Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: Piccolo Fiore del Deserto    01/05/2010    1 recensioni
Sulle magiche parole della canzone "Margherita" di Cocciante, iniziano i pensieri di un padre, innamorato perso della propria figlia. Tratti di vita di un uomo che tenta di fare di tutto per mantenere sempre vivo il sorriso sulla sua piccola bambina. Se ogni giorno sono felice e affronto la vita con più forza, è solo perchè ho il mio piccolo angelo, che m'illumina con il suo sorriso e il suo amore.
Genere: Generale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
A lei, che ha il nome di un fiore.




Io non posso stare fermo
con le mani nelle mani,
tante cose devo fare
prima che venga domani...
E se lei già sta dormendo
io non posso riposare,
farò in modo che al risveglio
non mi possa più scordare.

La guardo dormire. Tenera piccola creaturina.
Aggomitolata su se stessa, in posizione fetale, con le piccole manine congiunte accanto al viso paffuto.  
I riccioli rossi le coprono il viso dal colorito pallido.
Quando dorme, sembra ancor di più un tenero angelo sceso dal cielo ed entrato nella nostra vita. Nella mia vita.
E’ stato un sogno che si è realizzato. Il nostro sogno d’amore divenuto realtà.

Le abbiamo dato il nome di un fiore. Il fiore più semplice. Il fiore che illumina il verde dei prati con la sua purezza.
… Margherita.

La mia piccola dorme, e so che si sveglierà solo domani. E’ una brava signorina di cinque anni. Tenera, dolce, affettuosa, ma anche vivace e curiosa come tutti gli altri bambini.
La notte è ancora giovane, ma io non posso stare fermo, ho troppe cose da fare. Probabilmente la passerò quasi del tutto in bianco, per lavorare. Per scrivere storie che parlano di noi, dell’affetto di un padre per la sua bambina. Per scrivere quelle favole che le piacciono tanto, così che io possa essere ricordato sempre da lei, anche quando non sarà più così piccina.
Seppure, per me resterà sempre… la mia bambina.


Perché questa lunga notte
non sia nera più del nero,
fatti grande, dolce Luna,
e riempi il cielo intero...


Solo, nel mio studio, osservo dalla finestra, la notte così oscura.
Nuvole sembrano nascondere l’astro argenteo che tanto piace alla mia piccola.
Non riesco a concentrarmi, ho bisogno di quel fascio di luce per lasciare sprigionare quella fantasia utile a buttare giù le mie storie, le mie canzoni.
Lo sguardo va alla piccola.
Il suo sonno sembra farsi agitato. Si muove nel letto, la sento gemere un poco.
Un incubo che tenta di tormentarla?
Vorrei proteggerla anche lì. Vorrei poter entrare nei suoi sogni e combattere contro quei mostri che possano farle paura.
Lei è il mio tesoro, nessuno deve farle del male. Mai.
So benissimo che un giorno la vita la porterà davanti a situazioni sgradevoli, ma finché posso, voglio proteggerla.
Poso la penna sul foglio ancor bianco.
Mi alzo, e mi avvicino alla porta-finestra da cui si vede la città. Quelle luci artificiali non sono così forti da prendere il posto della luna.
Luna.
La cerco, ma ancora non la trovo.
La invoco.
Luna, dolce luna, vieni fuori. Non lasciarti offuscare da quelle nubi oscure.
Appari e non permettere all’oscurità di avvolgere tutto.
Illumina la mia bambina. Sconfiggi i demoni dei suoi sogni.

E dopo qualche minuto, sembra che l’invocazione abbia sortito l’effetto desiderato.
Eccola. Pallida. Lucente.
Ecco la luna piena, che la mia bambina tanto ama.
Eccola che ora sfiora con i suoi pallidi raggi la pelle della mia Margherita, rendendola quasi perlacea.
Come per magia, lei sembra tranquillizzarsi.
La osservo. Sorrido. E torno al mio lavoro.
La notte è ancora giovane, ma le ore passano veloci. Ed io ho un lavoro da finire.


E perché quel suo sorriso
possa ritornare ancora,
splendi Sole domattina
come non hai fatto ancora...

