolo?» sbuffò Andrè.
«Io sarei disposto a finanziarlo» mormorò il visconte. «Ma senza Christine Daae temo sia inutile».
In quel preciso momento una leggera bussata di porta interruppe la conversazione tra i cinque uomini.
«Avanti...» disse Firmin massaggiandosi la tempia.
«Lupus in fabula» mormorò impercettibilmente Bertrand quando vide Christine comparire sulla soglia dell'ufficio.
«Buon giorno, signori» disse la giovane avanzando timidamente mentre gli occhi dei cinque uomini si posavano su di lei.  
«Mademoiselle, cosa possiamo fare per voi?» domandò Firmin contraddicendo quelle parole gentili con un tono piuttosto brusco.
l giovane si lasciò cadere sulla sedia e si stropicciò il viso con le mani con aria affranta,
«Perdonatemi, signori, ma io avevo assoluto bisogno di parlavi» esordì con un tono di voce vagamente addolorato. «Il visconte, che certo ha di me una stima più alta di quanto io meriti, mi aveva parlato di una vostra idea per catturare il Fantasma, un'idea che si sarebbe potuta attuare solo attraverso la mia complicità».
Andrè e Firmin deglutirono nervosamente, Alexandre e Raoul guardarono la ragazza con aria stupita e Bertrand socchiuse gli occhi nel tentativo di contenere un sorriso compiaciuto indovinando già cosa la giovane stesse per dire.
«Ebbene, io per paura mi sono rifiutata di assecondare quella che a me sembrava una follia e anche piuttosto pericolosa per la mia incolumità e forse non solo per la mia! Ma in questi giorni ci ho pensato molto e ho capito che non c'è altra soluzione e che anche io devo fare la mia parte per restituire a questo teatro la  serenità che gli è stata tolta e...» la sua voce si incrinò leggermente mentre cercava di riprendere fiato.
«Sì?...» la incitò Andrè sporgendosi verso di lei quasi stendendosi sul piano della scrivania.
«E... assicurare alla giustizia quel criminale che ha ferito troppo profondamente ciò che amo» concluse lei.
Un silenzio pesante piombò sulla stanza mentre gli uomini si guardarono in viso l'un l'altro, ognuno mosso da sentimenti diversi.
«State dunque dicendo che siete disposta ad esibirvi in un eventuale messa in scena dell'opera del Fantasma per tendergli una trappola e lasciare che venga catturato?» esclamò Bertrand.
Christine nascose i pugni stretti per la tensione tra le pieghe della gonna,
«È quello che ho appena detto» concluse accennando un sorriso incerto.
«Beh direi che è... una cosa... positiva, no?» farfugliò Andrè pregustando i vantaggi che una simile prospettiva sembrava offrire.
«Se lo dite voi!» borbottò Alexandre scrollando le spalle.
Christine gli rivolse uno sguardo interrogativo mentre Bertrand le piombava alle spalle,
«Monsieur Dubois ha delle piccole divergenze di opinione con noi altri» spiegò l'investigatore. «Ma voi avete dato prova di grande coraggio accettando di prestarvi a una simile impresa»
«Che noi faremo in modo che non si riveli dannosa per l'incolumità di nessuno, meno che mai per la tua» aggiunse Raoul in tono severo lasciando intendere che quelle parole fossero più un monito per i suoi interlocutori che non una rassicurazione per Christine.
«Sto solo cercando di fare quello che credo giusto» rispose lei.
«E noi siamo onorati di ricevere la vostra collaborazione» le disse Firmin mettendo su il suo sorriso migliore.
«Bene, signori, attendo le vostre istruzioni, ritenetemi a vostra totale disposizione» concluse la giovane alzandosi e apprestandosi a uscire.
Bertrand le posò una mano sulla spalla e strinse leggermente la presa mentre le si affiancava,
«Non temete, mademoiselle, vi terrò d'occhio» le sussurrò in un sibilo talmente agghiacciante che non fu difficile per lei indovinare che si trattava di una minaccia e non di una rassicurazione.
Alexandre osservò sbigottito mademoiselle Daae uscire dall'ufficio e si riscosse solo quando Raoul gli pestò un piede mentre gli passava davanti.
«Non dobbiamo perder tempo, dobbiamo cominciare subito ad allestire questo spettacolo» esclamò il visconte. «Io vado immediatamente alla gendarmeria a parlare con il capitano...»
«Fermi, fermi tutti, signori!» esclamò Bertrand. «Prima di cominciare ad allestire lo spettacolo e dare l'annuncio di una nuova rappresentazione qui all'Opera, è giusto che si calmi il vespaio che l'aggressione della ballerina ha suscitato, ora come ora, nessuno avrà una gran voglia di venire qui a teatro o di interessarsi agli spettacoli»
«Sarà un'ulteriore tragedia per le nostre finanze continuare a tenere l'Opera Populaire ferma per altre settimane...» esordì Andrè.
«... ma monsieur Bertrand non ha tutti i torti. Se questa cosa deve essere fatta, allora che la si faccia come si deve!» concluse Firmin seguendo i pensieri del suo socio. «Quando ci saremo liberati del Fantasma avremo tutto il tempo di risollevarci finanziariamente»
«Dunque ora, tornate a casa e dormite sonni tranquilli, l'ora della nostra rivalsa si avvicina». Detto ciò Bertrand si avvicinò ad Alexandre, e gli mormorò all'orecchio, «E così il nostro piccolo usignolo ha il cuore spezzato, buon per noi» commentò sarcastico.

