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Autore: crimsontriforce    28/04/2010    0 recensioni
Nella transizione da 'Hic sunt leones' a Google Maps, giunge per ogni luogo sospeso il momento di diventare un punto come tanti su una carta geografica: battuto, fotografato, semplicemente umano.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Atrus, Catherine
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '3. Storia antica ma non troppo'
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Seconda settimana del F3.U.CK.S. Fest di Fiffi, fic storica a prompt “America”, gentilmente fornito dalla community fuoco_dal_cielo. Questa storia si potrebbe porre come punto mediano fra Lezioni siciliane e Ultima tettoia accogliente, sans partite placide a scacchi.
Eeeee cinquantesima per fanfic100! Mezza tabella andata, mezza to go!












Il serpente del mondo






Per l'osservatore attento, le montagne che custodiscono Tomahna sono segnate da un intrico di sentieri naturali: vecchi letti di torrenti, crepe, anse improvvise. A volte è difficile scacciare l'impressione che quelle tracce siano state lasciate a bella posta sull'altopiano inospitale, scritte migliaia di anni fa assieme alla Caverna e al resto dell'Era come regalo del primo Re. Un regalo alla piccola famiglia sconosciuta che un giorno, oltre la caduta della sua civiltà, avrebbe costruito lì una nuova casa.
Di certo la piccola Yeesha li aveva presi come un privilegio personale, eleggendosi loro prima esploratrice e passando giorni a scoprire che vista la attendesse dietro ogni masso, o come le infinite biforcazioni tornassero a unirsi in un unico cerchio.

La piccola Yeesha ha smesso di essere piccola cent'anni fa, il giorno in cui ha preso l'unica via che da casa scende giù, giù verso il deserto, verso D'ni e un destino che la strattonava come una bufera. Ma per Atrus, ormai indifferente al passare degli anni, rimane sempre la sua bambina. Quando i ricordi di casa non bastano, capita che prenda un bastone da passeggio, si inerpichi ansimando per la prima rampa di scalini di roccia e segua il percorso che gli detta la nostalgia. È davvero passato così tanto tempo? Può ancora vederla ridere estasiata al bordo del sentiero, indicando un coleottero che ha appena spiccato il volo.

Si stringe nel soprabito color terra, pentendosi di non aver portato una sciarpa. Oggi soffia un vento cattivo che s'insinua nel colletto e nelle maniche e, anche se non si può realmente dire che faccia freddo, Atrus sa che alla sua età dovrebbe limitare le camminate alle coste di Amberset o alla collina rigogliosa di Vale. Ma quei luoghi sono così nuovi, così lisci al tocco della memoria che a volte si chiede cosa mai gli sia venuto in mente di scriverli e non vi si collega volentieri. Se solo le sue vecchie Ere... se solo.

La strada che imbocca oggi porta verso l'esterno. Non se ne accorge fino all'ultima svolta, occupato piuttosto a distinguere il ronzio degli insetti e le tracce di licheni che si avvicendano sulla pietra. E si trova d'improvviso a strapiombo sul vuoto, su una terrazza naturale che si affaccia sulla brusca fine dell'altopiano.

A valle, in lontananza, una linea scura interrotta attira la sua attenzione. Atrus regola le lenti protettive per minimizzare il riverbero, ma anche strizzando gli occhi non riesce a capire – o non vuole – cosa possa aver segnato così il manto uniforme del deserto là sotto. Rabbrividisce aprendo un lembo del soprabito e rovista in tutta fretta fra le tasche interne, cercando il sottile binocolo che è certo di aver abbandonato lì l'ultima volta. Sente la custodia in cuoio fra le dita, la prende e richiude tutto rialzando il bavero, soddisfatto che quella dimenticanza si sia resa utile in qualche modo, ma tutto sommato intimorito dal poter analizzare subito l'anomalia. Fosse stata una sua Era, sarebbe stato solo felice di affinare ancora una volta la sua conoscenza empirica dei legami fra Scrittura e realtà delle cose – ma lì, sulla superficie della Terra e così vicino a casa? No, no, no. Scuote la testa borbottando mentre, in piedi sulla piccola sporgenza, allinea le levette di ingrandimento e messa a fuoco e cerca, dal suo campo visivo ora ristretto, di ritrovare l'immagine in mezzo alla distesa infinita di terra e cespugli.
Trova l'estremo della sua linea. Ingrandisce ancora. Rotella ausiliaria per mettere a fuoco. Un gruppo d'uomini cammina e gesticola attorno a dei grossi carri, no, non sono dei carri sono delle macchine da lavoro, ma su ruote. C'è del fumo... un macchinario si sposta e spala una gran quantità di terra, gli uomini lo indirizzano a voce e ad Atrus sembra di sentire qualche sillaba trasportata dal vento, ma sono così lontani che non può che essere la sua immaginazione. Quel che invece è certo: la linea è una strada.