« Papone? »
La sua voce è un suono vellutato che mi risveglia.
Come al solito mi sono addormentato col capo chino sulla scrivania, così perso nel mio racconto.
E’ sempre lei a svegliarmi, con il suo suono dolce come il miele e trillante come quello di una fata.
Riapro gli occhi e, dinanzi a me, compare il suo viso, raggiante come il sole che ora brilla in cielo.
« Papone, sveglia, sveglia! C’è il sole! » squilla ancora, tutta saltellante, mentre con una manina mi tira la manica della camicia azzurra che indosso dalla sera prima.
« Oh sì, piccola mia. C’è un bellissimo sole e a te piace tanto vero? »
« Io Amo il Sole! » esclama, mentre i suoi grandi occhi color dell’erba fresca, sembrano illuminarsi e sulle sue gote affiorano due adorabili fossette.
« E allora, ora il tuo papone si veste, si lava e poi, dopo aver mangiato, usciamo in giardino! Così possiamo vedere meglio il sole, e lasciare che ci riscaldi per bene. »
« Oh sìììììì! Voglio il sole, il sole! »
La vedo saltellare e poi tendere le braccine verso di me. Subito la prendo in braccio e la stringo a me, prima di alzarmi e farla volteggiare in aria come al solito.
La mia piccola ride. E mi sembra di sentire come il trillo delle campane a festa.
Mi fermo. La guardo e nei miei occhi color miele si riflettono i suoi color dell’erba, come quelli di sua madre.
Lei afferra con le sue calde manine il mio volto e mi posa un bacio sulle labbra.
La mia piccola. Il mio amore.
Se ogni giorno sono felice e affronto la vita con più forza, è solo perché ho il mio piccolo angelo, che m’illumina con il suo sorriso e il suo amore.



E per poi farle cantare
le canzoni che ha imparato,
io le costruirò un silenzio
che nessuno ha mai sentito...


Il getto dell’acqua fresca riesce a svegliarmi meglio. La lascio scorrere sul mio corpo, socchiudo gli occhi e mi beo di quegli istanti.
Una volta pulito e vestito, entro in cucina, dove i miei due grandi amori stanno facendo colazione.
« Papone! »
Ancora la sua vocina trillante, e quel sorriso che mi scioglie l’anima.
Mi avvicino a mia moglie, così simile alla mia bambina, dai lunghi capelli ramati e due incantevoli occhi color smeraldo. Le dono un bacio candido sulle labbra, per poi posarne uno delicato sulla fronte della mia piccola, che ride come al solito.
« Buongiorno miei splendidi fiori. » mi rivolgo alle mie “donne” in quel modo, in riferimento ai loro nomi. Iris e Margherita. Due splendidi fiori, per due splendide “donne”.
« Papone, oggi cantiamo insieme? » cinguetta la mia piccola, ampliando i suoi grandi occhi verdi, nel quale spesso mi perdo.
Ovviamente, non posso dirle no.
« Certamente, piccola mia. Ce ne andiamo nel nostro piccolo angolo di paradiso e ci fai sentire la tua splendida vocina. Va bene? »
« Sì, papone! » esclama, mentre le gote le si fanno ancor più rosse. « Vieni anche tu, mammina? » si rivolge quindi a sua madre, la quale annuisce, rivolgendole il più dolce dei sorrisi.
Come amo quella donna. Come amo quella bambina.
« Certo, mio piccolo tesoro. Voglio sentire le nuove canzoni che hai imparato. »
Questa è la mia famiglia. Una famiglia unica.

Conclusa la colazione, ci dirigiamo tutti insieme verso il nostro piccolo angolo di paradiso. Un giardino nel retro della nostra abitazione.
So esattamente che lì, i rumori della città poco distante non riescono ad arrivare, ergo ci sarà il massimo silenzio, per poter lasciare Margherita libera di cantare le nuove canzoni che le ho scritto.
Ci sediamo a terra, sul morbido prato, sotto quel sole che ancora ci riscalda con i suoi caldi raggi.
La piccola indossa un abitino verde che risalta ancor di più il colore dei suoi occhi. Come una piccola fata si posa a terra, e attende che io sia pronto.
Iris si accomoda accanto a lei, vestita d’un abito rosso, che le calza a meraviglia. E’ la donna più bella che abbia mai incontrato e di cui, sin dal primo istante, mi sono innamorato.
Prendo la chitarra e la poso sulle gambe, nella posizione migliore per suonare.

