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Autore: braver than nana    23/04/2010    3 recensioni
Gli occhi chiusi. Concentrati sul testo della canzone senza senso.
Non lo ricordo più. Ma non ne ho bisogno. Ballo e basta.
Muovendo le mani e la testa.
È divertente. E io mi stavo privando di tutto questo per rimuginare tra ricordi dolorosi.
Oh Shikamaru, ti avessi incrociato prima… So, con tutta la certezza di cui sono provvisto, che sarebbe stato tutto più facile. ShikaKiba, SasuNaru.
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kiba Inuzuka, Shikamaru Nara
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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NO. STRESS.

L'odore del disinfettante mi colpisce come uno schiaffo appena attraverso quella porta scorrevole automatica che mi avverte ogni volta a quale posto sto andando incontro.
Saluto qualcuno che dovrei ricordare, o che a quanto pare conosce me, e come un automa mi dirigo all'ascensore dell'ala C. Sono le otto e non c'è troppo movimento.
L'ascensore si lascia chiamare senza intoppi e quando quelle porte argentate si aprono mi fiondo dentro e premo il pulsante numero 6.

Sesto piano dell'ospedale di Konoha, girando a destra, una volta viste scorrere nuovamente le ante argentee, si arriva al Mio reparto di Veterinaria.
Annuso leggermente l'aria.
Hinata è già arrivata. Sicuramente starà seduta alla sua scrivania tutta intenta a sistemare chissà che cosa. Non c’è nessun altro.

« Dottor Inuzuka, b-buongiorno. »
« Buongiorno Hinata. »

Le sorrido senza guardarla negli occhi.
Apro la porta del mio studio e tolgo il giaccone forse troppo pesante, visto che nonostante siamo Ottobre l’aria è ancora piuttosto calda, e infilo il camice candido.
Lei è una brava ragazza. Il suo lavoro lo fa per bene ed è una così brutta sensazione aver voglia di mandarla via ogni volta che incrocio il suo sguardo.
Così odiosamente simile al Suo.

Appoggio la schiena pesantemente alla poltrona e lascio cadere la testa all’indietro, sospirando e guardandomi intorno.
I muri così bianchi e anonimi d’ogni ospedale che si rispetti sono stati volutamente ricoperti dai miei cartelloni e poster. Varie classificazioni animali, gigantografie delle mie specie preferite, foto degli animaletti mandate dai pazienti e, piccolo ed esattamente perpendicolare alla mia scrivania, James Dean mi guarda dandomi coraggio.
Questo posto è diventato più umano.

Sento la mia segretaria avvicinarsi, timida.
« Dottore… »
« Dimmi. »
« Il… p-primo appuntamento è fissato per le nove. Se v-v…vuole può scendere a fare colazione… » 

Una così brava ragazza.

 « Grazie Hinata.- mi sforzo di guardarla negli occhi.- Tu vuoi qualcosa? »
« No dottore, ho già mangiato. »
Annuisco. Distolgo lo sguardo. 
« Se arrivano emergenze chiamami al cercapersone. Ma non dovrei metterci molto…»
Mi alzo e torno all’ascensore. 

Al bar dell’ospedale, a qualsiasi ora, c’è sempre confusione e bisogna sempre aspettare minimo dieci minuti per poter provare ad ordinare. Quando finalmente tocco con le dita la tazzina del mio caffé la musichetta di quel maledetto cercapersone risuona in tutto il locale.
La gente mi guarda preoccupata. Io guardo nervoso l’apparecchio che continua a suonare.
Lo spengo e bevo tutto d’un fiato il caffé bruciandomi la gola e iniziando a correre verso l’ascensore.
Un minimo di dieci persone sono davanti le porte argentate.
« Porca…»
L’ospedale sta iniziando a movimentarsi.
Inizio a salire di corsa le scale. Solo al pensiero di sei piani mi fa venire un dolore alla milza ma se Hinata mi ha chiamato deve averlo fatto per un’emergenza. No?
Al quarto piano e mezzo mi metto una mano sul fianco destro e cerco di riprendere le forze.
Sono un dottore e dovrei essere al mio piano a curare il mio paziente. Magari è una questione di vita o di morte.
Il battito cardiaco aumenta. E dire che alle superiori ero il più veloce della mia sezione. Quella velocità e quella resistenza dove diavolo si nascondono in momenti del genere?
All’Università avrebbero dovuto continuare a farci allenare per situazioni come queste. 

