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Autore: Lady Snape    22/04/2010    3 recensioni
Dal testo: "....È dura essere me. Essere sempre vigile e attento, razionale, riflessivo. Me ne fregherei se potessi, ma qualcuno deve pur fare questo lavoro, deve pur avere un minimo di giudizio. ...."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cho Hakkai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo tanto sono tornata a scrivere su Saiyuki.

Non dirò niente per adesso. Buona lettura! Ci vediamo alla fine.

 

 

 

 

È buffo. È tutto molto buffo. Ripenso a quando tutto questo può essere iniziato.

Non riesco a focalizzarne il momento preciso, eppure so che è accaduto. Probabilmente mi sono illuso di essere più forte, di essere molto più capace di controllarmi. Niente di quello che pensavo è vero.

Nascondo dietro i miei sorrisi delle atrocità impossibili da capire per chiunque. Quelle poche persone che mi sono accanto sanno tutto di me, semplicemente perché avevo voglia di farmi accettare per quello che sono, senza mentire, senza sporcarmi anche di questo e perché a loro devo la mia esistenza.

Solo … solo che è diverso raccontare tutto quello che sono stato, che ho fatto ad un amico: Gojyo era sgangherato quanto me e questo mi ha aiutato ad aprirmi, a sfogare quello che avevo dentro. Sentivo che dovevo raccontarlo a qualcuno o sarei scoppiato. Eppure la mia rabbia, quella no, quella è sempre lì ad attendermi, ad aspettare che io perda il controllo, che abbassi la guardia per venire fuori e distruggere tutto.

È dura essere me. Essere sempre vigile e attento, razionale, riflessivo. Me ne fregherei se potessi, ma qualcuno deve pur fare questo lavoro, deve pur avere un minimo di giudizio.

Chi voglio imbrogliare? Sono qui da solo a pensare che la testa l’ho persa completamente. Mi sto illudendo di poter trovare nuovamente la felicità. Non che voglia punirmi a tutti i costi, ma sono in debito con lei, lo sono ancora e non posso dirle addio. Non sono stato capace di proteggere l’unica ragione di vita che avevo e per questo devo ancora pagare il giusto scotto.

Se porto lo sguardo indietro, mi accorgo di essere stato un bambino triste perché lei mi era stata strappata da genitori senza scrupoli. Ritrovandola quasi per caso ho riscoperto la voglia di vivere, la gioia di essere me. Incesto? Sì, forse, ma chi può giudicare? Chi può dirlo? Chi ha questo diritto? Gli Dei? Probabilmente è stata una punizione divina la mia. Punito dagli Dei perché ho sbagliato. Ma l’errore da dove è partito? Siamo sicuri che sia stata unicamente colpa mia? Eravamo in due almeno e … sì, la mia punizione è stata più brutta, sarebbe stato meglio la morte. Sopravvivere senza di lei con la colpa cucita addosso, radicata in questo corpo segnato, che sia in forma umana o di demone non fa differenza. Forse Sanzo voleva dirmi questo quando mi ha impedito di uccidermi? Voleva che mi punissi? Che pagassi i miei errori? È un monaco fuori dagli schemi, quindi magari era questo che intendeva, oppure semplicemente voleva offrirmi un’altra possibilità: la possibilità di dimenticarla, la possibilità di relegare quel momento della mia vita in un posto dove non mi avrebbe nuociuto in alcun modo, connaturarla a me stesso e condurre comunque la mia esistenza. Vivere per poter cambiare le cose, era questo quello che mi ha proposto quel giorno, quello strano giorno in cui l’ho incontrato.

                Ora però non importa cosa volesse Sanzo da me. Quel momento della mia vita così intimamente tumultuoso è passato, finito, andato. Non tornerà più anche se fa male, se lo sento ancora sulla pelle, sento che brucia, tira e strazia l’anima, lacerandola fino a farla sanguinare. Ora ho altro a cui pensare.

