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Autore: tanechka    22/04/2010    2 recensioni
Un cantante segnato dagli errori e dagli orrori della sua vita, la sua compagna fragile e bulimica. Un anziano pittore aggrappato ad un ricordo coperto di polvere, una prostituta appassionata e coraggiosa, pronta a riscattare la propria vita. Un giovane uomo che sembra non aver mai commesso uno sbaglio in vita sua...
Il modo in cui le loro cicatrici si corrispondono, il filo sottile che li lega, l'intrecciarsi e il fondersi delle loro vite.
E' possibile offrire gli occhi alla luce quando tutte le speranze sono morte?
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Brucia

Brucia, cuore, fa’ che sia di consolazione per lei.

Scappa, ombra del destino: non guardarla con occhi di compassione.

Ridi, vento: lei troverà risposte anche in te.

 


Madre aggrappata al telefono. Madre che piange.

“L’ha fatto. Mia figlia l’ha fatto di nuovo.”

 


Apri gli occhi senza paura della pietà della luce.

Non domandare al buio se ti ha portato da bere.

 


Brucia, cuore, fa’ che sia di consolazione per lei.

“Che cosa mi racconti stasera?”

 


Stringimi. Faremo l’amore sino a consumarci.

Dolce è il dolore tra le lenzuola e le finestre spalancate: non aver paura di gridare, qui qualcuno ti aiuterà.

 


Ridi, bambina.

Meglio che tu non conosca ciò che accadrà.

 

 



Finisce tutto così. Il cantante si porta una ciocca di capelli dietro l’orecchio prima di sorridere di nuovo alla folla in delirio che pulsa di piacere a pochi metri dal suo intoccabile essere ciò che è: colui che ha scritto testi e musiche in grado di comprendere e curare ogni singola persona là sotto, ogni singola persona che attende qualcosa da lui.

Cosa è nascosto nei suoi occhi chiari, che splendono di malinconica gioia sotto le luci artificiali che ha puntate sul viso? A cosa pensa mentre le sue mani scivolano lentamente sulle corde ben tese della sua chitarra?

Psichedelia. I tecnici smonteranno tutto, caricheranno casse, faretti, microfoni e luci su camion senza nome e li porteranno chissà dove. Torneranno a casa molto tardi, e saranno soli o in compagnia di qualcuno. Forse stapperanno una birra e brinderanno alla vita e alla stanchezza nella notte buia.

Gli amanti si sfileranno i vestiti e chissà cosa accadrà. Si perderanno l’uno nell’altra, si sentiranno vivi ancora una volta prima di morire, prima di tornare indietro e non rivedersi mai più. Nella frenesia e nei loro baci ritroveranno l’eterno. E poi dormiranno abbracciati, pieni di quella consolazione e di quel languore appagante.

 


Madre, perché piangi?

Non sai che il dolore è la forza più grande che esista?

 


“Ti odio”, griderà piangendo. “Ti amo”, sarà l’ovvia risposta. “Ti amo come ho amato poche cose in questa terra. Permettimi di aiutarti.”

 


Tutto inizia e tutto finisce. Le nuvole passeranno e lei penserà a giorni di pioggia in luoghi che non ricorda oramai più. I suoi capelli saranno ancora pregni di quel calore che riempie il vuoto e lo stringe a sé. Lui sarà nuovamente distaccato e lontano, e lei soffrirà di impotenza, osservandolo.

 


“Tu non mi aiuterai mai!”

 


I petali fremeranno un’ultima volta, prima di cadere.

Mi chiederai di nuovo di trovare quel vecchio maglione che non hai indossato mai. Passerò ombretti e eyeliner sulle palpebre stanche. Mi passerai un batuffolo di ovatta imbevuto di struccante sul viso, con delicatezza e calma, perché non è così che mi vedi bella. Ti massaggerò le dita e le mani, prima di uscire.

 


“Non chiedermi mai cosa provo, perché potrei piangere e non riuscirei più a fermarmi.”

Riderò per rancore, se me lo chiederai. Sacrificherò per te tutti i miei sogni e le mie speranze, pur di vedere realizzati i tuoi. Frantumeremo ogni attimo, attendendo l’oblio.

 


Poi, mi tenderai di nuovo le tue mani grandi, con le dita lunghe e sottili. Le tue mani piene di storia, e ancora, di nuovo, mi domanderò se sono mai state in grado di punire qualcuno con la violenza più bruta. Non sorriderai. Non lo fai mai, perché dovresti cominciare proprio adesso?

I tuoi occhi chiari splenderanno di malinconica rabbia sotto le luci. Non ti chiederò il perché: da tempo, preferisci custodire per te i tuoi dolori e le tue paure. Ciò mi riempie di una tristezza infinita, ma se è questo che vuoi, io non posso fare altrimenti, se non adeguarmi alla tua volontà. Di nuovo, impotente, mi domanderò cosa ti turba, cosa posso fare per alleviare le tue sofferenze. Mi limiterò ad allungare le mie mani verso le tue, osserverò i muscoli appena accennati delle tue braccia, i tuoi capelli, che ricadono delicati attorno al tuo viso impassibile. Me le stringerai senza dir nulla, perché è questo il tuo modo di comunicare la tua gratitudine. E poi ci incammineremo lungo la strada che segue il mare, sino a quando non crolleremo nella sabbia, stanchi, prima che ci preceda l’alba.

  
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