Continuo a salire e faccio gli ultimi piani volando quando l’odore di Hinata, altre due persone sconosciute e un gatto mi colpiscono il naso.
Sono praticamente senza fiato.
« Hi... Hinata, qual è l’e... emergenza?! »
Mi fermo a fissare di sbieco un gatto rossiccio completamente bagnato e con la testa incastrata in quelle tipiche bolle che fanno da acquario ai soliti due, tre pesci rossi.
E questa sarebbe un’emergenza?
Mi spalmo la mano sinistra sulla fronte con ancora l’affanno e la gola bruciante.
Non guardo la mia segretaria, alla quale dovrò spiegare quali sono i gradi d’importanza per cui chiamarmi, e mi rivolgo alle due persone. 

Oh. 

Sono un uomo e dovrei comportarmi come tale ma la bocca rimane chiusa per una mia espressa volontà di non fare una figuraccia colossale. Eppure quel ragazzo meriterebbe davvero un quarto d’ora d’osservazione intensa. Di quelli senza mai staccargli gli occhi di dosso per poter cogliere ogni minimo particolare.
Alto. Tanto alto.
La pelle chiara e perfetta.
Capelli castani raccolti in un codino. Il che mi lascia immaginare come possa essere con la coda sciolta.
Occhi tipicamente giapponesi di un nero tremendamente intenso.
Fisico da paura. 

Probabilmente fidanzato con la tipa che ha al fianco. 

Cerco di riprendermi dalla mia parentesi da omosessuale in calore, che tra l’altro è in astinenza non voluta da circa due mesi, e guardare la ragazza che stringe il gatto tra le braccia.
Probabilmente, se fossi etero, sarebbe carina. Bionda con gli occhi azzurri, evento raro da queste parti. 

« Dottore, dottore abbiamo provato di tutto per far uscire la testa... Non bisognerà rompere la boccia vero? Si potrebbe fare male giusto? » 

Ecco perché sono gay... Mamma mia quanto parlando le femmine.
Di tutte quelle che ho conosciuto nei miei ventisei anni, solo la mia segretaria sembra di un altro pianeta. Visto che parla così raramente e solo se interpellata.
Con un gesto piuttosto seccato li invito ad entrare nel mio studio.
Mi verso un bicchiere d’acqua da dietro il tavolo cercando di dar sollievo alla mia povera gola. 

« Allora. La situazione è abbastanza chiara. » 

La ragazza annuisce con quasi le lacrime agli occhi. Questo non è proprio il tipo di interventi per il quale mi sono specializzato in veterinaria. 

« Non sarà un’azione difficile. Signora..? »
« Signorina Yamanaka. »
« Ok signorina Yamanaka, - faccio il giro della scrivania e mi avvicino ai due ancora vicino la porta. – deve solo darmi il suo gatto e vedrà che non ci metterò molto. »
Annuisce.
Il ragazzo sbadiglia portandosi le mani dietro la nuca.
Nascondo l’impulso di sciogliermi ad ogni suo movimento e mi avvicino al lettino nella stanza vicina, quella delle visite, e mentre cerco di controllarmi penso che dovrei necessariamente andare al locale con gli altri stasera. 

Cerco di fare conversazione, quando lavoro odio il silenzio.
« Allora... Come si chiama il gatto? »
« Moody. Si chiama Moody. »
« Bel nome... – dico appoggiando il gatto. – veda signorina, il gatto in questo momento è terribilmente teso. In una situazione normale riuscirebbe benissimo ad uscire completamente solo da una situazione del genere. »
Lei mi guarda e annuisce preoccupata.
« Se volete potete sedervi. Anche se non ci metterò molto. » 

Entrambi accolgono la mia proposta, anzi sembrerebbe che il tipo non vedeva l’ora di stravaccarsi. Si siede scomposto al bordo della sedia lasciando scivolare la schiena contro lo schienale.
Una gamba stesa e l’altra un po’ piegata. Le braccia ancora ricurve dietro la nuca.
Gli occhi chiusi e un’espressione beata sul volto. Non si direbbe molto in pena per il gatto.
Non devo distrarmi mi ripeto distogliendo la mia attenzione dal moro e portandola all’animale. 