                Questo strano viaggio, iniziato per ordine di chi ci è superiore spiritualmente, si è rivelato un viaggio dentro noi stessi, un viaggio che mi ha portato a confrontarmi con la mia natura. Avevo perso di vista la natura del mio animo e mi sono stranamente illuso quando, per chissà quale congiunzione astrale, ho incrociato i suoi occhi puri; qualcosa si preparava a mutare in me, lo sentivo, fino a quando Chin’iso mi ha ricordato che razza di persona sono, mi ha riportato alla realtà, mi ha fatto cadere da quel cielo dove mi ero collocato. Che mi piaccia o no, gli sono grato per avermi rammentato le mie colpe, la mia impossibilità di stringere qualcuno a me, perché finirei per sporcarlo con il sangue che mi bagna ancora l’anima, che sgorga da quelle ferite strazianti. Non lo odio, non l’ho mai odiato: lui ha fatto quello che era giusto per sé e per la sua gente: ha tentato di vendicarli uccidendo il loro assassino e poi ha deciso di venirmi a cercare, perché quella sera non è riuscito a portare a termine il suo nobile proposito.

                Oggi sono qui, seduto su una rupe, con una strana luce negli occhi, dentro di me, nel mio petto. Oggi ti ho rivista, sei venuta qui con i tuoi compagni per batterci, per toglierci di mezzo. È sempre la stessa storia ormai da un anno: piombate qui e si inizia a combattere. Per quello che penso io, nessuno di noi ne ha voglia, ci rendiamo conto della inutilità dei nostri gesti in questa faccenda, di quanto sia stupido darsele per qualcosa che non si reputa degno. Vedo la tua esitazione, quella di Kogaiji e degli altri, sempre meno convinti di scagliarsi contro di noi. Ideali sbagliati, ordini da eseguire, diversità inconciliabili: in qualunque modo si mette in discussione il nostro essere uno contro l’altro, niente vale la pena e sono tutte dimostrazioni di futilità del nostro agire per soddisfare i piaceri altrui.

Per quanto riguarda me, beh, non ho mai voluto farti male. Non me la sono mai sentita, non ho mai creduto che battendoti avrei risollevato le sorti del viaggio mio e del mio gruppo. Ti ho sempre vista indifesa, debole, anzi, delicata, non adatta a queste battaglie furibonde, in cui Goku e Gojyo si trovano più a loro agio.

Tu sei in mezzo al campo di battaglia, ma credo aneli a ben altro scenario per la tua esistenza. Ti vedo affacciata su una veranda fiorita a rimirare le tue piante, i capelli sciolti sulle spalle, lasciati al vento in modo naturale, senza preoccupartene troppo, pensando piuttosto ad assicurare col lo spago quel ramoscello che il vento notturno ha spezzato. Ti vedo lì, tranquilla, serena, padrona di te stessa.

Purtroppo, per quanto io possa immaginare per te una vita diversa, so che sei legata a lui, l’ho capito quando vi ho visto insieme e questo mi ha turbato. La tua devozione nei suoi confronti è ammirevole, ma mi ferisce. Ferisce il mio animo già tormentato, ferisce il mio corpo che reagisce d’istinto e stringo i pugni per scacciare i cattivi pensieri dalla mia mente. Eppure, quando ti guardo a me sembra che tu riesca a leggere qualcosa dal mio animo che, seppure cerco di mantenere celato, tu, con la tua estrema sensibilità, riesci a cogliere indisturbata e, forse per uno strano scherzo che mi fanno i sensi e l’intelletto, credo, immagino che tu ricambi quelle mie sensazioni malsane.

Non è giusto pensare certe cose, non posso farlo, non devo farlo, ma, Yaone, che posso farci? Non sono infallibile. Provare queste emozioni non è giusto per te, per me e per Kanan. Sì, lo so, ormai è morta da tempo, tu non sai nulla di lei e forse mai lo saprai, ma resta qualcosa di incompiuto dentro di me. Non sono riuscito a far niente per lei, ho solo scagliato una maledizione su di me. Chi mi garantisce che non finirò per perdere anche te nello stesso modo? Chi mi dice che riuscirò a proteggerti dal male, dai pericoli? Chi mi dice che il pericolo non sia io?

