Nick
Autore (su EFP): Meli_mao
Titolo: Per nessun motivo e per tutti i
morivi del mondo.
Genere: Generale, introspettivo,
Malinconico.
Rating: Verde
Pairing (ed eventuali altri personaggi): Andrey
Kalinin, Teletha Testarossa.
Avvertimenti: One-shot, Spoiler
Citazione:
“Molti
ti saranno amici finchè sarai felice,
ma quando verrà il brutto tempo, resterai solo”(Ovidio).
Note
dell'Autore (facoltative): Dunque,
è
ambientata in un possibile ricongiungimento tra
Kalinin e la Mithril in seguito a un suo
“arresto”. Ho immaginato che
lui venisse preso e che questo fosse una
sorta di interrogatorio o più che altro un
chiarimento privato con la
persona con cui, dopo Sousuke, lui avesse maggior contatto. Del resto,
è noto,
Kalinin accompagnava sempre la piccola Tessa in giro, anche se forse
non era
così legato a lei come lo è Mardukas, ma poco
importa. Per localizzare il
periodo, direi che va letta in vista degli eventi narrati nei
romanzi… forse
nell’ultimo attualmente conosciuto. Ma non
c’è un reale momento in cui sarebbe
possibile ambientarla.
La
narrazione è dal punto di
vista di lei, proprio perché (lo ammetto) Kalinin
è terribilmente complesso e
sarebbe stato terribilmente complicato analizzare i suoi pensieri.
Inoltre una
visione diversa mi sembrava più originale!
Spero ti possa piacere, Buona
Lettura!
Per nessun
motivo e per tutti i morivi del mondo.
Il
contegno rigoroso che mette in ogni cosa che compie è
qualcosa che mi ha sempre
affascinata.
Il suo
silenzio, l’attenzione, persino l’onestà
con cui agisce… mi sono sempre chiesta
che razza di uomo avrebbe mai potuto riuscire così bene in
ogni situazione,
fino a quando non mi sono trovata davanti lui.
Freddo
e calcolatore. Forse quello avrebbe dovuto mettermi in allarme, non
semplicemente incantarmi.
Cammino
accanto a lui, con la mia solita poca grazia, sempre più
paralizzata sotto la
gonna color cachi stretta e corta.
Le mie
mani si stringono attorno a una cartelletta blu, tesoro indissoluto di
tutti
quegli anni passati insieme. Lui si limita a camminare, tanto
perché obbligato,
e mantiene il cipiglio severo e malsanamente sincero.
“Lasciateci
soli!” ordino gentilmente, lasciandomi alle spalle due
subordinati in posizione
d’attenti.
“Colonnello...”
inizia, senza fissare i miei occhi.
“Signor
Kalinin, posso solo chiederle… perché?”
e lo so che la mia voce potrebbe
apparire distaccata e incolore, quando invece riesco solo a sentire un
groppo
in gola.
Mi
siedo su una sedia fredda, proprio di fronte a lui, ammanettato a quel
tavolino
di ferro scuro.
“Vuole
sapere perché, Colonnello?” e mi urta
incredibilmente il modo in cui pronuncia
il mio grado, con un misto di riluttanza.
Annuisco,
con apatia, cercando di fronteggiare i suoi occhi magnetici ora puntati
nei
miei.
“Non
l’ho fatto per nessun motivo, e allo stesso tempo per tutti i
motivi
possibili!” enigmatico, come sempre.
“Crede
davvero che questa risposta mi possa bastare?”
“Penso
di no… ma non fa nessuna differenza”. Appoggia con
eleganza la schiena contro
la sua sedia, sempre con le spalle alte e il mento
all’insù; uno scalatore
impotente che fissa la vetta con rinata vitalità.
“Ho
saputo quello che ha passato, intendo prima di unirsi alla
Mithril…” inizio
cauta, stringendo il tessuto della divisa con la dita, incurante dei
fili
tirati dalle unghie.
“Non
mi analizzi, Colonnello, non è per quello che l’ho
fatto! La mia storia
familiare non ha niente a che fare con voi!”
“Si
è
rifugiato da noi dopo una vita consegnata nelle mani di aguzzini,
io…”
“Tutti
i mercenari assoldati qui hanno un passato deplorevole, non vedo come
questo
possa influire sulle azioni del poi!”