« Allora. Moody-chan, adesso devi rilassarti... »
Con una salvietta cerco di asciugarlo e intanto lo accarezzo. Inizia a fare le fusa e sento i suoi nervi distendesi. Sorrido..
Il gatto inizia solo a muoversi per uscire da quella scomoda situazione.
Sento i loro sguardi addosso. Alzo la testa e mi rendo conto che anche il ragazzo mi fissa. Arrossisco.
Continuo ad accarezzare il micio fino a quando non è completamente fuori.
La bionda si alza in piedi battendo le mani.
Io e il tipo col codino la guardiamo con aria cinica e un sopracciglio alzato e così dopo una risatina isterica si risiede e io non posso far altro che sorridere. 

Con Moody ancora in braccio, continuando ad accarezzarlo torno dietro la scrivania, il che mi dà un’aria da cattivo dei fumetti.
« Allora, grazie di tutto... Dottore. » 

Stringo un po’ troppo la presa e con un salto, decisamente felino, il gatto schizza via.
Cazzo. Tutto questo solo perché per la prima volta in tutta la mattina lo avevo sentito parlare… E diamine che voce.
Senza controllare i graffi che bruciano ma ai quali non faccio caso cerco di recuperare il gatto, andato a sbattere contro la parete e… 

Oh no.
No, no, no, no. 

Perchè? Perchè su duecento poster appesi alla parete si doveva andare a schiantare proprio contro il bel viso di James?
Il segno d’artigli non troppo sviluppati hanno squartato la carta esattamente sul bellissimo volto del mio idolo, proprio come sul mio braccio.
Guardo i resti di quel mini poster e mi sento quasi le lacrime agli occhi.
Dove ne trovo uno del genere di nuovo? Me lo aveva regalato…  - morsa al cuore – me lo aveva regalato Neji. 

« Dottore, si è fatto male? » 

La ragazzina dagli occhi azzurri mi guarda preoccupata.
No, che non sto bene. Non si vede?
Stacco i rimasugli del viso di James Dean e li butto nel cestino con un’aria da funerale. 

« Dottore, le sanguina il braccio. » 

Effettivamente sento qualcosa di caldo scivolarmi sul camice.
Guardo la ferita che ha tagliato la pelle e la stoffa candida macchiandola di rosso. Cerco di riprendermi dallo shock e mi rivolgo ai due con un mezzo sorriso. 

« Non si preoccupi signorina Yamanaka. » 

Tolgo il camice rivelando una maglietta nera a mezze maniche con uno scollo a V non intaccata dal liquido rossastro.
Cerco di disinfettante e versandone un po’ su un batuffolo di cotone tampono la ferita. 

« Allora. – dico riprendendo fiato – il suo gatto è fuori dalla boccia e quindi il mio lavoro è andato a buon fine. Sono contento, non si preoccupi per il mio braccio... Può riprendesi l’acquario, io non me ne faccio molto. »
Sorrido, tirando con sforzo i muscoli delle guance. 

« Mi dispiace per il poster. Sembrava tenerci molto. »
« Ma no. Era solo uno stupido ricordo. » 

Ormai sei rimasta solo tu, Hinata, a ricordami Lui in ogni singolo momento. 

Guardo i due padroncini andare via e quella dispettosa lacrima che avevo trattenuto scivola sino allo scollo a V della maglia nera. 

*** 

« No, Naruto ti ho detto di no. » 

So che non si arrenderà mai. Ormai me ne rendo conto da solo che è patetico continuare a rimanere a casa.
Per questo, dall’altra parte del telefono il mio migliore amico continua ad insistere… 

« Ma daaai.  La vuoi smettere di piangerti addosso? Ho deciso, sto venendo a casa tua, quindi pronto o no ti prendo e ti porto di peso al Nine lo stesso. » 

« Fai come vuoi. »
Chiudo il telefono e mi stendo sul letto. 

Ho ventisette anni, cazzo. Ho ventisette anni e non ho più la voglia di uscire a divertirmi.
Ho in mente il ragazzo di stamattina che si sovrappone a James Dean e ad un paio d’occhi talmente chiari da sembrare bianchi. Si sovrappongono e dentro ho come uno strano senso di colpa.
Perché continuo a pensare a quel codino ad ananas?
Non so neanche il suo nome. Non ha parlato per tutta quella strana visita, tranne quel ringraziamento che ha avuto come risultato la distruzione di quell’unico cimelio della mia ultima storia. 

