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Autore: VeganWanderingWolf    02/05/2010    3 recensioni
il vecchio cantava dentro la sua tenda
il fuoco giocava alle figure sulle sue rughe/
il mulo ascoltava le predizioni avvolte in foglie bruciate/
'mandami sulla mia strada' diceva il vento/
e un uccello lontano faceva l'eco senza tempo
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Nonsenses'
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il vecchio cantava dentro la sua tenda

il fuoco giocava alle figure sulle sue rughe

il mulo ascoltava le predizioni avvolte in foglie bruciate

'mandami sulla mia strada' diceva il vento

e un uccello lontano faceva l'eco senza tempo

 

finite le erbe a lato del sentiero e i sassi tutti bianchi

secco il vento caldo del deserto che avanza

l'inverno ammantato ha lasciato tracce pallide

il cerbiatto bianco è diventato a pois

il piccolo si è alzato in piedi e aveva le ali

 

gli occhi fissi sul soffitto schizzato di sogno

egli confidò alla stanza che aveva perso tutto

egli scese dal materasso e camminò fuori

avrebbe voluto dire di non aver avuto fortuna

il coraggio alzò un sopracciglio e se ne andò

 

l'aria soffiava suggerendo tutte e nessuna direzione

il cavallo alzò la testa dal prato e tornò a chinarla

il gatto si infilò nella stanza vuota e salì le scale

il lupo occhieggiò ambiguo e trotterellò via

egli gettò la sigaretta e seguì la terra coi piedi

 

loro battevano sui tamburi l'ultima danza

egli battè il suolo, piedi, mani, fronte, ginocchia, mani

forse non piangeva più forse urlava ancora

il silenzio assorbì tutto senza promesse

'mandami sulla mia strada' soffiò nella notte

 

nell'altopiano deserto si alzavano sagome

un filo di fumo in lontananza si insinuava

egli mandava avanti i suoi passi e proseguiva

si involò una preghiera attenta 'mandami'

'sulla mia strada' disse la mezza voce

 

un ragazzo quasi nudo sedeva al tramonto

'mandami sulla mia strada' pensò egli

il giovane guerriero scosse la testa

capelli legati sulla nuca si alzò sulla sella

i piedi penzoloni lungo i fianchi dei monti

 

la mia tribù, andata, i miei, andati, lontano

mai più tornare, mai più appartenere

non per mia scelta, ma arrivarono i fucili

così dissero gli occhi sopra le strisce rosse

la sua bocca immobile, non parlava mai

 

aveva capito, gli assicurò con un cenno

e il giovane guerriero gli fece capire d'accordo

seduto sulla sua coperta si voltò all'orizzonte

non tornerà nessuno e nessuno è rimasto

partì al piccolo galoppo con la lancia tra le mani strette

 

sulle pianure di porpora odoranti di erica

'cerca ancora' pensò egli guardando la schiena

le scapole del guerriero senza niente che partiva

sa di non avere strada e non la cerca più

segue la sua guerra alla morte senza paure

 

egli lanciò un grido di congedo silenzioso

il cavallo sbuffò un sospiro paziente, già lontano

non bussole non cartine non indicazioni

lui non parte e non ritorna sulle sue orme

già fantasma ancora prima di perdere anche

 

la penna piegata di lato sulla testa

ma il resto delle penne erano con l'acquila

giro d'ala, lontano, accompagna il guerriero

al suo ultimo viaggio col suo spirito e nient'altro

al piccolo galoppo partì a combattere gli assassini

 

i fiumi sono in piena e le foglie impazzano

i mattoni scheggiati e ritintori troppo efficienti

alla riscossa eroi senza eroismo senza altruismo

scatole meccaniche sfrecciano metalli colorati

luci alla rinfusa sputano al vetriolo sul vuoto profondo

 

'mandami sulla mia strada' mormorò egli

il cemento pizzica le palme e segna i talloni

qui non si possono lasciare orme senza pagare

tutti gli spiriti sono fuggiti prima d'evaporare

i gas ammorbano vie senza memoria, andiamo via

 

sulla steppa dove ogni passo è perduto nella distanza

gli steli rigidi si agitano o vegliano ritti

piede dopo piede sul terreno riarso

il cielo non ha alberi per distendersi

si china bocca d'azzurro sulle pietre ruvide

 

acqua sciolta schiocca in nastri serpentini

i raggi saltellano sull'argento e pennellano ogni cosa

poi la luna che risplende le nuvole lava la terra nuda

l'orizzonte sempre troppe spanne più avanti

piccole foreste di zampe e corna scorrono con impetuosa calma

 

c'era un bosco di lunghe canne di cannone

ritte al cielo, mille volte più tristi di alberi d'inverno

vomitano sciami di veleni a formare nuvole finte

industriosi uomini sordi formicolano nelle tute uguali

un grido muto assordava, la terra, la terra che gridava

 

 

 

 

 

  
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