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Autore: Liy    24/04/2010    2 recensioni
“Beato... Non voglio... ucciderti, dannazione!”
Tutti quegli sforzi buttati.
Farsi odiare per spingerlo a combattere non era servito a nulla, alla fine.
… Aveva solo perso tempo?
“Non posso e non voglio. Mi dispiace.”
Bugiardo. Bugiardo.
Dannato bugiardo. Non avrebbe mai dovuto fidarsi delle sue parole.
Da quelle sue labbra uscivano solo menzogne che le procuravano dolore.
[Spoiler Ep5][BatoBea]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Battler Ushiromiya, Beatrice Ushiromiya
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Titolo: Dead draw
Personaggi: Battler, Beatrice, Virgilia.
Pairing: BattlerxBeatrice.
Rating: Verde.
Genere: Introspettivo, angst, sentimentale.
Avvertimenti: One-shot, missing-moment, spoiler!.

Note: Boh. Ho riletto il quinto episodio - a breve mi rileggerò il sesto - e... boh. Dovevo scrivere qualcosa. Con "doll like Beato" e Battler che parte in quarta con l'angst perché lei non parla e quasi non si muove. Uhn, beh, missing-moment fanfic, ma credo che prima o poi scriverò qualcosa che non sia una fot-... una missing-moment.

AH! Ovviemente è una BatBea 'sta cosa, anche se avevo promesso alla Micchi una AmaAnge - qualcosa come due o tre mesi fa... Dannazione.

COMUNQUE! Grazie mille per tutti i commenti alle fanfiction che ho postato nell'ultimo mese! : D

Disclaimer: BA-TO-RA e BE-A-TO-RI-CHE - e tutti gli altri - appartengono a Mr. Ryukishi07 e non a moi!


Dead draw

 

Pioveva, nella Terra Dorata, e soffiava un forte vento.

Sotto il gazebo, al centro del giardino decorato con migliaia di fiori dorati, sedevano tre figure attorno ad un tavolino, bevendo tranquillamente del tea.

Battler fissava ancora la scacchiera che aveva davanti agli occhi, assopito.

Non capiva. Non capiva quale significato avessero le mosse di quella crudele Strega che aveva accanto.

Erano insensate. Non portavano a nulla di razionale.

… O forse un senso lo avevano, ma Battler non riusciva a capire.

Cosa stava pensando di fare quella donna, Beatrice, quando aveva mosso le pedine in quel modo?

Non aveva senso. Non capiva.

Che vantaggio poteva trarre lei da quelle mosse senza senso, quelle mosse che chiudevano il suo avversario in un angolo, ma che allo stesso tempo la lasciavano indifesa?

Perché avvicinarsi tanto alla casella bianca su cui stava lui, senza mai dargli uno scacco matto?

“Virgilia, Beato stava seriamente combattendo contro di me?”

La Strega abbassò la tazza di ceramica che stringeva fra le affusolate dita e, perplessa, fissò il giovane che aveva davanti. “... Perché pensi questo, Battler-kun?”

“Lei aveva la possibilità di battermi tante volte, in modo definitivo, intendo”, abbassò lo sguardo, fissando il cavallo bianco che ancora stringeva fra le mani, “eliminava tutti i pezzi uno ad uno, lasciandomi per ultimo, ma...”, rovesciò la scacchiera con un solo colpo, deciso, “poi era come se avesse sempre fermato la partita, come se fossimo sempre stati in una situazione di stallo – anche se lei era nella posizione di darmi uno scacco matto.”

Virgilia sorrise a quelle parole, spostando lo sguardo verso l'allieva che aveva accanto.

“Beato è sempre stata capricciosa, sin da piccola.”

“Ma perché rinunciare tante volte a fare scacco matto? Non capisco.”

Il ragazzo tornò ad osservare la scacchiera, muovendo di tanto in tanto alcuni pezzi, serio in volto. Abbandonò la tazzina con il tea sul tavolino, troppo impegnato a cercar di capire per poter continuare a bere.

