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Autore: Sabu_chan    21/08/2005    5 recensioni
qualcosa che mi è venuto di getto. spero piaccia.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo ammetto: quando ti ho vista per la prima volta ho subito pensato di portarti tra le mie lenzuola

FLOWER GARDEN

Lo ammetto: quando ti ho vista per la prima volta ho subito pensato di portarti tra le mie lenzuola.

Ricordi?

Eri seduta in quella discoteca, su di un divanetto blu scuro, contornata da altre ragazze che si dicevano tue amiche (alcune delle quali, bè lo confesso, avevo già conosciuto in un modo diverso dal semplice parlare. Ma lo sai, il mio mondo, il mondo di tante altre, è fatto in questo modo: ci si conosce e ci si dice addio subito dopo.). Le luci del locale erano tremendamente fastidiose, mentre la musica assordante. Che ci facevo lì? Se ti dicessi che ti cercavo, diresti che sono troppo lontana dalla realtà. Lo so. Infatti non ero in quel luogo per te, nemmeno ti conoscevo e tantomeno potevo sapere che ti avrei incontrata, e non poco dopo, innamorata… ma andiamo con ordine.

Tu stavi seduta con le mani poggiate alle ginocchia, chiusa in te stessa, sorridente alle parole che ti venivano rivolte. Ti voltavi verso chi ti parlava, talvolta annuivi, oppure alzavi le spalle con uno sguardo visibilmente disinteressato al discorso, con quel menefreghismo con cui piano piano ho imparato a convivere.

Ero dall’altra parte della saletta, stavo sorseggiando della vodka all’arancia. Come ben ora sai non mi piacciono i sapori troppo forti, né gli alcolici con gusti amari, ma in quel momento avrei ingerito anche la grappa più disgustosa per di dimenticare tutte le cicatrici che mi invadevano interiormente, ed il bere non era certo l’unico modo per stimolare la mia indole combattiva.

Quanto mi sento cretina.

Ti osservavo da un po’ di tempo, una manciata di minuti circa, e ammetto che ti avevo già puntata. Molto, molto carina. I lineamenti dolci, gli occhi altrettanto dall’iride chiara, i capelli lunghi sulle spalle con dei riflessi biondi. No, erano violacei. Mi sbagliavo, erano forse verdi? Quelle maledette luci mi impedivano di distinguere il vero colore della tua chioma. Ero letteralmente attratta dal tuo viso, anche se sapevo per esperienza che molte volte l’aspetto esteriore non corrisponde esattamente a quello interiore, e per quanto ne sapevo colei che consideravo la più bella ragazza che avessi mai visto aveva un’anima marcia e putrida.

“Che importa – mi dicevo – sarà per passare una serata un po’ diversa.”

Sono scesa dall’alto sgabello portandomi appresso il bicchiere non più colmo di liquido, ho aggirato il divano fingendomi interessata a tutt’altro che alla vostra postazione.

- Certo che sei scema! –

Mi voltai subito, quasi pensando che la mia stessa coscienza mi stesse rimproverando di quello che stavo facendo. Mi guardai intorno con gli occhi spalancati cercando la fonte della voce, ma le persone erano interessate a far della serata il proprio rifugio, nessuna che fosse rivolta a me direttamente. Qualche risata, una miriade di parole confuse. E venivano dal posto dove eravate tutte riunite. Qualcuna ti indicava, altre sorridevano. Anche tu sorridevi, e continuavi a farlo superiore ad ogni critica. Dici che la mia fu compassione? No, ti sbagli. Tenerezza, che mi fece poggiare il bicchiere sulla tua guancia con nonchanlance e facendoti guizzare di sorpresa, forse per il freddo del vetro ghiacciato.

Ti sei voltata di scatto, portandoti la mano sulla pelle bagnata, istintivamente. Hai incontrato il mio sguardo e sei rimasta a guardarmi dritta negli occhi, forse senza accorgerti che intanto mi ero accomodata allo schienale del divano, poggiandomici sopra con i gomiti.