Batto le nocche sulla parte di legno, per darle il ritmo e il via.
Quando è il suo turno, la piccola chiude la manina a pugno, fingendo di stringere un microfono.
Socchiude appena gli occhi ed eccola sprigionare la sua voce cristallina e piena d’incanto. Sembra quella delle principesse Disney. Un suono delicato, che via, via, cresce d’intensità. È ancora così piccina, ma riesce a modulare la voce, come se cantasse da sempre.
Io continuo a far vibrare le corde della chitarra, per accompagnarla con la mia musica, ma è lei la vera regina di quel piccolo spettacolo.
Lei, la cui voce scalda i cuori.
Lei che ascolterei per ore e ore.
Mentre canta, sembra quasi che ogni altro suono, naturale o artificiale, scompaia. Rimane il silenzio più totale, il quale è rotto solo dalla sua voce e dal suono del mio strumento.
Iris l’ascolta e sorride beata. E’ felice.
Felice, come lo sono io.




Sveglierò tutti gli amanti
parlerò per ore ed ore,
abbracciamoci più forte
perché lei vuole l'amore.

Come in tutte le famiglie, sfortunatamente possono esserci litigi tra moglie e marito.
Iris ed io abbiamo sempre cercato di non farlo di fronte alla nostra piccola, ma purtroppo lei quel giorno ci scopre.
I nostri litigi sono sempre stati causati da motivi futili, come quella volta.
La mia piccola resta immobile sulla soglia della cucina, dove ci eravamo rintanati per non farci sentire, ma a quanto pare non è poi così stupida. Anzi, ha una grande intelligenza per una bambina di soli cinque anni.
Ci guarda con due occhi pieni di lacrime, le manine che si congiungono. Sembra impaurita. Mi fermo, seguito a mia volta da Iris, ed entrambi le volgiamo il nostro sguardo.
Non possiamo vederla piangere.
Lei non deve soffrire, né vedere i suoi genitori non andare d’accordo, anche se per motivi non gravi.
« Mammina, papone, pecché litigate? » ci chiede con una vocina tale da struggermi dentro. Sembra quasi tremare, forse per le lacrime che minacciano di uscire da un momento all’altro, dai suoi splendidi occhi.
« Piccina mia, non stiamo litigando. La mamma e il papà stavano solo parlando, forse a voce troppo alta, e mi spiace averti disturbato mentre guardavi i tuoi adorati cartoni. »
La piccola mi guarda, come non credendo alle mie parole. A volte, se guardi attentamente negli occhi di un bambino, rischi di vedere qualcosa di adulto. Come se quelle creature piene di purezza, capiscano tutto, sin dalla più tenera età.
« Mammina, è davvelo così? » chiede ancora. Un fremito di nuovo nella sua voce. Una piccola lacrimuccia le scorre sulla guancia destra.
Iris si avvicina a lei, si abbassa in modo tale da essere più o meno alla sua altezza.
« Sì, tesoro mio. Stavamo parlando. A volte i grandi non si accorgono di parlare a voce troppo alta, e così sembra che stavamo… litigando. Ma così non è. Quindi, non piangere, e anzi, ora andiamo tutti insieme a vedere un cartone splendido, pieno di colori! »
Con l’indice della mano destra, le asciuga quella lacrima ribelle che si è permessa di scendere sul volto della nostra bambina.
Io mi avvicino alle mie piccole donne e poso una mano sulla spalla di mia moglie, per poi sorridere alla mia piccola.
« Sì, ora andiamo tutti insieme a guardare il cartone, e poi il tuo papone scriverà la storia più bella e ti farà una sorpresa. »
A quelle mie parole, il volto della mia piccola s’illumina. Un sorriso, seguito da due adorabili fossette sulle guance, occupano il posto della tristezza e delle lacrime.
« Una soppesa? » quasi trilla. Ecco il tono che adoro sentire. Torna a saltellare sul posto, mentre mi guarda con quegli splendidi occhi dove ora brilla una luce.
« Che soppesa papone? Mi fai un regalo gande, gande, gande? » mi chiede, euforica.
« Una sorpresa non si dice, altrimenti non è più una sorpresa. » commento, portando una mano a scompigliarle i riccioli rossi.
Lei mette un tenero broncio, ma poi annuisce.
« Va beeene! »
Si butta tra le braccia della sua mamma e poi con una manina mi cerca.
La nostra famiglia si stringe in un unico, grande, amorevole abbraccio, che dura diversi, magici minuti.
Poco dopo, le sue piccole manine vanno a cercare le nostre, la mia e quella di mia moglie.
Si mette in mezzo a noi e insieme sprofondiamo sul divano, ridendo nel vedere il cartone pieno di colori, tanto amato da Margherita.
Il litigio ha fine. Lei vuole l’amore, ed è quello che noi due amanti, possiamo offrirle.