***



“Catherine. Amore mio”, chiama piano quando è tornato nel verde e nell'azzurro di Tomahna, nella calma dei suoi ponti sospesi. “Catherine?”, ripete più forte, per sovrastare il brontolio del fiume che scorre sul fondo.
Catherine riposa al sole, seduta su una panca in uno spiazzo del camminatoio. Sembra scomparire sotto le pieghe pesanti di una coperta nera, alzata fino a coprirle la fronte e che tiene ferma al petto con entrambe le mani. Così di profilo, spuntano solo la curva del naso e una ciocca di capelli bianchi. Atrus si affretta al suo fianco.
“Caterine. Sono tornato”, chiama ancora, scostando la coperta per poterle appoggiare un bacio in fronte. “Ho visto il serpente del tuo sogno.” Si inginocchia al suo fianco, a fatica.
“Si è svegliato?”, chiede Catherine, sbadigliando e coprendosi gli occhi dalla luce intensa.
Atrus, che ha sempre tenuto una rispettosa distanza dai simboli e dalle loro connessioni, non saprebbe cosa rispondere su quel tono. Così le racconta semplicemente quello che ha visto, com'è abituato a fare, tenendole la mano aperta fra le sue e accarezzandola nel tracciarvi con le dita mappe grezze di quei terreni.

“Si è svegliato”, ripete Catherine alla fine, come per spiegarlo a un bambino. “Ma no, no”, aggiunge dopo una pausa e prendendo un tono cantilenante. È così stanca. “Questo va molto oltre il mio sogno. Veglia da molto, scuotendo le sue spire, mentre i nostri occhi erano puntati sull'uscio di casa.”
“Il serpente non è la strada che sta venendo costruita?”
Gli sorride. Quando riprende a parlare torna per un attimo più cosciente, ed è del tutto lì, vicino ad Atrus, ma si assesta presto in un altro sogno ad occhi aperti, una memoria lontana stavolta, che anche lui possa capire. “Ricordi? Eravamo ancora in quattro attorno a un tavolo quando la nostra amica, riposi in pace, ci parlava di un'unione di Stati e di venti di cambiamento, e Yeesha ascoltava attenta e noi altrettanto, ma con l'attenzione che si rivolge alle storie di un popolo lontano, di un'Era con cui si è perduto ogni collegamento. Forse in quegli anni il serpente stava cercando la sua coda, forse l'aveva già trovata. E quando il serpente morde la sua coda... tutto cambia.”

Riesce a vederlo anche lui. Hanno osservato generazioni di carovane transitare al limite del deserto, ma erano intrusioni transitorie nel terreno attorno alla loro isola protetta, una casa che è parte di D'ni e di Releeshahn allo stesso tempo, un ponte fra il passato e il futuro della sua gente, ma ha anche profonde radici proprie, autonoma come se si ergesse solitaria in mezzo a un mare alieno. La strada di oggi, invece, è lì per restare. Ingrandirsi. Biforcarsi. Serpeggiare fino a loro con la sua fiumana di viaggiatori.

“Ma le montagne che ci proteggono sono alte.” Atrus fatica a trovare un equilibrio nelle sue parole e non riesce a mettere insieme una risposta soddisfacente che non sembri la difesa di un bambino spaventato. Ma si sente porre davanti in altri termini, termini astratti e non scientifici da cui non sa difendersi, gli stessi timori che ha cercato di mettere a tacere da quando ha richiuso il binocolo.
“E le sue spire, alte quanto il mondo. Nemmeno D'ni si è salvata dalla curiosità umana, Atrus.”