Mi alzo e vorrei dare un pugno a qualcosa ma il braccio mi fa ancora male. E le mie nocche non sopportano più questi miei sfoghi ogni volta che ripenso a tutto questo. 

Non mi riconosco più. 

Chi è quel ragazzo nello specchio?
Così patetico. Che sente come unico impulso per uscire il desiderio di vedere un tipo che neanche conosce, che probabilmente non rivedrà mai più e che è sicuramente etero.
Perché continuo a pensare a quel ragazzo? 

Mi spoglio e mi butto sotto la doccia. Tanto so che Naruto sarà qui tra una mezz’oretta e mi butterà fuori di casa, perché non mi riconosce più neanche lui. 

L’acqua è calda e mi fa stare bene.
Non penso a niente. Mi costringo a non pensare a niente.
La ferita di questa mattina brucia per colpa del bagnoschiuma. Lo shampoo mi entra negli occhi come ogni volta e li chiudo cercando di fare il più veloce possibile.
L’acqua calda non mi sta aiutando a rilassarmi. 

Esco e strofino forte l’accappatoio contro gli occhi. Mi guardo allo specchio e osservo il mio riflesso.
Sono un bel ragazzo no?
Scuoto i capelli bagnati per liberarmi gli occhi dorati.
Stasera esco e mi diverto.
Stasera esco e faccio casino.
Esco e cerco di tornare il Kiba di sempre. 

Stamattina quel gatto è stato un segno. Ha distrutto la foto per farmi capire di tagliare i ponti col passato ed andare avanti.
Annuisco a me stesso. Sorrido convinto.
Stasera esco e faccio casino…

 ***

 Il Nine è un locale gay di un mio amico, Sabaku No Gaara è il proprietario insieme ai fratelli Kankuro e Temari.
Era il mio locale preferito. Lo è stato dall’inaugurazione avvenuta circa sette anni fa.
All’inizio io e i miei amici, eravamo alcuni dei pochi clienti abituali. Ci andavamo quasi ogni sera, adesso si è fatto il suo nome ed è il più famoso di tutta Konoha.
Dietro il bancone degli alcolici Sai, con il suo sorrisino finto, fa girare gli shaker con maestria.
Una piccola folla si è riunita per guardarlo fare i suoi giochini. 

« Sbrigati Sai, e dammi una Vodka alla pesca. »
« Si, e a me un angelo azzurro. » 

Naruto mi si avvicina e mi mette una mano sulla spalla, sorridendo per poi sedersi ad uno degli sgabelli liberi e aspetta la sua ordinazione.
Mi guarda con quegli occhi di un impressionante azzurro. Sposta una ciocca di capelli dorati dietro un orecchio. 

« Sono contento che hai deciso di venire…»
« Mi avresti lasciato alternative? »
« No. » 

Sorride, ed il suo sorriso contagia chiunque gli capiti a tiro.
Quindi abbozzo un sorriso anche io. 

Il barista si avvicina con i due bicchieri. 

« Documenti…»
« E dai Sai non fare l’idiota e dammi il mio angelo…»
« Ah-ha. Non sono sicuro che tu sia maggiorenne dato il pisello così piccolo che ti ritrovi. »
« Io t’ammaz…» 

Cerca di scavalcare il bancone senza risultati il mio migliore amico, prontamente bloccato dal suo Fidanzato. Eh già, Fidanzato con F maiuscola.
Sasuke Uchiha, ragazzo storico del biondo lo prende per la vita e lo riporta per terra, come se nulla fosse. 

« Sas’ke! Lasciami devo andare a picchiarlo! »
« Stai fermo dobe. E poi perché dovresti picchiarlo se sai che ha ragione? »
« Teme!! Ma come ti permetti? Te la faccio vedere io la ragione stanotte poi... » 

Rido come non ridevo da mesi, non mi ricordavo quanto mi facesse stare bene uscire con loro.
Il loro piccolo teatrino è sempre lo stesso dalle superiori, ma mi fa divertire ogni volta. 

Prendo il mio bicchiere e bevo un sorso della mia bevanda preferita in assoluto.
La sorseggio piano assaporando il primo impatto dolce sulla lingua aspettando il retrogusto amaro della vodka sul palato. 

Appoggio i gomiti al bancone dandogli le spalle.
Stasera devo fare casino.
Guardo la marmaglia di gente rinchiusa nel locale.
Nonostante sia un pub gay, quindi la maggioranza delle persone sono di sesso maschile, si riescono ad individuare anche elementi classificabili come donne. 