Poi corriamo per le strade
e mettiamoci a ballare,
perché lei vuole la gioia,
perché lei odia il rancore,
poi con secchi di vernice
coloriamo tutti i muri,
case, vicoli e palazzi,
perché lei ama i colori,
raccogliamo tutti i fiori,
che può darci Primavera,
costruiamole una culla,
per amarci quando è sera
Poi saliamo su nel cielo
e prendiamole una stella,
perché Margherita è buona,
perché Margherita è bella,
perché Margherita è dolce,
perché Margherita è vera,
perché Margherita ama,
e lo fa una notte intera..


« Ho intenzione di mettere su uno spettacolino per la nostra piccola. » mormoro a mia moglie, mentre restiamo sdraiati, abbracciati, sul letto, dopo una notte d’amore. Sfioro con delicatezza i suoi capelli ramati, ascoltando il suo respiro sul mio petto nudo.
« Che genere di spettacolino vuoi fare? » mi chiede, sollevando lo sguardo a incontrare il mio, curiosa.
« E’ un po’ particolare. Vorrei metterci dentro tutto ciò che la piccina ama, e farla ridere. Adoro sentire il suono soave della sua voce. Fiori, colori, un mondo primaverile, il tutto condito con un tocco di magia. » i miei occhi brillano, mentre Iris ride divertita.
« A volte ho l’impressione che tu ami troppo quella bambina, anche più di me. » assume un buffo broncio, ma so perfettamente che finge. La bacio sulle labbra, per poi sorridere con lei.
« E’ bella e dolce come la sua mamma, ed io devo riuscire a far star bene e ridere le mie due stupende principesse. » so perfettamente che con quelle parole, Iris si scioglie sempre. Il fascino dell’uomo romantico e sincero.
« Adulatore! Ma hai il mio appoggio e, se vuoi, posso aiutarti. » commenta infine la mia amata, quando la voce della nostra piccola ci fa voltare verso la porta.
Ed eccola lì, il mio piccolo sole tutto sorridente.
« Mammina, Papone! » esclama con quella vocina da fatina, per poi correre verso di noi e buttarsi sopra al letto, pronta ad accogliere le nostre coccole e a donarcene. « Oggi che facciamo? » ci domanda, alternando quei grandi occhioni verdi tra di noi.
« Oggi c’è una sorpresa per la nostra piccolina. Ma, deve comportarsi bene, e attendere che sia pronta! » rispondo, mentre noto l’espressione della piccola: il sorriso si estende da un orecchio all’altro e gli occhi s’illuminano di colpo.
« oh, sì sì! Io sono brava, brava! Così il mio papone mi fa la soppesa! » ribatte, per poi stamparmi un bacio dei suoi sulla guancia destra.
« Ora però vieni con la mamma, andiamo a fare colazione! » le dice Iris, prima di prenderla in braccio, e dirigersi con lei verso la cucina.
Guardo le mie due donne avviarsi, e poi è il mio turno di alzarmi. Oggi mi aspetta una grande giornata.

