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Autore: Dita_Inkiostro    30/04/2010    5 recensioni
ebbene si...siccome non mi arrendo continuo a scrivere short...questa in particolare è dedicata a Arthur e Gwen del telefilm merlin...una mia piccola invenzione di quello che potrebbe essere successo una sera quando gwen era una timida 15enne e arthur un giovane adolescente ^_^
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gwen, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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l'inizio di qualcosa di più

L’inizio di qualcosa di più

 

 

Gwen guardò esterrefatta la mano che il giovane principe le porgeva. Lui, che un giorno sarebbe stato re di Camelot voleva aiutare lei,una semplice serva, che era caduta inciampando sui suoi passi come una stupida?

La ragazza si sentì avvampare dalla vergogna. Sin da quando era stata introdotta a castello da sua madre, come serva della principessa Morgana, aveva sempre cercato di mostrarsi all’altezza del compito che le era stato assegnato e non c’era mai riuscita. Per quanto si sforzasse finiva sempre per ricoprirsi di ridicolo facendo qualcosa di avventato e imbarazzante: si lasciava sfuggire di mano gli oggetti più diversi, inciampava su qualunque cosa, si spaventata per l’abbaiare improvviso dei cani del re di ritorno da una battuta di caccia suscitando il riso di quanti le stavano attorno…e non che le sue disavventure  avvenissero quando era sola, puntualmente era in compagnia del re o del principe stesso e i suoi errori venivano sottolineati dello sguardo di disapprovazione del re Uther dalla risata divertita dell’odioso principe Arthur dai rimproveri nascosti di sua madre. Odiava coprirsi di vergogna a quella maniera, era qualcosa che le faceva odiare la superiorità del portamento del re e dei sorrisi beffardi del viziato principino dai capelli dorati, la facevano sentire inutile e inferiore e la costringevano a singhiozzare in silenzio la notte per non svegliare i suoi genitori.

Ed era successo di nuovo. Anche quella sera mentre si recava nelle stanze di Morgana per prepararla alla notte nel corridoio aveva incrociato il principe diretto nelle sue stanze. Si era distratta e aveva inciampato sull’orlo troppo lungo del vestito finendo ai piedi del ragazzo con un urletto. Avrebbe voluto morire. Non osava alzare lo sguardo per paura di incontrare ancora una volta quel suo sorriso divertito dalla sua sbadataggine. Perché doveva cadere proprio in quel momento e a quel modo? Perché aveva pure urlato come una fragile ragazzina? Aveva sprofondato il viso tra le mani cercando di trattenere le lacrime, pregando che nel frattempo Arthur l’avesse sorpassata senza degnarla di uno sguardo indifferente alla sua presenza come tutti gli altri reali, invece l’aveva sentito pronunciare il suo nome.

- Ginevra?-

L’aveva chiamata? Lei, per nome? Con il suo nome intero Ginevra non con quello che le avevano attribuito tutti:Gwen. Con il nome che soltanto più sua madre le usava.

Incerta aveva sollevato il viso e incontrato la sua mano protesa verso di lei invitante, così inaspettatamente amica.

- Ginevra vi siete fatta male?- domandò Arthur con la sua voce profonda che da qualche tempo a quella parte aveva preso ad assomigliare sempre più a quella di un uomo. Aveva 17 anni ormai.

Il cuore di Gwen prese a battere ad un ritmo furioso che quasi le fece male al petto. Lui non le aveva mai rivolto la parola a quella maniera. Mai si era dimostrato premuroso nei suoi confronti mai lo era stato con nessuno appartenente alla servitù.