Idiota! Lei non lo sta tradendo, lo sta aiutando!

«Idiota!» pensò il giornalista allontanandosi da lui e dirigendosi frettolosamente fuori da quell'ufficio.

Christine voltò l'angolo del corridoio e si poggiò con le spalle contro il muro, tirando un sospiro di sollievo. Era stata convincente, aveva fatto proprio come Erik aveva detto: era riuscita a far credere a quegli uomini, e soprattutto a Bertrand, che lei era adirata con il Fantasma e che aveva intenzione di vendicarsi. Aveva fatto credere di essere loro complice e si era riconquistata la loro fiducia. Ora non restava altro che aspettare.
La ragazza non aveva considerato che Erik aveva voluto che lei facesse tutto ciò anche per un altro motivo: se loro l'avessero creduta disposta ad aiutarli a incastrare il Fantasma e se le cose si fossero messe male per lui nessuno avrebbe potuto accusarla di essere in combutta con quello che tutti ritenevano un criminale.
Christine si era limitata a fare solo ciò che Erik le aveva chiesto, in nome della fiducia cieca che riponeva nell'uomo che amava, senza pensare alle conseguenze che si sarebbero potute verificare se qualcosa fosse andato storto.
Erik non le aveva detto cosa aveva davvero intenzione di fare una volta che la sua opera fosse stata messa in scena, ma soprattutto, né lui né la fanciulla potevano immaginare di star andando entrambi incontro alla tragedia, perché nei suoi calcoli, nemmeno un individuo scaltro come il Fantasma dell'Opera aveva considerato la furia cieca di chi si era posto uno scopo ed era pronto a tutto pur di raggiungerlo.

«Christine!» un'esclamazione improvvisa fece sobbalzare la ragazza che se ne stava ancora lì appoggiata al muro.
«Alexandre! Mi avete spaventata» disse lei con il fiato corto.
«Cosa avete in mente, Christine? Cosa state facendo?» borbottò il ragazzo.
«Sto semplicemente collaborando»
«Certo, ma non con noi! Dopo ciò che ci siamo detti, dopo aver capito che non è stato il vostro Erik ad aver aggredito Josephine siete certamente tornata da lui. Dunque è per lui che vi siete prestata a questa pazzia, non è così?»
«Alexandre... vi prego, non giudicatemi male» sospirò la giovane.
«Io non vi sto giudicando! Non capite? Io sto cercando di proteggervi... di proteggere tutti, a dire il vero, insomma... il maggior numero di persone possibili» replicò il giornalista.
Lei sorrise,
«Lo so, lo so, amico mio. E credetemi, io sto facendo altrettanto»
«Dite? Ma vi rendete conto di che pazzia è mettere in scena quella rappresentazione?» borbottò lui. «E vi rendete conto che... Erik, Dio, non mi abituerò mai a pronunciare questo nome! Vi rendete conto che lui non può certo essere protetto in un teatro colmo di gendarmi pronti a sparargli a vista e con Bertrand che gli caverebbe volentieri il cuore dal petto a mani nude?»
«E voi non vi rendete conto che finché rimaniamo in questo teatro, non sono né i gendarmi né tanto meno Bertrand ad avere il coltello dalla parte del manico»
«Santo Cielo! Christine, vi prego, ragionate... io sto solo cercando di dirvi che non voglio che nessuno si faccia male, meno che mai voi e chi vi sta a cuore... chiunque esso sia» concluse il giovane con un sorriso stanco.
La ragazza provò così tanta tenerezza per lui che dovette fare un grosso sforzo per resistere all'impulso di accarezzargli la guancia. Ah, se solo lui e Erik avessero potuto sapere la verità, probabilmente si sarebbero stimati a vicenda, sarebbero riusciti persino ad amarsi come fratelli!
«Oh, Alexandre, non sapete quanto le vostre parole mi facciano bene, ma devo chiedervi di fidarvi di me come io mi sono fidata di voi» gli disse.
Lui la fissò intensamente per qualche secondo,
«E di lui? Posso fidarmi di lui?» domandò.
«Voi pensate a tenere a bada Bertrand. A Erik ci penso io» concluse Christine rivolgendogli un ultimo sorriso prima di voltarsi e andare via.    


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Capitolo reinserito il 28\12\2011
   
 
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