Una si avvicina al mio appoggio e ne riconosco l’odore, prima di distinguere il volto.
La signorina Yamanaka. Il gatto... E se da qualche parte ci fosse anche lo sconosciuto col codino?
Mi guardo convulsamente attorno con ancora metà vodka in mano. 

« Dottore! » 

Una specie di urlo mi arriva alle orecchie.
Do un altro sorso al bicchiere e mi giro verso gli stessi occhi azzurri di stamattina. 

« Salve. La signorina Yamanaka giusto? » 

Annuisce. Sorride, probabilmente contenta che mi ricordi il suo nome.
Mi porge la mano. 

« Mi chiami Ino, dottore. »
« E allora lei mi chiami Kiba. » 

Le stringo la mano e continuo a guardarmi attorno.
La ragazza ordina qualcosa e poi si rivolge di nuovo a me. Possibile che non si possa cercare qualcosa ossessionatamene senza essere disturbati? 

« Come va il braccio, Kiba? »
« Brucia un po’, ma niente di preoccupante. E Moody come sta? »
« Credo bene. Shikamaru se lo è portato subito a casa, appena usciti dall’ospedale. »
« Shikamaru? »
« Si, il ragazzo che mi accompagnava stamattina. Lo so, è stato abbastanza scortese a non presentarsi per tu…» 

La ragazza continua a parlare e io non la ascolto più.
Allora si chiama Shikamaru. Bel nome... Dovrebbe significare qualcosa come ragazzo del cervo. I cervi sono dei bei animali, fieri ed eleganti.
Do un altro sorso. Mi è rimasto veramente poco liquido nel bicchiere. 

« …mi ha anche accompagnato stasera, ma non so dove si sia cacciato... »
« Come scusi? »
« Shikamaru, è qui, ma l’ho perso poco fa.. » 

Perdita di battito.
Qui? Significa che è in questo locale?
Il cuore recupera quel rintocco iniziando a battere furiosamente. 

Che reazioni strane sta avendo il mio corpo. 

« Ah... » 

Lo sguardo perso nel vuoto. Bevo l’ultima goccia che sa lontanamente di pesca. 

« Sai, un altro. – mi rivolgo un attimo al barista per poi tornare a guardare la biondina. – e lei ha perso il suo ragazzo in un locale come questo? » 

La domanda inizialmente, nella mia testa aveva più o meno una diversa forma, tipo: “e tu hai lasciato scorrazzare un bono di quelle dimensioni in un locale pieno di gay arrapati?”
Lei però risponde in maniera del tutto inaspettata. 

« Shika, il mio ragazzo? Ma no, deve aver frainteso… Lui mi ha, anzi io ho accompagnato lui oggi in ospedale ma è solo un mio carissimo amico. E poi, una piccola confessione, anche se in un locale come questo non è poi di molto scalpore, sia io che lui abbiamo gusti completamente diversi. » 

Ino mi fa l’occhiolino.
Per poi sparire tra la folla con il suo bicchiere in mano e facendo “ciao ciao” con l’altra. 

« Shikamaru... »  sospiro. 

Mi giro e trovo Sai porgermi l’altra vodka. 

« Te l’ho fatta più forte. C’hai una faccia.. »
« Grazie. Dove sono andati Naruto e Sasuke? »
« Nel priveè, credo. »
« Ok, grazie. » 

Mi guardo intorno completamente spaesato. Da che parte è il priveè?  Perché ho questo schifo di senso dell’orientamento? 

Perché ho questa paura matta di incontrarLo? Di scorgere il Suo codino tra la folla? 

Mi fermo un secondo tra la folla con un sorriso idiota. Dopo mesi, nella mia testa, un’altra persona sta avendo il privilegio della maiuscola. È una cosa infantile ma speciale.
La sento chiaramente. Nei pronomi personali soggetto.
In quel Lui che nonostante sia così indefinito si può associare solo a quel viso dall’espressione scocciata.
Questa cosa mi fa sorridere. 

Poi, una mano sulla sua spalla.
Mi volto e occhi acquamarina mi guardano seri.
So che quello era un modo affettuoso di salutare, per Gaara, il proprietario del locale. Quindi lo guardo sorridendo. 