    Subito dopo la doccia e la colazione, mi dirigo nel piccolo locale dove solitamente lavoro e realizzo delle piccole scenette teatrali soprattutto per i bambini e i ragazzi. Ma questa volta, più che un lavoro è un piccolo piacere che mi riservo per un’unica persona, la mia piccola.
Arrivato nel locale, mi dirigo verso il palchetto di legno, dove rappresento le storie frutto della mia fantasia. Inizio a disegnare quello che potrebbe essere uno sfondo adatto: case, vicoli, palazzi, muri… un po’ una piccola città.
Quando ecco che arriva Iris, in jeans e semplice maglia a maniche corte, con una fascia a trattenerle i lunghi capelli.
« Eccomi qui, capo. Dimmi quello che devo fare! » esclama, facendo un gesto da soldato, come pronta ad aspettare i miei ordini.
« Dovresti raccogliere per me, quanti più fiori puoi. Voglio colorare un poco questo luogo spento, ma… Margherita? »
« Tranquillo, l’ho lasciata dai vicini, fino a quando non sarà tutto pronto. » mi fa l’occhiolino, per tranquillizzarmi. Io sorrido. « Vado e torno! » è sempre così allegra ed efficiente la mia Iris, siamo così in sintonia.
Dopo che lei se n’è andata, giungono altri ragazzi, chiamati apposta per il piccolo evento che voglio mettere su. Li accolgo con un sorriso raggiante, spiegando loro tutto ciò che occorre, per rendere la serata magica come non mai.

Una volta fatto ciò, riprendo quindi a disegnare, fino al ritorno di Iris, avvolta da fiori di tutti i colori, mancano solo… le margherite, ma dopotutto, il fiore più bello sarebbe arrivato durante la serata.
Iniziamo a sistemare i fiori tutt’intorno al palchetto, per poi affiggere i miei disegni, come sfondo. Il resto sarebbe stato rappresentato quella sera stessa.
« Non ho ben capito qual è la tua idea, ma mi fido del tuo estro e della tua fantasia. » mi confida Iris, completato il nostro lavoro.
« Fidati di me, e vedrai che la nostra bambina sarà felice. »
Torniamo entrambi a casa, per prepararci al meglio per la serata; prima di tornare a casa, tuttavia, prendiamo Margherita dai nostri vicini e la vestiamo con un abito bianco e giallo. Come il fiore più bello.

« Dove andiamo ? » ci domanda, ponendo un ditino sulle piccole labbra scarlatte.
« E’ tutto una sorpresa e non si può dire nulla! » rispondo, gentile, mentre la piccola annuisce, seppur poco convinta.
Ci ritroviamo in poco tempo di nuovo al locale e, mentre Iris tiene la bambina ancora fuori, io m’intrufolo all’interno, per andare sopra al palchetto. Lascio entrare le due donne, che incedono con qualche difficoltà nel buio, ma all’improvviso si accendono le luci, abbagliando per un attimo la mia piccola, che si strofina gli occhi con le manine.
Quando torna a riaprirli, osserva sorpresa il palco e il suo papà, ora vestito con una mantella scura, come un vero e proprio mago.
« ooooh! » non riesce a esprimersi troppo la piccina, ma batte le manine, entusiasta. « papone fai le magiiie! » esclama ancora.
« Benvenuta piccola dolce spettatrice, ti prego di sedere per assistere a uno spettacolo di pura magia! » esordisco, per poi fare un piccolo inchino, mentre Iris e Margherita si siedono sulle due sedie poste proprio davanti al palco, appositamente per loro. Le mie uniche, splendide, spettatrici.
E così do l’avvio al mio spettacolo.
« Quello che stasera mostreremo è uno spettacolo tutto dedicato a un’unica bambina: buona, dolce, vera e amorevole. C’è una qualche bambina che qui ha tutte queste caratteristiche? » domando, per poi posare gli occhi sulla piccola, che subito si alza in piedi, saltellando.
« Io ! io ! »
« Ebbene sì, mio piccolo fiore. Preparati, poiché questo spettacolo è solo per te. » uno schiocco di dita e le luci tornano ad abbassarsi. La piccola si ferma, aggrappandosi con le manine alla sua mamma, come spaventata dal buio improvviso. Vengono accese delle luci che illuminano solo il palco, per far vedere meglio la scena. Io mi pongo in un lato, voce narrante dello spettacolo che tra qualche minuto ha veramente inizio.