“Già, allora mia dica, è stato un
errore mio? Pensavo che dopo tutti questi
anni insieme fossimo…”
“Amici?” mi precede, con tono canzonatorio, tanto
insolito da lui.
“Non
mi faccia ridere, signorina Testarossa!” e sentirmi chiamare
per nome mi da
quasi l’idea di non aver mai capito niente di lui, di essere
sempre stata cieca
nell’analizzare quella sua grande e contorta
personalità.
“Anche
se fossimo stati compagni d’armi con lo stesso grado non
avrebbe fatto
differenza. Non sarei mai stato suo amico! Non cerchi di trovare
giustificazione dietro al fatto di essere un mio superiore per
questo!”
Il
tono di quelle parole rimbomba nella stanza, accompagnato da quella
domanda già
fatta che mi muore in bocca.
Perché
allora?
“Gli
anni passati alla Mithril sono stati molto piacevoli in
verità. Tutt’ora sono
convinto che il mio ruolo fosse più che azzeccato per un
tipo come me. Solo,
con l’andare del tempo, mancava quel qualcosa. Sa da cosa
l’ho capito? Dal
semplice fatto che ognuno qui dentro aveva qualcuno da cui tornare ed
io no!”
Sento
una strana tensione, lo percepisco dai piccoli brividi che mi fanno
tremare e
persino dall’improvviso mio senso di solitudine allarmante.
“Solo
lei, signorina Testarossa, solo lei era completamente sola quanto me.
Neppure
quella famiglia che ha cercato di creare qui dentro non è
mai stata abbastanza,
proprio perché si limitava ad un rapporto semplicemente
lavorativo. Sousuke,
lui… persino lui ha trovato chi lo aspettava di ritorno
dalle missioni. Forse,
non è stata un’ idea moralmente corretta portargli
via la sua unica casa e
quella ragazza!” fa una pausa, soppesando per un attimo se
continuare o meno.
Alza lo sguardo, piegando appena il capo verso l’alto,
lasciando che quel filo di
luce che filtra tra le sbarre di una finestrella lo colpisca sul viso.
“Eppure,
anche lei aveva qualcuno che le voleva bene…”
Rimango
in silenzio, analizzando quelle semplici parole.
“Suo
fratello, Colonnello. Suo fratello ha sempre un pensiero di riguardo
per lei!”
Comprendo
che pronunciare il mio grado per lui non sia altro che un ostacolo. Mi
chiama
così quando prova rancore verso di me, o quando si sente a
disagio. Usa quel
termine per farmelo capire, senza ricorrere a parole aggiuntive e
più offensive.
In fondo, apprezzo persino questo suo strano atteggiamento di riguardo,
pur
pensando che in tanti anni insieme, in tanto tempo in cui le sue labbra
pronunciavano la parola “colonnello”, io non ho mai
capito con quanta poca
enfasi e quanto fastidio venivano dette.
“Leonard
ha smesso di essere mio fratello molto tempo fa, signor Kalinin! E, se
mi
permette, l’Amalgam non potrà mai diventare una
casa non solo per lei, ma per
chiunque!”
“Ne
è
sicura? Può darsi… però, ho incontrato
molte persone più simili a me di quante
ne abbia incontrate qui e, soprattutto, per quelle persone
l’organizzazione era
una famiglia a tutti gli effetti, una scelta di vita, non
un’ultima scappatoia!”
“LA
SMETTA!” Mi alzo, lasciando che i fogli contenuti in quella
cartellina blu cadano
sparpagliati sul pavimento. Sento la rabbia, l’angoscia e
allo stesso tempo
l’ansia per quelle parole appena sentite.
“Non
mi stupisco che lei non lo capisca, Colonnello… è
per questo che lei ed io non
possiamo aver nessun legame affettivo!” sorride
tranquillamente, lanciando
un’occhiata al disastro che ho appena combinato.
“Un
tempo l’avrei aiutata a raccogliere il tutto. Perdoni se ora
non riesco a
farlo!” ed alza appena le mani, per rendere visibili le
manette serrate.
“E
allora mi dica, dove
sono tutti quei
suoi affiatati familiari in questo momento? La stanno forse cercando
per
salvarla? Lei sa perfettamente che non è
così… la lasceranno indietro, come si
fa con un bagaglio smarrito dal contenuto del tutto superfluo, Maggiore! Dove sono tutti quei suoi
compagni inseparabili e dallo stesso destino? Io non ho ancora visto
nessuno di
loro tentare di riportala indietro. Neppure Leonard Testarossa ha
alzato un
dito per evitare che lei venisse preso! Quindi la smetta di ripetere
che erano
una famiglia! L’hanno solo abbandonata!”