Battler aveva deciso di non partecipare al gioco di Lambdadelta, per quello si trovava nella Terra Dorata insieme a Beatrice e Virgilia. Ormai per lui non aveva senso continuare quell'assurdo gioco.

Non ora.

Non senza Beato.

“Perché hai fatto questa mossa...? Non capisco.”

Di tanto in tanto, Battler faceva domande sottovoce a Beatrice – senza aspettarsi alcuna risposta -, lo sguardo sempre ben fisso su quella scacchiera che rappresentava in qualche modo il loro campo di gioco.

Sedici pezzi per ogni giocatore.

Un re, una regina, due alfieri, due cavalli, due torri e otto pedine.

Trentadue pezzi in totale, fra bianchi e neri.

… Ma questo non gli diceva nulla.

Aveva già provato altre volte ad interpretare il gioco assegnando ad ogni pezzo uno specifico personaggio, ma non funzionava... Nessun personaggio in quel gioco aveva una posizione fissa. O comunque, lui non riusciva a dargliela.

“Battler-kun... Cosa speri di ottenere fissando quella scacchiera?”

Tutte le tazzine giacevano ora sul tavolo, abbandonate.

“Voglio capire.”

“La verità?”

Battler rimase in silenzio, voltandosi per la prima volta verso la strega che aveva accanto.

Beatrice non parlava, non reagiva, a mala pena sembrava respirare. Forse nemmeno ascoltava quello che le persone che aveva accanto le dicevano. Rimaneva lì, seduta, con gli occhi spenti che non fissavano nulla in particolare, immobile.

Avrebbe detto che era morta, se non fosse stato per il petto che si alzava di tanto in tanto quando sospirava lievemente.

“... No. Io voglio capire Beato. Voglio sapere cosa pensava quando faceva determinate mosse, quando giocava con me... Voglio sapere perché ha giocato così a lungo con me, senza costringermi mai realmente ad arrendermi.”

Virgilia rimase a lungo in silenzio, pensierosa. Cosa rispondere a quel ragazzo che aveva davanti?

Non poteva rivelargli la verità – Beato non avrebbe voluto ciò; voleva che lui capisse da solo. Tuttavia, vederlo in quello stato, vedere la sua allieva in quello stato, le dava una fitta al cuore.

“Battler-kun... lei voleva che tu capissi. Farti arrendere non era nei suoi piani; sin dall'inizio”, c'era tensione nell'aria, era quasi palpabile, “... lei voleva che tu capissi.”

E fra una miriade di farfalle dorate e un leggero pop, la donna scomparve, lasciandosi alle spalle solo un opprimente silenzio.

 


Nella Terra Dorata c'erano solo Battler e quella che un tempo era la sua avversaria.

Il vento soffiava ancora e migliaia di petali dorati danzavano a mezz'aria accompagnati da altrettante farfalle, che si specchiavano negli occhi vitrei e senza luce di Beatrice.

“Beato, perché abbiamo iniziato questo gioco assurdo?”

Fissare quegli occhi spenti, quel volto - una volta sempre accompagnato da un ghigno – inespressivo... quelle erano le cose che più ferivano Battler in quel momento. Non riusciva a sopportare quella situazione, era troppo per lui. Voleva solo che tutto tornasse come prima; voleva indietro il ghigno sadico di quella strega e quel loro gioco tanto macabro e di cattivo gusto.

Allungò una mano verso quelle di Beatrice, strette in grembo, fredde.

“Eh, Beato?”

Le scostò una ciocca dorata da davanti al volto, leggermente, con sguardo affranto, osservandola attentamente.

Perché non rispondeva? Perché non diceva nulla? Dannazione.

“... Parlami. Ridi, come facevi prima.”

Ma Beatrice non rispondeva. Se ne stava ferma, lo sguardo fisso verso il basso, gli occhi che non esprimevano alcuna emozione. Sembrava morta.