« Questa è la storia di una piccola bambina da morbidi riccioli rossi e due occhi color delle foglie. Pallida di carnagione, ma dal sorriso così luminoso che sembra di vedere il sole. Lei ha il nome di un fiore: non il più nobile, né quello più elegante; bensì il fiore più semplice e delicato di tutti: la Margherita. » mi fermo un attimo, soffermando lo sguardo sulla piccola e sulle sue gote che si fanno rosse. Ma tace attenta spettatrice.
« La piccola ha pochi anni, ma si vede già il suo amore per la vita. Le piace molto danzare e… allora chiamiamo i violini, le arpe e pianoforti per allietare con le loro note, questa serata. »
Al culmine del mio discorso, un mio “assistente” lascia partire la musica ed ecco che sul palco giungono diverse coppie di ragazzi, con costumi a forma di strumenti musicali, che prendono a danzare, seguendo il ritmo dapprima delicato e poi sempre più vivace della musica.
Margherita li guarda estasiata, mentre muove le gambine, sotto quel vestito chiaro, con la voglia assurda di muoversi anche lei. Inizia a battere le manine a ritmo, quando un ragazzo più piccino si presenta davanti a lei e le s’inchina davanti, tendendole la mano, come per invitarla a ballare. La piccola guarda la mamma, come chiedendo il permesso e, al suo consenso, stringe la mano del giovane, salendo insieme sul palco e iniziando a danzare. Nel salone uno scoppio di risa si espande, allietando i cuori. Le risa di quel piccolo fiore, pieno di gioia.

Li lascio ballare, fino al termine della musica. Lei, stanca ma felice, sta per tornare al suo posto, ma i ragazzi, sotto mio ordine, la trattengono sul palco.
« La piccola Margherita non ama solo danzare, ma adora i colori e i fiori di ogni tipo! Lasciamo che la magia abbia inizio e voi, strumenti musicali, permettetele di sorridere ancora! Che i colori e i fiori siano presi, e il divertimento abbia inizio! » la mia voce si fa più potente, prima di spegnersi di nuovo. Ora è il turno nuovamente di quei ragazzi adorabili, che mi aiutano a far divertire la mia bambina.
Tutti prendono dei secchi di vernice e dei pennelli, iniziando a dipingere quel paesaggio sullo sfondo che io avevo solo disegnato e che appariva troppo spento. Bianco e nero non sono allegri per una bambina.
Il giovane di prima dà un pennellino anche a lei, che tutta contenta lo intinge in un bel giallo e inizia a dipingere una casa e via, via, quello che era solo un disegno in bianco e nero, si trasforma in uno sfondo pieno di colori che si amalgamano insieme, fino a creare uno spettacolo forse assurdo, ma al contempo magico.
« Oh, oh! Così mi spocchi! » la sento dire, a una delle ragazze, che la stuzzica, colorandole il nasino di rosso. E poi inizia il divertimento totale. Tutti iniziano a giocare tra loro, dipingendosi a vicenda e risate di ogni genere si spandono nell’aria.
Altri ragazzi colgono alcuni fiori e li pongono nei capelli della piccola che sorride entusiasta, volendo farlo anche lei con gli altri.
Inizia poi a volteggiare su se stessa, nel pieno dell’allegria, ma sta di nuovo a me prendere parola.
« La musica e i colori hanno contribuito a far ridere la piccola, ma manca ancora un ultimo tocco per completare la serata. Che sia raccolta per lei la stella più luminosa del cielo e le sia fatta in dono. »
Il solito ragazzino fa quello che ho richiesto: sullo sfondo, in quello che doveva essere un cielo, ora pieno di colori, c’è una stella di stoffa. La prende tra le sue mani e si avvicina alla piccola, che lo guarda con due occhi pieni di luce. Le fa un inchino, al quale lei risponde, divertita; poi le dona la stella.
« A lei che ha il nome di un fiore viene donata la stella più luminosa del cielo. » la mia voce risuona calma, vellutata.
La piccola la prende tra le sue mani, ringraziando il ragazzo, timidamente. La gira tra le sue mani paffute e poi sorride. E’ felice, come non mai. Mi vengono gli occhi lucidi nel vederla così, probabilmente sono solo uno sciocco sentimentalista e sensibile.
« La magia e la nostra festa hanno qui fine. Il piccolo fiorellino ora deve dormire, che sia portata per lei una culla, dove possa riposare, stretta alla sua stella, ai suoi fiori, ai suoi colori. » la voce narrante si spegne, mentre sul palco è portata una sorta di culla più grande, per una bambina della sua età. La piccola si lascia porre all’interno e, sorridendo, ormai stanca per quella serie di emozioni, si addormenta.
Lo spettacolo ha fine. Mi avvicino, dunque, ai ragazzi:
« Vi ringrazio di cuore miei cari, siete riusciti a creare quella magia che avevo sognato. » mi sorridono e, dopo i saluti, resto solo con la mia piccola addormentata e mia moglie che si avvicina, sfiorandomi il braccio.
« E’ stato delizioso. Non ho mai visto la nostra piccola così felice. Sei strepitoso… » mi guarda sognante, per poi posare un bacio sulle mie labbra. Quella notte restiamo lì, persi nei nostri sogni, e nel guardare quel piccolo angelo, dolce, buono e incantevole che giace addormentata in quella sorta di culla.