- E’ freddo?- ti chiesi. Subito annuisti, senza perdere quello splendido sorriso. – E se volessi portarti in un posto più caldo?-

La mia audacia non mi stupiva, affatto, tantomeno il tuo sguardo di sorpresa, anche se non mi sarei mai aspettata che le mie parole appena sussurrate giungessero alle orecchie delle altre. Risate. Divertimento. L’unica cosa che no cambiava mai nell’atmosfera era il tuo non curante sguardo, quasi di sfida. Però sei stata distratta, perché ti guardavo negli occhi, e leggevo perfettamente il tuo frustamente e l’umiliazione subita. Come facevi a resistere? Non mi interessava. Sapevo solo che dovevo portarti via, lontana da quale posto, prendendoti per man, costringendoti a seguirmi. Lo feci, e tu non esitasti nemmeno per un momento ad ascoltare il mio invito, senza dar peso alle parole velenose che ti venivano lanciate, fregandotene altamente delle risa che rimbombavano nella testa ma morivano tra la musica e le urla di vero divertimento più sensato.

Ho aperto una porta davanti a me, ti ho trascinata dentro la saletta ad ho richiuso alle mie spalle quel mondo rumoroso. Non hai replicato della mia scelta, dopotutto un microscopico camerino per le show-girls con le pareti insonorizzate non è il massimo del romanticismo, e tantomeno della comodità. Ti ho messa le mani sulle spalle, ti ho premuta al muro e ti ho guardata. Cosa ti aspettavi che facessi? Davvero, sii sincera, perché in quel momento nella mia testa giravano vorticosamente diversi desideri, e non credo che tu fossi propriamente intenzionata ad avverarne nemmeno uno.

- Ma non ti fanno pena? Fossi stata in te avrei dato a ciascuna un pugno sul naso.-

Scuotesti la testa, quasi contrariata, questa volta avevi l’espressione di un manga. Lo ammetto, eri estremamente carina, e come si dice nel gergo degli otakupucchosa”.

- Perché no?-

Scuotesti ancora la testa, poi mi guardasti direttamente e riprendesti a sorridere. Sapere di non aver resistito ancora a quel viso tanto angelico mi fece ricordare di quello che stavo facendo. Mi allontanai lentamente da me, le mie labbra che ancora si protendevano verso le tue con la voglia estrema di gustarle ancora. In te c’era un contrasto enorme: nei tuoi occhi leggevo una punta di sorpresa, quasi curiosità, contro l’imbarazzo del tuo volto. Mi mettesti le mani sulle spalle e mi spingesti un poco, per distaccarmi da te, poi sventolasti le mani davanti al tuo petto, come per dire no a qualcosa. Non dissi nulla, non cercai scuse per il mio gesto, tantomeno me ne andai dalla stanza. Guardai altrove, osservando le pareti della piccola camera, poi posai nuovamente gli occhi su di te, ma quando incontrasti il mio sguardo subito scuotesti testa e mani, più rossa che mai.

Rimasi un po’ perplessa del tuo comportamento, quindi ti chiesi: - No…a cosa?-

Ti fermasti, come se ad aver visto una cosa mai vista prima d’allora, poi alzasti il viso verso di me, sorridesti. Lo sai cosa avrei fatto in quel momento, vero? Meno male che mi mettesti un dito sulle labbra, come a farmi capire di non riprovarci. Poi indicasti la tua gola, e facesti di no con lo stesso dito che mi aveva fermata. Non capivo, quindi mi rispiegasti, muovendo le labbra disegnando parole che non potevo udire, poi scuotesti il capo.