Forse in tutto questo sono molto duro innanzitutto con me stesso. Il punto è che vedo la mia corruzione stonare in modo visibile rispetto alla tua purezza. Sì, sei pura, ne sono certo e anche la tua devozione per lui è pura. Vorrei essere io il destinatario di questo sentimento, perché sarebbe meno corruttibile, meno volubile. Eppure non ho nulla di cui lamentarmi: alla fine la mia presenza non ti è indifferente. Hai sempre un sorriso per me quando siamo costretti allo scontro. Un inchino leggero, un prepararsi alla lotta leale, ma senza la volontà di ferirsi, quasi fossimo un allievo e il suo maestro di arti marziali, che sono lì, uno contro l’altro solo per esercitarsi.

Che situazione strana! Davvero non riesco più a definire cosa sia il bene e cosa il male. Le persone che ho conosciuto durante questo viaggio portano dentro il loro animo una parte di luce e una di ombra completamente simmetriche, due parti complementari, inseparabili, che danno un senso a tutto. Sottrarre il male da ognuno di noi ci renderebbe delle persone differenti, non saremmo più noi stessi, non saremmo più riconoscibili. Inoltre combattere tra di noi serve solo a darci la possibilità di conoscere la luce di ognuno, comprendendo quando le parti luminose dei nostri animi si cerchino per avere la possibilità di comprendere questo mondo pazzo.

Provo una strana sensazione da qualche tempo: la  Luce suprema e, da qualche parte ancora sconosciuta, l’Oscurità suprema governano la nostra volontà, ma non il nostro sentire. Non riescono a occultare la nostra volontà, anche se combattiamo per conseguire uno scopo ancora effettivamente sconosciuto. Il nostro sentire ci sorregge in tutto questo.

E io sento te. Sento i tuoi occhi su di me, sento la tua voce e vorrei che anche tutto il resto del mio corpo venga coinvolto in questo abbandono sensoriale che curerebbe, guarda che pensieri mi passano per la testa, la mia malata anima.

Ma devo dirle addio. Devo salutare per sempre, chiudere via quella parte di me che si sente colpevole, che si trova ancora legata al mio vecchio nome, Gono, che ripensa ancora a quei momenti felici e, soprattutto, a quei momenti terrificanti del mio passato, in cui una dolce creatura ha pagato il nostro crimine da sola e non ha sopportato la vergogna della violenza subita. Devo dire addio a quegli occhi, quei capelli, quel corpo che ho amato, quel cuore che mi ha scaldato, quell’anima che ho accarezzato.

Sarà difficile, Yaone. Ho bisogno di comprendere ancora se ho davvero la possibilità di essere Cho Hakkai completamente. Questo viaggio, ancora da completare, sarà il momento in cui potrò conoscere meglio me stesso, indagare il mio animo, mettere alla prova il mio cuore e magari dirle per sempre addio.

 

 

 

 

In qualche modo, mi è venuto in mente di scrivere questa piccola storia. Un viaggio introspettivo che non ho idea da dove provenga esattamente.

Ho trovato Hakkai sempre molto inquietante: in fin dei conti non ho mai capito cosa ci si dovesse aspettare da lui, se alla fine non sia più pericoloso di Sanzo, forse anche di Goku (Gojyo, poverino, mi sembra, nonostante tutto, quello più “tranquillo” del gruppo). Penso seriamente che il suo mascherare il suo essere prima o poi lo porterà al baratro, se non trova un modo per liberare la sua anima dal peso che porta dentro. Quel falso sorriso poi mi spaventa ancora di più. Credo che porti una maschera “alla Pirandello” e se tanto mi da tanto, allora prima o poi “impazzirà” come il protagonista de “Il treno ha fischiato”. Ok, sto divagando, ma Pirandello è uno dei miei scrittori preferiti.

Spero che la lettura sia stata piacevole. Spero che abbiate voglia di darmi le vostre impressioni.

 

   
 
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