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Autore: ChelseaH    02/05/2010    3 recensioni
[SPOILER QUARTA STAGIONE] Sconfortato uscì dal commissariato, nemmeno lui sapeva come mai tutta quella negatività si fosse d’un tratto impossessata della sua mente, quando magari l’agente pigro e svogliato l’avrebbe preso sul serio mobilitandosi subito. Forse la negatività era semplicemente parte di lui, reazione spontanea al rendersi conto in maniera quanto mai reale che c’era una sola persona al mondo a cui importasse qualcosa di lui e quella persona al momento era chissà dove. (Adam, 4x19)
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Adam
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Quarta stagione
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DISCLAIMER: Supernatural e tutti i suoi personaggi sono proprietà di Kripke, della CW e degli aventi diritto, non miei purtroppo ù_ù

NOTE: Scritta per la settimana angst di ff_serietv_ita.

WARNING: SPOILER 4X19 E PER CERTI VERSI ANCHE 5X18


The son will not share the guilt of the father.

[Missing Moment 4x19]

The son will not share the guilt of the father.

[Ezechiele 18:20]


Quando uscì di casa quella mattina, Adam non fece troppo caso all’assenza della madre, anche se il suo turno in ospedale era finito da più di due ore. Ogni tanto si fermava a fare qualche ora di straordinario in sostituzione di qualche collega, altre volte andava ad accudire qualche malato a domicilio e non sempre trovava il tempo di avvisarlo, troppo presa com’era a far quadrare il bilancio di fine mese.

Il ragazzo non gliene faceva una colpa anzi, era grato di avere una madre che teneva a lui al punto da aver completamente rinunciato alla propria vita per garantire a lui un futuro, e per questo cercava di farle pesare quel comportamento il meno possibile tentando lui stesso di non farci caso.

Quando però tornò a casa per pranzo passando di fronte alla camera della madre, si rese conto che la donna non era ancora rincasata e questo era decisamente strano dal momento che avrebbe dovuto riposarsi per poter essere in grado di svolgere il suo solito turno notturno all’ospedale. Ma fu solo quando varcò la soglia della stanza che iniziò a preoccuparsi seriamente: sul letto perfettamente rifatto c’era ordinatamente ripiegata la sua uniforme da infermiera, segno che la donna non solo non era tornata a casa, ma non era nemmeno andata al lavoro la sera precedente.

Scrollò la testa tentando di mantenere la calma, magari quella era solo un’uniforme di ricambio che aveva stirato poco prima di uscire, non c’era bisogno di allarmarsi anche se ogni fibra del suo corpo gli diceva che ce n’era eccome il bisogno. Passò il resto del pomeriggio e tutta la notte aggirandosi per casa indeciso sul da farsi mentre tentava ripetutamente invano di contattare sua madre sul cellulare, che continuava a suonare a vuoto.

Appena albeggiò uscì di casa ma, solo una volta arrivato in centro, si rese conto di non avere la più pallida idea di dove andare a sbattere la testa.

Doveva andare all’ospedale a chiedere se la madre si era presentata al suo turno di lavoro il giorno prima e se, eventualmente, sapevano dove fosse andata poi? Di sicuro era un punto di partenza.

Oppure era meglio andare dritto al commissariato e denunciare la sua scomparsa? Era tentato, ma capiva anche che sarebbe stato alquanto imbarazzante farlo per poi magari scoprire che lei si era semplicemente fermata a casa di qualche paziente bisognoso, anche se fino a quel momento non era mai successo che lei stesse fuori casa così tanto senza prendersi la briga di chiamarlo per avvisarlo e infarcirlo di mille avvertenze materne.

Era in momenti come quello che avrebbe tanto voluto avere qualcun’altro – qualcuno di diverso da sua madre – su cui poter fare affidamento. Windom era una piccola cittadina del Minnesota e lui conosceva moltissima gente, ma nessuno che sarebbe stato disposto a mettersi in gioco per aiutarlo, nessuno che lo conoscesse abbastanza o tenesse abbastanza a lui da preoccuparsi insieme a lui.