Perché Margherita è un sogno,
perché Margherita è sale,
perché Margherita è il vento,
e non sa che può far male,
perché Margherita è tutto,
ed è lei la mia pazzia.
Margherita, Margherita,
Margherita adesso è mia,

Margherita è mia...


Forse vi starete chiedendo come mai faccio tutto ciò.
Forse vi sembrerò un pazzo, uno sciocco sentimentalista, che si “abbassa” a fare queste cose per la sua bambina.
Quello che vi posso dire è che non bisogna mai smettere di sognare e far morire quel bambino che è dentro di noi. Non è da sciocchi far ridere la propria bambina o bambino, anche in questi modi un po’ assurdi.
Basta poco per farli sorridere. Un po’ di magia, di colori, di fiori, di musica, di allegria.
Non mi vergogno di ciò che faccio, perché lei, insieme alla mia splendida moglie, è tutto ciò che amo.
Lei è il frutto del nostro amore, un’ulteriore forza al nostro legame e, magari sì, anche la mia pazzia. Ma non sempre la pazzia è qualcosa di brutto, tutt’altro!
Lasciarsi andare un po’ alla follia non fa mai male.
Margherita è il sogno che si è realizzato. La mia bambina.

Margherita è il mio fiore, e a lei dedico tutto il mio amore.



_____________________________________________________
Questa storia è nata per un concorso indetto da Vogue91, chiamato "Quando una canzone prende vita".
L'ho trovato molto interessante, e per questo avevo deciso di partecipare.
Sfortunatamente, però, sono stata l'unica, e quindi il concorso non ha avuto vita.
Ciò nonostante, poichè l'avevo scritta e alla fine mi piace, la posto ugualmente.
Spero che vi possa piacere.
Amo la canzone "Margherita" di Cocciante, e leggendone le parole, mi è venuto in mente questo rapporto Padre - Figlia.

un ringraziamento a Vogue91... nonostante il concorso non sia partito (e francamente mi spiace...).

Se volete lasciare qualche recensione, non vi mangio. Altrimenti vi ringrazio anche solo per leggerla :)

ps: Oltre che la canzone, bisognava inserire nel testo anche due parole. A me sono state date: Magica e Mantella. Le ho sottolineate, per farle risaltare un poco nel testo.

E' tutto!

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Piccolo Fiore del Deserto