« Ciao Gaara. Senti, da che parte il priveè? » 

Indicò una porta esattamente davanti a lui.
“Giusto!” urlò la sua mente. Una porta abbastanza grande era aperta e su un cartello illuminato, la scritta Priveè. Come diamine avevo fatto a non vederlo?
Dopo una grattatina alla nuca imbarazzato saluto il Sabaku per andare verso Naruto.
Devo necessariamente trovarlo e parlargli. 

« Naruto! » 

Lo vedo seduto a quello che solo adesso mi ricordo era il nostro solito tavolo.
Mi guarda e con la mano mi dice di avvicinarmi. 

« Che succede? Sei tutto rosso... » 

Sono tutto rosso?  Non respiro più tanto bene, sarà per quello? Cerco di riprendere fiato con più calma. 

« Naru, credo di essermi preso una specie di cotta. »
« E ti sembra una cosa da dire con quella faccia? E’ una cosa bellissima! » 

Lui sorride. Lui ha sempre quel fottutissimo sorriso sulle labbra che addolcisce tutti e tutto.
E poi la gente si chiede perché sia tanto popolare. O perché l’Uchiha sia così geloso. 

« No, non capisci Naru. Questa cosa, questa specie di cotta è stata una cosa strana… Non mi sto capendo solo. L’ho visto solo stamattina, ha portato il gatto da me, e da quel momento non me lo sono tolto dalla testa capisci? Prima lo ho pensato con la maiuscola… Le maiuscole erano solo per Neji… Come ha fatto? Non si è neanche presentato e mi ha scombussolato la vita. »
« Ti ha fatto dimenticare Neji? » 

Il solito Naruto. Diretto, come un pugno sul naso.
Che ne so io, se mi ha fatto dimenticare quel bastardo? In neanche 24 ore e avendolo visto solo una volta. 

« Probabile. » 

Confesso alla fine. 

« Ho paura. E io odio avere paura… Perché la paura è un sentimento debole e io odio sentirmi debole. Ho paura perché non lo conosco e non ci si può infatuare di una persona che non si conosce perché poi si può rivelare uno stronzo, oppure non ti fila, oppure qualsiasi altra scusa idiota per farmi soffrire di nuovo. Preferivo stare male per Neji. Ormai mi sono abituato a quel dolore…» 

Sembro una ragazzina. Una di quelle di dodici anni alle prese con la prima cotta.
Sono corso dal mio migliore amico e sto facendo una scenata mentre lui continua a sorridermi come se sapesse tutto dalla vita. 

« Non ci si abitua mai a un dolore del genere, lo sai. »
« Lo so. »
« Quindi, se questo ragazzo, che tra l’altro non mi hai detto come si chiama, ti farà soffrire ma in compenso ti ha fatto dimenticare Neji, dovresti ringraziarlo e basta. » 

Ringraziarlo? Perché parla in codice questo Cretinuto? 

« Non fare quelle faccia. Significa solo che soffrire per lui sarà meno doloroso. Con lui non hai condiviso niente e quindi se ti farà male sarà più facile per il tuo cuore sopportarlo. »
« Si, ma... » 

La voce rimane incastrata nella gola.
Non si può mica rispondere ad un discorso come questo. È umanamente impossibile. 

« Impossibile. » 

Sussurro.
Impossibile ma stranamente esaltante. 

« Come si chiama?? »
« Shikamaru, si chiama Shikamaru. Mi ha portato i gatto stamattina. Non è un bel nome Shikamaru? » 

Seduto sulla poltrona di pelle rossa, Naruto scoppia a ridere.
Tenuto in vita dal suo Fidanzato mi guarda e ride. 

« Si, è un bel nome. Ma smettila di dirlo così tante volte. E del gatto me lo avevi già detto. –cerca di ricomporsi e la sua faccia diventa stranamente seria ma serena- sono contento Kiba. Sii felice. » 

Tipico del mio migliore amico, sorprendermi così.
Lo guardo imbambolato per un po’, poi gli sorrido –un sorriso vero, sincero- e mi alzo, per andare via. 

Esco dalla porta del priveè e la serata mi appare diversa. 

La gente che balla, che ride, che beve. È diversa.
I colori erano così nitidi anche prima? La musica era davvero così alta e elettrizzante? Perché riesco a sentire tutto così chiaramente? 

Il mio cuore è più leggero.
E ora mi sembra di riprendere a respirare senza problemi. Senza quel peso indigesto sui polmoni, nella cassa toracica.
Sono tornato me stesso. 