Stranamente la mia voce esce gentile
come al solito, leggermente più stridula per il desiderio
represso di urlare
quelle parole con tutta me stessa. L’accento duro mi cade sul
nome di mio
fratello, forse proprio per quel rancore insanato che inonda tutta me
stessa in
momenti come questi, in cui la sua presenza è
così soffocante da farmi credere
di essere un burattino nelle sue mani.
“Suppongo
lei abbia ragione… oppure lasciarmi in mano vostra
è un modo per trarre
informazioni!” E’ serio, indifferente, sicuro.
Avrei preferito una risata
meccanica e al limite della follia, è questo che ci si
aspetta dai prigionieri,
no? Eppure lui non lascia trapelare nulla, quasi come volesse irritarmi
ancora
di più. Non è rimasto minimamente turbato o
infastidito dalle mie parole.
Il suo
sguardo torna al pavimento, verso quei fogli carichi di informazioni su
di lui.
Indifferenza… ecco cosa mi trasmette. Completa e totale
indifferenza.
Infine,
improvvisamente sovrastata da un senso di impotenza, mi chino a
raccogliere il tutto,
cercando di farlo il più velocemente possibile. Poi, senza
rivolgergli un
ulteriore sguardo, mi volto e raggiungo la porta.
“Sa,
maggiore, sarebbe davvero molto
bello se
fosse così! Per lei, intendo. Noi l’avremmo
cercata… come abbiamo fatto con la
signorina Kaname… l’avremmo cercata!”
sento una stupida lacrima cristallizzata
sulla mia guancia, fastidiosa come un ago appuntito. Sono solo felice
che lui
non la possa vedere.
“Suppongo
lei abbia ragione!” lo ripete, questa volta mostrandosi quasi
più dolce nel
pronunciarlo.
Ed io
me ne vado, lasciando alle mie spalle un vecchio amico di cui
sentirò la
mancanza.
“Signor
Kalinin, non può spedire o ricevere lettere, non
gliel’hanno detto?!”
“E’
per il Colonnello Testarossa!” Spiega sintetico, senza
scomporsi minimamente.
“In
questo caso, lo farò personalmente, per evitare possibili
talpe!”
La
guarda nerboruta si allontana, diretta verso la cabina che riporta in
caratteri
dorate il nome “Teletha Testarossa”.
“Una
lettera per lei, signore. Da parte del signor Kalinin!” dice
meccanicamente,
mettendosi sull’attenti.
La
ragazza scarta con cura l’involucro per poter aprire quel
foglietto scritto
rapidamente. Vede solo una frase, una citazione da lei ben conosciuta,
che la
immobilizza, facendola crollare a terra, definitivamente preda dei
singhiozzi
come una ragazzina infantile.
“Molti
ti saranno amici finchè sarai felice, ma
quando verrà il brutto tempo, resterai solo”.
E quelle
lacrime che scorrono copiose sulla sua
pelle bianca, non sono la manifestazione di paura o pietà.
Sono il simbolo
della consapevolezza che lei non è mai stata capace di stare
accanto a
quell’uomo di ghiaccio che implorava uno sguardo.
Note:
un
grazie particolare alla giudice del contest, Kaname
Chidori88, che mi ha affibbiato la prima posizioni e di cui
ora riporto il giudizio.
Grazie
anche a chi dedicherà qualche minuto per commentare.
Per
chi fosse interessato, lascio il link della storia
“gemella” con la quale ho
partecipato.
"Un
uomo non piange."
Correttezza grammaticale e sintassi: 8/10
Stile e lessico: 9,5/10
IC dei personaggi: 9/10 Un Kalinin perfetto persino nell'appoggiare la schiena alla sedia e una Teletha che cerca di non far trasparire il suo solito nervosismo impacciato.
Mustang che perde il controllo e si da all'alcol l'ho trovato quasi "divertente"
Originalità: 8,5/10 -molto bello il colloquio fra Teletha e Kalinin, ricco di dettagli e spiegazioni.
Giudizio personale: 5/5 -quella che mi ha colpito maggiormente è stata la prima storia, la freddezza con la quale affronti il dialogo fra Kalinin e Tessa è davvero impeccabile!
TOTALE; 40