Per alcuni era Adam, un bravo ragazzo come tanti; per altri addirittura non era nulla più che “il figlio della signora Milligan” o “dell’infermiera Milligan”.

Sempre impegnato com’era a fare del suo meglio per non deludere sua madre, per non farla preoccupare e per renderla fiero di lui, non aveva mai avuto modo di sviluppare vere amicizie con i suoi compagni di scuola che lo consideravano un secchione solitario.

Suo padre invece non esisteva, non per lui almeno.

L’aveva visto a cadenza di una volta all’anno da quando aveva dodici anni, quasi sempre il giorno del suo compleanno. Sbucava dal nulla e lo portava a vedere il baseball, come se fosse l’unica attività che si potesse fare con il proprio figlio. Lui faceva finta di esserne contento anche se avrebbe preferito mille volte passare la giornata con sua madre a mangiare torta, ridere e scherzare. Sua madre prendeva sempre ferie per il suo compleanno.

Eppure gli toccava fingere, perché era stato lui a insistere tanto per conoscere suo padre e sapeva che a lei era costato molto contattarlo e rivederlo dopo tutti quegli anni. In fondo gli bastava tenere duro per una giornata l’anno, poi John Winchester spariva nuovamente liberandolo dal peso di avere un padre che di fatto era tutto fuorché suo padre.

Questa era fondamentalmente la ragione per la quale nemmeno in quel momento di crisi lo sfiorò l’idea di chiamarlo per chiedergli aiuto.

E poi cosa doveva dirgli?

“Ciao papà, ho bisogno di te.”?

Magari per sentir sbuffare dall’altra parte della cornetta perché, il padre in questione, aveva sicuramente una vita da mandare avanti nella quale era evidente che lui non fosse contemplato. Non sapeva praticamente nulla di quell’uomo, non era nemmeno sicuro che la storia che la moglie fosse morta molti anni prima che lui nascesse fosse vera. In ogni caso non sapeva se si fosse risposato, se avesse altri figli, se l’eventuale nuova o vecchia famiglia fosse a conoscenza della sua esistenza. Di sicuro lui non lo era della loro.

Con quei pensieri in testa entrò al commissariato senza nemmeno rendersene conto e, già che ormai si trovava lì, optò per passare subito al piano B. Cambiò però idea sentendo la cadenza pigra e svogliata con la quale l’agente di servizio rispondeva alla signora che c’era prima di lui e che stava denunciando un furto. Se non erano in grado di prendere seriamente una signora sull’orlo di una crisi di nervi a cui erano entrati i ladri in casa, chissà come avrebbero trattato lui, un ragazzo piombato lì a sostenere che a sua madre era successo qualcosa di brutto solo perché non era tornata a casa. Si immaginò la conversazione che poteva uscirne fuori:

“Avrà trovato un uomo e si sarà fermata da lui.” come se sua madre fosse quel tipo di donna.

“Hai già provato all’ospedale? No? E allora che vuoi da noi?” voleva solo delle risposte a domande generate da un pessimo presentimento che diventava sempre più forte in lui man mano che i minuti passavano.

“Una madre che ha tirato su da sola un figlio facendo quei turni impossibili all’ospedale? Credimi ragazzo, se n’è andata a cercare qualcosa di meglio.” peccato che sua madre vivesse per lui.

Sconfortato uscì dal commissariato, nemmeno lui sapeva come mai tutta quella negatività si fosse d’un tratto impossessata della sua mente, quando magari l’agente pigro e svogliato l’avrebbe preso sul serio mobilitandosi subito. Forse la negatività era semplicemente parte di lui, reazione spontanea al rendersi conto in maniera quanto mai reale che c’era una sola persona al mondo a cui importasse qualcosa di lui e quella persona al momento era chissà dove.

Fece un respiro profondo e cercò di pensare lucidamente.

L’ospedale, l’ultimo posto in cui teoricamente dovevano averla vista.

Ma dove non era stata vista per due notti di fila, come poté appurare di persona circa mezz’ora più tardi.

“E se fa un’altra assenza ingiustificata è fuori.” si era premurato di rendergli noto il responsabile del reparto nel quale lei lavorava. Nessuna domanda, nessuna preoccupazione derivata dal fatto che il figlio di Kate Milligan fosse andato a chiedere notizie di lei.