Ritorno al bancone e Sai è già pronto con l’ennesima Vodka alla pesca. Gli sorrido e anche lui abbozza un sorriso sereno.
Senza godermela al meglio bevo l’alcolico che mi porge e lo saluto.
Stasera torno a vivere.
Stasera sono uscito e faccio casino. 

La musica mi muove le gambe, mi porta al centro della pista e mi fa muovere il corpo.
Ho bisogno di ballare, di scatenarmi.

I don’t wanna work today
Maybe I just wanna stay
Just take it easy cause there’s no stress
 

Me la ricordo questa canzone.
Mi ricorda intere nottate nella macchina del mio ex ragazzo, a correre per le strade di Konoha, per fare i pazzi. Questa canzone era in ogni cd, perché gli piaceva tanto. Ed al massimo volume, nel mini abitacolo, saltavamo ballandola e cantandola a memoria.
Ma non fa male.
Non fa più male,

I text my baby on her phone,
Try to get her sexy body on
That’s the way I wanna spend my day.

Gli occhi chiusi. Concentrati sul testo della canzone senza senso.
Non lo ricordo più. Ma non ne ho bisogno. Ballo e basta.
Muovendo le mani e la testa.
È divertente. E io mi stavo privando di tutto questo per rimuginare tra ricordi dolorosi.
Oh Shikamaru, ti avessi incrociato prima… So, con tutta la certezza di cui sono provvisto, che sarebbe stato tutto più facile.
Mi agito, gli occhi serrati e una risata incastrata nella gola.

It’s not that I’m lazy
I think I’m just crazy
It’s not that I’m lazy
I think I’m just crazy

No stress 

Apro gli occhi e mi posso guardare attorno.
Sulla pista, vicino a me, troppo vicino a me, balla proprio Lui.
Il cuore in gola mi impedisce di muovermi con movimenti fluidi. Lo osservo distrattamente, cercando di non farmi accorgere, lanciando occhiate fulminee alla mia destra, proprio dove molleggia.
Non sta propriamente ballando.
Muove la testa e ciondola le braccia. Ha gli occhi chiusi e una strana espressione per una persona che è nel bel mezzo di una folla di gente accaldata e rumorosa.
È proprio carino. Strano ma carino.
 
La musica elettronica mi confonde e le luci psichedeliche lo fanno apparire e scomparire da sotto i miei occhi.
Aspetto che torni la luce bianche che gli azzurra la maglia.
All’ennesimo bagliore i suoi occhi sono su di me, concentrati e profondi. Stanno fissando proprio me. Poi scompaiono.
Torna la luce e lui non c’è più. 

Mi guardo attorno e non lo trovo. Quel ragazzo è strano.
Anche la canzone sta finendo e la testa inizia a farmi male, essendomi messo troppo vicino alle casse del dj.
Premo due dita sulle tempie cercando di ricacciare indietro il lieve dolore senza avere grandi risultati. Sospiro per il tasso d’idiozia nei miei pensieri dopo il terzo bicchiere di vodka. So che al prossimo non me ne renderò nemmeno conto, e allora saranno guai.
Sento chiaramente i polmoni invocare una sigaretta e decido di esaudire il loro desiderio. Vedo Naruto che è tornato a bisticciare con il barista e quando alza gli occhi su di me con una mano faccio un segno, indicando la porta secondaria.
Lui annuisce e storce il naso. Ha passato anni interi a cercare di convincermi di smettere di fumare senza mai riuscirci, come invece ha fatto con Sasuke. 

Spingo la maniglia antipanico ed esco nella stradina buia e bloccando la porta con una vecchio pacchetto di sigarette. Se qualcuno mi chiude la porta dovrei fare tutto il giro per poter rientrare.

 Vago con le mani nelle tasche per ritrovare il pacchetto di Lucky Strike e il vecchio accendino, bestemmiando contro la fretta di Naruto che non gli aveva fatto cercare quello bello e argenteo che ho dal Natale precedente.
Dopo un paio di tentativi e un dito mezzo incenerito la piccola fiammella illumina la via rivelando una figura dall’altra parte della strada. Una persona con uno strano codino proprio al centro della testa.
Il cuore rimbalza contro la gabbia toracica e a stento riesce a tirare per accendere la sigaretta. 