Disorientata e esitante la ragazza afferrò la mano che il principe le offriva e gli permise di aiutarla ad alzarsi. I loro sguardi si incrociarono. I suoi occhi di un caldo color nocciola si persero in quelli di Arthur. Il fuoco delle fiaccole in corridoio accendeva le sue iridi chiare di bagliori rossi che davano al suo sguardo un’aria misteriosa e magica. Lui la stava guardando con una strana intensità  era uno sguardo che non le aveva mai rivolto carico di qualcosa che Gwen riconobbe con stupore essere preoccupazione…una preoccupazione sincera, inaspettata, fuori luogo. Arthur sembrò riscuotersi sorpreso egli stesso dal gesto che aveva fatto, fissò la mano che ancora stringeva quella affusolata della ragazza e la ritirò di scatto quasi si fosse scottato con il fuoco.

Era impensabile che un reale si preoccupasse se una serva quindicenne cadeva e l’aiutasse addirittura a rialzarsi. Gwen si accorse con stupore del fastidioso formicolio che provava alla mano destra quasi che la sua pelle fosse dispiaciuta dall’interruzione di quel contatto soffice e caldo e la strinse a pugno portandosela al petto. Era confusa ma quello che sembrava più confuso dell’accaduto era Arthur stesso. Fissava esterrefatto la sua mano chiedendosi la ragione di quel suo bizzarro comportamento. Perché quando aveva visto Ginevra cadere aveva sentito una stretta al cuore? Perché la sua voce gli era apparsa così famigliare, così cara? Perché si era sentito ingiustificatamente preoccupato quando lei non si era prontamente rialzata? Perché quando aveva afferrato la sua mano aveva avvertito una strana sensazione di piacere e appagamento?

- la ringrazio mio Signore!- cercò di dire Gwen ma la  voce tremava ed era talmente bassa che non riuscì a sentirsi nemmeno lei. Le orecchie invase dal ronzio del sangue che le affluiva rapido al cervello. Ripeté la formula schiarendosi la voce per accertarsi che il principe capisse la sua gratitudine e l’attenzione di lui tornò sul suo volto. La ragazza sentì lo spiacevole calore sulle sue guance e capì di essere arrossita di nuovo, avrebbe preferito che Arthur continuasse a guardare altrove.

Non capiva perché lui le facesse quell ’effetto ogni volta che era in sua compagnia. I suoi commenti maligni e le sue risate quando si burlava di lei erano quelli che la ferivano di più. Sin da quando erano piccoli lei lo aveva segretamente invidiato e ammirato mentre lui si era sempre preso gioco di lei con i suoi amici. Col passare degli anni lui era cresciuto e aveva assunto nei suoi confronti l’atteggiamento che avevano tutti gli altri adulti: l’indifferenza più totale. Che era anche peggio.

Tuttavia da un po’ di tempo non riusciva a spiegarsi alcune sue reazioni quando era in sua presenza, il cuore che accelerava per esempio o le gambe che tremavano quando lui inavvertitamente la guardava e il suo arrossire inevitabilmente ogni volta. Era insopportabile.

- non mi sono fatta niente, mio Signore. Vi ringrazio per la vostra premura!- sussurrò tenendo rigorosamente lo sguardo basso.

- dovreste stare più attenta Gwen! – rispose l’altro con un tono di voce del tutto diverso da quello che aveva usato poco prima. Freddo, misurato, distante, familiarmente distante.

Gwen annuì osservandolo di sottecchi mentre quello senza degnarla di uno sguardo proseguiva sul suo cammino. Quando le passò accanto temette che lui potesse sentire il suo cuore battere impazzito poco prima che un dolore intenso la colpisse al petto, là dove adesso si era creato un vuoto freddo e pungente. Era tornata la serva, era tornata Gwen e lui glielo aveva fatto capire molto chiaramente. Quello che era successo era irrilevante lei era sempre stata solo Gwen. Non avrebbe potuto essere altro. Non avrebbe dovuto sperare altro. La sua tristezza e delusione erano ingiustificate.

Così lasciò che il principe voltasse l’angolo e sparisse con il suo passo elegante e sostenuto da regale, senza voltarsi, lasciando dietro di se soltanto il rumore attutito dei suoi passi quasi fuggisse da quel gesto che per un istante aveva unito lui e Gwen, quel gesto che era destinato a cambiare il loro destino per sempre .

 

 

 

  
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