- …ah!...scusami…- ma non ti importava, sorridevi. Però era diverso da quello delle altre volte. In fatti ti imitai, avvicinandomi al tuo orecchio, trattenendoti perché non scappassi, sussurrando:- ..ma questo non vuole dire che non possa baciarti ancora…-

Le tue labbra si allargarono ancora, pronunciando una risata invisibile ma che si poteva ascoltare con un organo insolito: il cuore. Ero felice di questa scoperta, tanto che mi accinsi veramente ad accoglierti ancora! Peccato che tu rovinasti nuovamente il tutto. Ricordi, vero, che negasti ancora qualcosa che non capivo? E con un gesto poco consueto mi facesti capire che non eri interessata alle donne? quella scena mi è rimasta talmente impressa che non la dimenticherò facilmente. Eravamo entrambe imbarazzate, ma accettasti quasi volentieri il mio numero di telefono. Continuando a sorridere, come se la vita potesse essere ingannata del brutto scherzo che ti aveva giocata, mi salutasti, ma non tornasti dalle persone che insistentemente ti chiamavano. Alzasti il dito medio della mano destra e glielo mostrasti. Risi di quel gesto, mi sentisti e ti girasti a rivolgermi un altro splendido sorriso. Entrambe avevamo imparato una lezione nuova, quella sera.

Peccato che…

La mia solita sbadataggine mi fece dimenticare di chiederti la cosa più importante.

Il tuo nome.

La fortuna, però, se vuole gira, vero? Per entrambe. A caso avevi il mio numero, te l’avevo dato senza nemmeno pensare che tu non potevi parlarmi. , ma le dita sono state abbastanza veloci, infatti il tuo sms non tardò ad arrivare. E quanti ce ne siamo scritti? Quando non mi stavano in memoria li trascrivevo su di un piccolo quaderno, quasi come un diario personale, e quando sei stata lontana o abbiamo litigato per cause perse, andavo e vado tuttora a riprenderlo e rileggo tutte le belle parole che ci siamo scambiate da quel giorno. Mi sono segnata anche ciò che ci siamo dette il primo giorno che abbiamo fatto l’amore assieme. Ricordo perfettamente quanto eri spaventata dall’idea, ad io avevo atteso paziente, proprio per non metterti fretta e farti sentire a tuo agio. Ma forse tu non ne hai molta memoria vero?

- Ti va?-

L’amore è una cosa importante.

- E non ti va di farlo con questa tata, piccina?-

Ti amo. Però mi sembra una cosa così sporca.

- L’amore è bello perché è sporco e pulito allo stesso tempo.-

E questa chi la dice?

- La dico io, dato che finora nessuno ha collaudato questa frase.-

Sei pazza.

- Sono pazza di te.-

Che bei ricordi, vero? Ho tenuto conto anche di quanto è durato tutto questo. Tre mesi. Ci sono ragazze che lo ritengono un tempo impossibile, forse perché loro sono impossibilitate ad arrivare a tale cifra. Io lo ritengo un tempo troppo breve. Ho passato sì un bel periodo. È stato troppo poco, per porter conoscere a fondo la vera persona che sei stata, anche se ne ho avuto un buon assaggio, ma non è stato abbastanza.

Vorrei ancora che mi guardassi negli occhi e pronunciassi il mio nome. Vorrei ancora che mi prendessi le mani e mi facessi capire che è tutto ok. Sarebbe bello se potessi buttarci alle spalle tutto quanto. La realtà è così crudele. Quando chiudo gli occhi, tu sei qui, sorridendo ancora. Quando ci siamo conosciute eravamo così lontane l’una dall’altra, ed abbiamo percorso assieme una lunga strada. A cui siamo arrivate alla fine.

Anche quando sei caduta nel sonno eterno stavi sorridendo.

I problemi respiratori, i medici che correvano, la panchina dove ho atteso. Certi vividi ricordi vorrei che potessero offuscarsi, in qualche modo.

Ora devo andare, ho dedicato più tempo che potevo a te. Devo andare, ma tornerò a trovarti volentieri. Da qui non puoi scappare. Quando verrò a prenderti spero di poterti incontrare nello stesso posto dove stai riposando ora. Sai bene come sono fatta, le mie cose non le divido con nessuno. Effettivamente però posso ancora averti, qui, dentro, anche se non è molto ospitale ma credo che tu possa accontentarti.

I’m here, you’re here.

That’s all, that’s eveything.

In quel giardino fiorito dove coglieremo assieme il fiore appena nato.

   
 
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