« Lo sai che fumare fa male? » 

Oh, la sua voce è meglio di quanto mi ricordassi.
Stringo il filtro tra le due dita ed espiro facendo uscire il fumo grigiastro nella sua direzione. Non riesco a vederlo bene ma la maglia bianca e il viso pallido si distinguono dal muro di mattoni dell’edificio che confina con il locale di Gaara. 

« Lo so, ma non riesco più a smettere. » 

Non che ci avessi mai provato, effettivamente. Se lo voglio, posso fare tutto io. O non mi sarei chiamato Kiba Inuzuka.
Chiudo gli occhi beato e mi godo l’aura della sua presenza e l’aroma della mie sigarette preferite, appoggiando la testa all’indietro e sorridendo lievemente.
Il sorriso però, non dura più di tanto visto che una mano mi toglie la LS dalle mani gettandola in terra.
Senza che me ne rendessi conto Lui si era mosso e ora si trova davanti a me, con un tacco sopra la punta infuocata della ormai defunta sigaretta.
Provo ad aprire la bocca per protestare ma le sue labbra sono sulle mie e io rispondo senza riuscire a controllare la mia lingua e le mie mani che sono già su di lui. È così perfetto che sarebbe indecente non rispondere al bacio.
Un bacio vero. Come quelli che piacciono a me.
Intenso e combattivo. Senza passività ma azione, mosse false e passione.
È umido. È perfetto.
Riesco a sentire il suo aroma. Le mie narici si riempiono di acqua di colonia, esattamente l’odore che mi sarei aspettato da una persona come Lui.
Stringo le mani attorno alle sue spalle per non cadere. Sono larghe e lui è molto alto, troppo per essere un giapponese.

 Le sue mani stringono i lembi della maglietta rossa che ho tirato fuori dal cumulo di vestiti formatosi nella mia stanza. E io che non ci volevo venire stasera.
Poi, lentamente, si allontana.

« Io sono Shikamaru, dottore. »
« Kiba. Io sono Kiba. »
« Ah, lo so. »

Lo guardo negli occhi dal basso della mia altezza media. Lui ricambia incurvando lievemente la bocca sottile in un mezzo sorriso. Dio, quanto è bello.

« Io, non abito lontano da qui, vuoi venire a casa mia? »

Continua a guardarmi ma non risponde alla mia domanda sfacciata, poi si allontana verso le luci della strada e i rumori delle macchine che corrono su una delle vie più caotiche di Konoha. Sono stato troppo affrettato?
Era solo un bacio, non voleva dire niente.
Mi spingo di più verso il muro leggermente umido, cercando di unirmi ad esso o sprofondare per la vergogna.

« Che fai, non vieni? La mia macchina è qua dietro ma da solo non ci so arrivare a casa tua. »

Era girato verso di me, con una mano tesa nella mia direzione e sorrideva.
Quello era un sogno, perché di altre spiegazioni non ce ne erano. Quella serata era stata troppo assurda contando che la fortuna non mi aveva mai accompagnato. Mi chiedevo se non ci fosse lo zampino di Naruto che magari aveva affittato uno gigolò per farmi sfogare, almeno una sera.
Eppure non mi importava nulla di quei pensieri squallidi, volevo solo Lui.

 

Fine.

 

Fine, già. Ho scritto tanto di quel tempo fa questa fic, lasciata a metà, che sinceramente avevo perso ogni speranza su di una pubblicazione e invece eccomi qua. Ci sono affezionata a questa storia, senza nessun motivo particolare se non che me la porto avanti da più di sei mesi senza essere mai riuscita a rivederla e finirla. Pensavo che sarei riuscita a scriverci una lemon, almeno una volta, invece neanche questa volta i miei due prediletti sono riusciti a copulare. Poveri tesori.
Mi piace, e piace soprattutto alla mia Sacchan, il fatto di lasciare questo finale aperto.

Fa molto, potete decidere voi come prosegue il tutto, anche se è anche abbastanza ovvio per essere un finale aperto.
Se vi è piaciuta questa andate a leggere Lucky Strike che ne è strettamente collegata. La canzone che cito nel mezzo e nel titolo si chiama proprio "No stress" di Laurent Wolf, una canzone House che conosco in questo mondo e non ho intenzione di conoscerne altre, comunque questa è... Ehm, carina.

Con questo vi saluto.
Nacchan (_ _)
   
 
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