Quanto odiava quella situazione. Dov'era la Beatrice di sempre? Quella che si sarebbe messa a ridere per quelle sue parole stupide, quella che l'avrebbe ingannato come se nulla fosse.

Esatto...

“Ehi, questa è un'altra di quelle tue recite, eh?”

Sulle labbra del ragazzo si dipinse un mezzo sorriso mentre fissava, speranzoso, il volto della donna che gli sedeva accanto.

“Perché... diavolo... non parli, eh!?”, la prese per le spalle, scuotendola un po', sperando in una sua reazione ma Beato non si mosse, non disse nulla. Fissava il terreno, le ciocche bionde che ondeggiavano sospinte dal vento.

Avrebbe voluto rispondere, Beatrice. Ma non poteva, non riusciva. Qualcosa glielo impediva. Un dolore lancinante le impediva di mormorare qualsiasi parola.

“Beato...”, la abbracciò, stringendola a sé con quanta forza aveva in corpo, “io non voglio ucciderti.”

Le Strega chiuse gli occhi, un'espressione di dispiacere in volto.

Se solo fosse stato in suo potere lo avrebbe picchiato, gli avrebbe detto – urlato – che era un idiota incompetente, gli avrebbe tirato un pugno, lo avrebbe preso per il collo e lo avrebbe stretto a sé, avrebbe pianto col volto premuto contro il suo petto.

Ma non poteva. Non riusciva.

“Io...”, sentiva le sue mani calde stringerle le spalle, anche se sembrava lontano, in un altro frammento di quel mondo di tragedie, “Beato... Non voglio... ucciderti, dannazione!”

Tutti quegli sforzi buttati.

Farsi odiare per spingerlo a combattere non era servito a nulla, alla fine.

… Aveva solo perso tempo?

Se solo non avesse ceduto alla fine del loro quarto gioco... forse ora lui la odierebbe, forse starebbe tentando il tutto per tutto pur di ucciderla. Invece lui tentava di non farla soffrire, di non negarla, procurandole invece, a sua insaputa, il doppio del dolore.

Un dolore al petto: lancinante, insopportabile. Faceva male.

Ed era lui a provocarle quel dolore. Solo lui, Battler: la sua disgrazia, la sua rovina, il suo scacco matto a quel re nero stanco di nascondersi dietro a mere pedine, aspettando invano.

“Non posso ucciderti.”

Quanto tempo buttato.

Quante speranze al vento.

“Non posso e non voglio. Mi dispiace.”

Bugiardo. Bugiardo.

Sempre a fare promesse che poi non avrebbe mantenuto.

Sentì le braccia di lui stringersi attorno al suo corpo immobile, mentre nascondeva il volto nell'incavo del suo collo. Stava bisbigliando. Le parlava, sperando che quelle parole l'avrebbero in qualche modo raggiunta.

“Scusa... scusa... scusa...”

Aveva gli occhi lucidi? Forse era solo la sua immaginazione.

“Beato, io ti...” e Beatrice non volle sentire il resto di quell'assurda frase.

Le sfuggì una lacrima dagli occhi, mentre sentiva le mani di lui afferrarle dolcemente il volto e quelle labbra posarsi sulle sue, speranzose di ricevere una risposta che, ovviamente, non arrivò. Un brivido le percorse la schiena quando lui, dolcemente, asciugò quella lacrima che le bagnava il viso.

“Ti farò tornare come prima, non mi importa...”

Dannato bugiardo. Non avrebbe mai dovuto fidarsi delle sue parole.

Da quelle sue labbra uscivano solo menzogne che le procuravano dolore.

Dannato, irrimediabile bugiardo.

Tutto ciò che lui era in grado di dire potevano essere solo bugie.

Bugiardo, bugiardo, bugiardo!

Non avrebbe mai creduto in lui. Non avrebbe mai più riposto le sue speranze in lui.

… Non si sarebbe mai più aspettata nulla da una sua promessa.

 

Gli umani non mantengono mai le loro promesse: sono bugiardi, malvagi e corrotti.

E Battler era dannatamente umano.

 

   
 
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