Solo, era sempre più solo.

Uscì dall’edificio rigirandosi il cellulare in mano.

E se chiamare John Winchester fosse stata un’opzione?

In fondo l’uomo, quale che fosse la sua vita, non poteva biasimarlo o rimproverarlo per averlo disturbato per quella che era a tutti gli effetti un’emergenza. E in ogni caso era pur sempre il suo padre biologico, per una volta nella vita poteva anche correre in suo aiuto.

Con rabbia rimise il cellulare nella tasca, non voleva l’aiuto di quell’uomo, non gli serviva l’aiuto di quell’uomo. Lui e sua madre si erano sempre sostenuti l’uno con l’altra senza contare su nessun altro, quindi poteva benissimo risolvere la questione da solo.

Dopo essere stato in tutti i posti che lei di solito frequentava ed appurare che nessuno l’aveva vista, decise di tornare a casa per riordinare le idee.

Magari dopo sarebbe tornato al commissariato, avrebbe spiegato la situazione, l’avrebbero capito, gli avrebbero dato credito, avrebbero ritrovato sua madre.


***


“Adam... Adam!”

Adam aprì gli occhi intontito e impiegò un paio di secondi a mettere a fuoco la figura chinata su di lui.

“Adam svegliati.” gli stava dicendo dolcemente, scuotendogli delicatamente il braccio.

Il ragazzo si mise a sedere di scatto, cercando di capire cosa ci fosse di sbagliato in quella scena.

Si era appisolato sul divano e sua madre l’aveva appena svegliato.

Sua madre.

“Mamma!” esclamò alzandosi ed abbracciandola di getto.

“Ti voglio bene anch’io figliolo.” gli disse lei sorridendo.

“Dove sei stata? Ero preoccupato e-“

“Sono qui Adam, adesso sono qui.” lo interruppe lei, stringendolo più forte.

“Non sai che spavento mi hai fatto prendere, pensavo che ti fosse successo qualcosa. – le disse riuscendo a stento a trattenere la gioia – Potevi chiamare!” aggiunse poi in tono di rimprovero.

Lei si allontanò, iniziando a camminare su e giù per il soggiorno.

“Beh sai... non potevo chiamarti, sono stata molto indaffarata. Mi dispiace tesoro.”

Adam le sorrise, non gli importava se non l’aveva chiamato, era solo felice che ora lei fosse lì, di nuovo con lui. Anche se c’era qualcosa dentro di lui che continuava a dirgli che c’era qualcosa di sbagliato in tutto quella scena, la stessa sensazione che aveva provato appena sua madre l’aveva svegliato.

Che stesse sognando?

Che lei fosse tornata solo nei suoi sogni?

No, era sveglio e almeno di questo era sicuro.

E lei era lì con lui, ed era l’unica cosa che importava.


***


“Avremo un ospite a cena.” lo informò la madre mentre apparecchiava per tre.

“Non vai al lavoro?”

“No, mi sono presa un giorno di libertà per una volta.”

Qualcosa di sbagliato.

Sua madre non si concedeva mai niente.

“Me lo dirai mai dove sei sparita?” le chiese, cercando di dissimulare la tensione che sentiva addosso. In quel momento suonò il campanello.

Era Joe Barton, un barista con un passato da poliziotto, nonché l’ospite che attendevano.

Qualcosa di sbagliato.

Perché sua madre avrebbe dovuto invitarlo?

“Sai Adam, Joe era amico di tuo padre.” gli disse con stampato in faccia un enorme sorriso, una strana luce negli occhi.

Qualcosa di sbagliato.

Sua madre non nominava mai John Winchester.

“Mamma, perché non mi dici dove sei stata?” la pressò il ragazzo, ignorando il nuovo arrivato.

“Tesoro, ho fatto dei turni aggiuntivi all’ospedale. Per te.” replicò lei, accarezzandogli una guancia.

All’ospedale non la vedevano da due giorni.

Lui lo sapeva.

“Perché non ci sediamo a fare quattro chiacchiere su tuo padre?” intervenne l’uomo, negli occhi la stessa strana luce che poco prima aveva visto in quelli della madre.