“Mi stai dicendo di andarcene?”, chiede accigliato. “Scrivere una nuova casa? Ora? Fra un mese? Un anno? Quando arriveranno a trovarci?”
“Dico che tutto cambia. Che una scelta bussa alla nostra porta, non richiesta e forse spaventosa, ma non possiamo rimandarla da dov'è venuta.”
Atrus resta inginocchiato accanto a Catherine, accarezzandole lentamente la schiena. Capisce che la tranquillità di sua moglie è una posa e si dispiace che senta sempre la necessità di mostrarsi forte per tutti e due quando invece, sotto la patina di certezza dei suoi simboli e dei suoi sogni, l'incertezza della situazione la tende quanto lui. Se solo Yeesha fosse lì. Se solo Sirrus fosse lì. Se solo. Le appoggia un altro bacio fugace sulla mano. Ne parleranno con calma, domani o questa sera stessa: Atrus non vuole anche questo senso di colpa e, soprattutto, Catherine ha già retto per anni la fragilità di entrambi senza che lui quasi se ne accorgesse. Ora che ha a stento la forza di alzarsi, lui può solo iniziare a ricambiare il favore. Con lo stomaco fermamente chiuso in un nodo di angoscia, si chiede solo quanto – quanto poco – sia in suo potere, se quello che li minaccia è il progresso di una civiltà intera. Senza l'Arte a dare loro vie d'uscita, si vede solo soccombere di fronte a un'avanzata ineluttabile di cui oggi ha visto il primo avamposto. È stato così miope, cent'anni fa, a seguire il cuore e tornare nei luoghi della sua infanzia?
Sofferma lo sguardo su tutti gli spazi vecchi, vuoti e impolverati di cui si sono circondati, poi torna a lei e scuote la testa. Si passa una mano fra i capelli, che tornano a ricadergli sulla fronte. Non scapperanno da Tomahna, decide, anche se il mondo busserà presto alla loro porta con tutto il suo frastuono. Passeranno gli ultimi anni insieme, vecchi e polverosi, nella casa dove sono conservate le loro gioie – e dove la loro bambina li potrebbe ritrovare, un giorno, se mai riuscisse a raggiungere tutte le cose impossibili che è partita cercando.

“Troveremo un modo. Troverò un modo.”
“Mi fido di te, mio amato”, sussurra Catherine prima di scivolare nuovamente nel sonno.




Nemmeno D'ni si è salvata dalla curiosità umana. Ma cinquant'anni dopo, nascosta da guglie di roccia e da un pizzico d'ingegno, Tomahna riposa ancora in pace, inviolata tranne che dai suoi fantasmi e, di tanto in tanto, da un uccellino del deserto che ritrova la via di casa.













@ titolo: Il serpente è il progresso che stringe, incarnato per queste poche centinaia di parole nel sistema di highway che venne creato negli USA fra le due Guerre.
@ posizionamento di Tomahna: facendo un po' di sani conti a spanne fra la mappa di Aitrus, la sede legale del DRC, le immagini di seconda mano che abbiamo di Tomahna e ovviamente la cartina dell'Eddy County, secondo me potrebbe trovarsi non lontano dalla Route 62. Poi magari no, eh... Comunque i conti a spanne sono stati compiuti al massimo delle mie capacità, ecco u_u (le stesse grandi capacità di orienteering che hanno cannato di 300 passi il quarto punto di Minkata, ma tralasciamo XD Almeno l'angolo era giusto, non so come ho fatto XD)
@ Amberset e Vale: Ere inventate con nomi in un'imitazione passabile dello stile di Atrus, spero. A parte i picchi di creatività D'ni-eggianti di Exile, l'uomo chiama le sue creazioni “Stoneship”, “Mechanical”, “Oasis” e “Gravitation”...
@ Catherine: l'aspettativa di vita di un Rivenese è minore di quella di un sanguemisto D'ni cocciuto, pare (enfasi sul 'cocciuto' perché corre voce ufficiale che Atrus sia arrivato vivo fino a End of Ages solo per forza di volontà di riveder sua figlia), ma spero che verso il 1930 Kathy fosse ancora viva. Vecchierella e acciaccata, ma viva. È che non riesco a pensare ad Atrus solo come un cane per cent'anni, non lui, non lo merita... ;_;
@ Eravamo in quattro attorno a un tavolo: il concetto di base resta che la mia Straniera è bravissima ad autoinvitarsi, da Exile in poi.
@ gran traffico sulle highway americane (e straducce collegate): relativamente parlando. Stiamo parlando di Atrus, per lui incontrare due persone all'anno è avere una vita sociale intensa...
@ nemmeno D'ni ecc: parallels, I can haz them. La prima volta si riferisce a Ti'ana, la seconda a noialtri gentaglia.
@ pizzico d'ingegno: la trama nasce dal fatto che il DRC non nomina mai Tomahna e ipotizzo quindi che non l'abbia mai trovata – idem per il governo federale, duh. Ma con lo sviluppo del trasporto aereo qualcuno l'avrebbe pur dovuta vedere, voglio dire, dall'alto salta all'occhio... ergo, secondo me l'hanno mimetizzata, per esempio con un bello scudo olografico: la tecnologia per realizzarlo certo non mancherebbe ad Atrus, no? Nel racconto mi tengo sul vago perché sono un pavido coniglio e le teorie crack me le tengo per le note.
   
 
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