“Mamma, che succede?” chiese lui, una nota stridula nella voce.

“Sicuro di volerlo sapere, figliolo?” e poi lo colpì con forza in pieno volto.

Qualcosa di sbagliato.


***


Si risvegliò legato a una sedia, sua madre e Barton seduti di fronte a lui.

“Tu non sei mia madre.” un’affermazione secca.

“E io non sono Joe Barton, se proprio ti preme saperlo.” gli disse l’uomo.

“Ma guardati... così giovane... così indifeso... così... buono.” la donna che pretendeva di essere sua madre si era alzata e ora gli stava passando la lingua sulla guancia, con fare famelico.

Lui tentò invano di liberarsi dai legacci, ma erano troppo stretti e lei lo teneva con troppa forza per essere solo una donna.

“Povero, piccolo Adam. Non è colpa tua, ma qualcuno dovrà pur pagare per i peccati di tuo padre.” gli sussurrò all’orecchio, succhiandogli poi il lobo inducendolo a dimenarsi ancora di più per liberarsi.

“Ha ucciso nostro padre.” gli disse l’uomo.

“Oh si. L’ha ucciso. A sangue freddo... - aggiunse la donna - Gran seccatura essere figlio di uno che fa un tale lavoro, vero Adam?”

“Mio padre fa il meccanico.” disse a denti stretti Adam, non sapendo nemmeno lui perché gli premesse difendere John da quell’accusa che gli pareva così insensata.

“Fammi capire, tu non sai cos’è tuo padre? - gli chiese con voce suadente ma al tempo stesso divertita la sua ormai non più madre. – Un cacciatore, ecco cos’era.” aggiunse, vedendo che lui non accennava a rispondere.

“Cacciatore?” chiese lui confuso.

“Si, uno che caccia... come posso spiegartelo? Le cose come noi, le creature non umane. E poi i fantasmi, gli spiriti, i demoni. E non si ferma mai a chiedersi se chi ha davanti meriti o meno la morte, lui caccia. E uccide.” replicò, il volto improvvisamente serio e letale.

“Ha ucciso nostro padre.” ripeté l’altro, il tono pieno di rancore.

“E ora, il caro John Winchester proverà come ci si sente a perdere un familiare. – gli disse quello con le sembianze di sua madre – Anzi, due.” precisò ridendo di una risata vuota e macabra.


***


Urlava.

Piangeva.

E non gliene importava niente se quello non era un comportamento da uomo, o se avrebbe dovuto reagire e lottare fino allo stremo per liberarsi. Quelle creature lo stavano divorando vivo e, qualunque cosa avesse fatto, l’epilogo sarebbe stato uno e uno soltanto.

Pensava che non era giusto, non era affatto giusto che prima sua madre e ora lui, dovessero pagare per i peccati, il lavoro – o qualunque altra cosa fosse – di un uomo che per lui non era mai stato nulla più che un accompagnatore alle partite di baseball una volta l’anno.

Il mostro con le sembianze di sua madre gli aveva detto che stavano facendo a John quello che John aveva fatto loro ma non sapeva di sbagliarsi. Loro erano stati privati di qualcuno a cui evidentemente tenevano al punto da arrivare a uccidere per vendicarlo, mentre sarebbero passati mesi se non addirittura anni, prima che l’uomo che aveva tentato di chiamare papà si accorgesse che lui e sua madre non c’erano più.

Odiava John Winchester, lo stava odiando con tutto se stesso e, ammesso che esistesse qualcosa dopo la morte, avrebbe usato il resto dell’eternità per continuare a odiarlo.


NOTE.

Il titolo è preso dalla Bibbia e, se pensate che abbia perso mezz'ora della mia vita a trovare una citazione biblica che facesse al caso mio beh, pensate bene xD

La storia vuole essere una sorta di Missing Moment della puntata 4x19, ho anche usato alcune delle cose che Adam dice nell 5x18 per sviluppare i suoi pensieri su John.

Detto ciò, anche se Adam non è esattamente il personaggio più bramato dai fan di SPN, spero possa piacervi^^

   
 
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